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PREGHIERA PER I SACERDOTI

O Signore, dacci sacerdoti santi;
Tu stesso conservali nella santità!
O Divino e Sommo Sacerdote,
la potenza della tua Misericordia li accompagni ovunque
e li difenda dalle insidie e dai lacci del diavolo,
che egli tende continuamente alle anime dei sacerdoti!
La potenza della tua Misericordia, o Signore,
spezzi ed annienti tutto ciò che può oscurare la santità dei sacerdoti,
poiché Tu puoi tutto.

(Santa Faustina Kowalska)
 
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LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE PER LA TRASMISSIONE DELLA FEDE CRISTIANA

Ultimo Aggiornamento: 25/12/2013 19:17
25/12/2013 19:14

74. Ben differente è la situazione di quelle Chiese che si trovano in minoranza: laddove vi è la libertà di professare la propria fede e di vivere la propria religione, lo stato di minoranza è considerato come una forma interessante che permette al cristianesimo di conoscere più volti e più modi di presenza nel mondo e di operare alla sua trasformazione. Dove invece all’esperienza di minoranza si aggiunge il contesto di persecuzione, l’esperienza di evangelizzazione viene associata all’esperienza di Gesù, alla sua fedeltà fino alla croce. E nella situazione vissuta si riconosce il dono di richiamare a tutta la Chiesa il legame tra evangelizzazione e croce che agli occhi di queste Chiese non deve correre il rischio di essere poco tenuto in considerazione. Giustamente queste Chiese ci ricordano che non è esauriente misurare l’evangelizzazione secondo i parametri quantitativi del successo.


75. In questo compito di rinnovamento a cui siamo chiamati sono di grande aiuto le Chiese Cattoliche Orientali e tutte quelle comunità cristiane che nel loro passato hanno vissuto o stanno ancora vivendo l’esperienza del nascondimento, della emarginazione, della persecuzione, dell’intolleranza di natura etnica, ideologica o religiosa. La loro testimonianza di fede, la loro tenacia, la loro capacità di resistenza, la solidità della loro speranza, l’intuizione di alcune loro pratiche pastorali sono un dono da condividere con quelle comunità cristiane che, pur avendo alle spalle passati gloriosi, vivono un presente fatto di fatica e dispersione. Per Chiese poco abituate a vivere la propria fede in situazione di minoranza è certamente un dono poter ascoltare esperienze che infondono loro quella fiducia indispensabile allo slancio che richiede la nuova evangelizzazione. Più ancora è un dono eminentemente spirituale accogliere quanti hanno dovuto lasciare la propria terra per motivi di persecuzione, e portano nel loro spirito la ricchezza incalcolabile dei segni del martirio vissuto in prima persona.


Missio ad gentes, cura pastorale, nuova evangelizzazione


76. Il discernimento che la nuova evangelizzazione ha ispirato ci mostra che il compito evangelizzatore della Chiesa è in profonda trasformazione. Le figure tradizionali e consolidate – che per convenzione vengono indicate con i termini “Paesi di antica cristianità” e “terre di missione” – mostrano ormai i loro limiti. Sono troppo semplici e fanno riferimento a un contesto ormai superato, per poter offrire utili modelli per le comunità cristiane di oggi. Come già affermava con lucidità Papa Giovanni Paolo II, «i confini fra cura pastorale dei fedeli, nuova evangelizzazione e attività missionaria specifica non sono nettamente definibili, e non è pensabile creare tra di esse barriere o compartimenti-stagno. […] Le Chiese di antica cristianità, alle prese col drammatico compito della nuova evangelizzazione, comprendono meglio che non possono essere missionarie verso i non cristiani di altri paesi e continenti, se non si preoccupano seriamente dei non cristiani in casa propria: la missionarietà ad intra è segno credibile e stimolo per quella ad extra, e viceversa».[38]


77. Pur con accentuazioni e differenze legate alla diversità di cultura e di storia, le risposte aiLineamenta mostrano che è stato ben compreso questo carattere differente della nuova evangelizzazione: non si tratta di un nuovo modello di azione pastorale, che si sostituisce semplicemente ad altre forme di azione (la prima evangelizzazione, la cura pastorale), quanto piuttosto di un processo di rilancio della missione fondamentale della Chiesa. Essa, interrogandosi sul modo di vivere l’evangelizzazione oggi, non esclude di verificare se stessa e la qualità dell’evangelizzazione delle sue comunità. La nuova evangelizzazione impegna tutti i soggetti ecclesiali (singoli, comunità, parrocchie, diocesi, Conferenze Episcopali, movimenti, gruppi ed altre realtà ecclesiali, religiosi e persone consacrate) ad una verifica della vita ecclesiale e dell’azione pastorale, assumendo come punto di analisi la qualità della propria vita di fede, e la sua capacità di essere strumento di annuncio, secondo il Vangelo.


