. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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Scritti dei Santi sull'adorazione I secolo- 1274

Ultimo Aggiornamento: 30/01/2015 13:18
30/01/2015 12:24

Scritti dei Santi sull'adorazione


Sant'Ignazio di Antiochia

Gli albori dell'adorazione

 

Dalle lettere

…Il principe di questo mondo vuole rovinare e distruggere il mio proposito verso Dio.

…Nessuno di voi qui presenti lo assecondi. Siate piuttosto per me, cioè di Dio. Non parlate di Gesù Cristo, mentre desiderate il mondo. Non ci sia in voi gelosia. Anche se vicino a voi vi supplico non ubbiditemi. Obbedite a quanto vi scrivo. Vivendo vi scrivo che bramo di morire. La mia passione umana è stata crocifissa, e non è in me un fuoco materiale.

…Un'acqua viva mi parla dentro e mi dice: qui al Padre. Non mi attirano il nutrimento della corruzione e i piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David e come bevanda il suo sangue che è l'amore incorruttibile.

…Il tempo presente esige che tu tenda a Dio, come i naviganti invocano i venti e coloro che sono sbattuti dalla tempesta il porto. Come atleta di Dio sii sobrio; il premio è l'immortalità, la vita eterna in cui tu credi. In tutto sono per te una ricompensa io e le mie catene che tu hai amate.

…Vedete di riunirvi più frequentemente per celebrare l’Eucarestia e rendere gloria a Dio.  

…spezzando un solo pane, che è farmaco di immortalità, antidoto per non morire ma vivere in Gesù Cristo per sempre.  

…Voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, nato dalla stirpe di Davide; voglio per bevanda il suo sangue, che è la carità incorruttibile.  

….uniti insieme, ci sia una sola preghiera, una sola supplica; una sia la mente, una la speranza nella carità ……accorrete all’unico Gesù Cristo, il quale è uscito dall’unico Padre, è rimasto unito a Lui e a Lui è tornato.  

…Quanti si convertono  ed entrano nell’unità della Chiesa, saranno anch’essi di Dio, per essere persone che vivono secondo Gesù Cristo.

 …Abbiate cura di prendere parte all’unica Eucarestia. Una è la carne del Signore nostro Gesù Cristo; uno il calice per essere uniti nel sangue di lui; uno l’altare, come uno solo è il vescovo con il collegio dei presbiteri e con i diaconi, miei conservi. Affinchè, qualunque cosa facciate, lo compiate secondo Dio.  

...con queste catene che porto celebro le chiese e prego che in esse vi sia l’unità di carne e di spirito di Gesù Cristo, nostra vita per sempre; l’unità di fede e di carità, che è il dono più prezioso; e soprattutto l’unità di Gesù e del Padre.  

…Nessuno si inganni…..il tutto sono fede e carità, e nulla è da preferirsi a queste virtù.  

…L’Eucarestia è la carne del salvatore nostro Gesù Cristo, quella carne che ha patito per i nostri peccati e che il Padre, nella sua benevolenza, ha resuscitato.

 …Voi rivestitevi della mitezza d’animo e rigeneratevi nella fede, che è la carne del Signore, e nella carità, che è il sangue di Gesù Cristo.  

…Come il Signore nulla fece senza il Padre col quale è uno, nè da solo nè con gli apostoli, così voi nulla fate senza il vescovo e i presbiteri. Nè cercate che appaia lodevole qualche cosa per parte vostra, ma solo per la cosa stessa: una sola preghiera, una sola supplica, una sola mente, una sola speranza nella carità, nella gioia purissima che è Gesù Cristo, del quale nulla è meglio. Accorrete tutti come all’unico tempio di Dio, intorno all’unico altare che è l’unico Gesù Cristo che procedendo dall’unico Padre è ritornato a lui unito.

…Riguardo a coloro che professano una dottrina diversa sulla grazia di Gesù Cristo, grazia che è venuta a noi, rendetevi conto quanto siano contrari al pensiero di Dio. Non si danno cura della carità, non della vedova, non dell’orfano, non di chi soffre, non di chi è prigioniero o libero, non di chi patisce la fame o la sete.  

…Coloro che negano il dono di Dio muoiono nelle loro stesse discussioni. Sarebbe meglio per loro praticare la carità così da poter anche risorgere.

…Nessuno si inganni: chi non è intorno all’altare, resta privo del “pane di Dio”. Se, infatti, la preghiera di una o due persone ha tanta efficacia, quanto più quella del vescovo e di tutta la chiesa! Colui che non prende parte alla medesima celebrazione ha il cuore superbo e si è già giudicato, perché sta scritto: “Dio resiste ai superbi.” Cerchiamo, quindi, di non opporci al vescovo, per essere sottomessi a Dio.

…Se alcuni hanno voluto ingannarmi secondo la carne, lo spirito, invece, che viene da Dio non è stato ingannato. Egli sa donde viene e dove va e rivela i segreti. Quando ero in mezzo a voi gridai e a voce alta, con la voce di Dio: state uniti al vescovo, ai presbiteri e ai diaconi. Quanto a quelli che hanno sospettato che io gridai prevedendo lo scisma di alcuni mi sia testimone colui per il quale sono incatenato che non ne ebbi notizia da carne di uomo. Fu lo spirito che me lo annunziò dicendo: non fate nulla senza il vescovo, custodite la vostra carne come tempio di Dio, amate l'unità, fuggite le faziosità, siate imitatori di Gesù Cristo come egli lo è del Padre suo.

…E’ bene per voi procedere insieme d’accordo col pensiero del Vescovo, cosa che già fate. Infatti il vostro collegio dei presbiteri, giustamente famoso, degno di Dio, è così armonicamente unito al Vescovo come le corde alla cetra. Per questo nella vostra concordia e nel vostro amore sinfonico Gesù Cristo è cantato. E così voi, ad uno ad uno, diventate coro, affinché nella sinfonia della concordia, dopo aver preso il tono di Dio nell’unità, cantiate a una sola voce.  

…Io offro la mia vita per quelli che sono sottomessi al Vescovo, ai presbiteri e ai diaconi. Possa io con loro avere parte con Dio. Lavorate insieme gli uni per gli altri, lottate insieme, correte insieme, soffrite insieme, dormite e vegliate insieme come amministratori di Dio, suoi assessori e servi. Cercate di piacere a Colui per il quale militate e dal quale ricevete la mercede. Nessuno di voi sia trovato disertore. Il vostro Battesimo rimanga come uno scudo, la fede come un elmo, la carità come una lancia, la pazienza come un’armatura.

….Scrivo a tutte le Chiese e annunzio a tutti che io muoio volentieri per Dio, se voi non me lo impedite. Vi prego di non avere per me una benevolenza inopportuna. Lasciate che sia pasto delle belve per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo. Piuttosto accarezzate le fiere perché diventino la mia tomba e nulla lascino del mio corpo ed io morto non pesi su nessuno. Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo. Pregate il Signore per me perché con quei mezzi sia vittima per Dio. Non vi comando come Pietro e Paolo. Essi erano apostoli, io un condannato; essi erano liberi io a tuttora uno schiavo. Ma se soffro sarò affrancato in Gesù Cristo e risorgerò libero in lui. Ora incatenato imparo a non desiderare nulla.  

…Vi riunite…..spezzando un solo pane, che è farmaco di immortalità, antidoto per non morire ma vivere in Gesù Cristo per sempre.



30/01/2015 12:25

Sant'Antonio Abate

Gli albori dell'adorazione
 
Dagli scritti
 
…L'anima in possesso della sapienza pura e della vita autentica si manifesta nel modo di guardare, di comportarsi, di parlare, di sorridere, di conversare e di agire della parte fisica. Tutto in lei è trasformato e positivamente buono. La sua parte mentale, fertile per l'amore divino, è simile ad un vigilante guardiano che non permette l'ingresso a pensieri di male e di passionalità
 
… La mente che attraverso l'amore diviene una sola realtà con Dio, è una benedizione invisibile per tutti gli esseri, offerta da Dio stesso per condurre alla vita pura chi ne è degno.
 
…Sappi che il male fisico è inevitabile al corpo, essendo materiale e corruttibile. In casi di malattia, l'anima che ha raggiunto la conoscenza, invece di lamentarsi con Dio perchè ha siffattamente costruito il corpo, mostra graziosamente coraggio e pazienza. Chiunque desidera raggiungere la pienezza della perfezione in Dio, insegni la purità alla sua anima, non soltanto in relazione alle passionalità carnali, ma tenendosi lontano dall'avidità di guadagni, dalle brame di possedere ciò che non gli appartiene, dal l'invidia, dall'amore dei piaceri, dalla vana gloria; sappia rimanere distaccato davanti alle dicerie sul suo conto e imperturbabile nei rischi mortali.
 
…La mente non è l'anima, ma un dono di Dio che conduce l'anima alla liberazione. Quando la mente è in una comunione di vita con Dio trascina volando l'anima, e le consegna quelle parole che la mantengono intatta da ciò che è corruttibile e pesante nel tempo; facendo fluire in lei l'amore per le realtà  non  legate all'esistenza, al disfacimento ed alla gravezza della materia, l'introduce nella sfera della santità, dove l'uomo diviene creatura di benedizione. L'anima continuando a vivere nella carne, entra in un rapporto di conoscenza contemplante con le realtà dell'Alto e divine; per questo la mente trasfigurata dall'amore di Dio è un dono di pace e di salvezza alla coscienza umana.
 
 Dio è la pienezza del bene, immune da passione e da mutamento. Se accettiamo come verità giusta l'immutabilità divina, rimaniamo perplessi di fronte alle raffigurazioni umane di Dio che Lo presentano gioioso del bene compiuto dall'uomo, sdegnoso col malvagio, irritato con i peccatori e misericordioso con chi si pente. La risposta a tali perplessità la troviamo nel pensiero che Dio non gioisce e non si irrita; gioia e ira sono passioni e quindi mutamenti.  
 
...Dio è la pienezza del bene, e le sue opere non sono che bene, non reca male a nessuno ed è sempre se stesso. Quando noi riusciamo ad esser buoni entriamo in comunione con Lui attraverso la somiglianza nel bene; 'quando siamo malvagi, ci separiamo da Lui, perdendo la somiglianza nel bene. Vivendo con purità di vita siamo uniti a Lui, vivendo malvagiamente ci stacchiamo da Lui. Non possiamo dire, in quest'ultimo caso, propriamente che Dio è irritato con noi, ma piuttosto che i nostri peccati non lasciano passare in noi la chiarità luminosa di Dio. Sono i peccati che ci sottomettono alle fustigazioni dei demoni. Quando mediante la preghiera e le azioni pure, otteniamo il perdono, non è Dio che cambia, ma noi. Col pentimento e la purificazione curiamo il male nel nostro essere, e ritroviamo la partecipazione alla bontà perfetta di Dio.

 



30/01/2015 12:27

 

San Cirillo di Gerusalemme

 
Dalle catechesi
 
…Che cosa hanno da criticare nell’opera immensa che Dio ha creata? Contemplando la volta del cielo dovrebbero pur rimanere ammirati!
Non si può non adorare Colui che dalle acque naturalmente fluide innalzò a mo’ di cupola questa stabile struttura del cielo! Di fatto bastò che Dio dicesse: «Sia il firmamento in mezzo alle acque»  che Dio lo dicesse una sola volta, e il firmamento rimase stabile, non crolla.
 
Inoltre per questo firmamento tratto dalle acque scorrazzano il sole, la luna e gli astri fatti di fuoco. Ma come mai corpi fatti di fuoco corrono su un altro corpo tratto dall’acqua? Qualcuno potrebbe dubitarne, perché fuoco e acqua sono elementi di opposta natura; ma ricordi il fuoco che in Egitto ai tempi di Mosè bruciò tra la grandine per ammirare con quanta sapienza Dio abbia creato il mondo. Trasse infatti il cielo dalle acque e lo ubicò in alto, perché alla terra che in seguito doveva essere coltivata non venisse a mancare l’acqua. Strutturò il cielo in modo che dall’alto fosse naturalmente disponibile a piovere le sue acque sulle regioni della terra che ne avessero bisogno.
 
 
…Questi gli argomenti che nella presente istruzione ho cercato di proporti, lasciandone tantissimi altri specie circa le cose incorporee e invisibili, allo scopo di farti rifuggire da coloro che bestemmiano contro l’Artefice sapiente e buono.
 
Da quanto abbiamo detto o letto, e da quello di cui hai potuto tu stesso renderti conto o farti un’idea, sei risalito per via analogica dalla grandezza e bellezza delle creature alla contemplazione del Creatore; ora piega devotamente le ginocchia davanti a lui autore di tutte le cose, sia materiali che spirituali, sia visibili che invisibili, e innalza a Dio il tuo inno con lingua grata e benedicente, con le labbra e con il cuore mai stanchi, dicendo: «Quanto sono mirabili, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con sapienza». Perché a te spetta onore, gloria e magnificenza ora e per i secoli dei secoli. Amen.
 
Nutriti tutti di puri alimenti, educati alla scuola della castità, offriamo pure le labbra per esaltare Dio generato dalla Vergine. Stiamo per essere resi degni di partecipare alle carni del mistico agnello, sia della sua testa che dei suoi piedi, della testa della sua divinità e dei piedi della sua umanità.
 
Se prestiamo ascolto alle parole del santo Vangelo, non possiamo non prestare fede a Giovanni il Teologo: alle parole: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio»; alle seguenti: «E il Verbo si fece carne». Se adorassimo in Cristo un semplice uomo saremmo empi, ma non saremmo meno empi adorandolo soltanto come Dio e prescindendo dalla sua umanità; se infatti fosse soltanto Dio vero, come lo è veramente, e non avesse assunto l’umanità, noi rimarremmo esclusi dalla salvezza.
 
Adoriamolo dunque come Dio, e crediamolo fermamente fatto uomo. A nulla ci servirà il dirlo uomo escludendo la sua divinità, e non ci porterà a salvezza il proclamarlo Dio prescindendo dalla sua umanità.
Testimoniano il suo avvento confessandolo nostro re e medico, nostro re che s’è degnato di farsi nostro medico cingendosi dei panni dell’umanità per guarire le nostre infermità. Si è fatto perfetto maestro di noi fanciullini, bambino tra bambini, per elargire la sua sapienza a noi insipienti ; si è fatto pane celeste disceso dal cielo, per farsi nutrimento di noi affamati.
 
 
…Lodate parimenti il Signore autore di ogni bene dicendo ancora: «Quando però si sono manifestati la bontà di Dio nostro salvatore e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna». Lo stesso Dio, «il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui, e illumini gli occhi della vostra mente».
 
