. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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Scritti dei Santi sull'adorazione 1900-2000

Ultimo Aggiornamento: 30/01/2015 14:50
30/01/2015 14:36

Santa Gemma Galgani  
 
Amore vuole amore; fuoco vuole fuoco.
 
 
Fuoco! Fuoco nel mio cuore! Questa mattina si sta bruciando ....
ti amo così tanto! Cercherò sempre di amarti, io vivrò per amarti, morirò di amarti!
...
Dammi ali o Gesù, così posso volare al  tuo trono!
 
Dall’Autobiografia
 
…Mi dava pensiero il non saperlo amare, ma  Gesù, che nell'infinita sua bontà non si vergognava di umiliarsi fino a farsi mio maestro, un giorno per rendermi tranquilla, in tempo che facevo le preghiere della sera, mi sentii tutta internamente raccogliere, e mi trovai per la seconda volta davanti a Gesù Crocifisso, che mi disse queste parole:
“Guarda, figlia, e impara come si ama», e mi mostrò le sue 5 piaghe aperte. «Vedi questa croce, queste spine, questo Sangue? sono tutte opere di amore, e di amore infinito. Vedi fino a qual segno io ti ho amato? Mi vuoi amare davvero? impara prima a soffrire. Il soffrire insegna ad amare”.
Provai a quella vista un nuovo dolore, e pensando all'amore infinito di Gesù per noi, e ai patimenti che aveva sofferti per nostra salvezza, "svenni", caddi per terra, e mi rinvenni dopo parecchie ore.
Tutto quello che mi accadeva durante queste preghiere, erano consolazioni grandissime, che, se anche le avessi prolungate per più ore, non mi sarei mai stancata.
Ogni Giovedì continuavo a fare l'Ora Santa, ma mi accadeva alle volte che quest'ora durasse fino anche circa le 2, perché me ne stavo con Gesù, e quasi sempre mi faceva parte di quella tristezza che provò nell'Orto alla vista di tanti peccati miei e di tutto il mondo: una tristezza tale, che può ben paragonarsi all'agonia della morte. Dopo tutto questo rimanevo in una calma così soave e in una consolazione, che bisognava che mi sfogassi in lacrime, e queste lacrime mi facevano gustare un amore incomprensibile, e aumentavano in me il desiderio di amar Gesù e patire per Lui.
 
Dal Diario
 
«Gesù non mi lascia stare sola un istante, senza che io sia sempre in compagnia con il mio angelo custode … L’angelo, dal momento in cui mi alzavo, cominciava a svolgere la funzione di mio maestro e guida: mi riprendeva sempre quando facevo qualcosa di male e mi insegnava a parlare poco».
Chi ama Gesù, parla poco e sopporta molto. Obbedisce puntualmente al confessore in tutto senza replicare. Quando commetti qualche sbaglio, fai subito atto di accusa e chiedi scusa. Ricordati di trattenere i tuoi occhi e pensa che l’occhio mortificato vedrà le meraviglie del cielo»
 
Scriveva al suo direttore:
 
Dopo la sua partenza sono rimasta con i miei amati angeli, però solo il suo e il mio si lasciavano vedere. Il suo ha imparato a fare ciò che faceva lei. Al mattino viene a svegliarmi e per la notte mi dà la sua benedizione… Il mio angelo mi abbracciò e mi baciò molte volte… Mi sollevò dal letto, mi accarezzò teneramente e baciandomi mi diceva: Gesù ti ama molto, amalo anche tu. Mi benedisse e sparì.
Dopo il pranzo mi sentii male; allora l’angelo mi porse una tazza di caffè, cui aggiunse alcune gocce di un liquido bianco. Era così saporoso che subito mi sentii guarita. Poi mi fece riposare un poco. Molte volte lo invio a chiedere permesso a Gesù perché resti in mia compagnia tutta la notte; va a chiederlo e ritorna, e non mi abbandona, se Gesù lo autorizza, fino al mattino seguente.
 
Dalle Estasi
 
…Adoriamo e preghiamo Gesù... Adoriamo il Dio immenso, immortale, infinito. Adoriamo l'infinita maestà del nostro Dio. Sia lode a te, o Padre, che ci hai salvati; a te, Figlio, che ci hai redenti; a te, o Spirito santo, che ci hai santificati...
E che grazia vuoi che chieda al mio Gesù, fuori di quella che lui mi fa tanto volentieri e che tanto mi giova?... l'accrescimento del suo amore santo... O amore, o amore infinito del mio Gesù! ...
Se sei il mandato da Dio, lasciati da me abbracciare; se sei un mandato dal diavolo, avvicinati che ti sputo in faccia...
Ti manda Gesù?... E che ho fatto per meritarmi tanto? Sì, lo vedo Gesù che mi ama e sembra di me innamorato, ma non so né il fine né la causa perché fa questo. Sento che mi ha preso il cuore; sento che me l'ha ornato col suo sangue prezioso, ma neanche di questo so il fine...
Esso è il Signore, è il padrone... faccia tutto. Ma come faccio?...
No, non voglio... Non voglio preferire la mia volontà a quella di Gesù.
Sì, veramente l'ho il desiderio, ma se Gesù non volesse?...
Sì, di sostenere, di tollerare un po' di cibo solo, solo. Non posso, perché lo stomaco mio non lo vuole.
No, non mi toccare, perché il mio babbo non vuole che nessuno mi tocchi...
Eppure hai le sembianze di uomo!... No, non vo' che tu mi tocchi!. Di' solo una sola parola ed io ci credo.
Sarà conforme poi a quello che vuole Gesù?...
Tu sia benedetto in qualunque modo tu tratti, mio Gesù, o amore infinito! Del tuo amore mai mi spropríerò; non lo cederò mai a nessuno. O amore, o amore infinito!...
Angelo... angelo!... Il mio Gesù mi ama, è vero?...
Io pure amo lui... Digli che lo ringrazio di quel che fa per me...
Ti vedo... ti vedo... Non mi lasciare! ... Se mi ami non mi lasciare. .. non mi lasciare... non mi lasciare! ...
Addio, addio, sì! In paradiso! ...
 
...Allora perché sta tanto? O perché stasera, ora no? Ci è troppo ancora...
E sì, ho tutto in mente quel che gli devo dire... Ma io lo volevo ora; l'ho desiderato tanto questo momento! ...
Oh sì, confratel Gabriele ha delle cose grandi da raccomandarmi a me? Anche io ci ho tante cose da dirgli. Ma che ho da fare per prepararmi?
Ma anche lui vuol venire? O allora perché Gesù non lo contenta? Digli a Gesù che si soffre tanto ad aspettare.
Ma allora perché, se lo desidera anche lui, Gesù non me lo manda?...          .
Ma devo crederci? Ma davvero davvero verrà? Verrà e mi condurrà con sé, mi leverà di qui?
O quanto dovrò aspettare sempre?
Che mi domandi?... se lo amo?... Ma come si deve fare a non amar confratel Gabriele?...
Non m'inganni, è vero?... Ma quando?... O dimmelo ora... Ma presto!... Ma quando?...
Proprio, Gesù... mi vuoi ricompensare... O Gesù, di te che dirò, poiché ti nascondi?...
Oh sì, che l'obbedirò! Ma come si fa a non obbedire a confratel Gabriele?
 
... Ma se ha da comunicarmi cose grandi, Gesù mi aiuterà...
Ma via, fa' presto: ci arriverò io a stasera?
Oh sì, me lo hai promesso stasera; ripetimelo...
Ma se lui lo desidera, perché Gesù non lo contenta? Di' a Gesù che mi è di mortificazione, mi è di peso il privarmi di confratel Gabriele.
Oh sì, che l'amo tanto! E prima di Gesù fu lui che mi si fece vedere, e poi venne Gesù...
No, più amo Gesù, e poi la Mamma di Gesù, e poi lui... E m'inginocchierò ai suoi piedi, e poi gli dirò tante cose... ma che sia presto. Ma che non gli dispiace a Gesù di vedermi morire così dal desiderio? Diglielo un po' a Gesù: se non gli dispiace, mi contenti...
O che devo fare per prepararmi? Ma, come dice tante volte Gesù, ho tante cose che gli fanno compassione...
Ma che già mi lasci?... Ripetimi le parole di ieri sera e anche di stamani... Allora ti lascio andare.
Non ti ricordi? Hai detto: «Gemma, sta' buona, tornerò presto». Di' a confratel Gabriele che secchi tanto Gesù, che lo lasci venire presto presto... Di' che venga presto.
No, prima amo Gesù, e poi la Mamma sua, e poi confratel Gabriele...
 
…Vorrei parlare della santa Comunione, non riesco a trattenermi. E' possibile che ci sono anime che non capiscono quello che la Santa Eucaristia è? Chi sono insensibili alla Presenza Divina ... .. alle effusioni misteriosi e fervente del Sacro Cuore del mio Gesù?  O Cuore di Gesù! Cuore di amore!
 
…Che cosa sarebbe di me se non mi dedico tutti i miei affetti per l'Ostia?
Oh, sì, lo so, Signore, che al fine di farmi meritare il paradiso in cielo, Tu mi dai la Comunione qui sulla terra!
...Mio Dio, apri il tuo cuore a me. O Gesù, apri per me Il tuo seno sacramentale, perché desidero mettere tutti i miei affetti lì. O Gesù, quanto amo te! Ma perché ti comporti verso di me con tanto amore, mentre ti offendo con innumerevoli ingratitudine? Questo pensiero da solo, se potessi comprenderlo, dovrebbe essere sufficiente per trasformarmi in una fornace di amore. Non è forse un amore irresistibile per amare Colui che non è arrabbiato con uno che sempre offende Lui.  Perdonami, o Gesù, tanta disattenzione!; perdona così grande ignoranza Dio mio Gesù, mio amore, bontà infinita.
 
…Gesù, sacra Ostia, a te consacro tutta la mia tenerezza ......
Oh Gesù, Gesù, mio amore! Ho fame per il vostro pane di vita, sono assetata per il tuo Sangue sacramentale!
 
…Quando ho trovato Gesù e il suo amore, mi basta; non mi curerò se è per una via o per un’altra: l’amore solo di Gesù io voglio, amore immenso, perfetto e saziante.
 
…Vorrei che tutti dicessero che il tuo amore (Gesù) mi ha consumato. Amore, amore!
 
…Nessuno voglio che m’avanzi nell’amore di Gesù.
 
…Più volte ho dimandato a Gesù che m’insegni Lui il vero modo di amarlo, e Gesù allora mi pare che mi faccia vedere tutte le sue SS. piaghe aperte e mi dica: “(…) tutto è opera di amore. Guarda e impara come si ama”.
 
…Tu hai ad essere il maestro mio. I maestri del mondo insegnano sempre colla voce, e tu col patire.
 
…Mi trovai (…) davanti a Gesù Crocifisso, che mi disse queste parole: «Guarda, figlia, e impara come si ama (…). Il soffrire insegna ad amare».
 
…La Mamma mi rivolse queste parole: «Figlia, in nome di Gesù ti siano rimessi tutti i peccati». Poi aggiunse: «Gesù mio figlio ti ama tanto e vuol farti una grazia; saprai tu rendertene degna?». La mia miseria non sapeva che rispondere. Soggiunse ancora: «Io ti sarò madre, ti mostrerai tu mia vera figlia?».
Aperse il manto e con esso mi ricoprì. In quell’istante comparve Gesù, che aveva tutte le ferite aperte; ma da quelle ferite non usciva più sangue, uscivano come fiamme di fuoco, che in un momento solo quelle fiamme vennero a toccare le mie mani e i miei piedi e il cuore. Mi sentii morire, sarei caduta in terra; ma la Mamma mi sorresse, ricoperta sempre col suo manto.
 
…Io vorrei… io vorrei, o Gesù, che la mia voce arrivasse ai confini di tutto il mondo… chiamerei tutti i peccatori, e gli direi che entrassero tutti nel tuo cuore…
 
…Adesso non mi resta altro che prepararmi alla morte; perché ho fatto l’offerta a Dio di tutto e di tutti.