78. Integrando le varie risposte, potremmo dire che questa verifica si è concretizzata in tre esigenze: la capacità di discernere, ovvero la capacità che si ha di porsi dentro il presente convinti che anche in questo tempo è possibile annunciare il Vangelo e vivere la fede cristiana; la capacità di vivere forme di adesione radicale e genuina alla fede cristiana, che sanno testimoniare già con il loro semplice esserci la forza trasformatrice di Dio nella nostra storia; un chiaro ed esplicito legame con la Chiesa, in grado di renderne visibile il carattere missionario ed apostolico. Queste domande vengono consegnate all’Assemblea sinodale, perché lavorando su di esse aiuti la Chiesa a vivere quel cammino di conversione al quale la nuova evangelizzazione la sta chiamando.


79. Molte Chiese particolari, al momento di ricevere il testo dei Lineamenta, si trovavano già impegnate in un’operazione di verifica e di rilancio della propria pastorale a partire da queste esigenze. Alcune hanno designato questa operazione con il termine di rinnovamento missionario, altre con quello di conversione pastorale. È convinzione unanime che qui stia il cuore della nuova evangelizzazione, vista come un atto di rinnovata assunzione da parte della Chiesa del mandato missionario del Signore Gesù Cristo che l’ha voluta e l’ha inviata nel mondo, perché si lasci guidare dallo Spirito Santo nel testimoniare la salvezza ricevuta e nell’annunciare il volto di Dio Padre, primo artefice di questa opera di salvezza.


Trasformazioni della parrocchia e nuova evangelizzazione


80. Molte risposte pervenute descrivono una Chiesa impegnata in un forte lavoro di trasformazione della propria presenza tra la gente e dentro la società. Le Chiese più giovani lavorano per dare vita a parrocchie spesso molto vaste, animandole al loro interno con lo strumento che a seconda dei contesti geografici ed ecclesiali assume il nome di “comunità ecclesiali di base” oppure di “piccole comunità cristiane”. Esse dichiarano lo scopo di favorire luoghi di vita cristiana capaci di sostenere meglio la fede di chi ne fa parte e di irradiare con la loro testimonianza lo spazio sociale, soprattutto nella dispersione delle grandi metropoli. Le Chiese con radici più antiche lavorano alla revisione dei loro programmi parrocchiali, gestiti con sempre maggior difficoltà a seguito della diminuzione del clero e della pratica cristiana. L’intenzione dichiarata è di evitare che simili operazioni si trasformino in procedure amministrative e burocratiche e abbiano un effetto indotto non voluto: che le Chiese particolari alla fine si chiudano su loro stesse, già troppo occupate da questi problemi di carattere gestionale.Al riguardo più di una esperienza fa riferimento alla figura delle “unità pastorali”, come ad uno strumento per coniugare revisione del programma parrocchiale e costruzione di una cooperazione per una Chiesa particolare più comunitaria.


81. La nuova evangelizzazione è il richiamo della Chiesa al suo originario fine missionario. Simili operazioni possono perciò, come affermano molte risposte, assumere la nuova evangelizzazione per imprimere alle riforme in atto una direzione meno ripiegata verso l’interno delle comunità cristiane, e più impegnata nell’annuncio della fede a tutti. In questa linea ci si attende molto dalle parrocchie, viste come la più capillare porta d’ingresso alla fede cristiana e all’esperienza ecclesiale. Oltre ad essere luogo di pastorale ordinaria, delle celebrazioni liturgiche, dell’amministrazione dei sacramenti, della catechesi e del catecumenato, hanno l’impegno di diventare veri centri di irradiazione e di testimonianza dell’esperienza cristiana, sentinelle capaci di ascoltare le persone e i loro bisogni. Esse sono luoghi in cui si educa alla ricerca della verità, si nutre e rinforza la propria fede, punti di comunicazione del messaggio cristiano, del disegno di Dio sull’uomo e sul mondo, prime comunità in cui si sperimenta la gioia di essere radunati dallo Spirito e preparati per vivere il proprio mandato missionario.


82. Energie da impiegare in questa operazione non mancano: tutte le risposte indicano come prima grande risorsa il numero di laici battezzati che si sono impegnati e continuano decisi il loro volontario servizio in questa opera di animazione delle comunità parrocchiali. Nel fiorire di questa vocazione laicale molti riconoscono uno dei frutti del Concilio Vaticano II, insieme ad altre risorse: le comunità di vita consacrata; la presenza di gruppi e movimenti che con il loro fervore, le loro energie e soprattutto la loro fede danno un forte impulso alla vita nuova nei luoghi ecclesiali; i santuari che con la devozione sono punti di richiamo per la fede nelle Chiese particolari.