In ogni momento nelle parole, nelle opere e nei buoni pensieri, vi custodisca lui. A lui gloria, onore e potenza, per Gesù Cristo nostro Signore con lo Spirito Santo, ora e sempre e per tutti gli infiniti secoli dei secoli. Amen.
 
 
…La lettura di san Paolo basta da sola per farvi pienamente conoscere di quali divini misteri siete stati fatti degni partecipando allo stesso corpo di Cristo e al suo medesimo sangue.
Paolo infatti proclamava poc’anzi: «Nella notte in cui il Signore nostro Gesù Cristo veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse ai suoi discepoli: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”; prese anche il calice, dopo aver reso grazie, disse: “Prendete e bevete, questo è il mio sangue”». È stato lui a pronunziare quelle parole, a dire del pane: «Questo è il mio corpo»! Chi dunque oserebbe metterle in dubbio? Se fu lui ad assicurarci sulla realtà espressa dalle parole: «Questo è il mio sangue», chi mai potrebbe dubitarne dicendo che quello non è il suo sangue?
 
E che? Troviamo credibile che a Cana di Galilea abbia trasformato l’acqua in vino – il vino è come il sangue –, e avremo difficoltà a credere che egli abbia mutato il vino in sangue?. Se allora, invitato a nozze, operò sì strepitoso miracolo, non confesseremo a maggior ragione che egli ha voluto dare ai figli del suo talamo nuziale di godere del suo corpo e del suo sangue?
 
 
…Hai sentito, e alla luce della fede ne sei già sicuro: quel che pare pane, e ne ha ancora il sapore, non è più pane ma il corpo di Cristo; quel che pare vino, benché il gusto dica il contrario, non è più vino ma il sangue di Cristo. Ne aveva profeticamente parlato il Salmista come «del vino che allieta il cuore dell’uomo, dell’olio che fa brillare il suo volto». Sostieni forte nella fede il tuo cuore quando ti accosti a ricevere questo pane che dà vigore  spirituale e allieta il volto della tua anima.
 
Possa il tuo volto riflettere nello specchio della limpida coscienza la gloria del Signore, progredendo nella contemplazione di gloria in gloria, in Cristo Gesù nostro Signore, al quale l’onore, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
 
 
…Ci uniamo poi nel ricordo  al cielo, alla terra e al mare, al sole, alla luna e agli astri, al mondo tutto delle
creature ragionevoli e irragionevoli, visibili e invisibili, degli angeli e degli arcangeli, delle Virtù e delle Dominazioni, dei Principati e delle Potestà, dei Troni e dei Cherubini dalle molte facce, dicendo con forza le parole di Davide: «Magnificate con me il Signore».
Ricordiamo anche i Serafini che Isaia contemplò nello Spirito Santo, diritti in cerchio attorno al trono di Dio. Essi con due ali nascondevano il volto, con due i piedi, e con due volavano dicendo: «Santo, santo, santo il Signore Sabaot» ; noi non facciamo quindi che ripetere la dossologia rivelataci dai Serafini, per unirci in comunione di lode con le milizie sovracelesti.


30/01/2015 12:28

Sant'Ambrogio

Il Signore ci conceda di navigare,
allo spirare di un vento favorevole,
sopra una nave veloce;
di fermarci in un porto sicuro;
di non conoscere dagli spiriti maligni,
tentazioni più forti
di quelle che siamo in grado di sostenere;
di ignorare i naufragi della fede;
di possedere una calma profonda,
e, se qualche avvenimento suscita contro di noi
i flutti di questo mondo,
di avere, vigile al timone per aiutarci, il Signore Gesù,
il quale con la sua parola
comandi alla tempesta di placarsi
e ridistenda sul mare la bonaccia.
A lui onore e gloria, lode perenne nei secoli. Amen.  
 
Dagli scritti
 
 
…Tu forse dici: «È il mio solito pane». Ma questo pane è pane prima delle parole sacramentali; quando interviene la consacrazione, da pane diventa carne di Cristo. Spieghiamo dunque come può essere corpo di Cristo ciò che è pane. Con quali parole e con le espressioni di chi, si compie la consacrazione?  Del Signore Gesù. Infatti tutte le altre formule che si dicono precedentemente sono dette dal sacerdote: si loda Dio; gli si rivolgono le preghiere; si intercede per il popolo, per i sovrani, per tutti gli altri. Ma quando si viene a compiere il venerabile sacramento, il sacerdote non usa più le sue parole ma quelle di Cristo. È dunque la parola di Cristo a compiere questo sacramento...
 
Nello stesso modo, dopo aver cenato, la vigilia della sua pas­sione, prese il calice... lo benedisse, lo diede ai suoi apostoli e discepoli, dicendo: «Prendete e bevetene tutti: questo infatti è il mio sangue». ai attenzione: tutte queste parole sono dell'evangelista fino a prendete sia il corpo sia il sangue. Poi sono parole di Cristo: «Prendete e bevetene tutti: questo infatti è il mio sangue»...
 
Quando ti presenti per riceverlo, il vescovo ti dice «Il corpo di Cristo» e tu rispondi «Amen», cioè: è vero. Il tuo animo custodisca ciò che la tua lingua riconosce.
 
 
…Il corpo nato dalla Vergine: è proprio questo corpo che produciamo. Non cercare a questo punto l'ordine naturale nel corpo di Cristo: il Signore Gesù è stato partorito da una Vergine al di fuori del corso normale di natura. La vera carne di Cristo fu crocifissa e sepolta. È, quindi, veramente il sacramento della sua carne.
 
Lo stesso Signore Gesù ha proclamato: Questo è il mio corpo. Prima che si pronuncino le divine parole della benedizione, questo viene chiamato con altro nome; dopo la consacrazione, è il suo corpo. La stessa cosa Gesù ha detto per il suo sangue. Prima della consacrazione ciò è chiamato con altro nome; dopo, è il suo sangue. Dicendo Amen, tu proclami: È vero! Il tuo spirito aderisca a quanto la tua bocca pronuncia! E il tuo cuore riecheggi ciò che la parola esprime!
 
 
…Hai ricevuto il sacerdozio e, stando a poppa della Chiesa, tu guidi la nave sui flutti. Tieni saldo il timone della fede in modo che le violente tempeste di questo mondo non possano turbare il suo corso. Il mare è davvero grande, sconfinato; ma non aver paura, perché "E' lui che l'ha fondata sui mari, e sui fiumi l'ha stabilita "(Sal.23,2). Perciò non senza motivo, fra le tante correnti del mondo, la Chiesa resta immobile, costruita sulla pietra apostolica, e rimane sul suo fondamento incrollabile contro l'infuriare del mare in tempesta.
 
E' battuta dalle onde ma non è scossa e, sebbene di frequente gli elementi di questo mondo infrangendosi echeggino con grande fragore, essa ha tuttavia un porto sicurissimo di salvezza dove accogliere chi è affaticato. Se tuttavia essa è sbattuta dai flutti sul mare, pure sui fiumi corre, su quei fiumi soprattutto di cui è detto: I fiumi hanno innalzato la loro voce (cfr. Sal 92, 3). Vi sono infatti fiumi che sgorgano dal cuore di colui che è stato dissetato da Cristo e ha ricevuto lo Spirito di Dio. Questi fiumi, quando ridondano di grazia spirituale, alzano la loro voce. Vi è poi un fiume che si riversa sui suoi santi come un torrente.
 
Chiunque abbia ricevuto dalla pienezza di questo fiume, come l'evangelista Giovanni, come Pietro e Paolo, alza la sua voce; e come gli apostoli hanno diffuso la voce della predicazione evangelica con festoso annunzio fino ai confini della terra, così anche questo fiume incomincia ad annunziare il Signore. Ricevilo dunque da Cristo, perché anche la tua voce si faccia sentire. Raccogli l'acqua di Cristo, quell'acqua che loda il Signore. Raccogli da più luoghi l'acqua che lasciano cadere le nubi dei profeti.
 
Chi raccoglie acqua dalle montagne e la convoglia verso di sé, o attinge alle sorgenti, lui pure, come le nubi, la riversa su altri. Riempine dunque il fondo della tua anima, perché il tuo terreno sia innaffiato e irrigato da proprie sorgenti. Si riempie chi legge molto e penetra il senso di ciò che legge; e chi si è riempito può irrigare altri. La Scrittura dice: «Se le nubi sono piene di acqua, la rovesciano sopra la terra» (Qo 11, 3). I tuoi sermoni siano fluenti, puri, cristallini, si che il tuo insegnamento morale suoni dolce alle orecchie della gente e la grazia delle tue parole conquisti gli ascoltatori perché ti seguano docilmente dove tu li conduci. Il tuo dire sia pieno di sapienza. Anche Salomone afferma: Le labbra del sapiente sono le armi della Sapienza, e altrove: Le tue labbra siano ben aderenti all'idea: vale a dire, l'esposizione dei tuoi discorsi sia lucida, splenda chiaro il senso senza bisogno di spiegazioni aggiunte; il tuo discorso si sappia sostenere e difendere da se stesso e non esca da te parola vana o priva di senso. (Lett. 2, 1-2. 4-5; PL 16, 847-881).
 
...Cristo è apparso nella carne: è lui nostra vita in tutto. La sua divinità è vita, la sua eternità è vita, la sua carne è vita, la sua passione è vita. La sua morte è vita, la sua ferita è vita, il suo sangue è vita, la sua sepoltura è vita, la sua resurrezione è vita di tutti.E’ lui il chicco che si è dissolto, è morto nel suo corpo per noi, per produrre in noi una messe abbondante. E così la sua morte è messe di vita. Quello dunque che è stato fatto in lui è vita. Carne è stata fatta in lui: è vita. Morte è stata fatta in lui: è vita. Remissione dei peccati è stata fatta in lui: è vita.
Ferita è stata fatta in lui: è vita. Scherno è stato fatto in lui: è vita. Spartizione è stata fatta in lui: è vita. Sepoltura è stata fatta in lui: è vita. Risurrezione è stata fatta in lui: è vita. Guarda quante cose sono state fatte in lui! Da esse è stato prodotto il capovolgimento della nostra esistenza, che era rovinata e che ci è stata restituita.
Anche l’uomo, specificamente quello interiore, è stato fatto in lui, è stato crocifisso in lui, è stato rinnovato in lui, è stato sepolto in lui, sepolto insieme con lui, risuscitato con lui.

 



30/01/2015 12:29

San Giovanni Crisostomo  

 
Patriarca di Costantinopoli alla fine del quarto secolo. Fu definito "bocca d’oro" per la sua straordinaria eloquenza; ma venne anche chiamato "dottore eucaristico", per la vastità e la profondità della sua dottrina sul santissimo Sacramento. La "divina liturgia" che più viene celebrata nelle Chiese orientali porta il suo nome, e il suo motto: "basta un uomo pieno di zelo per trasformare un popolo", evidenzia quanto efficace sia l’azione di Cristo attraverso i suoi ministri.
Dalle “Omelie” (Om. 6 sulla preghiera)
La preghiera è luce per l'anima
"La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l'anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente, notte e giorno.
Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera. Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso i poveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari dalla generosità verso il prossimo, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall'amore divino, come da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore dell'universo. Possiamo godere continuamente di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo.
La preghiera è luce dell'anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l'uomo. L'anima, elevata per mezzo suo in alto fino al cielo, abbraccia il Signore con amplessi ineffabili. Come il bambino, che piangendo grida alla madre, l'anima cerca ardentemente il latte divino, brama che i propri desideri vengano esauditi e riceve doni superiori ad ogni essere visibile.
La preghiera funge da augusta messaggera dinanzi a Dio, e nel medesimo tempo rende felice l'anima perché appaga le sue aspirazioni. Parlo, però, della preghiera autentica e non delle sole parole.
Essa è un desiderare Dio, un amore ineffabile che non proviene dagli uomini, ma è prodotto dalla grazia divina. Di essa l'Apostolo dice: Non sappiamo pregare come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili (cfr. Rm 8, 26b). Se il Signore dà a qualcuno tale modo di pregare, è una ricchezza da valorizzare, è un cibo celeste che sazia l'anima; chi l'ha gustato si accende di desiderio celeste per il Signore, come di un fuoco ardentissimo che infiamma la sua anima.
Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà mediante la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. 
Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza."


30/01/2015 12:31

Sant’Agostino  

«Nemo autem illam carnem manducat, nisi prius adoraverit; peccemus non adorando”
Nessuno mangia questa carne senza prima adorarla; peccheremmo se non la adorassimo.
 