30/01/2015 14:38

San Pio da Pietrelcina

   
La Messa di Padre Pio
L' ambasciatore di Francia, Wladimir d' Ormesson, che negli anni cinquanta assistette con sua moglie ad una Messa di padre Pio, realmente impressionato così la descrive :
"Alle sei padre Pio entra in cappella, il capo coperto dal suo cappuccio da cappuccino. Lo aiutano due chierichetti, e si fa strada con difficoltà. Poiché un mormorio crescente va aumentando fra i suoi assistenti, lui si gira per far silenzio, sale la gradinata dell' altare, e scopre il suo capo.
"Mai nella mia vita ho assistito ad una Messa tanto impressionante. E tanto semplice. Padre Pio compiva solo i riti tradizionali. Recitava i testi liturgici con una tale chiarezza e convinzione, metteva nelle invocazioni una tale intensità, e i suoi gesti, nell' essere sobri, avevano una tale grandezza che la Messa arrivava ad essere cio' che era in realtà, e che ci siamo spesso dimenticati – un atto assolutamente soprannaturale. Elevata l' ostia, alzato il calice, padre Pio si immobilizzava nella sua contemplazione.....dieci, dodici minuti......in mezzo a così tanta gente, si sentiva solo il bisbiglio della sua preghiera. Veramente lui era l' intermediario fra Dio e gli uomini.
La preghiera di Padre Pio dopo la Comunione  
RESTA con me Signore, perché è necessario averTi presente per non dimenticarTi. Tu sai con quanta facilità Ti abbandono.
RESTA con me Signore, perché sono debole ed io ho bisogno della Tua fortezza per non cadere tante volte.
RESTA con me Signore, perché Tu sei la mia vita e senza di Te vengo meno nel fervore.
RESTA con me Signore, per mostrarmi la Tua volontà.
RESTA con me Signore, perché desidero amarTi ed essere sempre in Tua compagnia.
RESTA con me Signore, se vuoi che Ti sia fedele.
RESTA con me Gesù, perché quantunque la mia anima sia assai povera, desidera essere per Te un luogo di consolazione, un nido d’amore.
RESTA con me Gesù, perché si fa tardi e il giorno declina… cioè passa la vita… si avvicina la morte, il giudizio, l’eternità… ed è necessario raddoppiare le mie forze, acciocché non venga meno nel cammino e per questo ho bisogno di Te. Si fa tardi e viene la morte!… M’inquietano le tenebre, le tentazioni, le aridità, le croci, le pene, ed oh! Quanto ho bisogno di Te, Gesù mio, in questa notte d’esilio.
RESTA Gesù con me, perché in questa notte della vita e dei pericoli ho bisogno di Te. Fa’ che Ti conosca come i Tuoi discepoli allo spezzar del pane… cioè che l’Unione Eucaristica sia luce che dissipa le tenebre, la forza che mi sostiene e l’unica beatitudine del mio cuore.
RESTA con me Signore, perché quando arriva la morte, voglio stare unito a Te, se non realmente per la Santa Comunione, almeno per la grazia e per l’amore.
RESTA con me Signore, Te solo cerco, il Tuo amore, la Tua grazia, la Tua volontà, il Tuo cuore, il Tuo spirito, perché Ti amo e non chiedo altra ricompensa che aumento di amore. Amore solido, pratico. AmarTi con tutto il mio cuore sulla terra, per seguire amandoTi con perfezione per tutta l’eternità.
Così sia.
dagli scritti del cuore: Padre Pio ai suoi “figli spirituali”:  
 “La carità, al dir di San Paolo, non deve essere invidiosa; l’uomo caritatevole deve gloriarsi nel vedere che tutti gli altri servano meglio di lui il Signore”.
“… insegnandoci il divin Maestro che Colui solamente che avrebbe perduta la propria anima, ossia la propria volontà, per Lui, costui svoltando l’avrebbe ritrovata e guadagnata: “Qui autem perdiderit animam suam propter Me, inveniet eam”.  
“…Dall’aver castigato le passioni nasce nell’anima quella quiete e quella pace cotanto necessaria per le divine comunicazioni. Difatti, da che proviene la perturbazione e il Dolore? Non sono forse gli appetiti disordinati la radice della triste concupiscenza? L’anima, acquistata la pace e la tranquillità, conserva memoria continua di Dio, che va sempre più fortificato nel santo timore di Dio…”  
“Si umiliano tranquillamente dinanzi al Signore ed a tutti desiderano di venire posposte, perché tutti stimano che servono il Signore meglio di loro. Cosa ammirabile! L’anima non vede che le proprie miserie continuamente le tiene dinanzi ai suoi occhi da non permetterle che la sua mente si porti con riflessione sulle altrui mancanze o peccati”.  
“…mi vidi dinanzi un misterioso personaggio… che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondava sangue… Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore… La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue”. 
“…d’un tratto fui riempito di un estremo terrore alla vista di un personaggio celeste che mi si presentava dinanzi all’occhio dell’intelligenza. Teneva in mano una specie d’arnese, simile ad una lunghissima lamina di ferro con una punta bene affilata e sembrava da essa punta che uscisse fuoco. Vedere tutto questo ed osservare detto personaggio scagliare con tutta violenza il suddetto arnese sull’anima, fu tutto una cosa sola. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire…”  
“Mai arrivare a godere della quiete e della pace che richiedesi alla contemplazione infusa. Lascisi adunque quest’anima avventurata apprestare la medicina che il Suo Sposo è per apprestarle. Si umilii dinanzi ad un sì potente Signore e si rallegri pure che la percossa del Signore la sente. Troppo dura sulla sua testa, sarà una percossa a salute e non a perdizione…”  
“Qui la tua anima, o spirituale, per i disgusti e le aridità che proverà la tua anima si distaccherà da tutte le cose perché non trova il suo spirito di godimento in nulla; e lo Sposo Divino intanto opera ancora in te un altro prodigio infondendoti una grande prontezza nell’occupazione dei divini precetti…” 
“Vi sono ancora spirituali i quali, sebbene alle volte molto innanzi nello spirito per le dolcezze che provano nelle cose di devozione e di pietà, cerchino secretamente, ed il più delle volte, anche senza accorgersene, soddisfare piuttosto se stessi e tralasciare di purificare il loro cuore…”.  
“La sofferenza è il mio pane quotidiano, la mia delizia. Soffro quando non soffro, se pure c’è qualche istante della mia vita senza soffrire. Le croci sono i monili dello Sposo ed io ne sono geloso. Guai a chi si vuole mettere tra me e la croce”.  
“Teniamo bene scolpito nella nostra mente quello che dice il Divin Maestro: Nella nostra pazienza possederemo l’anima nostra”.  
“Se sapremo distenderci su quella Croce che Dio, per ognuno di noi, ha destinato, avremo delle grandi gioie già fin su questa terra, e chissà quali e come saranno in Paradiso”.  
“Non hai tu da tempo amato il Signore? Non lo ami tutt’ora? Non brami amarlo per sempre? Dunque, nessun timore. Anche ammesso tu avessi commesso tutti i peccati di questo mondo, Gesù ti ripete: Ti sono rimessi molti peccati perché molto hai amato”.  
“Il perno della perfezione è la carità: colui che vive di carità vive in Dio, ‹perché Dio è carità›, come disse l’Apostolo”.  
“Mancare di carità è come ferire Iddio nella pupilla del suo occhio. Che cosa è più delicato della pupilla dell’occhio? Mancare di carità è mancare contro natura”.  
“L’umiltà e la purezza dei costumi sono ali che elevano fino a Dio e quasi ci divinizzano. Ricordalo: è più vicino a Dio il malfattore che ha vergogna di operare il male che non lo è l’uomo onesto il quale arrossisce di operare il bene”.  
“Nel tumultuare delle passioni e delle avverse vicende ci sorregga la cara speranza della Sua inesauribile misericordia: corriamo fidenti al tribunale di penitenza, ove Egli con ansia di Padre in ogni istante ci attende e pur consapevoli della nostra insolvibilità dinnanzi a Lui, non dubitiamo del perdono solennemente pronunziato sui nostri errori. Poniamo su di essi, come ce l’ha posta il Signore, una pietra sepolcrale”.  
“Pratichiamo il detto di Davide: - Innalzate le vostre mani dalla parte del luogo santo durante la notte, e benedite il Signore -. Sì, figlioli, benediciamolo, che Egli sia la nostra guida, la nostra barca, il nostro porto”.  
“L’amor proprio è figlio della superbia e più malizioso ancora della madre”.  
“Devi avere sempre prudenza e amore. La prudenza ha gli occhi, l’amore ha le gambe. L’amore che ha le gambe vorrebbe correre a Dio, ma il suo impulso di slanciarsi verso di Lui è cieco, e qualche volta potrebbe inciampare se non fosse guidato dalla prudenza che ha gli occhi. La prudenza quando vede che l’amore potrebbe essere sfrenato gli presta gli occhi. In tal modo l’amore si trattiene e, guidato dalla prudenza, agisce come deve e non come vorrebbe”.  
“Tre cose dobbiamo tenere presenti innanzi a noi: primo, che stiamo sempre innanzi alla maestà di Dio; secondo, che dobbiamo sempre avere il santo timore di Dio; terzo, che non dobbiamo mai dimenticare che l’anima nostra è destinata per l’eternità”.
“Procurate di sempre più avanzare nella carità: allargate il vostro cuore con fiducia ai divini carismi che lo Spirito Santo è intento a versare in esso… Se vogliamo raccogliere è necessario non tanto seminare molto, quanto spargere il seme in un buon campo, e quando questo seme diventerà pianta, ci stia molto a cuore di vegliare a che la zizzania non soffochi le tenere pianticelle”.  
“Pregate ancora che Dio vi consoli, quando sentite aggravarsi su voi il peso della Croce: così facendo non operate affatto contrario alla volontà di Dio, ma stando con lo stesso Figliolo di Dio, che pregò il Padre Suo nell’orto per qualche sollievo. Ma se a Lui non piace di farlo, siate pronti a pronunciare con lo stesso Gesù il - fiat”.  
“L’umanità e la carità sono le corde maestre, tutte le altre sono dipendenti da esse; l’una è la più bassa, l’altra è la più alta: la conservazione di tutto l’edificio dipende dal fondamento e dal tetto. Se si tiene il cuore indirizzato nell’esercizio di queste, non si incontreranno poi difficoltà nelle altre. Queste sono le madri delle virtù, quelle le seguono come fanno i pulcini con le loro madri”.  
“Dove non c’è obbedienza non c’è virtù; dove non c’è virtù non c’è bene; dove non c’è bene non c’è amore; dove non c’è amore non c’è Dio; dove non c’è Dio non c’è Paradiso”.  
“La misericordia del Signore, figliolo, è infinitamente più grande della tua malizia”.  
“Dobbiamo stare attenti a non commettere colpa alcuna, né piccola né grande, poiché tutto è grave per il Cuore Divino che tanto ci ama. Ricordiamo ogni istante questo e cerchiamo di non mai pesare le nostre colpe sulla bilancia del farmacista”.
“Tutte le anime amanti di Gesù devono rendersi sempre più conformi a questo divino ed eterno modello… E beate quelle anime che saranno trovate più conformi al loro divino prototipo” .
“Stringiamoci al cuore addolorato della Mamma Celeste in questa quaresima, e pensiamo nel suo dolore a quanto è preziosa l’anima nostra.”
“Non ti arrestare nella ricerca della verità e nell’acquisto del sommo Bene. Sii docile agli impulsi della Grazia, assecondando le sue ispirazioni. Non arrossire del Cristo e della Sua dottrina”.
“Il tempo speso per la gloria di Dio e per la salute dell’anima non è mai malamente speso”.  
“Ho alzato più volte in alto la mia mano nel silenzio della notte e nel ritiro della mia celletta, benedicendovi tutti e presentandovi a Gesù ed al nostro Padre San Francesco.”


30/01/2015 14:40


San Massimiliano Kolbe

   

…Ma verso dove ti incammini nel corso della tua vita? Ogni giorno, ogni ora tu fai, pensi, dici sempre qualcosa. A quale scopo? La verità è che tu aspiri a qualche cosa, più vicina o più lontana; e tu tendi lì, perché speri che questa cosa ti porti un briciolo di felicità. Questa aspirazione alla felicità è tanto naturale che non esiste uomo al mondo che non desideri la felicità; per questo soltanto gli uomini ammassano denaro, cercano gloria e piaceri: per trovare la felicità.