83. Con queste indicazioni precise e ricche di speranza, le risposte ai Lineamenta mostrano che la linea assunta è quella di un lento ma efficace lavoro di revisione del modo di essere Chiesa tra la gente, che eviti gli scogli del settarismo e della “religione civile”, e permetta di mantenere la forma di una Chiesa missionaria. In altri termini, la Chiesa ha bisogno di non perdere il volto di Chiesa “domestica, popolare”. Pur in contesti di minoranza o di discriminazione la Chiesa non deve perdere la sua prerogativa di restare accanto alla vita quotidiana delle persone, per annunciare da quel luogo il messaggio vivificante del Vangelo. Come affermava Giovanni Paolo II, nuova evangelizzazione vuol dire rifare il tessuto cristiano della società umana, rifacendo il tessuto delle stesse comunità cristiane; vuol dire aiutare la Chiesa a continuare ad essere presente «in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie»,[39] per animarne la vita e indirizzarla al Regno che viene.


84. Una considerazione a parte va fatta circa la questione della mancanza di preti: tutti i testi lamentano l’insufficienza numerica del clero, che di conseguenza non riesce ad assumere in modo sereno ed efficace la gestione di questa trasformazione del modo di essere Chiesa. Alcune risposte sviluppano un’analisi dettagliata del problema, leggendo questa crisi in modo parallelo all’analoga crisi del matrimonio e dalle famiglie cristiane. In molte si afferma la necessità di immaginare una organizzazione locale della Chiesa che veda sempre più integrate, accanto alla figura dei presbiteri, figure laicali nell’animazione delle comunità. Su simili problematiche molte risposte si attendono dal dibattito sinodale parole chiarificatrici e prospettive per il futuro. Quasi tutte le riposte contengono infine un invito ad avviare in tutta la Chiesa una forte pastorale vocazionale, che parta dalla preghiera, chiami in causa tutti i sacerdoti e consacrati sollecitandoli ad uno stile che sappia testimoniare il fascino della chiamata ricevuta, sappia individuare forme per parlare ai giovani. Ciò riguarda anche le vocazioni alla vita consacrata, specialmente quelle femminili.


Alcune risposte hanno pure sottolineato l’importanza di una formazione adeguata dei Seminari e Noviziati, come pure nei centri accademici, in vista della nuova evangelizzazione.


Una definizione e il suo significato


85. La convocazione dell’Assemblea sinodale e, in immediata successione, la creazione del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione costituiscono una tappa ulteriore nel processo di affinamento del significato attribuito a questo termine. Rivolgendosi a questo Pontificio Consiglio, così Papa Benedetto XVI precisa il contenuto del termine “nuova evangelizzazione”: «Facendomi dunque carico della preoccupazione dei miei venerati Predecessori, ritengo opportuno offrire delle risposte adeguate perché la Chiesa intera, lasciandosi rigenerare dalla forza dello Spirito Santo, si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione. Essa fa riferimento soprattutto alle Chiese di antica fondazione […]: non è difficile scorgere come ciò di cui hanno bisogno tutte le Chiese che vivono in territori tradizionalmente cristiani sia un rinnovato slancio missionario, espressione di una nuova generosa apertura al dono della grazia».[40] Nel frattempo, sulla scia della Redemptoris missio,[41] era intervenuta a precisare il senso del concetto di nuova evangelizzazione anche la Congregazione per la Dottrina della Fede, con una definizione – «In senso proprio c’è la missio ad gentes verso coloro che non conoscono Cristo. In senso lato, si parla di “evangelizzazione” per l’aspetto ordinario della pastorale, e di “nuova evangelizzazione” verso coloro che non seguono più la prassi cristiana» –[42] ripresa poi dall’Esortazione Apostolica Postsinodale Africae munus.[43]


86. Da questi testi si ricava che lo spazio geografico entro cui si sviluppa la nuova evangelizzazione, senza essere esclusivo, riguarda primariamente l’Occidente cristiano. Così pure i destinatari della nuova evangelizzazione appaiono sufficientemente identificati: si tratta di quei battezzati delle nostre comunità che vivono una nuova situazione esistenziale e culturale, dentro la quale di fatto è compromessa la loro fede e la loro testimonianza. La nuova evangelizzazione consiste nell’immaginare situazioni, luoghi di vita, azioni pastorali che permettano a queste persone di uscire dal “deserto interiore”, immagine usata da Papa Benedetto XVI per raffigurare la condizione umana attuale, prigioniera di un mondo che ha praticamente espunto la questione di Dio dal proprio orizzonte. Avere il coraggio di riportare la domanda su Dio dentro questo mondo; avere il coraggio di ridare qualità e motivi alla fede di molti delle nostre Chiese di antica fondazione, questo è il compito specifico della nuova evangelizzazione.


87. Una simile definizione tuttavia ha valore di esemplarità, più che di esaustività. Assume l’Occidente come luogo esemplare, piuttosto che come obiettivo unico dell’intera attività della nuova evangelizzazione. Serve per aiutarci a comprendere il compito profondo della nuova evangelizzazione, che non può essere ridotta ad un semplice esercizio di aggiornamento di alcune pratiche pastorali, ma al contrario richiede lo sviluppo di una comprensione molto seria e profonda delle cause che hanno portato l’Occidente cristiano a trovarsi in una simile situazione.