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  Lettera 199 >> 
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  Sul salmo 96 >>
  Sul salmo 137 >>
  La vera religione >>
LETTERA 170
...Salutando la tua Carità nella pace del Signore, ti raccomandiamo e scongiuriamo di non soprassedere più oltre per insegnare ai tuoi ciò che hai appreso: che cioè esiste un Dio solo a cui si deve il culto chiamato con termine greco " latria " ( ) E' la stessa parola che ricorre anche nella Legge, dove sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo e presterai culto a lui solo. Se diremo che è Dio solo il Padre, ci si risponderà che per conseguenza non si deve il culto al Figlio, ma una tale affermazione è empia. Se gli si deve il culto, come mai è dovuto a un Dio solo, se lo si deve tributare al Padre e al Figlio, se non perché l'unico Dio, al quale solo ci si comanda di prestare il culto di latria, si dice ch'è un solo Dio in modo che s'intenda anche il Padre e il Figlio, anzi anche lo Spirito Santo? Di lui infatti dice l'Apostolo: Non sapete che i vostri corpi sono tempio dello Spirito Santo, ch'è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete più a voi stessi? Siete stati infatti riscattati a caro prezzo. Glorificate Dio nel vostro corpo. Quale Dio dobbiamo glorificare se non lo Spirito Santo, di cui aveva detto che sono suo tempio i nostri corpi? Per conseguenza il culto di adorazione è dovuto pure allo Spirito Santo. Mi spiego: se ci venisse comandato di costruire un tempio in suo onore, come lo costruì Salomone di legno e di pietra, certo per il fatto che si edifica un tempio avremmo la prova irrefutabile che gli rendiamo il culto d'adorazione. Con quanto maggior ragione dobbiamo quindi rendere culto a Colui, per il quale non edifichiamo un tempio, ma di cui siamo tempio noi stessi?
Se quindi dobbiamo rendere e rendiamo il culto di adorazione al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, culto a proposito del quale è stato detto:Adorerai il Signore Dio tuo e a Lui solo presterai culto, senza dubbio il Signore Dio nostro, a cui solo dobbiamo servire per mezzo del culto, non è il Padre solo né il Figlio solo né lo Spirito Santo solo, ma è la stessa Trinità, che è un solo Dio, Padre Figlio e Spirito Santo. Non si deve supporre che il Padre sia la stessa persona del Figlio né lo Spirito Santo la persona del Padre o del Figlio, poiché nella Trinità il Padre è Padre solo del Figlio, il Figlio è Figlio solo del Padre, lo Spirito Santo è lo Spirito del Padre e del Figlio, ma a causa dell'unica e medesima natura e della vita inseparabile, l'uomo, per mezzo della fede che precede, intende per quanto è capace che la Trinità è l'unico Signore Dio nostro, di cui è stato detto: Adorerai il Signore Dio tuo e a lui solo renderai il culto, il Dio che l'Apostolo esalta dicendo: Poiché da lui in lui e per lui sono tutte le cose: a lui gloria nei secoli dei secoli! Amen ….
LETTERA 199
…Il Signore infatti promise al discendente di Abramo, anche mediante il giuramento, non i soli Romani, ma tutti i popoli. In virtù di tale promessa è ormai una realtà che alcuni popoli non soggetti al dominio di Roma hanno ricevuto il Vangelo e sono entrati a far parte della Chiesa, la quale produce frutti e cresce in tutto il mondo. Essa però ha ancora la possibilità di crescere fino a tanto che non si avveri la profezia riguardante Cristo fatta a proposito di Salomone, sua prefigurazione:Regnerà da un mare all'altro e dal fiume fino all'estremità della terra.Dal fiume vuol dire dal fiume in cui Cristo fu battezzato, poiché di lì cominciò il Vangelo; da un mare all'altro poi indica tutta la terra con tutte le genti, poiché è interamente circondata dall'Oceano. Altrimenti come potrà adempiersi la profezia che dice: Tutti i popoli da te creati, o Signore, verranno a prostrarsi in adorazione alla tua presenza? Ora, i popoli non verranno (davanti al Signore) lasciando le proprie sedi, ma professando la fede nelle proprie sedi. Dei credenti, infatti, il Signore ha detto: Nessuno può venire a me, se non gli sarà concesso dal Padre mio, e il Profeta dice: E lo adoreranno, ciascuno dalla propria sede, tutte le isole delle nazioni. Dice: tutte le isole, come per dire: " anche tutte le isole ", mostrando con ciò che non vi sarà regione in cui non sarà stabilita la Chiesa, dal momento che non sarà trascurata nessuna delle isole, alcune delle quali sono perfino in mezzo all'Oceano, e sappiamo che alcune di esse hanno già ricevuto il Vangelo. In tal modo per ognuna delle isole s'adempie la profezia che il suo regno si estenderà da uno all'altro mare, dal quale è circondata ciascuna isola, come anche s'adempie per tutta la terra, ch'è in un certo qual modo un'immensa isola, poiché anch'essa è circondata dall'Oceano. Sappiamo che la Chiesa è già arrivata fino alle coste occidentali dell'Oceano e arriverà in qualsiasi parte delle sue coste, dove non è ancora arrivata, producendo frutti e crescendo.
LIBRO XI
… Egli invece è il Dio degli dèi fedeli e sottomessi, che godono di assoggettare se stessi all'Uno anziché molti a sé e di adorare Dio anziché essere adorati in luogo di Dio.
…Non si è parlato dell'amore con cui sono amati e se anche l'amore è amato. È amato certamente. Lo proviamo dal fatto che esso è amato di più negli uomini che sono più rettamente amati. Non è giusto infatti considerare una persona buona quella che sa ciò che è bene ma quella che lo predilige. Perché dunque non sentiamo di amare in noi stessi l'amore stesso con cui amiamo ogni bene che amiamo? Vi è infatti un amore con cui si ama anche un oggetto che non si deve amare e l'uomo, il quale sceglie l'amore con cui si ama l'oggetto che si deve amare, odia in se stesso l'amore perverso. È possibile che si abbiano entrambi in una sola persona ed è un bene per l'uomo che mentre l'amore buono aumenta, l'altro diminuisca fino alla completa guarigione e ogni atto della nostra vita diventi un bene. Se fossimo bestie, ameremmo la nostra vita carnale e ciò che è conveniente alla sua facoltà sensitiva, essa sarebbe il bene che ci soddisfa e in vista di essa, giacché per noi sarebbe come un fine, non cercheremmo altro. E se fossimo alberi, non potremmo amare qualche cosa in base allo stimolo della sensazione, tuttavia sembrerebbe quasi che tendiamo allo scopo di produrre frutti nella maggiore abbondanza. Se fossimo terra, acqua, aria, fuoco o altro di simile senza senso e vita, non ci mancherebbe tuttavia la quasi tendenza ad occupare lo spazio stabilito per noi. Infatti le spinte dei pesi sono come gli amori dei corpi, sia che tendano al basso per gravità o all'alto per leggerezza. Come infatti il corpo dal peso, così lo spirito è portato dall'amore, in qualunque direzione sia portato. Noi siamo uomini creati a immagine del nostro Creatore che ha vera eternità, eterna verità, eterno e vero amore ed è egli stesso eterna vera amante Trinità senza commischianza e senza separazione. Ma anche le cose a noi inferiori non esisterebbero nel loro limite, non sarebbero contenute in una idea, non tenderebbero e non conserverebbero l'ordine loro assegnato, se non fossero create da lui che è, è sapiente, è buono al di là di ogni limite. Noi dobbiamo dunque, come percorrendo tutti gli esseri che ha creato con meraviglioso ordine fisso, cogliere le sue orme impresse dove più, dove meno. Ravvisando poi in noi stessi la sua immagine e rientrando in noi come il figliol prodigo del Vangelo, alziamoci in piedi e torniamo a lui, da cui ci eravamo allontanati peccando. In lui il nostro esistere non avrà fine, in lui il nostro conoscere non incorrerà nell'errore, in lui il nostro amare non incontrerà ripulsa. In questa vita noi riteniamo come certi questi tre valori e non li accettiamo per la testimonianza di altri, ma li avvertiamo in atto in noi stessi e li riconosciamo con lo sguardo interiore sommamente verace
DISCORSO 198
…Or dunque, come ci sono uomini superbi che pretendono di essere onorati loro stessi anziché Dio, così ci sono angeli superbi che pretendono di essere onorati loro stessi anziché Dio; e come ci sono uomini santi che preferiscono sia onorato Dio anziché loro stessi, così tutti gli angeli santi preferiscono che sia onorato Dio anziché loro stessi. E la stessa cosa noi crediamo senza ombra di dubbio nei riguardi dei martiri. Essi vogliono che ogni onore sia tributato a colui che loro stessi onorano, colui nel quale ambiscono d'essere amati. Quanto agli onori personali loro tributati dagli uomini, essi non solo non li accettano volentieri ma li rifiutano assolutamente. Su questo, conforme al dono che ci ha fatto il Signore, vi abbiamo proposto l'esempio, tratto dall'Apocalisse, di quell'angelo che non permise d'essere adorato dall'uomo ma volle che si adorasse Dio. Non temete dunque, fratelli, che se adorate con culto religioso solamente Dio, rechiate dispiacere a qualcuno dei santi angeli o a qualche martire. In questo infatti potreste regolarvi secondo quanto vi suggerisce la vostra mentalità carnale  e misurarvi su voi stessi. A voi, per esempio, si offre la possibilità di fare, personalmente, sfoggio di superbia, e voi vi rallegrate non perché siete uniti a Dio o perché Dio viene onorato in voi, ma perché siete onorati voi in voi stessi e per voi stessi, di modo che, se quell'onore vi mancasse, voi ne sareste rattristati. Allo stesso modo potreste pensare che i santi angeli o i santi martiri godano così degli omaggi che ricevono dagli uomini ed esigano venga tributato loro quel culto religioso che spetta a Dio. Se così fosse, con estrema facilità cadreste nell'inganno sedotti dai pagani, e vi allontanereste le mille miglia dal Signore vostro Dio, che ci ha dato questo precetto: Adorerai il Signore tuo Dio e lui solo servirai. Volete onorare con animo tranquillo i santi angeli e i santi martiri? Onorate colui nel quale, esclusivamente, essi vogliono essere onorati. Se infatti sono santi, essi si adireranno contro di voi qualora onoriate la loro persona e non colui dal quale unicamente anche essi, come voi, ricevettero la grazia per conseguire la beatitudine. Siccome dunque sono santi, non vogliate contrariarli in alcuno modo, pretendendo di onorare le loro persone ed escludendo Dio. Onorando infatti Dio, voi onorate tutti coloro che sono uniti a Dio con devoto amore e santa adesione. Che se invece [quel vostro mediatore] si adirasse perché non è lui ad essere onorato attraverso alcuni riti misteriosi a lui riservati, certo si tratta di quel trasgressore superbo e mediatore falso, che si trasforma in angelo di luce. Ora, se è stato costui a fuorviarti facendoti volgere verso di sé, egli ti ha precluso la via [della salvezza]. Attraverso lui non solo non potrai raggiungerla, ma sarà proprio per causa sua che non ti sarà consentito di raggiungerla.
SUL SALMO 96
…Colui che dovette stare in piedi dinanzi al giudice, che fu schiaffeggiato, flagellato, coperto di sputi, coronato di spine, percosso, sospeso ad un patibolo, che fu insultato finché non morì, e che, morto in croce, fu trafitto dalla lancia e cacciato nel sepolcro, costui è risuscitato. Il Signore ha regnato. Si accaniscano pure contro di lui i regni del mondo con tutte le loro forze: cosa potranno fare al re dei regni, al padrone di tutti i re, al creatore di tutti i secoli? Lo si disprezzerà perché volle apparire tanto sottomesso, tanto umile? Fu un tratto di misericordia, non un indizio d'impotenza: apparve umile perché noi lo accogliessimo. Ma guardiamolo adesso! Il Signore ha regnato: esulti la terra, si allietino le molte isole! Così veramente, poiché la parola di Dio è stata annunziata non solo nei continenti ma anche nelle isole che si trovano in mezzo al mare. Pullulano anch'esse di cristiani, di servi di Dio. Non costituisce, infatti, il mare una barriera per colui che creò il mare. Dove possono giungere le navi non vi potranno arrivare le parole del Signore? Le isole sono piene di cristiani. Per " isole " poi, in un linguaggio figurato, si potrebbero intendere anche le varie chiese. Perché isole? Perché sono attorniate dai flutti di ogni sorta di tentazioni. Ma, osservate l'isola. Può essere sferzata dalle onde che le rumoreggiano tutt'intorno, ma non può essere squarciata; sarà lei anzi a squarciare le onde che le si avventano contro, e non le onde che squarciano l'isola. Così è delle Chiese di Dio sparse in tutta la terra. Hanno subito le persecuzioni degli infedeli, che rabbiosi si avventavano contro di loro da ogni parte; eppure, eccole salde, queste isole, e il mare si è ormai placato! Si allietino le molte isole.
" Noi non veneriamo i demoni. Quelli che voi chiamate angeli, le potenze del Dio grande e i ministri del Dio grande, ecco cosa adoriamo anche noi ". Oh, se davvero voleste venerare questi angeli! Imparereste da loro, e con grande facilità, che non a loro si deve indirizzare il culto. Ascoltate l'insegnamento di un angelo! Sta ammaestrando un discepolo di Cristo e gli mostra molti segni prodigiosi, come racconta l'Apocalisse di Giovanni. Quel discepolo, alla vista d'un miracolo mostratogli in visione, rimase atterrito e si buttò ai piedi dell'angelo. Ma l'angelo, che non ambiva ad altro che alla gloria del suo Signore, gli disse: Alzati! Cosa stai facendo? Adora lui. Io infatti sono un servo di Dio come te e come i tuoi fratelli
…Io affermo: Voi siete degli dèi; figli dell'Altissimo voi tutti. E ancora:Dio sta nell'assemblea degli dèi; egli, nel mezzo, opera la distinzione tra gli dèi. Il nostro Signore Gesù Cristo è stato innalzato al di sopra di tutti gli esseri. Non solo al di sopra degli idoli o dei demoni, ma anche al di sopra dei giusti. Né basta, egli è innalzato al di sopra di tutti gli angeli. Che vorrebbe dire, se no, il testo: Adoratelo voi tutti, o angeli suoiA dismisura è stato esaltato sopra tutti gli dèi.
SUL SALMO 137
…Adorerò presso il tuo tempio santo. Qual è questo tuo santo tempio? Quello in cui abiteremo, in cui adoreremo. Alla sua adorazione tende infatti la nostra corsa. Il nostro cuore è gravido, sul punto di partorire, e cerca un posto per partorire. Orbene, quale sarà il luogo dove Dio deve essere adorato? Qual è quel mondo o quell'edificio o quel trono in cielo e fra le stelle? Lo cercheremo ricorrendo alle Sacre Scritture, e la risposta sarà nelle parole della Sapienza, là dove dice: Io ero con lui; io ero colei di cui egli si compiaceva quotidianamente. Ci elenca poi le sue opere e ci indica quale sia il trono di Dio. Qual è? Continua: Quando formava grosse nubi in alto, quando separava la sua sede sopra i venti. Ora sua sede è lo stesso che suo tempio. Dove andremo dunque? Dovremo proprio adorarlo al di sopra dei venti? Se Dio è da adorarsi al di sopra dei venti, in questo ci vincono gli uccelli. Per " venti " si possono però intendere le anime, cioè col nome " venti " si indicano le anime, come dice in un passo la Scrittura: Ha volato sopra le penne dei venti, dov'è da intendersi che ha volato al di sopra delle risorse dell'anima. In forza di questa ampiezza di significato diciamo che l'anima è un soffio divino, una specie di vento: certo non dello stesso genere del vento che sentiamo quando sbatacchia qua e là gli oggetti ma indicando con tale nome una realtà invisibile, che cioè non si riesce a vedere con gli occhi, né a udire con gli orecchi né a sentire col naso, né a gustare con la gola, né a toccare con le mani. Quel che infatti chiamiamo anima è una energia vitale che ci fa vivere. Se prendiamo " i venti " in questo senso, non occorre che supponiamo delle penne materiali, per volare a somiglianza degli uccelli al tempio di Dio e là adorarlo. Ci accorgeremo, viceversa, che, supposta naturalmente la nostra intenzione di essere suoi fedeli, è su di noi stessi che Dio ha la sua sede. Vedete se non sia proprio questo il senso delle parole dell'Apostolo: È santo il tempio di Dio, che siete voi.Sicuramente (è cosa evidente) Dio abita negli angeli. Da cui segue che, quando il nostro godimento proviene non da beni materiali ma da realtà spirituali e da esse trae motivo per innalzare il cantico a Dio salmodiando in compagnia degli angeli, allora tempio di Dio è la stessa assemblea degli angeli, e in quel tempio noi lo adoriamo. C'è una Chiesa di quaggiù e una Chiesa di lassù. La Chiesa di quaggiù è l'insieme dei fedeli, la Chiesa di lassù è l'insieme degli angeli. Alla Chiesa di quaggiù scese il Signore degli angeli: colui che, mentre si faceva nostro servo, veniva servito dagli angeli. Diceva: Non son venuto per essere servito ma per servire. In che cosa si è reso nostro servo, se non donandoci quello che anche oggi mangiamo e beviamo? Che se il Signore degli angeli s'è fatto nostro servo, non disperiamo di diventare un giorno simili agli angeli. Chi era più grande degli angeli discese a fianco dell'uomo; il Creatore degli angeli assunse la natura dell'uomo e il Signore degli angeli per l'uomo morì. Per tutto questo io adorerò presso il tuo santo tempio, e per tuo tempiointenderò non un tempio eretto da mani di uomo ma quello stesso tempio che tu stesso ti sei eretto.
E confesserò al tuo nome, nella tua misericordia e nella tua verità. Per queste due cose noi confessiamo. Così si legge anche nell'altro salmo:Tutte le vie del Signore sono misericordia e verità. Per queste due cose noi confessiamo: Nella tua misericordia e nella tua verità. Per la misericordia verso i peccatori volgesti a noi lo sguardo, per la verità ti mantenesti fedele alle promesse. Ebbene, io confesserò a te per la tua misericordia e la tua verità. E secondo questi due atteggiamenti io secondo le mie forze vorrò comportarmi: userò misericordia e verità, misericordia nel soccorrere, verità nel giudicare. Se con tali risorse Dio ci viene in aiuto, con le stesse noi ci meritiamo Dio [in premio]. A buon diritto quindi misericordia e verità son tutte le vie del Signore. Non ci sono altre vie per le quali egli possa venire a noi; non ci sono altre vie per le quali noi possiamo andare a lui.
LA VERA RELIGIONE
…Guardiamoci dunque dal servire la creatura invece del Creatore, dal perderci dietro alle nostre fantasie: in questo consiste la perfetta religione. Infatti, se stiamo vicini al Creatore eterno, necessariamente anche noi saremo resi eterni. Ma l'anima, sommersa e avvolta dai peccati, di per se stessa non sarebbe capace né di scorgere né di raggiungere questa meta, poiché non troverebbe tra le realtà umane nessun punto d'appoggio che le consenta di afferrare quelle divine e attraverso il quale, perciò, l'uomo possa cercare di innalzarsi dalla vita terrena alla somiglianza con Dio. Per questo motivo l'ineffabile misericordia divina viene in aiuto in parte di ciascun uomo, in parte dello stesso genere umano, secondo un'economia di ordine temporale, per mezzo di creature mutevoli ma sottomesse alle leggi eterne, allo scopo di ricordare loro la loro primitiva e perfetta natura. Un aiuto di tal genere è ai nostri tempi la religione cristiana nella cui conoscenza e pratica è la garanzia assoluta della salvezza.
…Se invece l'anima, finché è nello stadio della vita umana, riesce a vincere quei desideri che ha alimentato a suo danno godendo delle cose mortali e, per vincerli, confida nell'aiuto della grazia di Dio, che serve con la mente e la buona volontà, senza dubbio sarà rigenerata e dalla molteplicità delle cose mutevoli sarà riportata all'Uno immutabile e, rinnovata dalla Sapienza non creata  ma che crea tutte le cose, godrà di Dio per virtù dello Spirito Santo, che è suo dono. Così si forma l'uomo spirituale che tutto giudica senza essere giudicato da nessuno, che ama il Signore Dio suo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente, e il suo prossimo non secondo la carne ma come se stesso. Ama se stesso secondo lo spirito chi ama Dio a partire da tutto ciò che in Lui vive. In questi due precetti, infatti, è contenuta tutta la Legge e i Profeti.
…dopo la morte fisica, che è un effetto del peccato originale, questo corpo, a suo tempo e nel suo ordine, sarà restituito alla sua primitiva stabilità, condizione però che non avrà da se stesso ma dall'anima divenuta stabile in Dio. Essa, a sua volta, non è stabile per se stessa, ma per virtù di Dio di cui gode. Perciò sarà più vigorosa del corpo; il corpo infatti trarrà il suo vigore da essa ed essa dalla verità immutabile, che è il Figlio unigenito di Dio. Così anche il corpo avrà vigore in virtù del Figlio di Dio, perché tutto esiste per mezzo di Lui. Per il dono di sé, che è concesso all'anima, cioè per lo Spirito Santo, non soltanto l'anima, che lo riceve, ottiene la salvezza, la pace e la santità, ma anche il corpo avrà la vita e diventerà purissimo nella sua natura. Infatti Egli stesso ha detto: Purificate ciò che è interno, e anche ciò che è esterno sarà puro. E l'Apostolo aggiunge: Darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Tolto dunque il peccato, sarà tolta anche la pena del peccato: e allora che ne è del male? Morte, dov'è la tua forza? Dov'è il tuo pungiglione? L'essere infatti vince il nulla e così la morte sarà riassorbita nella sua vittoria.