Non è forse vero che in qualsiasi luogo e in qualsiasi cosa, su questa terra, finora hai cercato la felicità?
Però tutto questo non è stato in grado di rasserenare completamente il tuo cuore; tu ti sei reso conto che, allorché ti sei scelto come scopo la felicità terrena, ti sei imbattuto sempre nella delusione, hai trovato dei limiti, avresti voluto qualcosa di più e di più duraturo. Non ti sei forse accorto che ogni mezzo destinato ad uno scopo è limitato e che il suo limite è appunto la subordinazione ad uno scopo? [...] Anche i beni, non sono uno scopo, ma un mezzo e tu puoi e devi utilizzarli solo come tali. Se te li proporrai come uno scopo, allora non ti basteranno più.
Mettiti calmo e rifletti: quando, in definitiva, potrai essere pienamente felice? Lascia che la tua fantasia costruisca liberamente per te l'edificio della felicità che hai sognato: cerca di immaginarti tutto ciò che hai desiderato e chiediti: "e se ce ne fosse ancora di più? E se durasse più a lungo?" Se la tua anima non è ancora appagata, non hai raggiunto la tua felicità, il tuo scopo. E qualsiasi limite ti rimanga ancora da superare, sarà sempre un impedimento verso la perfezione della tua felicità. Ciò significa che tu desideri la felicità, ma una felicità senza limitazioni: infinita, eterna. Anche questo desiderio di felicità ha il proprio appagamento, vale a dire Dio infinito ed eterno.
…Tu, Dio infinito ed eterno, mi hai amato da secoli, mi hai chiamato dal nulla all'esistenza.
Per mostrarmi da vicino che mi ami, sei sceso dalle più pure delizie del paradiso su questa terra...hai condotto una vita in mezzo alla povertà; ed infine hai voluto essere sospeso tra i tormenti su un turpe patibolo in mezzo a due canaglie. O Dio d'amore, mi hai redento in questo modo terribile ma generoso! Tu, però, non ti sei accontentato di questo, ma vedendo che sarebbero trascorsi ben 19 secoli dal momento in cui sono state effuse queste dimostrazioni del Tuo amore ed io sarei apparso soltanto ora su questa terra, hai voluto provvedere anche a questo! Il Tuo Cuore non ha acconsentito a far sì che io mi dovessi nutrire unicamente dei ricordi del Tuo smisurato amore. Sei rimasto su questa misera terra nel santissimo ed oltremodo mirabile Sacramento dell'altare ed ora vieni a me e ti unisci strettamente a me sotto forma di nutrimento... Già ora il Tuo sangue scorre nel sangue mio, la Tua anima, o Dio incarnato, compenetra la mia anima, le dà la forza e la nutre.
…Chi ardirebbe supporre che Tu, o Dio infinito, eterno, mi hai amato da secoli, anzi da prima dei secoli? Tu, infatti, mi ami dal momento in cui esisti come Dio, di conseguenza mi hai amato e mi amerai sempre!
Benché io non esistessi ancora, tu mi amavi già, e appunto per il fatto che mi amavi, o buon Dio, mi hai chiamato dal nulla all'esistenza! Per me hai creato i cieli costellati di stelle, per me la terra, i mari, i monti, i fiumi... Ma questo non bastava: per mostrarmi da vicino che mi amavi con tanta tenerezza, sei sceso dalle più pure delizie del paradiso su questa terra infangata e piena di lacrime, hai condotto una vita in mezzo alla povertà, alle fatiche e alle sofferenze; e infine, disprezzato e deriso, hai voluto essere sospeso tra i tormenti su un turpe patibolo.
 Che cosa avresti potuto darmi ancora, o Dio, dopo esserti già offerto a me in proprietà? Il tuo cuore, ardente di amore verso di me, ti ha suggerito ancora un altro dono; sì, un altro dono ancora!
[...] Tu ci hai comandato di diventare bambini, se vogliamo entrare nel regno dei cieli. Tu sai bene che un bambino ha bisogno di una madre: tu stesso hai stabilito questa legge d'amore. La tua bontà e la tua misericordia, perciò, ha creato per noi una Madre, la personificazione della tua bontà e del tuo amore infinito, e, dalla croce, sul Golgota, hai offerto lei a noi e noi a lei... Inoltre hai stabilito, o Dio che ci ami, di costituirla onnipotente dispensatrice e mediatrice di tutte le tue grazie: tu non rifiuti nulla a lei, ma neppure lei è capace di rifiutare alcunché a nessuno...
…Ci sono ancora tanti uomini infelici, sedotti, ingannati, schiavi del demonio che soffrono e non sono capaci neppure di riconoscere la propria miseria... Porgere la mano a tutti e diventare guida di molte persone e condurle a Dio per l'Immacolata nostra Regina è una bella missione per la quale vale la pena di vivere, lavorare soffrire e anche morire…
All'ufficiale medico nazista che gli fece l'iniezione mortale nel braccio, Padre Kolbe disse: «Lei non ha capito nulla della vita...» e mentre l'ufficiale lo guardava con fare interrogativo, soggiunse: «...l'odio non serve a niente... Solo l'amore crea!». Le sue ultime parole, porgendo il braccio, furono: «Ave Maria».


30/01/2015 14:41

Santa Faustina Kowalska 

 
Dal diario
…Ultimo giorno dell'anno. Ho avuto il permesso di non andare a dormire, ma di pregare in cappella. Una delle nostre suore mi ha pregato di offrire per lei un'ora di adorazione. Le ho risposto di si ed ho pregato per lei un'ora intera. Durante la preghiera Dio mi ha fatto conoscere quanto Gli è cara quella piccola anima. La seconda ora di adorazione l'ho offerta per la conversione dei peccatori e specialmente in riparazione delle offese che nel momento presente vengono fatte a Dio. Quanto viene offeso Iddio! La terza ora l'ho offerta secondo l'intenzione del mio padre spirituale, ho pregato fervorosamente perché venga illuminato in merito ad una questione particolare. Suonano infine le dodici, l'ultima ora dell'anno, che ho finito nel nome della SS.ma Trinità, come del resto nel nome della SS.ma Trinità ho cominciato la prima ora dell'Anno Nuovo. Ho chiesto la benedizione ad ognuna delle Persone ed ho guardato con grande fiducia all'Anno Nuovo, che non sarà certamente avaro di sofferenze. O Ostia Santa, in cui è contenuto il testamento della Divina Misericordia per noi e specialmente per i poveri peccatori. O Ostia Santa, in cui è contenuto il Corpo ed il Sangue del Signore Gesù, come dimostrazione dell'infinita Misericordia verso di noi, ma specialmente verso i peccatori. O Ostia Santa, in cui è contenuta la vita eterna e l'infinita Misericordia elargita in abbondanza a noi, ma specialmente ai poveri peccatori. 
O Ostia Santa, in cui è contenuta la Misericordia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo verso di noi, ma specialmente verso i poveri peccatori. O Ostia Santa, in cui è contenuto il prezzo infinito della Misericordia, che ripagherà tutti i nostri debiti, ma specialmente quelli dei poveri peccatori. O Ostia Santa, in cui è contenuta la sorgente di acqua viva, che scaturisce dalla Misericordia infinita per noi, ma specialmente per i poveri peccatori. O Ostia Santa, in cui è contenuto il fuoco dell'amore più puro, che arde dal seno dell'Eterno Padre, come da un abisso di Misericordia infinita per noi, ma specialmente per i poveri peccatori. O Ostia Santa, in cui è contenuta la medicina per tutte le nostre debolezze, che sgorga dalla Misericordia infinita come da una sorgente, per noi e specialmente per i poveri peccatori. O Ostia Santa, in cui è contenuto il vincolo di unione fra Dio e noi, grazie all'infinita Misericordia per noi e specialmente per i poveri peccatori. O Ostia Santa, in cui sono contenuti tutti i sentimenti del Cuore dolcissimo di Gesù verso di noi e specialmente per i poveri peccatori. O Ostia Santa, nostra unica speranza in tutte le sofferenze e contrarietà della vita. 
O Ostia Santa, nostra unica speranza fra le tenebre e le tempeste interiori ed esteriori. O Ostia Santa, nostra unica speranza in vita e nell'ora della morte. O Ostia Santa, nostra unica speranza fra gli insuccessi e nell'abisso della disperazione. O Ostia Santa, nostra unica speranza in mezzo alle menzogne ed ai tradimenti. Ostia Santa, nostra unica speranza fra le tenebre e le empietà che sommergono la terra. O Ostia Santa, nostra unica speranza in mezzo alla nostalgia e al dolore, per il quale nessuno ci comprende. O Ostia Santa, nostra unica speranza in mezzo alle fatiche ed al grigiore della vita di ogni giorno. O Ostia Santa, nostra unica speranza quando le nostre aspirazioni e le nostre fatiche vanno in fumo. 
O Ostia Santa, nostra unica speranza fra i colpi dei nemici e gli assalti dell'inferno. O Ostia Santa, confiderò in Te quando le difficoltà della vita supereranno le mie forze ed i miei sforzi risulteranno inutili. O Ostia Santa, confiderò in Te quando le tempeste sconvolgeranno il mio cuore ed il mio spirito atterrito comincerà a piegarsi verso il dubbio che corrode. O Ostia Santa, confiderò in Te quando il mio cuore comincerà a tremare ed un sudore mortale mi bagnerà la fronte. O Ostia Santa, confiderò in Te quando tutto si rivolgerà contro di me e la nera disperazione s'insinuerà nella mia anima. O Ostia Santa, confiderò in Te quando il mio sguardo si spegnerà per tutto ciò che è terreno, ed il mio spirito vedrà per la prima volta mondi sconosciuti. 
O Ostia Santa, confiderò in Te quando i miei impegni saranno al di sopra delle mie forze e l'insuccesso sarà per me la sorte abituale. O Ostia Santa, confiderò in Te quando l'osservanza delle virtù mi apparirà difficile e la mia natura si ribellerà. O Ostia Santa, confiderò in Te quando i colpi dei nemici saranno diretti contro di me. O Ostia Santa, confiderò in Te quando le mie fatiche ed i miei sforzi non verranno approvati dalla gente. O Ostia Santa, confiderò in Te quando sopra di me risuonerà il Tuo giudizio; in quel momento confiderò nell'oceano della Tua Misericordia. O Santissima Trinità, confido nella Tua infinita Misericordia. Iddio è mio Padre, quindi io, come Sua figliola,  ho ogni diritto sul Suo Cuore divino e quanto più grandi sono le tenebre, tanto più decisa dev'essere la nostra fiducia. Non riesco a comprendere come si possa non aver fiducia in Colui che può tutto. Con Lui tutto, senza di Lui nulla. Egli, il Signore, non permetterà né lascerà che restino confusi coloro che hanno posto in Lui tutta la loro fiducia.
…O Gesù Ostia, che ho ricevuto in questo momento nel mio cuore, in unione con Te mi offro al Padre Celeste come vittima sacrificale, rimettendomi totalmente e nel modo più assoluto alla misericordiosissima e santa volontà del mio Dio. Da oggi la Tua volontà, o Signore, è il mio nutrimento. Hai tutto il mio essere, disponi di me secondo i Tuoi divini intendimenti. Qualunque cosa mi porgerà la Tua mano paterna, l'accetterò con sottomissione, con serenità e con gioia. Non temo nulla, in qualunque modo vorrai guidarmi, e, con l'aiuto della Tua grazia, eseguirò tutto quello che vorrai da me. Già ora non temo più alcuna Tua ispirazione, né l'analizzo con preoccupazione per sapere dove mi conduce. Guidami, o Dio, sulle strade che Tu vuoi, ho piena fiducia nella Tua volontà, che per me è l'amore e la Misericordia stessa. Mi ordini di rimanere in questo convento? Ci rimarrò. 
Mi ordini di dar inizio all'opera? La inizierò. Mi lasci nell'incertezza fino alla morte in merito a quest'opera? Sii benedetto. Mi darai la morte nel momento in cui, umanamente parlando, la mia vita sembrerà più necessaria? Sii benedetto. Mi prenderai durante la giovinezza? Sii benedetto. Mi farai raggiungere l'età avanzata? Sii benedetto. Mi darai salute e forza? Sii benedetto. M'inchioderai in un letto di dolore magari per tutta la vita? Sii benedetto. Durante la vita mi darai solo delusioni ed insuccessi? Sii benedetto. Permetterai che le mie intenzioni più pure vengano condannate? Sii benedetto. Darai luce al mio intelletto? Sii benedetto. Mi lascerai nelle tenebre ed in ogni genere di angosce? Sii benedetto. Da questo momento vivo nella più profonda serenità, poiché il Signore stesso mi porta sulle Sue braccia. Egli, il Signore della Misericordia imperscrutabile, sa che desidero soltanto Lui in tutto, sempre e ovunque.  
…O Gesù nascosto, vita della mia anima, Oggetto del mio ardente desiderio, Nulla soffocherà il Tuo amore nel mio cuore. Così m'assicura la forza del nostro reciproco amore. O Gesù nascosto, pegno adorabile della mia risurrezione, In Te si concentra tutta la mia vita. Tu, Ostia, mi rendi capace di amare eternamente, E so che anche Tu mi amerai come Tua figlia. O Gesù nascosto, mio purissimo amore, La mia vita iniziata con Te su questa terra, Svilupperà in pienezza nell'eternità futura, Poiché il nostro reciproco amore non muterà mai. O Gesù nascosto, la mia anima desidera Te solo, Tu sei per me più delle delizie del paradiso, La mia anima più dei doni e delle grazie attende Te, Che vieni a me sotto l'apparenza del pane. O Gesù nascosto, prendi il mio cuore assetato di Te, Che arde per Te del puro fuoco d'un serafino, Seguendo nella vita imperterrito le Tue orme…  
…O Amore eterno, o Gesù, che Ti sei chiuso in quest'Ostia, Celando la Tua divina Maestà e la Tua bellezza, Lo fai, per darTi tutto alla mia anima, E non spaventarla con la Tua immensità. O Amore eterno, o Gesù, che Ti sei nascosto nel pane, Eterno splendore, inimmaginabile sorgente di felicità e di gioia, Che vuoi essere il mio paradiso in terra, E lo sei quando mi comunichi il Tuo amore divino. O Dio di grande Misericordia, bontà infinita, ecco che oggi tutta l'umanità grida dall'abisso della sua miseria alla Tua Misericordia, alla Tua compassione, o Dio, e grida con la voce potente della propria miseria. O Dio benigno, non respingere la preghiera degli esuli di questa terra. 
O Signore, bontà inconcepibile, che conosci perfettamente la nostra miseria e sai che non siamo in grado di innalzarci fino a Te con le nostre forze, Ti supplichiamo, previenici con la Tua grazia e moltiplica incessantemente su di noi la Tua Misericordia , in modo che possiamo adempiere fedelmente la Tua santa volontà durante tutta la vita e nell'ora della morte. L'onnipotenza della Tua Misericordia ci difenda dagli assalti dei nemici della nostra salvezza, in modo che possiamo attendere con fiducia, come figli Tuoi, la Tua ultima venuta nel giorno noto soltanto a Te. E speriamo, nonostante tutta la nostra miseria, di ottenere tutto ciò che ci è stato promesso da Gesù, poiché Gesù è la nostra fiducia; attraverso il Suo Cuore misericordioso, come attraverso una porta aperta, entreremo in paradiso.  
…Durante l'adorazione, dopo aver ripetuto più volte l'invocazione «Santo Dio » all'improvviso fui investita da una più viva presenza di Dio e venni trasportata in spirito davanti alla Maestà Divina. E vidi come rendono gloria a Dio gli angeli ed i santi del Signore. E così grande questa gloria resa a Dio, che non voglio lasciarmi tentare a descriverla, perché non ne sono capace ed anche perché le anime non pensino che quello che ho scritto sia tutto. San Paolo, ora comprendo perché non hai voluto descrivere il paradiso, ma hai detto soltanto che « quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, ne mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che Lo amano ». Ed è così, che tutto, come è uscito da Dio, così a Lui ritorna e Gli rende una gloria perfetta. Ed ora, dopo averla esaminata, quanto trovo misera la gloria che io rendo a Dio. Che minuscola goccia è in confronto alla perfetta gloria del cielo! Oh, quanto sei buono, o Dio, che accetti anche la mia adorazione e rivolgi benignamente il Tuo Volto verso di me e fai conoscere che Ti è gradita la nostra preghiera!  