Ma l’urgenza della nuova evangelizzazione non può essere ridotta a queste situazioni. Come afferma Papa Benedetto XVI, «anche in Africa, le situazioni che richiedono una nuova presentazione del Vangelo, “nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni”, non sono rare. […] La nuova evangelizzazione è un compito urgente per i cristiani in Africa, perché anch’essi devono rianimare il loro entusiasmo di appartenere alla Chiesa. Sotto l’ispirazione dello Spirito del Signore risorto, essi sono chiamati a vivere, a livello personale, familiare e sociale, la Buona Novella e ad annunciarla con rinnovato zelo alle persone vicine e lontane, impiegando per la sua diffusione i nuovi metodi che la Provvidenza divina mette a nostra disposizione».[44] Simili affermazioni valgono, ovviamente applicate secondo le situazioni particolari, per i cristiani in America, in Asia, in Europa e in Oceania, continenti in cui la Chiesa è da tempo impegnata nella promozione della nuova evangelizzazione.


88. La nuova evangelizzazione è il nome dato a questo rilancio spirituale, a questo avvio di un movimento di conversione che la Chiesa chiede a se stessa, a tutte le sue comunità, a tutti i suoi battezzati. Perciò è una realtà che non riguarda soltanto determinate regioni ben definite, ma è la strada che permette di spiegare e tradurre in pratica l’eredità apostolica per il nostro tempo. Con la nuova evangelizzazione la Chiesa vuole introdurre nel mondo di oggi e nell’odierna discussione la sua tematica più originaria e specifica: essere il luogo in cui già ora si fa esperienza di Dio, dove sotto la guida dello Spirito del Risorto ci lasciamo trasfigurare dal dono della fede. Il Vangelo è il sempre nuovo annuncio della salvezza operata da Cristo per rendere l’umanità partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore e aprirla ad un futuro di speranza affidabile e forte. Sottolineare che in questo momento della storia la Chiesa è chiamata a compiere una nuova evangelizzazione, vuol dire intensificare l’azione missionaria per corrispondere pienamente al mandato del Signore.


89. Non c’è situazione ecclesiale che si possa sentire esclusa da un simile programma: le antiche Chiese cristiane, anzitutto, con il problema del pratico abbandono della fede da parte di molti. Tale fenomeno, pur in misura minore, si registra anche presso le nuove Chiese, soprattutto nelle grandi città ed in alcuni settori che hanno un determinante influsso culturale e sociale. Come grande sfida sociale e culturale le nuove metropoli che sorgono e si espandono con grande rapidità soprattutto nei Paesi in via di sviluppo sono sicuramente un terreno propizio per la nuova evangelizzazione. La nuova evangelizzazione riguarda quindi anche le giovani Chiese, impegnate in esperienze di inculturazione che chiedono continue verifiche per riuscire a introdurre il Vangelo, che purifica ed eleva quelle culture, e soprattutto ad aprirle alla sua novità. Più in generale, tutte le comunità cristiane hanno bisogno di una nuova evangelizzazione, perché sono impegnate nell’esercizio di una cura pastorale che sembra sempre più difficile da gestire e corre il rischio di trasformarsi in una attività ripetitiva poco capace di comunicare le ragioni per le quali è nata.


 


Terzo capitolo
Trasmettere la fede

 

«Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione,
nello spezzare il pane e nelle preghiere. 
[…] 
Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, 
spezzando il pane nelle case,
prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, 
lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. 
Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità 
quelli che erano salvati»
 (At 2,42. 46-47)

90. Lo scopo della nuova evangelizzazione è la trasmissione della fede, come indica il tema dell’Assise sinodale. Le parole del Concilio Vaticano II ci ricordano che si tratta di una dinamica molto complessa, che coinvolge in modo totale la fede dei cristiani e la vita della Chiesa nell’esperienza della rivelazione di Dio: «Tutto quello che aveva rivelato per la salvezza di tutti i popoli, con somma benevolenza, Dio dispose che rimanesse sempre integro e venisse trasmesso a tutte le generazioni»;[45]«la sacra tradizione e la sacra Scrittura costituiscono l’unico sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa, aderendo al quale tutto il popolo santo, unito ai suoi pastori, persevera costantemente nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle orazioni (cf. At 2,42) in modo che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si stabilisca una singolare unità di spirito tra presuli e fedeli».[46]

91. Come leggiamo negli Atti degli Apostoli, non si può trasmettere ciò che non si crede e non si vive. Non si può trasmettere il Vangelo senza avere come base una vita che da quel Vangelo è modellata, che in quel Vangelo trova il suo senso, la sua verità, il suo futuro. Come per gli Apostoli, anche per noi oggi è la comunione vissuta con il Padre, in Gesù Cristo, grazie al suo Spirito che ci trasfigura e ci rende capaci di irradiare la fede che viviamo e suscitare la risposta in coloro che lo Spirito ha già preparato con la sua visita e la sua azione (cf. At 16,14). Per proclamare in modo fecondo la Parola del Vangelo, è richiesta la profonda comunione tra i figli di Dio, segno distintivo e insieme annuncio, come ci ricorda l’apostolo Giovanni: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35).