30/01/2015 13:09

San Leone Magno

 
 
 
Non ti arrendere mai,
neanche quando la fatica si fa sentire,
neanche quando il tuo piede inciampa,
neanche quando i tuoi occhi bruciano,
neanche quando i tuoi sforzi sono ignorati,
neanche quando la delusione ti avvilisce,
neanche quando l'errore ti scoraggia,
neanche quando il tradimento ti ferisce,
neanche quando il successo ti abbandona,
neanche quando l'ingratitudine ti sgomenta,
neanche quando l'incomprensione ti circonda,
neanche quando la noia ti atterra,
neanche quando tutto ha l'aria del niente,
neanche quando il peso del peccato ti schiaccia...
 Invoca il tuo Dio, stringi i pugni, sorridi... e ricomincia!
 
…Non hanno compreso, né dagli insegnamenti, né da ciò che è scritto, una verità evidentissima, che nellChiesa santa di Dio tutti conoscono assai bene – neppure i più piccoli la ignorano – e cioè che la verità del corpo e del sangue di Cristo è uno dei sacramenti che non va assolutamente taciuto, perché si abbia comunione nella fede. Ecco la ragione: nel prendere quel pane celeste che si ha nei segni sacramentali (o mistici), è questo il corpo che è distribuito, è questo il corpo che si riceve in alimento dello spirito: e ciò al fine che coloro che ricevono la forza segreta del cibo celeste, diventino a poco a poco carne di colui che si è fatto della nostra carne.
 
Per concludere nell’intento di confermare la vostra autentica fede, che si oppone ai tentativi dei nemici di essa per sovvertirla, mi servirò opportunamente e in modo persuasivo delle stesse parole dell’Apostolo, che afferma: Perciò anch’io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, non cesso di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui.
 
Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l’efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente, ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le
 
 
Dalle Omelie
 
«La Provvidenza misericordiosa di Dio, avendo deciso di venire alla fine dei tempi per soccorrere il mondo che stava per morire, stabilì in anticipo in Cristo la salvezza di tutti i popoli [...]. Questa ineffabile misericordia, carissimi, si manifestò quando Erode deteneva il potere reale sui giudei. Si era conclusa la legittima successione dei re, non esisteva più l’autorità dei sacerdoti, un estraneo ostentava l’autorità sovrana. Per questo, la venuta del vero Re poggiava sulle parole di questa profezia: Non sarà tolto lo scettro da Giuda, né il bastone del comando trai suoi piedi, finché verrà Colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli (Gn 49, 10).
 
Si trattava di quei popoli, innumerevole discendenza in altri tempi promessa al santo patriarca Abramo, una discendenza che sarebbe stata generata non da un seme carnale, ma dalla fecondità della fede; una discendenza paragonata a una moltitudine di stelle, affinché il padre di tutte le nazioni si aspettasse una posterità non terrena, ma celeste [...].
 
Istruiti da questi misteri della grazia divina, carissimi, celebriamo dunque con una saggia gioia il giorno delle nostre primizie e l’inizio delle vocazioni dei pagani. Siamo sempre grati a Dio misericordioso, che, secondo le parole dell’Apostolo, ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È Lui [...] che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto (Col 1, 12-13).
 
Infatti, come aveva annunciato Isaia, il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse (Is 9, 1). Per questo egli stesso dice al Signore: Tu chiamerai gente che non conoscevi; accorreranno a Te popoli che non ti conoscevano (Ibid., 55, 5).
Abramo vide questo giorno e se ne rallegrò (cfr. Gv 8, 56) quando seppe che i suoi figli secondo la fede sarebbero stati benedetti nella loro discendenza, ossia in Cristo, e intravide nella fede che sarebbe stato il
futuro padre di tutti i popoli (cfr. Rm 4, 18)».
 
 
…Il Figlio di Dio, impassibile, in quanto partecipe con il Padre e lo Spirito Santo dell’unica e immutabile essenza della Trinità, il che sta a dire che ciò è eterno, nella pienezza dei tempi, stabilita nei disegni divini, promessa sia dalle voci profetiche che dal senso degli eventi accaduti, il Figlio di Dio si è fatto figlio dell’uomo, non per aver cambiato la sua sostanza divina, ma per aver assunto la nostra natura umana. Venne a salvare quanto era andato perduto.
 
Venne a noi non per un movimento spaziale, né per un cambio di posto dovuto al corpo, quasi volesse rendersi presente là dove era stato sinora assente, oppure come se dovesse ritornare là dove era o da dove sarebbe venuto; no: venne invece per mezzo di ciò che si percepisce e che ha in comune con coloro che lo possono attestare per averlo visto, ossia è venuto a noi prendendo umana carne e un’anima umana nelle viscere della Vergine madre, così che pur rimanendo nella forma di Dio, potesse anche assumere la forma di servo nella somiglianza della carne di peccato, senza per ciò stesso dover perdere quanto è divino con il mescolarlo con le realtà umane, ma – al contrario – arricchendo le cose umane con le realtà divine.
 
 
Dai Discorsi
 
…«Le mie labbra proclamino la lode del Signore»: l'anima mia e il mio spirito, la carne e la lingua benedicano il suo santo nome. Infatti non è indice di modestia, ma di ingratitudine tacere i benefici divini, ed è cosa conveniente che si incominci a prestare la venerazione al consacrato pontefice innalzando un sacrificio di lode al Signore. Egli «nella nostra bassezza si ricordò di noi», e ci ha benedetti; «Lui solo ha operato cose meravigliose» per me, quando l'affetto della vostra santità mi ha tenuto a voi presente, mentre un viaggio, lungo e necessario, mi aveva portato lontano. Per questo rendo grazie al nostro Dio e sempre lo ringrazierò per quanto mi ha donato.
 
Nello stesso tempo esalto con i dovuti ringraziamenti la libera decisione del vostro favore, comprendendo chiaramente quanta riverenza, quanto amore e quanta fiducia mi offrono le vostre devote attenzioni, mentre io bramo con pastorale sollecitudine la salvezza delle anime vostre, che hanno dato di me un giudizio così sacrosanto, quando io non avevo nessun precedente merito.
 
Dunque, vi scongiuro per la misericordia del Signore, aiutate con le preghiere colui che avete richiesto con desiderio, affinché lo Spirito di grazia resti in me e le vostre decisioni non abbiano a barcollare. Conceda a noi tutti il bene della pace colui che dona a voi l'amore per la concordia. In ogni giorno della mia vita, servendo l'onnipotente Dio e accogliendo la vostra obbedienza, io possa supplicare con fiducia il Signore: «Padre santo, conserva nel tuo nome coloro che tu mi hai dato».
 
Mentre voi progredite di continuo nella via della salvezza, l'anima mia magnifichi il Signore e nel premio del futuro giudizio l'esercizio del mio sacerdozio appaia agli occhi del giusto giudice in modo che voi con le vostre opere buone siate il mio gaudio, voi siate la mia corona, che con la buona volontà avete reso una sincera testimonianza nella vita presente. Per Gesù Cristo, nostro Signore.
 
 
…Carissimi, il Figlio di Dio ha assunto la natura umana con una unione così intima da essere l'unico ed identico Cristo non soltanto in colui, che è il primogenito di ogni creatura, ma anche in tutti i suoi santi. E come non sii può separare il Capo dalle membra, così le membra non si possono separare dal Capo.
E se è vero che, non è proprio di questa vita, ma di quella eterna, che Dio sia tutto in tutti, è anche vero che fin d'ora egli abita inseparabilmente il suo tempio, che è la Chiesa. Lo promise con le parole: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Tutto quello dunque che il Figlio di Dio ha fatto e ha insegnato per la riconciliazione del mondo, non lo conosciamo soltanto dalla storia delle sue azioni passate, ma lo sentiamo anche nell'efficacia di ciò che egli compie al presente.
E lui che, come è nato per opera dello Spirito Santo da una vergine madre, così rende fecondala Chiesa, sua Sposa illibata, con il soffio vitale dello stesso Spirito, perché mediante la rinascita del battesimo, venga generata una moltitudine innumerevole di figli di Dio. Di costoro è scritto: "Non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" (Gv 1,13).È in lui che viene benedetta la discendenza di Abramo, e tutto il mondo riceve l'adozione divina. Il Patriarca diventa padre delle genti, ma i figli della promessa nascono dalla fede, non dalla carne.
È lui che, eliminando ogni discriminazione di popoli, e radunando tutti da ogni nazione, forma di tante pecorelle. un solo gregge santo. Così ogni giorno compie quanto aveva già promesso, dicendo: "E ho altre pecore, che non sono di questo ovile anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce, e diventeranno un solo gregge e un solo pastore" (Gv 10,16). Sebbene infatti egli dica particolarmente a Pietro: "Pasci le mie pecore" (Gv 21,17), nondimeno tutta l'attività dei pastori è guidata e sorretta da lui solo, il Signore. È lui che, con pascoli ubertosi e ridenti, nutre tutti coloro che vengono a questa Pietra.
 