30/01/2015 14:43


Beata Madre Teresa di Calcutta  

 
Dagli scritti
Nel 1973 la nostra congregazione decise di fare Adorazione un’ora ogni giorno. Da quel momento il nostro amore per Gesù è diventato più intimo, il nostro amore reciproco più comprensivo, il nostro amore per i poveri più misericordioso, e abbiamo visto raddoppiare il numero delle vocazioni.
Abbiamo bisogno di cibo continuo. Per questo cominciamo la giornata alle quattro e mezzo del mattino. Abbiamo la Messa, la comunione, la meditazione… Poi, la sera, in tutte le nostre case, abbiamo un’ora di adorazione tutte le sere. Viene esposto il Santissimo Sacramento, e tutte le suore comunitariamente (facciamo tutto comunitariamente), fanno un’ora di adorazione.
È questa una grande sorpresa per me: siamo, infatti tutte e ciascuna molto occupate; abbiamo tante cosa da fare per la nostra gente. Eppure quest’ora di adorazione non è un’ora sottratta al lavoro per i poveri. Facciamo tutte le nostre ore di servizio pieno per i poveri. Quest’ora di adorazione trascorsa davanti a Gesù non toglie nulla la nostro sevizio. Ci ha avvicinate le une alle altre, ha intensificato il nostro amore verso i poveri, ha reso la presenza di Cristo più viva, più reale, qualcosa che veramente ci unisce.
Gesù si è fatto il pane di vita per poter saziare la nostra fame di Dio, il nostro amore di Dio. E poi, per saziare la propria fame del nostro amore, si è fatto affamato, nudo, senzatetto, e ha detto: «Quando lo avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me». Noi siamo contemplative nel mondo, perché tocchiamo Cristo ventiquattro ore al giorno.
Perciò vi supplico: cercate di trovare anzitutto li, nella vostra casa, i vostri poveri. Non permettete a nessuno di sentirsi solo, indesiderato, non amato, ma non permettetelo anzitutto a quelli di casa vostra, al vostro prossimo. C'è qualcuno che è cieco? Andate a leggergli il giornale, a fargli le spese, a fargli le pulizie. Non si richiede nient'altro che questo.
Prima di toccare un sofferente, prima di ascoltare un sofferente, pregate. Per poter amare quel sofferente, avete infatti bisogno di un cuore puro. Voi non potete amare ì malati e i sofferenti se non amate quelli che vivono con voi sotto lo stesso tetto. Per questo è assolutamente necessario che preghiamo. Il frutto della preghiera è l'approfondimento della fede; il frutto della fede è l'amore; il frutto dell'amore è il servizio. La preghiera ci dà il cuore puro e il cuore puro può vedere Dio. E vedendo Dio gli uni negli altri ci ameremo scambievolmente come ci ama Gesù. Quello che Gesù è venuto a insegnarci facendosi uomo sta tutto qui: amarci gli uni gli altri.
Non crediamo che la povertà consista solo nell'avere fame di pane, nell'essere nudi per mancanza di vestiti, nell'essere privi di un'abitazione di mattoni e di cemento. Esiste una povertà ancora più grande: quella di non sentirsi amati, non sentirsi desiderati, sentirsi emarginati. Quella di non avere nessuno nella vita.  
Devi amare senza aspettative, fare qualche cosa per l’amore fine a se stesso, non per quello che ne potrai ricevere in cambio. Se ti attendi qualche forma di ricompensa, non è amore: l’amore vero è amare senza condizioni e senza aspettative.  
Senza almeno due ore di adorazione dell’Eucarestia non si può andare dai poveri.


30/01/2015 14:46

 

Giovanni Paolo II

Lettera sull'adorazione eucaristica 47° Congresso Eucaristico Internazionale
Roma, 18-25 giugno 2000  
Esorto i cristiani a fare regolarmente visita a Cristo presente nel Santissimo Sacramento dell'altare, poiché noi siamo tutti chiamati a rimanere in modo permanente in presenza di Dio, grazie a Colui che resterà con noi fino alla fine dei tempi. Nella contemplazione i cristiani percepiscono con maggiore profondità che il mistero pasquale è al centro di tutta la vita cristiana.  
Gesù non è più presente in mezzo agli uomini allo stesso modo in cui lo fu lungo le vie della Palestina.  
Dopo la Risurrezione , nel suo corpo glorioso, appar­ve alle donne e ai suoi discepoli. Quindi con­dusse gli Apostoli « fuori verso Betania e, al­zate le mani, li benedisse..., si staccò da loro e fu portato verso il cielo » (Lc24,50-51). Tuttavia, ascendendo al Padre, Cristo non si è allontanato dagli uomini. Egli resta sem­pre in mezzo ai suoi fratelli e, come ha pro­messo, li accompagna e li guida mediante il suo Spirito.
La sua presenza è ora di un altro ordine. In effetti « nell'ultima cena, dopo aver cele­brato la Pasqua con i suoi discepoli, mentre passava da questo mondo a suo Padre, Cristo istituì questo sacramento come me­moria perpetua della sua passione..., il più grande di tutti i miracoli; a coloro che la sua assenza avrebbe riempito di tristezza, la­sciò questo sacramento come incomparabi­le conforto » (Tommaso d'Aquino, Ufficio del Corpus Domini, 57,4).
Ogni volta che nella Chiesa celebriamo l'Eucaristia, noi ricordiamo la morte del Salvatore, annunciamo la sua risurrezione, nell'attesa della sua venuta. Nessun sacra­mento è dunque più prezioso e più grande di quello dell'Eucaristia; ricevendo la co­munione veniamo incorporati a Cristo. La nostra vita è trasformata e assunta dal Signore.  
Al di fuori della celebrazione euca­ristica, la Chiesa si prende cura di venerare l'Eucaristia che deve essere « conservata... come il centro spirituale della comunità reli­giosa e parrocchiale » (Paolo VI, Mysterium idei, n. 68).  
La contemplazione prolunga la comunio­ne e permette di incontrare durevolmen­te Cristo, vero Dio e vero uomo, di lasciarsi guardare da lui e di fare esperienza della sua presenza. Quando lo contempliamo pre­sente nel Santissimo Sacramento dell'alta­re, Cristo si avvicina a noi e diventa intimo con noi più di quanto lo siamo noi stessi; ci rende partecipi della sua vita divina in un'u­nione che trasforma e, mediante lo Spirito, ci apre la porta che conduce al Padre, come egli stesso disse a Filippo: « Chi ha visto me ha visto il Padre » (Gv 14,9).
La contemplazione, che è anche una co­munione di desiderio, ci associa intimamen­te a Cristo e associa in modo particolare co­loro che sono impossibilitati a riceverlo.
Rimanendo in silenzio dinanzi al Santis­simo Sacramento, è Cristo, totalmente e realmente presente, che noi scopriamo, che noi adoriamo e con il quale stiamo in rapporto.
Non è quindi attraverso i sensi che lo per­cepiamo e gli siamo vicini. Sotto le specie del pane e del vino, è la fede e l'amore che ci portano a riconoscere il Signore, Lui ci co­munica pienamente « i benefici di questa re­denzione che ha compiuto, Lui, il Maestro, il Buon Pastore, il Mediatore più gradito al Padre » (Leone XIII, Mirae caritatis).
Come ricorda il Libro della fede dei Vescovi del Belgio, la preghiera d'adorazio­ne in presenza del Santissimo Sacramento unisce i fedeli «al mistero pasquale; essa li rende partecipi del sacrificio di Cristo di cui l'Eucaristia è il "sacramento permanente"».  
Onorando il Santissimo Sacra­mento, noi compiamo anche una profonda azione di rendimento di grazie che eleviamo al Padre, poiché attraverso suo Figlio egli ha visitato e redento il suo popolo.  
Mediante il sacrificio della Croce, Gesù ha dato la vita al mondo e ha fatto di noi i suoi figli adottivi a sua immagine, instaurando rapporti particolarmente intimi, che ci per­mettono di chiamare Dio col nome di Padre.
Come ci ricorda la Scrittura , Gesù passa­va intere notti a pregare, in particolare nei momenti in cui aveva scelte importanti da fare. Nella preghiera, mediante un gesto di fiducia filiale, imitando il suo Maestro e Si­gnore, il cristiano apre il proprio cuore e le proprie mani per ricevere il dono di Dio e per ringraziarlo dei suoi favori, offerti gra­tuitamente.  
E’ bello intrattenersi con Cristo e, chinati sul petto di Gesù come il discepolo prediletto, possiamo essere toccati dall'a­more infinito del suo Cuore.  
Impariamo a conoscere più a fondo colui che si è donato totalmente, nei diversi misteri della sua vita divina e umana, per diventare discepoli e per entrare, a nostra volta, in quel grande slancio di dono, per la gloria di Dio e la sal­vezza del mondo. «Seguire Cristo non è un'imitazione esteriore, perché tocca l'uomo nella sua profonda intimità » (Veritatis splendor, n. 21). Noi siamo invitati a seguire il suo insegnamento, per essere poco a po­co configurati a lui, per permettere al­lo Spirito di agire in noi e per realizzare la missione che ci è stata affidata. In particola­re, l'amore di Cristo ci spinge a operare in­cessantemente per l'unità della sua Chiesa, per l'annuncio del Vangelo fino ai confini della terra e per il servizio degli uomini: «noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo; tutti infatti partecipiamo dell'unico pane» (1Cor 10,17): è questa la Buona Notiziache fa gioire il cuore dell'uomo e gli mostra che è chiamato a prendere parte alla vita beata con Dio.
Il mistero eucaristico è la fonte, il centro e il culmine dell'attività spirituale e caritati­va della Chiesa (cf: Presbyterorum ordinis, n. 6).
E’ intimità divina con Cristo, nel silenzio della contemplazione, non ci allontana dai nostri contemporanei, ma, al contrario, ci rende attenti e aperti alle gioie e agli affan­ni degli uomini e allarga il cuore alle di­mensioni del mondo. Essa ci rende solidali verso i nostri fratelli in umanità, in particolare verso i più piccoli, che sono i prediletti del Signore.
Attraverso l'adorazione, il cristiano con­tribuisce misteriosamente alla trasforma­zione radicale del mondo e alla diffusione del Vangelo. Ogni persona che prega il Sal­vatore trascina dietro di sé il mondo intero e lo eleva a Dio.
Coloro che s'incontrano con il Signore svolgono dunque un eminente servizio; es­si presentano a Cristo tutti coloro che non lo conoscono o che sono lontani da lui; essi vegliano dinanzi a lui, in loro nome.  
In occasione di questo giubileo, incoraggio i sacerdoti a ravvivare il ricordo della loro ordinazione sacerdotale, median­te la quale Cristo li ha chiamati a partecipa­re in modo particolare al suo unico sacer­dozio, soprattutto nella celebrazione del sacrificio eucaristico e nell'edificazione del suo corpo mistico che è la Chiesa.  
Che essi ricordino le parole pronuncia­te dal Vescovo nel corso della liturgia del­la loro ordinazione: « Prendete coscienza di ciò che farete, vivete ciò che compire­te, e conformatevi al mistero della Croce del Signore »!
Attingendo alla fonte dei santi misteri mediante tempi di contemplazione fedeli e regolari, essi ricaveranno frutti spirituali per la loro vita personale e per il loro mini­stero e potranno, a loro volta, rendere il po­polo cristiano a loro affidato atto a cogliere la grandezza « della loro partecipazione pe­culiare al sacerdozio di Cristo » (Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo, 1996).  
«I fedeli, quando adorano Cristo presente nel Santissimo Sacramento, devono ricordarsi che questa presenza de­riva dal Sacrificio e tende alla comunione sia sacramentale che spirituale» (Congre­gazione dei Riti, Istruzione sul culto del­l'Eucaristia, n. 50).  
Esorto dunque i cristiani a fare regolar­mente visita a Cristo presente nel San­tissimo Sacramento dell'altare, poiché noi siamo tutti chiamati a rimanere in modo per­manente in presenza di Dio, grazie a Colui che resterà con noi fino alla fine dei tempi.
Nella contemplazione i cristiani perce­piscono con maggiore profondità che il mistero pasquale è al centro di tutta la vita cristiana. Questo cammino li porta a unirsi più intensamente al mistero pasquale e a fare del sacrificio eucaristico, dono perfet­to, il centro della loro vita, secondo la loro vocazione specifica, in quanto esso confe­risce al popolo cristiano una dignità in­comparabile (cfr. Paolo VI, Mysterium Fi­dei, n. 67).
In effetti, con il dono dell'Eucaristia, noi siamo accolti da Cristo, riceviamo il suo perdono, ci nutriamo della sua parola e del suo pane e siamo quindi inviati in missione nel mondo; ognuno è così chiamato a ren­dere testimonianza di ciò che ha ricevuto e a fare lo stesso con i suoi fratelli.
I fedeli rafforzano la loro speranza sco­prendo che, con Cristo, la sofferenza e la disperazione possono essere trasfigurate, poiché, con Lui, noi siamo già passati dalla morte alla vita. Pertanto, quando essi offro­no al Maestro della Storia la loro vita, il loro lavoro e tutta la creazione, allora le loro giornate vengono illuminate.  
Raccomando ai sacerdoti, ai reli­giosi e alle religiose, così come ai laici, di proseguire e d'intensificare i loro sforzi per insegnare alle giovani generazioni il senso e il valore dell'adorazione e della de­vozione eucaristiche.  
Come potranno i giovani conoscere il Signore se non vengono introdotti al miste­ro della sua presenza? Come il giovane Sa­muele, imparando le parole della preghiera del cuore, essi saranno più vicini al Signore che li accompagnerà nella loro crescita spi­rituale e umana e nella testimonianza mis­sionaria che dovranno rendere per tutta la loro esistenza.
Il mistero eucaristico è in effetti il «cul­mine di tutta l'evangelizzazione»(Lumen gentium, n. 28), poiché è la testimonianza più eminente della Risurrezione di Cristo. Tutta la vita interiore ha bisogno di silenzio e d'intimità con Cristo per crescere. Questa familiarità progressiva con il Signore per­metterà ad alcuni giovani d'impegnarsi nel servizio dell'accolitato e di partecipare più attivamente alla Messa; stare presso l'alta­re è per i giovani anche un'occasione privi­legiata per ascoltare la chiamata di Cristo e seguirlo più radicalmente nel ministero sa­cerdotale.
Lettera inviata dal Santo Padre al Vescovo di Liegi in occasione del 750° anniversario della festa del SS. Corpo e Sangue di Cristo - 28 maggio 1996  