92. Un simile compito di annuncio e di proclamazione non è riservato soltanto a qualcuno, a pochi eletti. È un dono fatto ad ogni uomo che risponde alla chiamata alla fede. La trasmissione della fede non è un’azione riservata a qualche singolo individuo appositamente deputato. È compito di ogni cristiano e di tutta la Chiesa, che in questa azione riscopre continuamente la propria identità di popolo radunato dalla chiamata dello Spirito, per vivere la presenza di Cristo tra noi, e scoprire così il vero volto di Dio, che ci è Padre.

Azione fondamentale della Chiesa, la trasmissione della fede porta le comunità cristiane ad articolare in modo stretto le opere fondamentali della vita di fede: carità, testimonianza, annuncio, celebrazione, ascolto, condivisione. Occorre concepire l’evangelizzazione come il processo attraverso il quale la Chiesa, mossa dallo Spirito, annuncia e diffonde il Vangelo in tutto il mondo; spinta dalla carità, impregna e trasforma tutto l’ordine temporale, assumendo e rinnovando le culture. Proclama esplicitamente il Vangelo, chiamando alla conversione. Mediante la catechesi e i sacramenti di iniziazione, accompagna coloro che si convertono a Gesù Cristo, o quelli che riprendono il cammino della sua sequela, incorporando gli uni e riconducendo gli altri alla comunità cristiana. Alimenta costantemente il dono della comunione nei fedeli mediante la dottrina della fede, i sacramenti e l’esercizio della carità. Suscita continuamente la missione, inviando tutti i discepoli di Cristo ad annunciare il Vangelo, con parole e opere, in tutto il mondo. Nella sua opera di discernimento necessario nella nuova evangelizzazione la Chiesa scopre che in molte comunità la trasmissione della fede ha bisogno di una rinascita.

Il primato della fede

93. L’indizione dell’Anno della Fede da parte di Papa Benedetto XVI ricorda l’analoga decisione presa da Paolo VI nel 1967, facendo sue le motivazioni di allora. Scopo di quell’iniziativa era incoraggiare in tutta la Chiesa un autentico slancio nel professare il Credo. Una professione che fosse «individuale e collettiva, libera e cosciente, interiore ed esteriore, umile e franca».[47] Ben cosciente delle gravi difficoltà del tempo, soprattutto riguardo alla professione della vera fede e alla sua retta interpretazione, Papa Paolo VI pensava che in tal modo la Chiesa potesse ricevere una forte spinta ad un rinnovamento profondo, interiore e missionario.

94. Papa Benedetto XVI si muove nella stessa prospettiva, quando chiede che l’Anno della Fede serva per attestare che i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati e approfonditi in maniera sempre nuova, al fine di darne testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato. C’è il rischio che la fede, che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa, non sia più compresa nel suo senso profondo, non venga assunta e vissuta dai cristiani come lo strumento che trasforma la vita, con il grande dono della figliolanza di Dio nella comunione ecclesiale.

95. Le risposte ai Lineamenta confermano la serietà di tale rischio e lamentano la carenza di tante comunità nella educazione ad una fede adulta. Nonostante gli sforzi fatti in questi decenni, più di una risposta dà l’impressione che questa opera educazione ad una fede adulta è solo agli inizi. Gli ostacoli principali alla trasmissione della fede sono simili un po’ ovunque. Si tratta di ostacoli interni alla Chiesa, alla vita cristiana: una fede vissuta in modo privato e passivo; il non avvertire il bisogno di un’educazione della propria fede; una separazione tra la fede e la vita. Dalle risposte pervenute si può redigere anche un elenco degli ostacoli che dal di fuori della vita cristiana, in particolare nella cultura, rendono precaria e difficile la vita di fede e la sua trasmissione: il consumismo e l’edonismo; il nichilismo culturale; la chiusura alla trascendenza che spegne ogni bisogno di salvezza. La riflessione sinodale potrà ritornare su questa diagnosi, per aiutare le comunità cristiane a trovare i giusti rimedi a questi mali.

96. Tuttavia si notano anche segni di un futuro migliore, che permettono di intravedere una rinascita della fede. L’esistenza nelle Chiese particolari di iniziative di sensibilizzazione e di formazione, come anche l’esempio di comunità di vita consacrata e di gruppi e movimenti sono descritti nelle risposte come la via che permette ridare alla fede quel primato che le spetta.

Questa trasformazione ha come primo effetto benefico un aumento della qualità della vita cristiana della comunità stessa e una maturazione dei singoli che vi fanno parte. Considerare la propria fede come esperienza di Dio e centro della propria vita, è l’obiettivo che molte Chiese particolari legano alla celebrazione del Sinodo sulla nuova evangelizzazione per la trasformazione della vita quotidiana.