Cosicché innumerevoli pecorelle, fortificate dalla sovrabbondanza dell'amore, non esitano ad affrontare la morte per la causa del loro Pastore, come egli, il buon Pastore, si è degnato di dare la propria vita per le stesse pecorelle. Partecipi della sua passione sono non solo i martiri forti e gloriosi, ma anche i fedeli che rinascono, e già nell'atto stesso della loro rigenerazione. È questo il motivo per cui la Pasqua viene celebrata, secondo la Legge, negli azzimi della purezza e della verità: la nuova creatura, getta via il fermento della sua malvagità e si inebria e si nutre del Signore stesso. La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo, a farci rivestire in tutto, nel corpo e nello spirito, di colui nel quale siamo morti, siamo stati sepolti e siamo risuscitati
 
 
…Tutta la Chiesa di Dio è ordinata in gradi gerarchici distinti, in modo che l’intero sacro corpo sia formato da membra diverse. Ma, come dice l’Apostolo, tutti noi siamo uno in Cristo (cfr. Gal 3, 28). La divisione degli uffici non è tale da impedire che ogni parte, per quanto piccola, sia collegata con il capo. Per l’unità della fede e del battesimo c’è dunque fra noi, o carissimi, una comunione indissolubile sulla base di una comune dignità. Lo afferma l’apostolo Pietro: «Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo» (1 Pt 2, 5), e più avanti: «Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato» (1 Pt 2, 9).
 
Tutti quelli che sono rinati in Cristo conseguono dignità regale per il segno della croce. Con l’unzione dello Spirito Santo poi sono consacrati sacerdoti. Non c’è quindi solo quel servizio specifico proprio del nostro ministero, perché tutti i cristiani sono rivestiti di un carisma spirituale e soprannaturale, che li rende partecipi della stirpe regale e dell’ufficio sacerdotale. Non è forse funzione regale il fatto che un’anima, sottomessa a Dio, governi il suo corpo? Non è forse funzione sacerdotale consacrare al Signore una coscienza pura e offrirgli sull’altare del cuore i sacrifici immacolati del nostro culto? Per grazia di Dio queste funzioni sono comuni a tutti.
 
Ma da parte vostra è cosa santa e lodevole che vi rallegriate per il giorno della nostra elezione come di un vostro onore personale. Così tutto il corpo della Chiesa riconosce che il carattere sacro della dignità pontificia è unico. Mediante l’unzione santificatrice, esso rifluisce certamente con maggiore abbondanza nei gradi più alti della gerarchia, ma discende anche in considerevole misura in quelli più bassi.
 
La comunione di tutti con questa nostra Sede è, quindi, o carissimi, il grande motivo della letizia. Ma gioia più genuina e più alta sarà per noi se non vi fermerete a considerare la nostra povera persona, ma piuttosto la gloria del beato Pietro apostolo.
 
Si celebri dunque in questo giorno venerando soprattutto colui che si trovò vicino alla sorgente stessa dei carismi e da essa ne fu riempito e come sommerso. Ecco perché molte prerogative erano esclusive della sua persona e, d’altro canto, niente è stato trasmesso ai successori che non si trovasse già in lui.
Allora il Verbo fatto uomo abitava già in mezzo a noi. Cristo aveva già dato tutto se stesso per la redenzione del genere umano.
 
 
…Sempre, fratelli carissimi, della grazia del Signore è piena la terra (Sal 33, 5) e la stessa natura, che ci circonda, insegna a ciascun fedele a onorare Dio. Infatti il cielo e la terra, il mare e quanto si trova in essi proclamano la bontà e l'onnipotenza del loro Creatore.
 
E la meravigliosa bellezza degli elementi, messi a nostro servizio, non esige forse da noi, creature intelligenti, un doveroso ringraziamento? Ma ora ci viene chiesto un completo rinnovamento dello spirito: sono i giorni dei misteri della redenzione umana e che precedono più da vicino le feste pasquali.
È caratteristica infatti della festa di Pasqua, che la Chiesa tutta goda e si rallegri per il perdono dei peccati: perdono che non si concede solo ai neofiti, ma anche a coloro che già da lungo tempo sono annoverati tra i figli adottivi. Certo è nel lavacro di rigenerazione che nascono gli uomini nuovi, ma tutti hanno il dovere del rinnovamento quotidiano: occorre liberarsi dalle incrostazioni proprie alla nostra condizione mortale. E poiché nel cammino della perfezione non c'è nessuno che non debba migliorare, dobbiamo tutti, senza eccezione, sforzarci perché nessuno nel giorno della redenzione si trovi ancora invischiato nei vizi dell'uomo vecchio. Quanto ciascun cristiano è tenuto a fare in ogni tempo, deve ora praticarlo con maggior sollecitudine e devozione, perché si adempia la norma apostolica del digiuno quaresimale consistente nell'astinenza non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati.
A questi doverosi e santi digiuni, poi, nessuna opera si può associare più utilmente dell'elemosina, la quale sotto il nome unico di «misericordia» abbraccia molte opere buone. In ciò i fedeli possono trovarsi uguali, nonostante le disuguaglianze dei beni. L'amore che dobbiamo ugualmente a Dio e all'uomo non è mai impedito al punto da toglierci la possibilità del bene. Gli angeli hanno cantato: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Ne segue che diventa felice e nella benevolenza e nella pace, chiunque partecipa alle sofferenze degli altri, di qualsiasi genere esse siano.
Immenso è il campo delle opere di misericordia. Non solo i ricchi e i facoltosi possono beneficare gli altri con l'elemosina, ma anche quelli di condizione modesta o povera. Così disuguali nei beni di fortuna, tutti possono essere pari nei sentimenti di pietà dell'anima.
 
 
…Miei cari, i giorni intercorsi tra la risurrezione del Signore e la sua ascensione non sono passati inutilmente, ma in essi sono stati confermati grandi misteri e sono state rivelate grandi verità.
Venne eliminato il timore di una morte crudele, e venne annunziata non solo l'immortalità dell'anima, ma anche quella del corpo. Durante quei giorni, in virtù del soffio divino, venne effuso su tutti gli apostoli lo Spirito Santo, e a san Pietro apostolo, dopo la consegna delle chiavi del Regno, venne affidata la cura suprema del gregge del Signore. In questi giorni il Signore si unisce, come terzo, ai due discepoli lungo il cammino, e per dissipare in noi ogni ombra di incertezza, biasima la fede languida di quei due spaventati e trepidanti. Quei cuori da lui illuminati s'infiammano di fede e, mentre prima erano freddi, diventano ardenti, man mano che il Signore spiega loro le Scritture. Quando egli spezza il pane, anche lo sguardo di quei commensali si apre. Si aprono gli occhi dei due discepoli come quelli dei progenitori. Ma quanto più felicemente gli occhi dei due discepoli dinanzi alla glorificazione della propria natura, manifestata in Cristo, che gli occhi dei progenitori dinanzi alla vergogna della propria prevaricazione!
Perciò, o miei cari, durante tutto questo tempo trascorso tra la risurrezione del Signore e la sua ascensione, la divina Provvidenza questo ha avuto di mira, questo ha comunicato, questo ha voluto insinuare negli occhi e nei cuori dei suoi: la ferma certezza che il Signore Gesù Cristo era veramente risuscitato, come realmente era nato, realmente aveva patito ed era realmente morto.
Perciò i santi apostoli e tutti i discepoli che avevano trepidato per la tragedia della croce ed erano dubbiosi nel credere alla risurrezione, furono talmente rinfrancati dall'evidenza della verità, che, al momento in cui il Signore saliva nell'alto dei cieli, non solo non ne furono affatto rattristati, ma anzi furono ricolmi di grande gioia. Ed avevano davvero un grande e ineffabile motivo di rallegrarsi. Essi infatti, insieme a quella folla fortunata, contemplavano la natura umana mentre saliva ad una dignità superiore a quella delle creature celesti. Essa oltrepassava le gerarchie angeliche, per essere innalzata al di sopra della sublimità degli arcangeli, senza incontrare a nessun livello per. quanto alto, un limite alla sua ascesa. Infine, chiamata a prender posto presso l'eterno Padre, venne associata a lui nel trono della gloria, mentre era unita alla sua natura nella Persona del Figlio.


30/01/2015 13:11

San Bernardo di Chiaravalle

 
O Spirito Santo,
anima dell'anima mia, in te solo posso
esclamare: Abbà, Padre.
Sei tu, o Spirito di Dio,
che mi rendi capace di chiedere
e mi suggerisci che cosa chiedere.
O Spirito d'amore,
suscita in me il desiderio
di camminare con Dio:
solo tu lo puoi suscitare.
O Spirito di santità,
tu scruti le profondità dell'anima
nella quale abiti, e non sopporti in lei
neppure le minime imperfezioni:
bruciale in me, tutte,
con il fuoco del tuo amore.
O Spirito dolce e soave,
orienta sempre più la mia volontà
verso la tua,
perchè la possa
conoscere chiaramente,
amare ardentemente
e compiere efficacemente.
AMEN
 
 
Dal De Diligendo Deo
 
Secondo Bernardo esistono quattro gradi sostanziali dell'amore, che presenta come un itinerario, che dal sé esce, cerca Dio, e infine torna al sé, ma solo per Dio. I gradi sono:
 
1) L'amore di se stessi per sé: «[...] bisogna che il nostro amore cominci dalla carne. Se poi è diretto secondo un giusto ordine, [...] sotto l'ispirazione della Grazia, sarà infine perfezionato dallo spirito. Infatti non viene prima lo spirituale, ma ciò che è animale precede ciò che è spirituale. [...] Perciò prima l'uomo ama sé stesso per sé [...]. Vedendo poi che da solo non può sussistere, comincia a cercare Dio per mezzo della fede, come un essere necessario e Lo ama.»
 
2) L'amore di Dio per sé: «Nel secondo grado, quindi, ama Dio, ma per sé, non per Lui. Cominciando però a frequentare Dio e ad onorarlo in rapporto alle proprie necessità, viene a conoscerlo a poco a poco con la lettura, con la riflessione, con la preghiera, con l'obbedienza; così gli si avvicina quasi insensibilmente attraverso una certa familiarità e gusta pura quanto sia soave.»
 
3) L'amore di Dio per Dio: «Dopo aver assaporato questa soavità l'anima passa al terzo grado, amando Dio non per sé, ma per Lui. In questo grado ci si ferma a lungo, anzi, non so se in questa vita sia possibile raggiungere il quarto grado.»
 
4) L'amore di sé per Dio: «Quello cioè in cui l'uomo ama sé stesso solo per Dio. [...] Allora, sarà mirabilmente quasi dimentico di sé, quasi abbandonerà sé stesso per tendere tutto a Dio, tanto da essere uno spirito solo con Lui. Io credo che provasse questo il profeta, quando diceva: -Entrerò nella potenza del Signore e mi ricorderò solo della Tua giustizia-.»
 
Nel De diligendo Deo, dunque, San Bernardo presenta l'amore come una forza finalizzata alla più alta e totale fusione in Dio col Suo Spirito, che, oltre a essere sorgente d'ogni amore, ne è anche «foce», in quanto il peccato non sta nell'«odiare», ma nel disperdere l'amore di Dio verso il sé (la carne), non offrendolo così a Dio stesso, Amore d'amore.
 
Dagli scritti
 
…“Non sembri assurdo ciò che ho detto, che anche Dio vive di una legge; non lo direi di una legge che non fosse quella della carità. Che cosa infatti in quella suprema e beata Trinità conserva quella suprema e ineffabile unità, se non la carità? E’, dunque, una legge, una legge del Signore, la legge della carità, che stringe in unità la Trinità e la racchiude in un legame di pace. Ma non si creda, a questo proposito, che io concepisca la carità come una qualità, come un qualche accidente. Io la concepisco come la sostanza stessa di Dio, il che non è una dottrina nuova né insolita, dato che Giovanni dice “Dio è carità”. Perciò la carità può essere giustamente definita Dio.”
 
…“Dio sapeva bene che la creatura è di carne e che essa non è capace che di un amore carnale, cioè che essa avrebbe dato tutto il suo slancio soltanto verso un amore salvifico della sua carne. Egli conosceva bene il cuore dell’uomo; sapeva bene, perciò, quali mezzi fossero capaci di scuotere i sentimenti dell’uomo. Volendo dunque riconquistare la nobile creatura dell’uomo Dio disse: Se la costringo contro la sua volontà, ne otterrò solo un asino e non un uomo. Egli non tornerà me liberamente (libens) né spontaneamente (spontaneus), e non potrà dire: di tutto cuore ti offrirò un sacrificio. E io dovrei dare il mio Regno a degli asini? Che forse Dio ha cura dei buoi? Cercherò allora – Dio continuò – di farlo ritornare a me mediante il timore. Forse così riuscirà a convertirsi e a vivere. E Dio minacciò all’uomo i castighi più terribili, che si possano immaginare: tenebre eterne, vermi immortali e fuoco inestinguibile. Ma anche così l’uomo non fece ritorno a Dio. Allora Dio si disse: L’uomo non è soltanto un essere pauroso; è anche un essere avido: Gli prometterò ciò che egli desidera di più. Gli uomini bramano oro e argento e cose simili; ma più di tutto bramano vivere. Su questo non c’è dubbio! E’ del tutto chiaro! E Dio aggiunse: Se gli uomini desiderano questa vita terrestre, misera, faticosa e precaria, quanto più desidereranno la mia vita, tranquilla, eterna, beata E Dio promise all’uomo la vita eterna; promise ciò che mai occhio ha visto, ciò che mai orecchio ha udito, ciò che mai il cuore dell’uomo ha sognato. Ma Dio si accorse che anche così non si approdò a nulla.
E Dio disse: Non mi resta che un’ultima cosa. L’uomo non ha soltanto paura e desiderio, ma anche amore. E nessun’altra cosa è più forte dell’amore, per attirarlo.
Per questo motivo Dio è venuto nella carne e si è manifestato così amabile, di un amore tale, maggior del quale nessun può avere. E ha dato la sua vita per noi.”
 
…“La carità crea la carità; quella sostanziale crea quella accidentale. Questa (Dio) è la legge eterna, che crea e governa l’universo…Nulla è lasciato senza legge, dato che essa stessa, è legge.”
 
…“E’ assolutamente degno di morte, colui che, o Signore Gesù, rifiuta di vivere per te; anzi, egli è già morto. E’ un insensato colui che non ha il gusto di te; è un nulla e deve essere considerato un nulla colui che non si preoccupa di vivere unicamente per te” (Sul Cantico 20, 1). Insomma“Gesù è miele nella bocca, melodia soave all’orecchio, gioia nel cuore – Iesus mel in ore, in aure melos, in corde jubilus.”
 