30/01/2015 14:49

Paolo VI

LETTERA ENCICLICA
DI SUA SANTITÀ
PAOLO PP. VI
MYSTERIUM FIDEI
SULLA DOTTRINA
E IL CULTO DELLA SS. EUCARISTIA
3 settembre 1965
Lettera enciclica ai Venerabili Fratelli Patriarchi, Primati, Arcivescovi,
Vescovi e agli altri Ordinari dei luoghi in pace e comunione con la Sede Apostolica,
e al clero e ai fedeli di tutto il mondo cattolico.
VENERABILI FRATELLI E DILETTI FIGLI
SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE
1. La Chiesa Cattolica ha sempre religiosamente custodito come preziosissimo tesoro l'ineffabile mistero di fede che è il dono dell'Eucaristia, largitole da Cristo suo Sposo come pegno del suo immenso amore, e ad esso nel Concilio Vaticano II ha tributato una nuova e solennissima professione di fede e di culto.
2. Difatti i Padri del Concilio, trattando della restaurazione della Sacra Liturgia, per la loro sollecitudine a favore della Chiesa universale niente hanno avuto più a cuore che esortare i fedeli affinché con integra fede e somma pietà partecipino attivamente alla celebrazione di questo Sacrosanto Mistero, offrendolo unitamente al sacerdote come sacrificio a Dio per la salvezza propria e di tutto il mondo e nutrendosi di esso come spirituale alimento.
3. Giacché se la Sacra Liturgia occupa il primo posto nella vita della Chiesa, il Mistero Eucaristico è come il cuore e il centro della Sacra Liturgia, in quanto è la fonte di vita che ci purifica e ci corrobora in modo che viviamo non più per noi, ma per Dio, e tra noi stessi ci uniamo col vincolo strettissimo della carità.
4. E affinché sia evidente l'intimo nesso tra la fede e la pietà, i padri del Concilio, confermando la dottrina che la Chiesa ha sempre sostenuto e insegnato e il Concilio di Trento ha solennemente definito, hanno voluto premettere alla trattazione del sacrosanto Mistero Eucaristico questa sintesi di verità: « Il nostro Salvatore nell'ultima Cena, la notte in cui fu tradito, istituì il Sacrificio Eucaristico del suo corpo e del suo sangue, a perpetuare così il sacrificio della Croce nei secoli fino al suo avvento, lasciando in tal modo alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, in cui si riceve Cristo, l'anima si riempie di grazia e ci si largisce il pegno della gloria futura ».
5. Con queste parole si esaltano insieme il Sacrificio, che appartiene all'essenza della Messa celebrata quotidianamente, e il Sacramento, di cui i fedeli partecipano con la santa Comunione mangiando la carne di Cristo e bevendone il sangue, ricevendo la grazia, che è anticipazione della vita eterna; e la «medicina dell'immortalità », secondo le parole del Signore: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
6. Dalla restaurazione dunque della Sacra Liturgia Noi speriamo fermamente che scaturiranno copiosi frutti di pietà Eucaristica, affinché la santa Chiesa, elevando questo salutifero segno di pietà, progredisca ogni giorno verso la perfetta unità e inviti tutti quelli che si gloriano del nome cristiano all'unità della fede e della carità, attraendoli soavemente sotto l'azione della grazia divina.
7. Ci sembra di intravedere questi frutti e quasi di gustarne le primizie nell'aperta gioia e prontezza d'animo, con cui i figli della Chiesa Cattolica hanno accolto la Costituzione della Sacra Liturgia restaurata; e anche in molte e ben elaborate pubblicazioni destinate a investigare più profondamente e a conoscere con maggiore frutto la dottrina intorno alla SS. Eucaristia, specialmente per quel che riguarda la sua connessione col mistero della Chiesa.
8. Tutto questo è per Noi motivo di non poca consolazione e gaudio, che vogliamo comunicare anche a voi, Venerabili Fratelli, con grande piacere, perché anche voi insieme con Noi rendiate grazie a Dio, largitore di ogni bene, che col suo Spirito governa la Chiesa e la feconda di crescenti virtù.
Motivi di sollecitudine pastorale e di ansietà
9. Tuttavia, Fratelli Venerabili, non mancano, proprio nella materia che ora trattiamo, motivi di grave sollecitudine pastorale e di ansietà, dei quali la coscienza del Nostro dovere Apostolico non ci permette di tacere.
10. Ben sappiamo infatti che tra quelli che parlano e scrivono di questo Sacrosanto Mistero ci sono alcuni che circa le Messe private, il dogma della transustanziazione e il culto eucaristico, divulgano certe opinioni che turbano l'animo dei fedeli ingerendovi non poca confusione intorno alle verità di fede, come se a chiunque fosse lecito porre in oblio la dottrina già definita dalla Chiesa, oppure interpretarla in maniera che il genuino significato delle parole o la riconosciuta forza dei concetti ne restino snervati.
11. Non è infatti lecito, tanto per portare un esempio, esaltare la Messa così detta «comunitaria» in modo da togliere importanza alla Messa privata; né insistere sulla ragione di segno sacramentale come se il simbolismo, che tutti certamente ammettono nella ss. Eucaristia, esprimesse esaurientemente il modo della presenza di Cristo in questo Sacramento; o anche discutere del mistero della transustanziazione senza far cenno della mirabile conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue di Cristo, conversione di cui parla il Concilio di Trento, in modo che essi si limitino soltanto alla «transignificazione» e «transfinalizzazione» come dicono; o finalmente proporre e mettere in uso l'opinione secondo la quale nelle Ostie consacrate e rimaste dopo la celebrazione del sacrificio della Messa Nostro Signore Gesù Cristo non sarebbe più presente.
12. Ognuno vede come in tali opinioni o in altre simili messe in giro la fede e il culto della divina Eucaristia sono non poco incrinati.
13. Affinché dunque la speranza, suscitata dal Concilio, di una nuova luce di pietà Eucaristica, che investe tutta la Chiesa, non sia frustrata e inaridita dai semi già sparsi di false opinioni, abbiamo deciso di parlare di questo grave argomento a voi, Venerabili Fratelli, comunicandovi sopra di esso il Nostro pensiero con apostolica autorità.
14. Certamente noi non neghiamo in coloro che divulgano tali opinioni il desiderio non disprezzabile di scrutare un sì grande Mistero, sviscerandone le inesauribili ricchezze e svelandone il senso agli uomini del nostro tempo; anzi riconosciamo e approviamo quel desiderio; ma non possiamo approvare le opinioni che essi esprimono e sentiamo il dovere di avvisarvi del grave pericolo di quelle opinioni per la retta fede.
La SS. Eucaristia è un mistero di fede
15. Anzitutto vogliamo ricordare una verità, a voi ben nota, ma assai necessaria a respingere ogni veleno di razionalismo, verità che molti cattolici hanno suggellato col proprio sangue e che celebri Padri e Dottori della Chiesa costantemente hanno professato e insegnato, che cioè l'Eucaristia è un altissimo mistero, anzi propriamente, come dice la Sacra Liturgia, il mistero di fede: « In esso solo infatti, come molto saggiamente dice il Nostro Predecessore Leone XIII di f. m., sono contenute con singolare ricchezza e varietà di miracoli, tutte le realtà soprannaturali ».
16. È dunque necessario che specialmente a questo mistero ci accostiamo con umile ossequio non seguendo umani argomenti, che devono tacere, ma aderendo fermamente alla divina Rivelazione.
17. San Giovanni Crisostomo, il quale, come sapete, trattò, con tanta elevatezza di linguaggio e con tanto acume di pietà, del Mistero Eucaristico, istruendo una volta i suoi fedeli intorno a questa verità, si espresse in questi appropriati termini: «Inchiniamoci a Dio senza contraddirgli, anche se ciò che Egli dice possa sembrare contrario alla nostra ragione e alla nostra intelligenza; ma prevalga sulla nostra ragione e intelligenza la sua parola. Così anche comportiamoci riguardo al Mistero [eucaristico], non considerando solo quello che cade sotto i sensi, ma stando alle sue parole: giacché la sua parola non può ingannare ».
18. Identiche affermazioni hanno fatto spesso i Dottori scolastici. Che in questo Sacramento sia presente il vero corpo e il vero sangue di Cristo, « non si può apprendere coi sensi, dice san Tommaso, ma con la sola fede, la quale si appoggia alla autorità di Dio. Per questo, commentando il passo di san Luca 22,19: Questo è il mio corpo che viene dato per voi,Cirillo dice: Non mettere in dubbio se questo sia vero, ma piuttosto accetta con fede le parole del Salvatore: perché essendo egli la verità, non mentisce ».
19. Pertanto, facendo eco al Dottore Angelico, il popolo cristiano canta frequentemente: « Visus, tactus, gustus in te fallitur. Sed auditu solo tuto creditur: credo quidquid dixit Dei Filius: nil hoc verbo veritatis verius ».
20. Ma c'è di più. San Bonaventura afferma: « Che Cristo sia nel Sacramento, come in un segno, non offre difficoltà alcuna; ma che vi sia realmente, come in cielo, ecco ciò che presenta una difficoltà grandissima: il crederlo, quindi, è sommamente meritorio ».
21. Del resto la stessa cosa accenna l'Evangelo quando racconta che molti dei discepoli di Cristo, udito il discorso della carne da mangiare e del sangue da bere, voltarono le spalle e abbandonarono il Signore dicendo:Questo discorso è duro e chi può ascoltarlo? E domandando Gesù se anche i dodici volessero andarsene, Pietro affermò con slancio e fermezza la fede sua e degli Apostoli con la mirabile risposta: Signore, da chi ce ne andremo?Tu hai parole di vita eterna.
22. È logico dunque che noi seguiamo come una stella nell'investigare questo Mistero il Magistero della Chiesa, a cui il divin Redentore ha affidato la parola di Dio scritta o trasmessa oralmente perché la custodisca e la interpreti, convinti che « anche se non si indaghi con la ragione, anche se non si spieghi con la parola, rimane tuttavia vero ciò che fin dall'antichità con verace fede cattolica si predica e si crede in tutta la Chiesa ».
23. Ma non basta. Salva infatti l'integrità della fede, è necessario anche serbare un esatto modo di parlare, affinché usando parole incontrollate non ci vengano in mente, che Dio non permetta, false opinioni riguardo alla fede dei più alti misteri. Torna a proposito il grave monito di sant'Agostino quando considera il diverso modo di parlare dei filosofi e del Cristiano: « I filosofi, egli dice, parlano liberamente senza timore di offendere orecchi religiosi in cose molto difficili a capirsi. Noi invece dobbiamo parlare secondo una regola determinata, per evitare che la libertà di linguaggio ingeneri qualche opinione empia anche intorno al significato della parola ».
24. La norma di parlare dunque,che la Chiesa con lungo secolare lavoro, non senza l'aiuto dello Spirito Santo, ha stabilito, confermandola con l'autorità dei Concili, norma che spesso è diventata la tessera e il vessillo della ortodossia della fede, dev'essere religiosamente osservata; né alcuno, secondo il suo arbitrio o col pretesto di nuova scienza, presuma di cambiarla. Chi mai potrebbe tollerare che le formule dogmatiche usate dai Concili Ecumenici per i misteri della SS. Trinità e dell'Incarnazione siano giudicate non più adatte agli uomini del nostro tempo ed altre siano ad esse temerariamente surrogate? Allo stesso modo non si può tollerare che un privato qualunque possa attentare di proprio arbitrio alle formule con cui il Concilio Tridentino ha proposto a credere il Mistero Eucaristico. Poiché quelle formule, come le altre di cui la Chiesa si serve per enunciare i dogmi di fede, esprimono concetti che non sono legati a una certa forma di cultura, non a una determinata fase di progresso scientifico, non all'una o all'altra scuola teologica, ma presentano ciò che l'umana mente percepisce della realtà nell'universale e necessaria esperienza: e però tali formule sono intelligibili per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
25. Invero quelle formule possono fruttuosamente spiegarsi più chiaramente e più largamente, mai però in senso diverso da quello in cui furono usate, sicché progredendo l'intelligenza della fede rimanga intatta la verità di fede. Difatti il Concilio Vaticano I insegna che nei sacri dogmi « si deve sempre ritenere quel senso, che una volta per sempre ha dichiarato la santa madre Chiesa e mai è lecito allontanarsi da quel senso sotto lo specioso pretesto di più profonda intelligenza ».
Il Mistero Eucaristico si realizza nel Sacrificio della Messa
26. Ora, a comune edificazione e letizia, Ci piace, Venerabili Fratelli, richiamare la dottrina che la Chiesa Cattolica possiede della tradizione e insegna con unanime consenso.
27. Giova anzitutto ricordare quello che è come la sintesi e l'apice di questa dottrina, che cioè nel Mistero Eucaristico è rappresentato in modo mirabile il Sacrificio della Croce una volta per sempre consumato sul Calvario; vi si richiama perennemente alla memoria e ne viene applicata la virtù salutifera in remissione dei peccati che si commettono quotidianamente.
28. Nostro Signore Gesù Cristo istituendo il Mistero Eucaristico, ha sancito col suo sangue il nuovo Testamento di cui egli è Mediatore, come già Mosè aveva sancito il Vecchio col sangue dei vitelli. Difatti, come racconta l'Evangelista, nell'ultima Cena preso il pane, rese grazie e lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo dato per voi: fate questo in memoria di me. Similmente prese il calice, dopo la cena, dicendo: Questo è il calice del Nuovo Testamento nel mio sangue, sparso per voi. Ordinando agli Apostoli di far questo in sua memoria, volle perciò stesso che la cosa si rinnovasse in perpetuo. E la Chiesa nascente l'ha fedelmente eseguito perseverando nella dottrina degli Apostoli e radunandosi per celebrare il Sacrificio Eucaristico. Erano poi tutti perseveranti, attesta accuratamente san Luca, nella dottrina degli Apostoli e nella comunione della frazione del pane e nella preghiera. E tanto era il fervore che i Fedeli ne ricevevano che si poteva dire di loro:La moltitudine dei credenti era un cuor solo e un'anima sola.
29. E l'Apostolo Paolo, che ci ha tramandato fedelissimamente quello che aveva ricevuto dal Signore, parla apertamente del Sacrificio Eucaristico quando dimostra che i cristiani non possono partecipare ai sacrifici dei pagani, proprio perché sono stati fatti partecipi della mensa del Signore.Il calice di benedizione che benediciamo, egli dice, non è forse la comunione del sangue di Cristo? E il pane che spezziamo non è forse partecipazione del corpo di Cristo?... non potete bere il calice di Cristo e i1 calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni. Questa nuova oblazione del Nuovo Testamento, che Malachia aveva preannunziato, la Chiesa, ammaestrata dal Signore e dagli Apostoli, l'ha sempre offerta, « non solo per i peccati, le pene, le espiazioni ed altre necessità dei fedeli viventi, ma anche a suffragio dei defunti in Cristo non ancora del tutto purificati ».