La Chiesa trasmette la fede che essa stessa vive

97. Il miglior luogo della trasmissione della fede è una comunità nutrita e trasformata dalla vita liturgica e dalla preghiera. Esiste un rapporto intrinseco tra fede e liturgia: “lex orandi lex credendi”. «Senza la liturgia e i sacramenti la professione di fede non avrebbe efficacia, perché mancherebbe della grazia che sostiene la testimonianza dei cristiani»[48]. «La liturgia, mediante la quale, soprattutto nel divino sacrificio dell’eucaristia, si attua l’opera della nostra redenzione, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e l’autentica natura della vera Chiesa. […] Perciò, come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch’egli ha inviato gli Apostoli, pieni di Spirito Santo, non solo perché, predicando il Vangelo ad ogni creatura, annunziassero che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di satana e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre, ma anche perché attuassero, per mezzo del sacrificio e dei sacramenti sui quali s’impernia tutta la vita liturgica, l’opera della salvezza che annunziavano».[49]

Le risposte ai Lineamenta a questo riguardo mostrano tutti gli sforzi compiuti per aiutare le comunità cristiane a vivere la natura profonda della liturgia. Nelle comunità cristiane la liturgia e la vita di preghiera trasformano un semplice gruppo umano in una comunità che celebra e trasmette la fede trinitaria in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo.

Le due precedenti Assemblee Generali Ordinarie, che avevano a tema l’Eucaristia e la Parola di Dio nella vita della Chiesa, sono state vissute come un prezioso aiuto per continuare con frutto la ricezione e lo sviluppo della riforma liturgica iniziata con il Concilio Vaticano II. Hanno richiamato la centralità del mistero eucaristico e della Parola di Dio per la vita della Chiesa.

In questo quadro varie risposte ritornano sull’importanza della lectio divina. La lectio divina(personale e comunitaria) si presenta in modo naturale come luogo di evangelizzazione: è preghiera che lascia ampio spazio all’ascolto della Parola di Dio riconducendo così la vita di fede e di preghiera alla sua sorgente inesauribile, Dio che parla, chiama, interpella, orienta, illumina, giudica. Se «la fede viene dall’ascolto» (Rm 10,17), l’ascolto della Parola di Dio è per il singolo credente e per la Chiesa nel suo insieme un potente quanto semplice strumento di evangelizzazione e rinnovamento nella grazia di Dio.

98. Comunque le risposte rivelano l’esistenza di comunità cristiane che sono riuscite a riscoprire il valore profondo dell’azione liturgica, che è al tempo stesso culto divino, annuncio del Vangelo e carità in azione.

L’attenzione in tante risposte si è focalizzata soprattutto sul sacramento della riconciliazione, che è quasi scomparso dalla vita di tanti cristiani. È stata apprezzata molto positivamente da tante risposte la celebrazione di questo sacramento in momenti straordinari: nelle Giornate Mondiali della Gioventù, nei pellegrinaggi presso i santuari, anche se nemmeno questi gesti riescono ad influire positivamente sulla prassi della riconciliazione sacramentale.

99. Anche il tema della preghiera è stato oggetto di riflessione, nelle risposte ai Lineamenta, per sottolineare da un lato gli elementi positivi registrati: discreta diffusione della celebrazione della liturgia delle ore (nelle comunità cristiane, ma anche pregata personalmente); riscoperta dell’adorazione eucaristica come fonte della preghiera personale; diffusione dei gruppi di ascolto e di preghiera sulla Parola di Dio; diffusione spontanea di gruppi di preghiera mariana, carismatica o devozionale. Più complesso è invece il giudizio che le risposte ai Lineamenta hanno espresso sul legame tra celebrazione della fede cristiana e forme della pietà popolare: si riconoscono alcuni benefici derivanti da questo legame, si denuncia il pericolo del sincretismo e di uno svilimento della fede.

La pedagogia della fede

100. Fedele al Signore, sin dagli inizi della sua storia, la Chiesa ha assunto la verità dei racconti biblici e l’ha sperimentata nei riti, riunita nella sintesi e nella regola della fede che è il Simbolo, tradotta in orientamenti di vita, vissuta in un rapporto filiale con Dio. Tutto questo ha ricordato Papa Benedetto XVI, nella lettera con cui indice l’Anno della Fede quando, citando la Costituzione Apostolica con cui viene promulgato il Catechismo della Chiesa Cattolica, afferma che, per poter essere trasmessa la fede deve essere «professata, celebrata, vissuta e pregata».[50]

Così a partire dal fondamento delle Scritture, la tradizione ecclesiale ha creato una pedagogia della trasmissione della fede, che ha sviluppato nei quattro grandi titoli del Catechismo Romano: il Credo, i sacramenti, i comandamenti e la preghiera del Padre Nostro. Da una parte i misteri della fede in Dio Uno e Trino come sono confessati (Simbolo) e celebrati (sacramenti); dall’altra la vita umana conforme a tale fede (a una fede che si fa operante attraverso l’amore) che si concretizza nel modo di vivere cristiano (Decalogo) e nella preghiera filiale (il Padre Nostro). Questi stessi titoli formano oggi lo schema generale del Catechismo della Chiesa Cattolica.[51]

101. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci viene consegnato come lo strumento di una duplice azione: porta i contenuti fondamentali della fede e nello stesso tempo indica la pedagogia della sua trasmissione. Il fine è quello di far vivere ad ogni credente la fede nella sua interezza, che è insieme offerta di verità e adesione ad essa. La fede è essenzialmente dono di Dio che provoca l’abbandono di sé al Signore Gesù. Così l’adesione al contenuto della fede diventa atteggiamento, decisione di seguire Gesù e di conformare la propria vita sulla sua, come spiega bene l’apostolo Paolo, che ci permette di entrare all’interno di questa struttura pedagogica profonda della fede: «Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza» (Rm 10,10). «Esiste, infatti, un’unità profonda tra l’atto con cui si crede e i contenuti a cui diamo il nostro assenso. […] La conoscenza dei contenuti da credere non è sufficiente se poi il cuore […] non è aperto alla grazia che consente di avere occhi per guardare in profondità e comprendere che quanto è stato annunciato è la Parola di Dio».[52]

Questo richiamo attento alla struttura e al significato profondo del Catechismo della Chiesa Cattolica, di cui ricorre il ventesimo anniversario della pubblicazione, serve a fornire la riflessione sinodale degli strumenti per operare un discernimento sul grande impegno che la Chiesa ha messo in questi decenni per il rinnovamento della sua catechesi. Ad un livello descrittivo, le risposte aiLineamenta evidenziano i grandi passi fatti per rivedere e strutturare sempre meglio la catechesi e i percorsi di educazione alla fede. Vengono menzionati i progetti elaborati, i testi editi, le iniziative messe in atto per formare i catechisti non soltanto all’utilizzo dei nuovi strumenti ma anche alla maturazione di una comprensione più complessa della loro missione.

102. I giudizi che vengono dati sono generalmente positivi: si tratta di un sforzo ingente, compiuto dalla Chiesa a molti livelli (Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, Conferenze Episcopali, centri diocesani o eparchiali, comunità parrocchiali, singoli catechisti, istituti di teologia e di pastorale), il cui esito è la maturazione di tutto il suo corpo verso una fede più consapevole e partecipata. Le risposte mostrano che la Chiesa dispone dei mezzi necessari per trasmettere la fede, il cui uso attivo e anche criticamente vigile è agevolato dalla pubblicazione delCatechismo della Chiesa Cattolica. La sua pubblicazione è servita alle Chiese Orientali Cattoliche e alle Conferenze Episcopali per avere un punto di riferimento in grado di dare unitarietà e chiarezza di indirizzo all’azione catechetica della Chiesa.

103. Le risposte contengono anche una valutazione di tutto questo sforzo fatto per rendere ragione della nostra fede oggi. Ci si accorge che, nonostante l’impegno profuso, la trasmissione della fede conosce più di un ostacolo, soprattutto nel cambiamento molto rapido da parte della cultura, che si è fatta più aggressiva verso la fede cristiana. Si allude poi anche ai tanti fronti aperti dallo sviluppo del sapere e della tecnologia. Si insiste infine sul fatto che la catechesi viene ancora percepita come preparazione alle varie tappe sacramentali, più che educazione permanente della fede dei cristiani.

104. Il processo di secolarizzazione della cultura ha anche messo in luce che i vari metodi di catechesi sono segno di vitalità, ma non sempre hanno permesso una piena maturazione per trasmettere la fede. La riflessione sinodale si trova così a dover continuare il compito che fu del Sinodo sulla catechesi: realizzare oggi una trasmissione della fede che faccia sua la legge fondamentale della catechesi, quella della duplice fedeltà a Dio e all’uomo, in uno stesso atteggiamento di amore.[53] Il Sinodo si interrogherà sul modo di realizzare una catechesi che sia integrale, organica, che trasmetta in modo intatto il nucleo della fede, e allo stesso tempo sappia parlare agli uomini di oggi, dentro le loro culture, ascoltando le loro domande, animando la loro ricerca della verità, del bene, del bello.