…“Come una gocciolina d’acqua entro una grande quantità di vino sembra perdere interamente la propria natura fino ad assumere il sapore e il colore del vino, come un ferro, messo al fuoco e reso incandescente, si spoglia della sua forma originaria per divenire completamente simile al fuoco, - come l’aria percorsa dalla luce del sole assume il fulgore della luce, cosicché non sembra solo illuminata, ma luce essa stessa, così nei santi sarà necessario che ogni sentimento umano, in una certa misura ineffabile, si dissolva e trapassi a fondo nella volontà di Dio.
 
…“Tutto il tempo in cui non pensi a Dio, devi considerarlo come tempo perduto” – “ omne tempus in quo de Deo non cogitas, hoc te computes perdidisse”.”Non bisogna mettersi in preghiera una volta o due, ma frequentemente e assiduamente, presentando a Dio i desideri del tuo cuore e, a tempo opportuno, anche ad alta voce” – “Non enim semel vel bis ad orationem est accedendum, sed frequenter et assidue, ad Deum extendentes desideria cordis et in tempore opportuno aperientes vocem oris.
 
…“Chi vuole pregare, è opportuno che scelga il tempo e il luogo adatti. E’ più comodo e più utile pregare quando si è in riposo, particolarmente durante la notte; allora la preghiera nasce più libera e più pura. Alzati, quindi durante la notte, sul principio delle tue veglie, ed effondi come acqua il tuo cuore alla presenza del Signore tuo Dio. Come è segreta la preghiera fatta di notte; la conoscono soltanto Dio e il santo angelo che la accoglie per presentarla sull’altare del cielo…Come sorge serena e quieta, senza essere disturbata da strepiti o da schiamazzi! Infine, come nasce pura e sincera, senza essere imbrattata dalla polvere delle preoccupazioni terrestri o tentata dalla ricerca di lodi o di adulazioni delle persone presenti.”
 
…“La preghiera ottiene la forza per digiunare. Il digiuno rafforza la preghiera, mentre quest’ultima santifica il digiuno e lo presenta a Dio Sarà considerato perfetto colui nel quale opportunamente si incontreranno queste tre cose: il pianto per i propri peccati, la gioia in Dio, nonché la disponibilità a venire in soccorso ai fratelli; in questo modo piace a Dio, è prudente nei suoi riguardi, è utile al prossimo.”
 
…“La Verità non si manifesta a chi non è puro; la Sapienza non si affida a chi non è puro. Perché, quindi, parlano di cose che essi non hanno visto? Dice l’Apostolo:
Parliamo di cose che sappiamo e diamo testimonianza su cose che abbiamo visto. Va pure e ardisci pure testimoniare su cose che non hai visto o parlare di cose che tu non conosci……Molti non si sono preoccupati della purezza e hanno ardito parlare prima di aver visto; e, quindi, sono caduti in gravi errori non sapendo ciò di cui parlavano, oppure sono divenuti spregevoli, perché non avevano insegnato a se stessi prima di insegnare agli altri.”
 
…“Questo ha di particolare la autentica e pura preghiera  (o contemplazione), che infiamma violentemente l’anima del fuoco divino, sino a riempirla di zelo e di brama di conquistare a Dio altri che similmente lo amino. Perciò molto volentieri talvolta interrompe l’occupazione della preghiera per darsi alla predicazione, e poi ritorna più fervorosamente a se stesso…Del resto, in questi mutamenti, di solito l’anima è tormentata dal timore di essersi data più del conveniente ad una sola di queste due cose e di essersi, così, allontanata dalla volontà di Dio.”
 
…“Mi domandi chi io consideri impuro? E’ colui che cerca lodi umane, chi predica il vangelo solo per guadagno, colui che evangelizza per mangiare, colui, cioè, che considera la pietà come un mezzo per ottenere qualcos’altro.”
 
…“Vedi che non si perde nulla della santa contemplazione, quando ci si da all’edificazione del popolo, chè anzi tale attività è grandissima lode a Dio.
 
…“L’amore di Cristo è un dardo scelto, che non solamente ha trafitto l’anima di Maria, ma l’ha passata da parte a parte, cosicché nel suo cuore verginale non ha lasciato nemmeno una particella prima di amore.
 
…“L’affettuoso amore del Cristo si è trasfuso nelle viscere di Maria, nelle quali la stessa Carità, che è Dio, ha dimorato corporalmente per nove mesi.”
 
…“Chiunque tu sia, se ti vedi portato alla deriva in questo mare del mondo, se ti sembra di navigare fra uragani e tempeste piuttosto che di camminare su terra ferma, se non vuoi essere travolto dalle procelle, non distogliere lo sguardo dallo splendore di questa stella!…Non andrai mai fuori strada, se tu la segui; non ti perderai mai, se tu la preghi; non farai mai passi falsi, se pensi a Lei. Se essa ti tiene per mano, non cadrai; se essa ti difende, non avrai nulla da temere; se essa ti guida, non ti affaticherai mai. Con la sua protezione giungerai felicemente al porto.”
 
 
San Bernardo domandò nella preghiera a Nostro Signore quale fosse stato il maggior dolore sofferto nel corpo durante la sua Passione. Gli fu risposto: “Io ebbi una piaga sulla spalla, profonda tre dita, e tre ossa scoperte per portare la croce: questa piaga mi ha dato maggior pena e dolore di tutte le altre e dagli uomini non è conosciuta. Ma tu rivelala ai fedeli cristiani e sappi che qualunque grazia mi chiederanno in virtù di questa piaga verrà loro concessa; ed a tutti quelli che per amore di essa mi onoreranno con tre Pater, tre Ave e tre Gloria al giorno perdonerò i peccati veniali e non ricorderò più i mortali e non moriranno di morte improvvisa ed in punto di morte saranno visitati dalla Beata Vergine e conseguiranno la grazia e la misericordia”.


30/01/2015 13:12

 

San Francesco d'Assisi

 
“ Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, poiché con la tua santa croce hai redento il mondo”.
“O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umilii da nascondersi, per la nostra salvezza in poca apparenza di pane! Guardate, frati, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a Lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché Egli vi esalti. Nulla, dunque, di voi tenete per voi; affinché vi accolga tutti Colui che a voi si dà tutto”.  
«A tutti i custodi dei frati minori ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo e piccolo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, segni che sono grandi e superiori ad ogni cosa presso il Signore, e invece da molti religiosi e da altri uomini sono ritenuti di infima importanza.
Vi prego, più che se riguardasse me stesso, che, quando vi sembrerà conveniente e utile, supplichiate umilmente i chierici che debbano venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di lui scritte che consacrano il corpo. I calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve al sacrificio, debbano averli di materia preziosa.
E se in qualche luogo il santissimo corpo del Signore fosse collocato in modo troppo miserevole, secondo il comando della Chiesa venga da loro posto e custodito in un luogo prezioso, e sia portato con grande venerazione e amministrato agli altri con discrezione. Anche i nomi e le parole scritte del Signore, ovunque fossero trovate in luoghi immondi, vengano raccolte e debbano essere collocate in luogo conveniente.
E in ogni predicazione che fate, ammonite il popolo di far penitenza e che nessuno può essere salvato se non colui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore, e che quando è sacrificato dal sacerdote sull’altare o viene portato in qualche parte, tutta la gente, piegando le ginocchia, renda lode, gloria e onore al Signore Iddio vivo e vero.
E riguardo alla lode di lui, a tutte le genti dovete annunciare e predicare questo, che ad ogni ora e quando suonano le campane, sempre da tutto il popolo siano rese lodi e grazie a Dio onnipotente per tutta la terra.
E tutti i miei frati cusoti ai quali giungerà questo scritto, che ne faranno copia e lo terranno presso di sé e lo faranno trascrivere per i frati che hanno l’ufficio della predicazione e della custodia dei frati, e che predicheranno sino alla fine le istruzioni contenute in questo scritto, sappiano che hanno la benedizione del Signore Iddio e mia.
E queste cose siano per loro come vera e santa obbedienza. Amen»  


30/01/2015 13:13

 

Santa Chiara d'Assisi

 
Dalle lettere
 
…O madre e figlia, sposa del Re di tutti i secoli, non stupirti se non ti ho scritto di frequente come l'anima tua e la mia parimenti desiderano e bramano, e non credere assolutamente che l'incendio dell'amore verso di te sia divenuto meno ardente e dolce nel cuore della tua madre. Il solo ostacolo alla nostra corrispondenza è stato la scarsità dei messaggeri e l'insicurezza delle strade.
 
Ma oggi, che si presenta l'occasione di scrivere alla tua carità, ecco mi rallegro con te e con te gioisco nel gaudio dello Spirito, o sposa di Cristo, poiché, come quell'altra santissima vergine Agnese, tu, slacciandoti da tutte le ricchezze e vanità del mondo, ti sei meravigliosamente unita in sposa all'Agnello immacolato, che toglie i peccati del mondo.
 
Te veramente felice! Ti è concesso di godere di questo sacro convito, per poter aderire con tutte le fibre del tuo cuore a Colui, la cui bellezza è l'ammirazione instancabile delle beate schiere del cielo. L'amore di lui rende felici, la contemplazione ristora, la benignità ricolma. La soavità di lui pervade tutta l'anima, il ricordo brilla dolce nella memoria. Al suo profumo i morti risorgono e la gloriosa visione di lui formerà la felicità dei cittadini della Gerusalemme celeste.
 
poiché questa visione di lui è splendore dell'eterna gloriachiarore della luce perenne e specchio senza macchia, ogni giorno porta l'anima tua, o regina, sposa di Gesù Cristo, in questo specchio e scruta in esso continuamente il tuo volto, perché tu possa così adornarti tutta all'interno e all'esterno, vestita e circondata di varietà, e sii parimenti adorna con i fiori e le vesti di tutte le virtù, come conviene a te, figlia e sposa carissima del sommo Re.
 
In questo specchio poi rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile carità; e questo tu potrai contemplare, con la grazia di Dio, diffuso su tutta la superficie dello specchio.
 
Mira, in alto, la povertà di Colui che fu deposto nel presepe avvolto in poveri pannicelli. O mirabile umiltà e povertà che dà stupore! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra, è adagiato in una mangiatoia!
 
Vedi poi, al centro dello specchio, la santa umiltà, e insieme ancora la santa povertà, le fatiche e le pene senza numero ch' Egli sostenne per la redenzione del genere umano.
 
E, in basso, contempla l'ineffabile carità per la quale volle patire sul legno della croce e su di essa morire della morte più infamante. Perciò è lo stesso specchio che, dall'alto del legno della croce, rivolge ai passanti la sua voce perché si fermino a meditare: O voi tutti, che sulla strada passate, fermatevi a vedere se esiste un dolore simile al mio; e rispondiamo, dico a Lui che chiama e geme, ad una voce e con un solo cuore: Non mi abbandonerà mai il ricordo di te e si struggerà in me l'anima mia.
 
Làsciati, dunque, o regina sposa del celeste Re, bruciare sempre più fortemente da questo ardore di carità!
 
Contempla ancora le indicibili sue delizie, le ricchezze e gli onori eterni, e grida con tutto l'ardore del tuo desiderio e del tuo amore: Attirami a te, o celeste Sposo! Dietro a te correremo attratti dalla dolcezza del tuo profumo.
 
Correrò, senza stancarmi mai, finché tu mi introduca nella tua cella inebriante. Allora la tua sinistra passi sotto il mio capo e la tua destra mi abbraccerà deliziosamente e tu mi bacerai col felicissimo bacio dellatua bocca.
 
Stando in questa contemplazione, abbi memoria della tua madre poverella, ben sapendo che io porto il tuo caro ricordo inseparabilmenteimpresso nel profondo del mio cuore, perché tu sei per me la più cara di tutte.
 
 
 
 
Gioisci, perciò, anche tu nel Signore sempre, o carissima. Non permettere che nessun’ombra di mestizia avvolga il tuo cuore, o signora in Cristo dilettissima, gioia degli Angeli e corona delle tue sorelle.
 
Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell’eternità, colloca la tua anima nello splendore della gloria colloca il tuo cuore in Colui che èfigura della divina sostanza, trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nella immagine della divinità di Lui.
 
Allora anche tu proverai ciò che è riservato ai soli suoi amici, e gusteraila segreta dolcezza che Dio medesimo ha riservato fin dall’inizio per coloro che lo amano. Senza concedere neppure uno sguardo alle seduzioni, che in questo mondo fallace ed irrequieto tendono lacci ai ciechi che vi attaccano il loro cuore, con tutta te stessa ama Colui che per amor tuo tutto si è donato.
 
La sua bellezza ammirano il sole e la luna; i suoi premi sono di pregio egrandezza infiniti. Voglio dire quel Figlio dell’Altissimo, che la Vergine ha partorito, senza cessare di essere vergine. Stringiti alla sua dolcissima Madre, la quale generò un Figlio tale che i cieli non potevano contenere, eppure ella lo raccolse nel piccolo chiostro del suo santo seno e lo portò nel suo grembo verginale.
 
Chi non sdegnerebbe con orrore le insidie del nemico dell’umano genere, che facendo brillare innanzi agli occhi il luccicore delle cose transitorie e delle glorie fallaci, tenta annientare ciò che è più grande del cielo?
 
Sì, perché è ormai chiaro che l’anima dell’uomo fedele, che è la più degna di tutte le creature, è resa dalla grazia di Dio più grande del cielo. Mentre, infatti, i cieli con tutte le altre cose create non possono contenere il Creatore, l’anima fedele invece, ed essa sola, è sua dimorae soggiorno, e ciò soltanto a motivo della carità, di cui gli empi sono privi. È la stessa Verità che lo afferma: Colui che mi ama, sarà amato dal Padre mio, e io pure lo amerò; e noi verremo a lui e porremo in lui la nostra dimora.
 
A qual modo, dunque, che la gloriosa Vergine delle vergini portò Cristo materialmente nel suo grembo, tu pure, seguendo le sue vestigia, specialmente dell’umiltà e povertà di lui, puoi sempre, senza alcun dubbio, portarlo spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale. Econterrai in te Colui dal quale tu e tutte le creature sono contenute, e possederai ciò che è bene più duraturo e definitivo anche a paragone di tutti gli altri possessi transeunti di questo mondo.
 
Come si ingannano, molte volte, al riguardo, re e regine di questo mondo! Quand’anche elevassero la loro superbia fino al cielo e toccassero quasi col capo le nubi, alla fine saranno dissolti nel nulla, come spazzatura.