30. Per tacere di altre testimonianze vogliamo ricordare solo quella di san Cirillo di Gerusalemme il quale, istruendo i neofiti nella fede cristiana, uscì in queste memorabili parole: « Dopo compiuto il sacrificio spirituale, rito incruento, sopra quell'ostia di propiziazione noi supplichiamo Dio per la pace universale della Chiesa, per il retto ordine del mondo, per l'imperatore, per gli eserciti e gli alleati, per i malati, per gli afflitti e in generale preghiamo noi tutti per tutti coloro che han bisogno di aiuto e offriamo questa vittima... e preghiamo anche per i santi padri e vescovi e in generale per tutti quelli che in mezzo a noi sono morti, convinti che questo sarà di sommo giovamento a quelle anime per le quali si eleva la preghiera mentre qui è presente la vittima santa e tremenda ». Confermando la cosa con l'esempio della corona intrecciata per l'imperatore per ottenere il suo perdono agli esiliati, lo stesso santo Dottore così conclude: « Allo stesso modo anche noi offriamo preghiere a Dio per i defunti, anche peccatori; non gli intrecciamo una corona, ma gli offriamo in sconto dei nostri peccati Cristo immolato, cercando di rendere Dio clemente per noi e per loro».
31. Sant'Agostino attesta che la consuetudine di offrire il sacrificio della nostra redenzione anche per i defunti vigeva nella Chiesa Romana e nello stesso tempo attesta che quella consuetudine, come tramandata dai Padri, si osservava in tutta la Chiesa.
32. Ma c'è un'altra cosa che, essendo assai utile ad illustrare il mistero della Chiesa, Ci piace di aggiungere, cioè la Chiesa fungendo in unione con Cristo da sacerdote e da vittima, offre tutta intera il Sacrificio della Messa e tutta intera vi è offerta. Questa mirabile dottrina già insegnata dai Padri, recentemente esposta dal Nostro Predecessore Pio XII di f.m., ultimamente espressa dal Concilio Vaticano II nella Costituzione sulla Chiesa, a proposito del popolo di Dio, Noi ardentemente desideriamo che sia sempre più spiegata e più profondamente inculcata nell'animo dei fedeli, salva però, com'è giusto, la distinzione, non solo di grado, ma anche di natura, che passa tra il sacerdozio dei fedeli e quello gerarchico. Tale dottrina infatti è quanto mai adatta ad alimentare la pietà Eucaristica, ad esaltare la dignità di tutti i fedeli, nonché a stimolare l'animo a toccare il vertice della santità, che altro non è che mettersi tutto a servizio della divina Maestà con una generosa oblazione di sé.
33. Inoltre bisogna richiamare la conclusione che scaturisce da questa dottrina circa « l'indole pubblica e sociale di ogni Messa ». Giacché ogni Messa, anche se privatamente celebrata da un sacerdote, non è tuttavia cosa privata, ma azione di Cristo e della Chiesa, la quale nel sacrificio che offre, ha imparato ad offrire sé medesima come sacrificio universale, applicando per la salute del mondo intero l'unica e infinita virtù redentrice del sacrificio della Croce. Poiché ogni Messa celebrata viene offerta non solo per la salvezza di alcuni, ma anche per la salvezza di tutto il mondo. Ne consegue che, se è sommamente conveniente che alla celebrazione della Messa partecipi attivamente gran numero di fedeli, tuttavia non è da riprovarsi, anzi da approvarsi, la Messa celebrata privatamente, secondo le prescrizioni e le tradizioni della santa Chiesa, da un Sacerdote col solo ministro inserviente; perché da tale Messa deriva grande abbondanza di particolari grazie, a vantaggio sia dello stesso sacerdote, sia del popolo fedele e di tutta la Chiesa, anzi di tutto il mondo, grazie che non si possono ottenere in uguale misura mediante la sola Comunione.
34. Raccomandiamo dunque con paterna insistenza ai sacerdoti, che sono in modo particolare Nostro gaudio e Nostra corona nel Signore, affinché memori del potere ricevuto dal Vescovo consacrante, di offrire cioè a Dio il Sacrificio, di celebrare Messe sia per i vivi che per i defunti nel nome del Signore, celebrino la Messa ogni giorno degnamente e con devozione, perché essi stessi e gli altri fedeli cristiani usufruiscano dell'applicazione dei copiosi frutti provenienti dal sacrificio della Croce. In tal modo contribuiranno molto anche alla salvezza del genere umano.
Nel sacrificio della Messa Cristo si fa presente sacramentalmente
35. Quello che abbiamo detto brevemente intorno al Sacrificio della Messa Ci porta a dire qualche cosa anche del Sacramento dell'Eucaristia, facendo parte Sacrificio e Sacramento dello stesso mistero, sicché non è possibile separare l'uno dall'altro. Il Signore s'immola in modo incruento nel Sacrificio della Messa, che rappresenta il sacrificio della Croce, applicandone la virtù salutifera, nel momento in cui per le parole della consacrazione comincia ad essere sacramentalmente presente, come spirituale alimento dei fedeli, sotto le specie del pane e del vino.
36. Tutti ben sappiamo che vari sono i modi secondo i quali Cristo è presente alla sua Chiesa. È utile richiamare un po' più diffusamente questa bellissima verità che la Costituzione della Sacra Liturgia ha esposto brevemente. Cristo è presente alla sua Chiesa che prega, essendo egli colui che « prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi: prega per noi come nostro Sacerdote; prega in noi come nostro Capo; è pregato da noi come nostro Dio»; è lui stesso che ha promesso: Dove sono due o tre riuniti in nome mio là sono io in mezzo a loro. Egli è presente alla sua Chiesa che esercita le opere di misericordia non solo perché quando facciamo un po' di bene a uno dei suoi più umili fratelli lo facciamo allo stesso Cristo, ma anche perché è Cristo stesso che fa queste opere per mezzo della sua Chiesa, soccorrendo sempre con divina carità gli uomini. È presente alla sua Chiesa pellegrina anelante al porto della vita eterna, giacché egli abita nei nostri cuori mediante la fede, e in essi diffonde la carità con l'azione dello Spirito Santo, da lui donatoci.
37. In altro modo, ma verissimo anch'esso, egli è presente alla sua Chiesa che predica, essendo l'Evangelo che essa annunzia parola di Dio, che viene annunziata in nome e per autorità di Cristo Verbo di Dio incarnato e con la sua assistenza, perché sia « un solo gregge sicuro in virtù di un solo pastore ».
38. È presente alla sua Chiesa che regge e governa il popolo di Dio, poiché la sacra potestà deriva da Cristo e Cristo, «Pastore dei pastori », assiste i pastori che la esercitano, secondo la promessa fatta agli Apostoli.
39. Inoltre in modo ancora più sublime Cristo è presente alla sua Chiesa che in suo nome celebra il Sacrificio della Messa e amministra i Sacramenti. Riguardo alla presenza di Cristo nell'offerta del Sacrificio della Messa, ci piace ricordare ciò che san Giovanni Crisostomo pieno d'ammirazione disse con verità ed eloquenza:«Voglio aggiungere una cosa veramente stupenda, non vi meravigliate e non vi turbate. Che cosa è? L'oblazione è la medesima, chiunque sia l'offerente, o Paolo o Pietro; quella stessa che Cristo affidò ai discepoli e che ora compiono i sacerdoti: questa non è affatto minore di quella, perché non gli uomini la fanno santa, ma colui che la santificò. Come le parole che Dio pronunziò, sono quelle stesse che ora il sacerdote dice, così medesima è l'oblazione». Nessuno poi ignora che i sacramenti sono azioni di Cristo, il quale li amministra per mezzo degli uomini. Perciò i Sacramenti sono santi per se stessi e per virtù di Cristo, mentre toccano i corpi, infondono grazia alle anime. Queste varie maniere di presenza riempiono l'animo di stupore e offrono alla contemplazione il mistero della Chiesa. Ma ben altro è il modo, veramente sublime,con cui Cristo è presente alla sua Chiesa nel sacramento dell'Eucaristia, che perciò è tra gli altri Sacramenti « più soave per la devozione, più bello per l'intelligenza, più santo per il contenuto »;  contiene infatti lo stesso Cristo ed è « quasi la perfezione della vita spirituale e il fine di tutti i Sacramenti ».
40. Tale presenza si dice « reale » non per esclusione, quasi che le altre non siano « reali », ma per antonomasia perché è sostanziale, e in forza di essa, infatti, Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente. Malamente dunque qualcuno spiegherebbe questa forma di presenza, immaginando il corpo di Cristo glorioso di natura « pneumatica » onnipresente; oppure riducendola ai limiti di un simbolismo, come se questo augustissimo Sacramento in niente altro consistesse che in un segno efficace « della spirituale presenza di Cristo e della sua intima congiunzione con i fedeli membri del Corpo Mistico ».
41. Invero del simbolismo Eucaristico, specialmente in rapporto all'unità della Chiesa, molto trattarono i Padri e gli Scolastici; il Concilio di Trento ne ha compendiata la dottrina insegnando che il nostro Salvatore ha lasciato l'Eucaristia alla sua Chiesa « come simbolo della sua unità e della carità con la quale egli volle intimamente uniti tra loro tutti i cristiani », « e perciò simbolo di quell'unico corpo, di cui egli è il capo ».
42. Fin dai primordi della letteratura cristiana l'ignoto autore della Didachè così scrive in proposito: « Per quanto riguarda l'Eucaristia così rendete grazie... come questo pane spezzato era prima disperso sui monti e raccolto diventò uno, così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo regno ».
43. Parimenti san Cipriano difendendo l'unità della Chiesa contro lo scisma, scrive: « Finalmente gli stessi sacrifici del Signore mettono in luce l'unanimità dei Cristiani cementata con solida e indivisibile carità. Giacché quando il Signore chiama suo corpo il pane composto dall'unione di molti granelli, indica il nostro popolo adunato, che egli sostentava; e quando chiama suo sangue il vino spremuto dai molti grappoli e acini e fuso insieme, indica similmente il nostro gregge composto di una moltitudine unita insieme ».
44. Del resto prima di tutti l'aveva detto l'Apostolo ai Corinzi: Poiché molti siamo un solo pane, un solo corpo tutti noi che partecipiamo di un solo pane.
45. Ma se il simbolismo Eucaristico ci fa comprendere bene l'effetto proprio di questo Sacramento, che è l'unità del Corpo Mistico, tuttavia non spiega e non esprime la natura del Sacramento, per la quale esso si distingue dagli altri. Giacché la costante istruzione impartita dalla Chiesa ai catecumeni, il senso del popolo cristiano, la dottrina definita dal Concilio di Trento e le stesse parole con cui Cristo istituì la SS. Eucaristia ci obbligano a professare « che l'Eucaristia è la carne del nostro Salvatore Gesù Cristo, che ha patito per i nostri peccati e che il Padre per sua benignità ha risuscitato ». Alle parole del martire sant'Ignazio Ci piace aggiungere le parole di Teodoro di Mopsuestia, in questa materia testimone attendibile della fede della Chiesa: « Il Signore, egli scrive, non disse: questo è il simbolo del mio corpo e questo è il simbolo del mio sangue, ma: Questo è il mio corpo e il mio sangue, insegnandoci a non considerare la natura della cosa presentata, ma [a credere] che essa con l'azione di grazia si è tramutata in carne e sangue ».
46. Il Concilio Tridentino, appoggiato a questa fede della Chiesa « apertamente e semplicemente afferma che nell'almo sacramento della SS. Eucaristia, dopo la consacrazione del pane e del vino, nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente sotto l'apparenza di quelle cose sensibili». Pertanto il nostro Salvatore nella sua umanità è presente non solo alla destra del Padre, secondo il modo di esistere naturale, ma insieme anche nel sacramento dell'Eucaristia «secondo un modo di esistere che, sebbene sia inesprimibile per noi a parole, tuttavia con la mente illustrata dalla fede possiamo intercedere e dobbiamo fermissimamente credere che è possibile a Dio ».
Cristo Signore è presente nel Sacramento dell'Eucaristia per la transustanziazione
47. Ma perché nessuno fraintenda questo modo di presenza, che supera le leggi della natura e costituisce nel suo genere il più grande dei miracoli, è necessario ascoltare docilmente la voce della Chiesa docente e orante. Ora questa voce, che riecheggia continuamente la voce di Cristo, ci assicura che Cristo non si fa presente in questo Sacramento se non per la conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel suo sangue; conversione singolare e mirabile che la Chiesa Cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione. Avvenuta la transustanziazione, le specie del pane e del vino senza dubbio acquistano un nuovo fine, non essendo più l'usuale pane e l'usuale bevanda, ma il segno di una cosa sacra e il segno di un alimento spirituale; ma intanto acquistano nuovo significato e nuovo fine in quanto contengono una nuova « realtà », che giustamente denominiamo ontologica. Giacché sotto le predette specie non c'è più quel che c'era prima, ma un'altra cosa del tutto diversa; e ciò non soltanto in base al giudizio della fede della Chiesa, ma per la realtà oggettiva, poiché, convertita la sostanza o natura del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, nulla rimane più del pane e del vino che le sole specie, sotto le quali Cristo tutto intero è presente nella sua fisica « realtà » anche corporalmente, sebbene non allo stesso modo con cui i corpi sono nel luogo.
48. Per questo i Padri ebbero gran cura di avvertire i fedeli che nel considerare questo augustissimo Sacramento non si affidassero ai sensi, che rilevano le proprietà del pane e del vino, ma alle parole di Cristo, che hanno la forza di mutare, trasformare, « transelementare » il pane e il vino nel corpo e nel sangue di lui; invero,come spesso dicono i Padri, la virtù che opera questo prodigio è la medesima virtù di Dio onnipotente, che al principio del tempo ha creato dal nulla l'universo.
49. «Istruito in queste cose e munito di robustissima fede, dice san Cirillo di Gerusalemme concludendo il discorso intorno ai misteri della Fede, per cui quello che sembra pane, pane non è, nonostante la sensazione del gusto, ma è il corpo di Cristo; e quel che sembra vino, vino non è, a dispetto del gusto, ma è il sangue di Cristo... tu corrobora il tuo cuore mangiando quel pane come qualcosa di spirituale e rallegra il volto della tua anima ».
50. Insiste san Giovanni Crisostomo: « Non è l'uomo che fa diventare le cose offerte corpo e sangue di Cristo, ma è Cristo stesso che è stato crocifisso per noi. Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle parole, ma la loro virtù e la grazia sono di Dio. Questo è il mio corpo: questa parola trasforma le cose offerte ».
51. E col Vescovo di Costantinopoli Giovanni è perfettamente d'accordo Cirillo Vescovo di Alessandria, che nel commento all'Evangelo di san Matteo scrive: « [Cristo] in modo indicativo disse: Questo è il mio corpo e questo è il mio sangue, affinché tu non creda che siano semplice immagine le cose che si vedono; ma che le cose offerte sono trasformate, in modo misterioso da Dio onnipotente, nel corpo e nel sangue di Cristo realmente! partecipando a queste cose riceviamo la virtù vivificante e santificante di Cristo ».