30/01/2015 13:15

Sant'Antonio di Padova

Dagli scritti
 
…“Forse che tu scaglierai fulmini ed essi partiranno, e poi ritornando ti diranno: Eccoci?” (Gb 38,35). I fulmini partono dalle nubi, e così anche dai santi predicatori si manifestano opere mirabili. Partono i fulmini quando i predicatori brillano con il fulgore dei miracoli. Però ritornando dicono: “Eccoci!”, quando attribuiscono a Dio, e non alle proprie capacità, qualunque cosa riconoscano di aver compiuto di grande. Oppure anche, vengono mandati e vanno, quando dal segreto della contemplazione escono per svolgere la loro missione in pubblico; poi ritornano e dicono a Dio: Eccoci!, perché dopo la missione pubblica tornano di nuovo alla contemplazione.
 
 
…Il contemplativo infatti, quando si alza alle sfere superiori, non ha una via stabilita o diritta, perché la contemplazione non è in potere del contemplativo, ma dipende dalla volontà del creatore, il quale elargisce la dolcezza della contemplazione a chi vuole, quando vuole e come vuole. Dice infatti Geremia: “Lo so, o Signore, che l’uomo non è padro­ne della sua via, e non è in potere di chi cammina dirigere i propri passi”(Ger 10,23).
 
Considera che alcuni uccelli hanno delle lunghe zampe, e quando volano le tengono distese all’indietro. E ce ne sono altri che hanno le zampe molto corte, e quando volano le tengono strette al ventre per non esserne impediti nel volo, e la cortezza delle zampe non impedisce il volo.
 
Ci sono due categorie anche nei contemplativi. Ce ne sono alcuni che si dedicano agli altri e si prodigano per essi. Ce ne sono altri che non si dedicano né al prossimo né a se stessi e si privano perfino delle cose necessarie. I primi hanno le estremità lunghe, i secondi le hanno corte. I primi, quando si dedicano alla preghiera, si innalzano subito alla contemplazione; essi distendono all’indietro le estremità, cioè i sentimenti e gli affetti con i quali provvedono alle necessità del prossimo, per non esse­re impediti nel loro volo. O fratello, quando servi al tuo fratello, stendi i tuoi piedi davanti a te e impegna con lui tutto te stesso. Quando invece ti rivolgi a Dio, stendi i tuoi piedi all’indietro, perché il tuo volo sia libero. Incurante di ciò che sarà, del servizio e delle opere buone, di ciò che hai fatto e di ciò che farai, lascia da parte ogni fantasticheria quando sei in preghiera: è proprio in quel momento infatti che sopraggiungono tutti i pensieri inutili che ostacolano l’animo del contemplativo.
 
I secondi invece, che hanno le gambe corte, che non attendono né agli altri né a se stessi, tengono i piedi stretti al ventre, riducono e attenuano nella mente i propri sentimenti, si raccolgono in se stessi affinché la mente, concentrata in una cosa sola, possa spiccare il volo con più facilità e fissare l’occhio dell’anima nell’aureo splendore del sole, senza restare abbagliata. Giustamente quindi è detto.
 
 
…Nel costato di Cristo il giusto troverà il pascolo, e quindi può dire: La mia delizia è stare con il Figlio dell’uomo (cf. Pro 8,31), sospeso sul patibolo della croce, confitto con i chiodi, abbeverato di fiele e di aceto, trafitto al costato. O anima mia, queste sono le tue delizie, di queste devi godere, in queste devi trovare la tua gioia. Anche Isaia ti dice: “Allora vedrai, sarai nell’abbondanza, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore”(Is 60,5). Vedrai, o anima, il Figlio di Dio appeso al patibolo, e allora sarai inondata di delizie e di lacrime, palpiterà il tuo cuore per la misericordia del Padre che, pur vedendo il suo Figlio appeso alla croce, non lo deponeva. O Padre, come hai potuto trattenerti. Perché non hai squarciato i cieli e non sei disceso a liberare il tuo Figlio diletto? E nello stupore per tutto questo, il tuo cuore si dilaterà nell’amore del Padre, il quale ci ha dato il Figlio che ci ha redenti, e lo Spirito Santo che ha operato la nostra salvezza.
 
Inoltre il giusto trova i suoi pascoli nella sofferenza del cuore e nel disprezzo del mondo. Giobbe, parlando dell’ònagro (asino selvatico), cioè del penitente, dice: “Gira intorno gli occhi ai monti del suo pascolo e cerca tutto ciò che verdeggia” (Gb 39,8). I monti del pascolo raffigurano la contemplazione delle cose eterne, che è nutrimento interiore, e quando le considera è preso da afflizione e pianto. È proprio di questo penitente ricercare tutto ciò che verdeggia, sprezzando le cose transitorie e bramando solo quelle che durano per l’eternità. Tutte le cose poste quaggiù temporaneamente e destinate a finire, sono aride e riarse, e sono disseccate dai godimenti della vita presente come dal sole in esta­te. Al contrario, sono dette “verdeggianti” quelle cose che nessuna temporaneità può disseccare. Giustamente quindi dice il Signore: “Il Padre celeste li nutre”.
 
…“Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). Il regno di Dio è il bene supremo: per questo dobbiamo cercarlo. Lo si cerca con la fede, con la speranza e con la carità. La giustizia (la santità) di questo regno poi consiste nel mettere in pratica tutto ciò che Cristo ha insegnato. Cercare il regno di Dio, vuol dire praticare questa giustizia con le opere. Cercate, quindi, prima di tutto il regno di Dio, vale a dire ponetelo al di sopra di tutte le cose: tutto dev’essere fatto in vista di esso, nulla dev’essere cercato all’infuori di esso, e ad esso dev’essere ordinato tutto ciò che cerchiamo. E fa’ attenzione che nel vangelo è detto “vi saranno date in aggiunta”, perché tutte le cose appartengono ai figli, e quindi tutte queste cose saranno date anche a coloro che non le cercano. E se a qualcuno vengono negate, si tratta di una prova; e se vengono elargite, ciò viene fatto perché siano rese grazie a Dio, poiché tutto concorre al loro bene(cf. Rm 8,28).
 
 
… “Vigilate diligentemente”, “approfittate del tempo” e “non siate sconsiderati”. Chi aspira alle nozze dell’incarnazione del Signore cammina con cautela, perché cammina nella luce, e chi cammina nella luce non inciampa. Dice infatti Isaia: “I popoli cammineranno alla tua luce, e i re nello splendore del tuo sorgere” (Is 60,3). Coloro che par­tecipano alle nozze della Sapienza incarnata, non sono stolti, ma diventano veramente saggi; infatti la stessa Sapienza dice: “A me appartiene il consiglio e la giustizia, mia è la prudenza e mia è la fortezza” (Pro 8,14). Sono queste le virtù che rendono l’uomo sapiente e saggio: il consiglio, per fuggire il mondo; la giustizia, per rendere a ciascuno il suo; la prudenza per guardarsi dai pericoli e la fortezza per mantenersi saldo nelle avversità.
 
Va alle nozze della penitenza colui che rimedia al tempo male impiegato, “approfittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi” (Ef 5,16). E Agostino commen­ta: A motivo della malvagità e della miseria dell’uomo i giorni sono detti cattivi. Guadagna chi perde, cioè chi ci rimette di suo, per essere libero di occuparsi di Dio, perché è come desse un soldo (un nonnulla) per il vino. Dice infatti il vangelo: “A chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello”(Mt 5,40). Questo per aver il cuore tranquillo e per non sciupare il tempo.
 
Parimenti, colui che brama le nozze della gloria celeste, non è stolto ma prudente. Prudente è come dire porro videns, che vede lontano. Infatti gusta e vede quanto è buono il Signore (cf. Sal 33,9), e nella dolcezza di quella visione comprende quale sia la volontà di Dio.
Ti preghiamo dunque, Signore Gesù Cristo, di farci giungere alle nozze della tua incarnazione con la fede e con l’umiltà; di farci celebrare le nozze della penitenza, in modo da essere degni di partecipare poi alle nozze della gloria celeste.
Accordacelo tu, che sei benedetto nei secoli. Amen.
 
 
…Il camaleonte è figura del contemplativo, che vive solo di aria, vale a dire della dolcezza della contempla­zione. Dice infatti con l’Apostolo: “La nostra patria è nei cieli” (Fil 3,20). E in Giobbe leggiamo: “La mia anima ha scelto la sospensione” (Gb 7,15). La sospensione simboleggia l’elevazione dello sguardo interiore al Signore.
 
Il giusto si solleva dalla terra con la fune dell’amore divino e resta come sospeso in aria per la dolcezza della contemplazione, ed allora si trasforma, per così dire, tutto in aria, come non avesse più il corpo, non fosse più oppresso dalla carnalità. È detto infatti di Giovanni Battista che era “voce di uno che grida nel deserto” (Mt 3,3; Gv 1,23). La voce è aria, e Giovanni era aria e non carne, perché non aveva più il gusto delle cose terrene ma solo di quelle celesti.
 
È detto nell’Esodo che sotto i piedi del Signore c’era come un lavoro di pietra di zaffiro (cf. Es 24,10). Sotto i piedi di Cristo, cioè sotto la sua umanità, sono poste, co­me sgabello, le menti dei giusti. Infatti sta scritto che Maria [di Magdala] sedeva ai piedi del Signore (cf. Lc 10,39). E ancora: Le donne “si avvicinarono e gli cinsero i piedi” (Mt 28,9). E nel Deuteronomio: “Coloro che si avvicinano ai suoi piedi, riceveranno il suo insegnamento” (Dt 33, 3). Lo zaffiro è color del cielo. La mente dei giusti, sottomessa all’umanità di Gesù Cristo con la fede e con l’umiltà, è come un prezioso lavoro di pietra di zaffiro.
 
 
…“Di lassù aspettiamo come salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, che trasfigurerà il nostro misero corpo, per conformarlo al suo corpo glorioso”(Fil 3,20-21). Ecco in che modo la moneta sarà contrassegnata con l’effigie del nostro Re. Chi vive nel mondo, ma non secondo la vita del mondo, ma secondo quella del cielo, può attendere con sicurezza il Salvatore.
 
E il profeta Amos, per contrasto, dice: “Guai a coloro che attendono il giorno del Signore! Che cosa sarà per voi il giorno del Signore? Quel giorno sarà tenebre e non luce” (Am 5,18), cioè tribolazione e non prosperità. In quel giorno vedranno che le loro opere, che adesso sembrano loro luminose, sono invece tenebrose. Molti superbi, come commenta la Glossa, per sembrare giusti, dicono di aspettare anche loro il giorno del giudizio, o il giorno della morte, per incominciare ad essere con Cristo. Ma a costoro il profeta rivolge le sue minacce, perché nessuno è senza peccato, e proprio per il fatto di non temere per se stessi, sono degni dell’eterno supplizio.
 
Aspettano dunque il Signore Gesù con sicurezza e tranquillità, solo coloro che conducono quaggiù una vita degna del cielo.
 
 
…“È ormai tempo che noi ci destiamo dal sonno” (Rm 13,11).
Come nell’ultimo avvento “suonerà la tromba e i morti risorgeranno” (1Cor 15,52), così in questo primo avvento suona la tromba della predicazione: “È ormai tempo”, ecc. Questo tempo è l’anno della benignità (cf. Sal 64,12), “la pienezza dei tempi, in cui Dio mandò il Figlio suo, nato da donna, nato sotto la legge” (Gal 4,4). Svegliamoci dunque dal sonno, cioè dall’amore delle cose temporali, delle quali Isaia dice: “Vedono cose vane, dormono e amano i sogni” (Is 56,10), cioè le cose temporali che chiudono gli occhi del cuore alla contemplazione delle cose eterne.
 
Le vane immaginazioni sulle cose di questo mondo, che illudono i dormienti nelle prime ore del giorno, vengano fugate dal sorgere del sole. Il sacco fatto di crine, il cilicio, il misero pannicello nel quale Gesù fu avvolto, l’umile luogo del presepio nel quale fu adagiato, ci invitano a svegliarci dal sonno e a scacciare le vane fantasie. “È veramente tempo di svegliarsi dal sonno”.
 
Ma guai a noi che neppure in quest’unica ora possiamo vegliare con il Signore, perché non lo vogliamo. Il Signore ha vegliato, poiché dice Geremia: “Vedo una verga vigilan­te” (Ger 1,11). Gesù Cristo fu la verga, flessibile per la sua obbedienza e umiltà, sottile per la povertà: egli vegliò con queste virtù, ma noi non vogliamo vegliare con lui. Gli uomini, schiavi delle ricchezze dormirono il loro sonno (cf. Sal 75,6); invece le ricchezze [vere] degli uomini, cioè l’umiltà e la povertà  dei giusti, vegliano con il Signore e quindi possono dire in tutta sincerità: “Adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti” (Rm 13,11).
 
E questo è ciò che dice anche Salomone: “La via dei giusti è simile alla luce che incomincia a risplendere, e cresce fino a pieno giorno” (Pro 4,18). “Luce che risplende”, cioè “quando diventammo credenti”; “fino a giorno pieno”, cioè “la nostra salvezza è più vicina”. La luce splendente si ebbe nell’incarnazione del Verbo, dalla quale scaturì la fede; il giorno pieno si verificò nella passione, con la quale fu più vicina la salvezza. “Che cosa ci sarebbe servito l’essere nati, se non fossimo stati redenti?”
 
 
…Sulla maestà del Signore concorda sempre ciò che dice Isaia: “Il Signore sarà per te luce sempiterna e saranno finiti i giorni del tuo lutto”(Is 60,20), perché le sofferen­ze di prima sono dimenticate e sono ormai nascoste allo sguardo di coloro che in questa vita hanno aspettato nella santità e nella giustizia il Signore, che sarebbe venuto per il giudizio. Di questi si dice nell’introito della messa: “Tutti coloro che ti aspettano non saranno delusi” (Sal 24,3).
 
È vero, è vero, Signore, non saranno delusi: anzi esulteranno per l’eternità. Della gloria dei buoni e del castigo dei cattivi, tu prometti con le parole di Isaia: “Ecco che i miei servi mangeranno, e voi patirete la fame; ecco che i miei servi berranno, e voi patirete la sete; ecco che i miei servi saranno nella gioia e voi nella delusione; ecco che i miei servi, nella felicità del loro cuore, canteranno lodi, e invece voi griderete per il dolore del cuore e urlerete per la tortura dello spirito” (Is 65,13-14).
 
Fratelli carissimi, preghiamo il Signore Gesù Cristo perché, quando verrà nel giorno dell’ultimo giudizio per rendere a ciascuno secondo le sue opere, quando verrà con grande potenza e maestà, non voglia esercitare la sua potenza verso di noi, mettendoci con coloro che saranno dannati, ma ci renda beati, di fronte alla sua maestà, insieme con coloro che saranno salvati: possiamo anche noi con loro mangiare e bere, esultare ed essere felici nel regno dei cieli.
 
Ce lo conceda lui stesso, che è benedetto e glorioso per i secoli eterni. E ogni anima beata dica: Amen. Alleluia.
 
 
…“Séguimi”, dunque, perché io conosco la strada giusta per la quale condurti. Leggiamo nei Proverbi: “Ti mostrerò la via della sapienza; ti condurrò per i sentieri della rettitudine; quando vi sarai entrato non saranno intralciati i tuoi passi, e se corri non inciamperai” (Pro 4,11­12). La via della sapienza è la via dell’umiltà: ogni altra è via del­la stoltezza e della superbia. Le vie giuste ci ha mostrato quando ha detto: “Imparate da me” (Mt 11,29).
 
Il sentiero è largo solo due piedi (circa mezzo metro), di modo che una persona non può affiancarsi all’altra; ed è chiamato in lat. semita, quasi a dire semis iter, mezza strada, da semis, metà, e iter, strada.
 
I sentieri della rettitudine sono la povertà e l’obbedienza, e per essi Cristo, povero e obbediente, ti guida con il suo esempio. In essi non c’è alcuna tortuosità, ma tutto è diritto e chiaro. Ma – cosa meravigliosa! –, pur essendo così stretti, si afferma che in essi il cammino non è intralciato. Invece la via del mondo è larga e spaziosa; ma per i secolari, che vi camminano come ubriachi, essa non è mai abbastanza larga: per l’ubriaco la via è sempre stretta, per quanto larga sia. La malizia, la perfidia trovano tutto stretto; invece la povertà e l’obbedienza, proprio per il fatto che sono strette danno la libertà: perché la povertà rende ricchi e l’obbedienza rende liberi. E colui che corre dietro a Gesù in questi sentieri non trova l’in­ciampo della ricchezza e della propria volontà.
 
“Séguimi”, dunque, e ti mostrerò “ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore di uomo” (1Cor 2,9). “Séguimi, e ti darò” – come è detto in Isaia – “tesori nascosti e ricchezze ben celate” (Is 45,3); e ancora: “Allora vedrai e sarai raggiante, si meraviglierà e si dilaterà il tuo cuore” (Is 60,5). Vedrai Dio faccia a faccia, com’egli è (cf. 1Cor 13,12; 1Gv 3,2); sarai ricco di delizie e delle ricchezze della duplice stola dell’anima e del corpo; il tuo cuore sarà estasiato di fronte ai cori degli angeli, ai troni dei beati, e così si gonfierà di gioia e proromperà nel canto dell’esultanza e della lode. Dunque “séguimi!”.


30/01/2015 13:17

San Bonaventura

 
Dagli scritti
 
…Beato l’uomo che si appoggia su di te! Egli prepara le sue ascensioni, nella valle di lacrime, nel luogo in cui giace (Sal. 83, 6-7).
 
...La beatitudine non è altro che il godimento del sommo bene; il sommo bene è sopra di noi; perciò nessuno può conseguire la beatitudine se non sale al di sopra di se stesso, non col corpo ma col cuore.
Non possiamo però elevarci al di sopra di noi stessi, senza una forza superiore che ci innalzi. Infatti per quanti gradini interiori si progettino non si riesce a nulla, se non vi si accompagna l’aiuto divino. Ora l’aiuto di Dio è concesso a coloro che lo chiedono con cuore umile e devoto: questo è appunto sospirarlo in questa valle di lacrime, cioè con la fervida preghiera.
La preghiera è madre e origine di ogni elevazione spirituale. Perciò Dionigi nel suo libro Sulla mistica Teologia, intendendo avviarci agli alti gradi della contemplazione, vi premette la preghiera.
Preghiamo perciò il Signore nostro Gesù Cristo dicendo: Signore, guidami sulla tua via e io entrerò nella tua verità; si rallegri il mio cuore nel temere il tuo nome (Sal. 85, 11).
 
Così pregando siamo già illuminati per conoscere i gradi dell’ascesa a Dio.
Infatti secondo lo stato e la condizione in cui ci troviamo, tutta la realtà è scala per ascendere a Dio. Alcune cose sono vestigio, altre immagine,alcune corporali, altre spirituali, alcune temporali, altre durature: e per questo alcune fuori, altre dentro di noi.
Perché ci sia possibile giungere al Primo Principio che è spiritualissimo ed eterno e al di sopra di noi, dobbiamo passare attraverso il vestigio che è corporale e temporaneo: e questo è un venir cavati fuori di noi e introdotti alla via di Dio. Poi dobbiamo entrare nella nostra anima che èimmagine di Dio, immortale, spirituale, interiore. Infine occorre che saliamo oltre, verso ciò che è eterno, spiritualissimo, sopra di noi guardando al Primo Principio: e questo è un rallegrarsi nella conoscenza di Dio e riverire la sua Maestà.
 
…Poiché ci è dato di contemplare il primo Principio non solo attraverso di noi ma anche in noi — il che è cosa maggiore — questo modo di riflessione viene da noi considerato come quarto grado di contemplazione. C’è da stupire però che essendo Dio così vicino alla nostra mente, come abbiamo dimostrato, siano così pochi coloro che riconoscono in se stessi il primo Principio. Ma è evidente il motivo: la mente umana, distratta da preoccupazioni, non entra in sé con lamemoria; annebbiata da fantasmi sensibili non riesce a ripiegarsi su di sé con l’intelligenza; lusingata dalle concupiscenze non torna in se stessa col desiderio della dolcezza interiore e della gioia spirituale. Tutta sommersa nelle cose sensibili non è capace di rientrare in sé come immagine di Dio.
 
Poiché, dove uno cade ivi rimane se non c’è chi lo soccorre e non gli «comanda di risorgere» (Sal. 40, 9), l’anima nostra non avrebbe potuto sollevarsi al di sopra di questa realtà sensibile al punto da poter cointuire dentro di sé se stessa e in se stessa l’eterna Verità, se proprio la Verità non avesse preso forma umana in Cristo e se non si fosse fatta scala riparatrice della prima scala spezzata dal peccato di Adamo.
Perciò per quanto uno sia illuminato col lume naturale e con quello della scienza acquisita, non è ancora in condizione di entrare in sé e in se stesso gustare le gioie del Signore (Gv. 9, 9), se non per mezzo di Cristo che dice: Io sono la porta. Chi entra per me si salva; può andare e venire per trovare pascolo (Sal. 36, 4).
 
A questa porta non ci si avvicina senza la fede, la speranza, la carità.Se vogliamo perciò tornare a godere della Verità come nel Paradiso, bisogna che vi entriamo con la fede, la speranza, la carità di Gesù Cristo Mediatore tra Dio e gli uomini, essendo egli l’albero della vita in mezzo al Paradiso (Gn. 2, 9).
 
 
…Cristo è la via e la porta. Cristo è la scala e il veicolo. E' il propiziatorio collocato sopra l'arca di. E' «il mistero nascosto da secoli».. Chi si rivolge a questo propiziatorio con dedizione assoluta, e fissa lo sguardo sul crocifisso Signore mediante la fede, la speranza, la carità, la devozione, l'ammirazione, l'esultanza, la stima, la lode e il giubilo del cuore, fa con lui la Pasqua, cioè il passaggio; attraversa con la verga della croce il Mare Rosso, uscendo dall'Egitto per inoltrarsi nel deserto. Qui gusta la manna nascosta, riposa con Cristo nella tomba come morto esteriormente, ma sente, tuttavia, per quanto lo consenta la condizione di viatori, ciò che in croce fu detto al buon ladrone, tanto vicino a Cristo con l'amore: «Oggi sarai con me nel paradiso!».
 
Ma perché questo passaggio sia perfetto, è necessario che, sospesa l'attività intellettuale, ogni affetto del cuore sia integralmente trasformato e trasferito in Dio. E' questo un fatto mistico e straordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera, non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo, che Cristo ha portato in terra. Ecco perché l'Apostolo afferma che questa mistica sapienza è rivelata dallo Spirito Santo. Se poi vuoi sapere come avvenga tutto ciò, interroga la grazia, non la scienza, il desiderio non l'intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l'uomo, la caligine non la chiarezza, non la luce ma il fuoco che infiamma tutto l'essere e lo inabissa in Dio con la sua soavissima unzione e con gli affetti più ardenti.
 
Ora questo fuoco è Dio e questa fornace si trova nella santa Gerusalemme; ed è Cristo che li accende col calore della sua ardentissima passione.
Lo può percepire solo colui che dice: L'anima mia ha preferito essere sospesa in croce e le mie ossa hanno prescelto la morte! Chi ama tale morte, può vedere Dio, perché rimane pur vero che: «Nessun uomo può vedermi e restar vivo» . Moriamo dunque ed entriamo in questa caligine; facciamo tacere le sollecitudini, le concupiscenze e le fantasie. Passiamo con Cristo crocifisso, «da questo mondo al Padre», perché, dopo averlo visto, possiamo dire con Filippo: «Questo ci basta» ; ascoltiamo con Paolo: «Ti basta la mia grazia» ; rallegriamoci con Davide, dicendo: «Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre». «Benedetto il Signore, Dio d'Israele, da sempre, per sempre. Tutto il popolo dica: Amen».
 
"...E' cosa bella e gioiosa abitare in questo cuore!
Il Cuore tuo, o Gesù buono, è il ricco tesoro, la margherita preziosa che abbiamo scoperto nel segreto del Tuo corpo trafitto; come nel campo scavato.
Chi la getterà via, questa margherita?
 
Al contrario io getterò via tutte le perle e col prezzo di tutti i miei pensieri e di tutti i miei affetti, mi comprerò questa preziosa margherita,
gettando tutte le mie preoccupazioni nel cuore del buon Gesù e certamente esso mi sazierà.
 
Il Cuore di Gesù è il tempio vero, il santuario, l'arca del Testamento.
Qui si adora e si loda con tanto trasporto e gioia il nome del Signore.
Si può ripetere con Davide: Ho trovato il mio cuore per pregare il mio Dio (2Re 7,27)
 
E io l'ho trovato il Cuore del Signore, il Cuore di Gesù benignissimo:
Cuore di Re, Cuore di Fratello, Cuore di Amico.
 
Nascosto in Lui, io non pregherò?
Pregherò, si.
Il Suo Cuore, lo dico francamente, è anche cuore mio.
Se Gesù Cristo è il mio capo: come dunque quello del mio capo non dovrà dirsi mio?
 
Non è vero che gli occhi della mia testa sono occhi miei?
E dunque anche il Cuore del mio capo spirituale, è cuor mio,
Che gioia per me!
Ecco: Gesù e io abbiamo un solo medesimo cuore..."


30/01/2015 13:18

San Tommaso d’Aquino

Verità
Adeguamento dell'intelletto alla cosa. Adeguamento della cosa all'intelletto. Adeguamento dell'intelletto e della cosa.
Dagli scritti
...Duplice è l’ordine delle scienze; alcune procedono da principi conosciuti mediante il lume naturale della ragione, come la matematica, la geometria e simili; altre procedono da principi conosciuti mediante una scienza superiore: come la prospettiva procede da principi conosciuti mediante la geometria e la musica da principi conosciuti mediante la matematica. E in questo modo la sacra dottrina (cioè la teologia) è scienza perché procede dai principi conosciuti attraverso il lume di una scienza superiore, cioè la scienza di Dio e dei santi.  
Pensiero e ragione si possono conciliare, anzi, la ragione serve agli esseri umani per interrogarsi anche su alcuni enigmi di fede. Lo scopo della fede e della ragione è lo stesso, se poi la ragione si trova in contrasto con la fede deve cedere a questa.
Noi possiamo denominare Dio a partire dalle creature, ma non in modo tale che il nome che lo significa esprima la sua essenza così com'essa è. 
Noi diciamo che Dio non ha nome o sta al di sopra di qualsivoglia nome dal momento che la sua essenza oltrepassa ciò che di Dio possiamo comprendere con l'intelletto o significare con la voce.
Così com'è, il nostro intelletto, in questa vita, non lo conosce. Infatti, "in questa vita noi lo conosciamo secondo quello che di lui si trova rappresentato nelle perfezioni delle creature".
Qualsiasi nome lo significa in modo imperfetto, così come in modo imperfetto egli si trova rappresentato nelle creature. Di Dio non possiamo sapere quello che è, ma quello che non è; non siamo in grado di riflettere su come Dio sia, ma piuttosto su come non sia.
Dio non può essere alla portata del nostro intelletto, ma il modo più perfetto di conoscerlo nello stato presente sta nel conoscere che egli è superiore a tutto ciò che il nostro intelletto è capace di concepire, per cui ci uniamo a lui come a uno sconosciuto. Anche se la Rivelazione ci ha fatto senza dubbio conoscere Dio più pienamente manifestandoci perfezioni e proprietà ignote alla ragione naturale.
Dio si onora sì con il silenzio, non perché non si dica o non si conosca nulla di lui, ma perché, qualsiasi cosa impariamo o conosciamo di lui, ci rendiamo conto che la nostra intellezione ha fallito.
L'Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi, da uomini, déi. Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull'altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati. Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino.
Essendo l’Eucaristia il sacramento della Passione di nostro Signore, contiene in sé Gesù Cristo che patì per noi. Pertanto tutto ciò che è effetto della Passione di nostro Signore, è anche effetto di questo sacramento, non essendo esso altro che l’applicazione in noi della Passione del Signore.
O inapprezzabile e meraviglioso convito, che dà ai commensali salvezza e gioia senza fine! Che cosa mai vi può essere di più prezioso? Non ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, come nella legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che cosa di più sublime di questo sacramento? Nessun sacramento in realtà é più salutare di questo: per sua virtù vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita di tutti i carismi spirituali. Nella Chiesa l'Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti.
Nessuno infine può esprimere la soavità di questo sacramento. Per mezzo di esso si gusta la dolcezza spirituale nella sua stessa fonte e si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella sua passione. Egli istituì l'Eucaristia nell'ultima cena, quando, celebrata la Pasqua con i suoi discepoli, stava per passare dal mondo al Padre. L'Eucaristia é il memoriale della passione, il compimento delle figure dell'Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate dal Cristo, il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini.  
 
 
O beatissima e dolcissima Vergine Maria, Madre di Dio...,
io affido al Tuo cuore misericordioso tutta la mia vita...
Ottienimi, o mia dolcissima Signora, carità vera,
con la quale possa amare con tutto il cuore il Tuo Santissimo
Figlio e Te, dopo di Lui,
sopra tutte le cose, e il prossimo in Dio e per Dio.


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