52. E Ambrogio, Vescovo di Milano, parlando chiaramente della conversione Eucaristica, dice: « Persuadiamoci che questo non è ciò che la natura ha formato, ma ciò che la benedizione ha consacrato e che la forza della benedizione è maggiore della forza della natura, perché con la benedizione la stessa natura è mutata ». E volendo confermare la verità del mistero, egli richiama molti esempi di miracoli narrati nella Sacra Scrittura, tra i quali la nascita di Gesù dalla Vergine Maria, e poi passando all'opera della creazione così conclude: « La parola dunque di Cristo, che ha potuto fare dal nulla ciò che non esisteva, non può mutare le cose che esistono in ciò che non erano? Non è infatti meno dare alle cose la propria natura che mutargliela ».
53. Ma non è necessario riportare molte testimonianze. È più utile richiamare la fermezza della fede con cui la Chiesa, con unanime concordia, resistette a Berengario, il quale, cedendo alle difficoltà suggerite dalla ragione umana, osò per il primo negare la conversione Eucaristica; la Chiesa gli minacciò ripetutamente la condanna se non si ritrattasse. Perciò Gregorio VII, Nostro Predecessore, gli impose di prestare il giuramento in questi termini: « Intimamente credo e apertamente confesso che il pane e il vino posti sull'altare, per il mistero della orazione sacra e le parole del nostro Redentore, si convertono sostanzialmente nella vera e propria e vivificante carne e sangue di Nostro Signore Gesù Cristo; e che dopo la consacrazione c'è il vero corpo di Cristo, che è nato dalla Vergine e per la salvezza del mondo fu offerto e sospeso sulla croce e ora siede alla destra del Padre; e c'è anche il vero sangue di Cristo, che uscì dal suo fianco, non soltanto come segno e virtù del sacramento, ma anche nella proprietà della natura e nella realtà della sostanza ».
54. Con queste parole concordano (mirabile esempio della fermezza della fede cattolica!) i Concili Ecumenici Lateranense, Costanziense, Fiorentino e finalmente il Tridentino in ciò che costantemente hanno insegnato intorno al mistero della conversione eucaristica, sia esponendo la dottrina della Chiesa sia condannando gli errori.
55. Dopo il Concilio di Trento, il Nostro Predecessore Pio VI, contro gli errori del Sinodo di Pistoia, ammonì con parole gravi che i parroci, che hanno il compito d'insegnare, non tralascino di parlare della transustanziazione, che è uno degli articoli di fede. Parimenti il Nostro Predecessore Pio XII, di f. m., richiamò i limiti che non devono sorpassare tutti coloro che discutono sottilmente del mistero della transustanziazione. Noi stessi nel recente Congresso Eucaristico Nazionale Italiano di Pisa, secondo il Nostro dovere apostolico, abbiamo reso pubblicamente e solennemente testimonianza della fede della Chiesa.
56. Del resto la Chiesa Cattolica non solo ha sempre insegnato, ma anche vissuto la fede nella presenza del corpo e del sangue di Cristo nella Eucaristia, adorando sempre con culto latreutico, che compete solo a Dio, un così grande Sacramento. Di questo culto sant'Agostino scrive: « In questa carne (il Signore) ha qui camminato e questa stessa carne ci ha dato da mangiare per la salvezza; e nessuno mangia quella carne senza averla prima adorata... sicché non pecchiamo adorandola, ma anzi pecchiamo se non la adoriamo ».
Del culto latreutico dovuto al sacramento eucaristico
57. La Chiesa Cattolica professa questo culto latreutico al Sacramento Eucaristico non solo durante la Messa, ma anche fuori della sua celebrazione, conservando con la massima diligenza le ostie consacrate, presentandole alla solenne venerazione dei fedeli cristiani, portandole in processione con gaudio della folla cristiana.
58. Di questa venerazione abbiamo molte testimonianze negli antichi documenti della Chiesa. I Pastori della Chiesa infatti esortano sollecitamente i fedeli a conservare con somma cura l'Eucaristia che portano a casa. « In verità è il corpo di Cristo, che i fedeli devono mangiare e non disprezzare » ammoniva gravemente sant'Ippolito.
59. Consta che i fedeli si credevano incolpa, e giustamente, come ricorda Origene, se, ricevuto il corpo del Signore, pur conservandolo con ogni cautela e venerazione, ne cadesse per negligenza qualche frammento.
60. Che poi i pastori riprovassero fortemente il difetto di debita riverenza, lo attesta Novaziano (degno di fede in questo), il quale ritiene degno di condanna colui che « uscendo dalla celebrazione domenicale e portando ancora con sé, come si suole, l'Eucaristia... ha portato in giro il corpo santo del Signore » non a casa sua, ma correndo agli spettacoli.
61. Anzi san Cirillo d'Alessandria rigetta come follia l'opinione di coloro che sostenevano che l'Eucaristia non serve affatto alla santificazione se si tratta di qualche residuo di essa rimandato al giorno seguente: « Né infatti, egli scrive, si altera Cristo né si muta il suo sacro corpo, ma persevera sempre in esso la forza, la potenza e la grazia vivificante ».
62. Né si deve dimenticare che anticamente i fedeli, sia che si trovassero sotto la violenza della persecuzione, sia che per amore di vita monastica dimorassero nella solitudine, solevano cibarsi anche ogni giorno dell'Eucaristia, prendendo la santa Comunione anche con le proprie mani, quando era assente il sacerdote o il diacono.
63. Non diciamo però questo perché si cambi il modo di custodire l'Eucaristia o di ricevere la santa Comunione stabilito in seguito dalle leggi ecclesiastiche e oggi vigenti, ma solo per congratularci della fede della Chiesa che rimane sempre la stessa.
64. Da questa unica fede è nata anche la festa del Corpus Domini, che nella diocesi di Liegi, specialmente per opera della serva di Dio beata Giuliana di Mont Cornillon, fu celebrata per la prima volta e il Nostro Predecessore Urbano IV estese a tutta la Chiesa; e molte altre istituzioni di pietà Eucaristica che, sotto la ispirazione della grazia divina, si sono moltiplicate sempre più, e con le quali la Chiesa Cattolica, quasi a gara, si adopera sia a rendere omaggio a Cristo, sia a ringraziarlo per tanto dono, sia a implorarne la misericordia.
Esortazione a promuovere il culto Eucaristico
65. Vi preghiamo dunque,Venerabili Fratelli, affinché questa fede, che non tende ad altro che a custodire una perfetta fedeltà alla parola di Cristo e degli Apostoli, rigettando nettamente ogni opinione erronea e perniciosa, voi custodiate pura e integra nel popolo affidato alla vostra cura e vigilanza,e promoviate, senza risparmiare parole e fatica, il culto Eucaristico, a cui devono convergere finalmente tutte le altre forme di pietà.
66. I fedeli, sotto il vostro impulso, conoscano sempre più e sperimentino quanto dice sant'Agostino: « Chi vuol vivere ha dove e donde vivere: si accosti, creda, s'incorpori per essere vivificato. Non rinunzi alla coesione dei membri, non sia un membro putrido degno d'essere tagliato, non un membro distorto da vergognarsi: sia un membro bello, idoneo, sano, aderisca al corpo, viva di Dio a Dio; ora lavori sulla terra per poter poi regnare nel cielo ».
67. Ogni giorno, come è desiderabile, i fedeli in gran numero partecipino attivamente al sacrificio della Messa, nutrendosi con cuore puro e santo della sacra Comunione,e rendano grazie a Cristo Signore per sì gran dono. Si ricordino delle parole del Nostro Predecessore san Pio X: « Il desiderio di Gesù Cristo e della Chiesa che tutti i Fedeli si accostino quotidianamente alla sacra mensa, consiste soprattutto in questo: che i fedeli, uniti a Dio in virtù del sacramento, ne attingano forza per dominare la libidine, per purificarsi dalle lievi colpe quotidiane e per evitare i peccati gravi, ai quali è soggetta l'umana fragilità». Durante il giorno i fedeli non omettano di fare la visita al SS. Sacramento, che dev'essere custodito in luogo distintissimo, col massimo onore nelle chiese, secondo le leggi liturgiche, perché la visita è prova di gratitudine, segno d'amore e debito di riconoscenza a Cristo Signore là presente.
68. Ognuno comprende che la divina Eucaristia conferisce al popolo cristiano incomparabile dignità. Giacché non solo durante la offerta del Sacrificio e l'attuazione del Sacramento, ma anche dopo, mentre la Eucaristia è conservata nelle chiese e negli oratori, Cristo è veramente l'Emmanuel, cioè il « Dio con noi ». Poiché giorno e notte è in mezzo a noi, abita con noi pieno di grazia e verità: restaura i costumi, alimenta le virtù, consola gli afflitti, fortifica i deboli, e sollecita alla sua imitazione tutti quelli che si accostano a lui, affinché col suo esempio imparino ad essere miti e umili di cuore, e a cercare non le cose proprie, ma quelle di Dio. Chiunque perciò si rivolge all'augusto Sacramento Eucaristico con particolare devozione e si sforza di amare con slancio e generosità Cristo che ci ama infinitamente, sperimenta e comprende a fondo, non senza godimento dell'animo e frutto, quanto sia preziosa la vita nascosta con Cristo in Dio; e quanto valga stare a colloquio con Cristo, di cui non c'è niente più efficace a percorrere le vie della santità.
69. Vi è inoltre ben noto, Venerabili Fratelli, che l'Eucaristia è conservata nei templi e negli oratori come il centro spirituale della comunità religiosa e parrocchiale, anzi della Chiesa universale e di tutta l'umanità, perché essa sotto il velo delle sacre specie contiene Cristo Capo invisibile della Chiesa, Redentore del mondo, centro di tutti i cuori, per cui sono tutte le cose e noi per lui.
70. Ne consegue che il culto Eucaristico muove fortemente l'animo a coltivare l'amore « sociale », col quale si antepone al bene privato il bene comune; facciamo nostra la causa della comunità, della parrocchia, della Chiesa universale; ed estendiamo la carità a tutto il mondo, perché dappertutto sappiamo che ci sono membra di Cristo.
71. Giacché dunque, Venerabili Fratelli, il sacramento Eucaristico è segno e causa dell'unità del Corpo Mistico e in quelli, che con maggior fervore lo venerano, eccita un attivo spirito «ecclesiale», non cessate di persuadere i vostri fedeli che, accostandosi al Mistero Eucaristico, imparino a far propria la causa della Chiesa, a pregare Dio senza intermissione, a offrire se stessi a Dio in grato sacrificio per la pace e l'unità della Chiesa; affinché tutti i figli della Chiesa siano una cosa sola e abbiano lo stesso sentimento, né ci siano tra di loro scismi, ma siano perfetti nello stesso sentimento e nello stesso pensiero, come vuole l'Apostolo; e tutti quelli che non sono ancora uniti con perfetta comunione con la Chiesa Cattolica, in quanto sono da essa separati, ma si gloriano del nome cristiano, quanto prima con l'aiuto della divina grazia arrivino a godere insieme con noi di quella unità di fede e di comunione, che Cristo volle fosse il distintivo dei suoi discepoli.
72. Questo desiderio di pregare e di consacrarsi a Dio per l'unità della Chiesa devono considerarlo soprattutto come proprio i religiosi, uomini e donne, essendo essi in modo particolare addetti all'adorazione del SS. Sacramento, facendogli corona sulla terra in virtù dei voti emessi.
73. Ma il voto per l'unità di tutti i cristiani, di cui niente è più sacro e più ardente nel cuore della Chiesa, Noi vogliamo esprimerlo ancora una volta con le stesse parole del Concilio Tridentino nella conclusione del Decreto sulla SS. Eucaristia: « In ultimo il santo Sinodo con paterno affetto ammonisce, esorta, prega e implora "per la misericordia del nostro Dio", affinché tutti e singoli i cristiani, in questo segno di unità, in questovincolo di carità, in questo simbolo di concordia, finalmente convengano e concordino, e memori di tanta maestà e di così alto amore di nostro Signore Gesù Cristo, il quale diede la sua diletta anima in prezzo della nostra salvezza e la sua carne a mangiare, credano e adorino questi sacri misteri del suo corpo e del suo sangue con quella fede ferma e costante, con quella devozione, pietà e culto, che permette loro di ricevere frequentemente quel pane sovrasostanziale, e questo sia per essi veramente vita dell'anima e perenne sanità di mente, sicché "corroborati dal suo vigore", da questo misero pellegrinaggio terrestre possano pervenire alla patria celeste per mangiare là senza nessun velo lo stesso "pane degli angeli" che ora "mangiamo sotto i sacri veli" ».
74. Oh, che il benignissimo Redentore, che già prossimo alla morte pregò il Padre perché tutti quelli che avrebbero creduto in lui diventassero una cosa sola, come lui e il Padre sono una cosa sola, si degni di esaudire al più presto questo voto Nostro e di tutta la Chiesa che cioè tutti con una sola voce e una sola fede celebriamo il Mistero Eucaristico e, fatti partecipi del corpo di Cristo, formiamo un sol corpo compaginato con quegli stessi vincoli, con i quali egli lo volle formato.
75. E Ci rivolgiamo con paterna carità anche a quelli che appartengono alle venerande Chiese di Oriente, nelle quali fiorirono tanti celeberrimi Padri, di cui ben volentieri in questa Nostra Lettera abbiamo ricordato le testimonianze intorno alla Eucaristia. Ci sentiamo pervasi da grande gaudio quando consideriamo la vostra fede riguardo all'Eucaristia, che coincide con la fede nostra, quando ascoltiamo le preghiere liturgiche con cui voi celebrate un così grande Mistero, quando ammiriamo il vostro culto eucaristico e leggiamo i vostri teologi che espongono e difendono la dottrina intorno a questo augustissimo Sacramento.
76. La Beatissima Vergine Maria, dalla quale Cristo Signore ha assunto quella carne che in questo Sacramento sotto le specie del pane e del vino « è contenuta, è offerta ed è mangiata », e tutti i Santi e le Sante di Dio, specialmente quelli che sentirono più ardente devozione per la divina Eucaristia, intercedano presso il Padre delle misericordie, affinché dalla comune fede e culto eucaristico scaturisca e vigoreggi la perfetta unità di comunione fra tutti i cristiani. Sono impresse nell'animo le parole del martire Ignazio, che ammonisce i fedeli di Filadelfia sul male delle deviazioni e degli scismi, per cui è rimedio l'Eucaristia: « Sforzatevi dunque,egli dice, di usufruire di una sola Eucaristia: perché una sola è la carne di Nostro Signore Gesù Cristo, e uno solo è il calice nella unità del suo sangue, uno l'altare, come uno è il Vescovo... ».
77. Sorretti dalla soavissima speranza che dall'accresciuto culto eucaristico deriveranno molti beni a tutta la Chiesa e a tutto il mondo, a voi, Venerabili Fratelli, ai sacerdoti, ai religiosi e a tutti quelli che a voi prestano la loro collaborazione, a tutti i fedeli affidati alle vostre cure, impartiamo l'Apostolica Benedizione con grande effusione d'amore, in auspicio delle grazie celesti.
Dato a Roma, presso San Pietro, nella festa di san Pio X il 3 settembre 1965 anno terzo del Nostro Pontificato.

PAOLO PP. VI



30/01/2015 14:50

Giovanni XXIII

ALLOCUZIONE DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
Arcibasilica Lateranense
Domenica, 24 giugno 1962
Venerabili Fratelli, diletti figli!
Di commossa e singolare letizia Ci è motivo questa visita al Laterano nel vespero della festa di S. Giovanni. Di fatto, nella vita orante della Chiesa universale precede e primeggia l'adorazione e la glorificazione della Santissima Trinità Augusta : Padre, Figlio e Spirito Santo. Segue, a debita distanza liturgica, e nella luce della stessa Trinità, la venerazione a Maria, Madre di Gesù Salvatore nostro, e, per questo titolo, potente e soavissima nostra Madre.
…….Noi siamo ora presso le soglie del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo. La recente Nostra lettera ai figli di Roma vi ha dato certo un'espressione del sospiro sacerdotale del vostro Pastore, del vostro Vescovo, della sua ansia perché quanti, ecclesiastici e cattolici, di umile o di alta distinzione, animati da fervido zelo pastorale, venuti sulle rive del Tevere siano edificati e presi di ammirazione innanzi alla attualità — meglio alla modernità, si direbbe — degli apprestamenti di cui il governo della diocesi si giova ad efficacia sicura delle iniziative per l'accostamento dei fedeli, per lo sviluppo delle molteplici iniziative convergenti tutte verso la assistenza spirituale che dalle singole parrocchie si dispiega, e da tutte insieme si accentra in un punto di immediato e pronto contatto, come intorno ad unico focolare.
Ecco, il Capo della Chiesa Universale, dalla Basilica Vaticana, presso la tomba di S. Pietro, nell'ampiezza ora accresciuta dei Palazzi Apostolici, ha modo di governare e di tenersi in rapporto con i Vescovi e con i popoli di tutto il mondo.
Oh! se il Papa, Vescovo di Roma, raccogliendo gli uffici dell'amministrazione diocesana, presso questa sua cattedrale basilica,Lateranum fulgens e disponendo dei palazzi che la circondano, potesse radunare qui, con più grande larghezza di respiro, tutta, o quasi, la organizzazione della diocesi di Roma! Oggi il Laterano non si trova più sui margini dell'Urbe, ma ne è avviluppato, come da centro operoso.
È naturale, diletti figli, che questa prospettiva di una rinnovata organizzazione ecclesiastica e pastorale più conforme alle circostanze dell'urbanesimo di una Roma religiosa e civile, che non è più quella di sessant'anni orsono, quando incominciammo a conoscerla, e contava quattrocentomila abitanti.
Ma una città che soverchia i due milioni di anime e vuol accostarsi ai tre, chieda qualche sforzo e il buon incoraggiamento a fortificarne il proposito. La sua attuazione avrebbe benefiche ripercussioni per la robustezza e l'esercizio del sentimento religioso, a salute, a prosperità, a sviluppo, e ad onore di quei principii cristiani che fecero grande Roma nei secoli.
Vi lasciamo, diletti figli, questo lieve accenno di un voto che la festa di S. Giovanni Ci ha suggerito. Anche se i Nostri occhi non potranno vederne il compimento, la coscienza di buon pastore ha sin d'ora, ed avrà sempre, letizia e benedizione. 


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