I soggetti della trasmissione della fede

105. Il soggetto della trasmissione della fede è la Chiesa tutta intera, che si manifesta nelle Chiese particolari, Eparchie e Diocesi. L’annuncio, la trasmissione e l’esperienza vissuta del Vangelo si realizzano in esse. Più ancora, le stesse Chiese particolari, oltre che soggetto, sono anche il frutto di questa azione di annuncio del Vangelo e di trasmissione della fede, come ci ricorda l’esperienza delle prime comunità cristiane (cf. At 2,42-47): lo Spirito raccoglie i credenti attorno alle comunità che vivono in modo fervente la loro fede, nutrendosi dell’ascolto della parola degli Apostoli e dell’Eucaristia, e spendendo la loro vita nell’annuncio del Regno di Dio. Il Concilio Vaticano II accoglie questa descrizione come fondamento dell’identità di ogni comunità cristiana, quando afferma che «la Chiesa di Cristo è veramente presente in tutte le legittime assemblee locali di fedeli, che, aderendo ai loro pastori, sono anch’esse chiamate Chiese nel Nuovo Testamento. Esse infatti sono in un dato luogo il popolo nuovo chiamato da Dio, in Spirito Santo e piena sicurezza (cf. 1Ts1,5). In esse la predicazione del Vangelo di Cristo raduna i fedeli, e vi si celebra il mistero della cena del Signore, affinché per mezzo della carne e del sangue del corpo del Signore tutta la comunità dei fratelli resti unita».[54]

106. La vita concreta delle nostre Chiese ha potuto vedere nel campo della trasmissione della fede e più generalmente dell’annuncio del Vangelo una realizzazione concreta e spesso esemplare di questa affermazione del Concilio. Le risposte hanno dato ampio risalto al fatto che il numero dei cristiani che negli ultimi decenni si sono impegnati in modo spontaneo e gratuito in questo compito è stato davvero notevole e ha segnato la vita delle comunità come un vero dono dello Spirito. Le azioni pastorali legate alla trasmissione della fede hanno permesso alla Chiesa di strutturarsi dentro i vari contesti sociali locali, mostrando la ricchezza e la varietà dei ministeri che la compongono e ne animano la vita quotidiana. Si è potuto così comprendere in modo nuovo la paratecipazione, attorno al Vescovo, delle comunità cristiane e dei diversi soggetti coinvolti (presbiteri, genitori, religiosi, catechisti), ognuno con il proprio compito e la propria competenza.

107. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, l’annuncio del Vangelo e la trasmissione della fede possono diventare stimolo positivo alle trasformazioni che stanno interessando da vicino le comunità parrocchiali. Le risposte chiedono di mettere al centro della nuova evangelizzazione la parrocchia, comunità di comunità, non solo amministratrice di servizi religiosi, ma spazio di incontro per famiglie, promotrice di gruppi di lettura della Parola e di rinnovato impegno laicale, luogo in cui si fa vera esperienza di Chiesa grazie ad un’azione sacramentale vissuta nel suo significato più genuino. I Padri sinodali dovrebbero approfondire tale vocazione della parrocchia, punto di riferimento e di coordinamento di vasta gamma di realtà ed iniziative pastorali.

108. Oltre al ruolo insostituibile della comunità cristiana nel suo insieme, il compito di trasmettere la fede e di educare alla vita cristiana chiama in causa molti soggetti cristiani. Le risposte fanno appello anzitutto ai catechisti. Si prende atto del dono ricevuto di tanti cristiani che in modo gratuito e a partire dalla loro fede hanno dato un contributo singolare e insostituibile all’annuncio del Vangelo e alla trasmissione della fede, soprattutto nelle Chiese evangelizzate da pochi secoli. La nuova evangelizzazione chiede un impegno maggiore a loro e alla Chiesa nei loro confronti, come sottolineano alcune risposte. I catechisti sono testimoni diretti, evangelizzatori insostituibili, che rappresentano la forza basilare delle comunità cristiane. Hanno bisogno che la Chiesa rifletta con maggiore profondità su questo loro compito, dando loro maggiore stabilità, visibilità ministeriale e formazione. A partire da queste premesse si chiede che l’Assemblea sinodale, assumendo la riflessione già avviata in questi decenni, si interroghi sulla possibilità di configurare per il catechista un ministero stabile ed istituito dentro la Chiesa. In questo momento di forte rilancio dell’azione di annuncio e di trasmissione della fede, una decisione in tale senso sarebbe percepita come una risorsa e un sostegno molto forte alla nuova evangelizzazione a cui tutta la Chiesa è chiamata.

109. Varie risposte mettono in risalto il ruolo importante dei diaconi e di tante donne che si dedicano alla catechesi. Tali constatazioni positive sono accompagnate in diverse risposte anche da osservazioni che esprimono preoccupazione. Si registra in questi ultimi anni, in seguito alla diminuzione numerica dei preti e al loro impegno a seguire più comunità cristiane, la delega sempre più diffusa della catechesi ai laici. Le risposte auspicano che la riflessione sinodale possa aiutare la comprensione dei mutamenti in atto nel modo di vivere l’identità presbiterale oggi. Così si potranno orientare questi mutamenti, salvaguardando l’identità specifica e insostituibile del ministero sacerdotale nel campo dell’evangelizzazione e della trasmissione della fede. Più in generale, sarà utile che la riflessione sinodale aiuti le comunità cristiane a dare nuovo senso missionario al ministero dei presbiteri, dei diaconi, dei catechisti presenti e operanti in esse.

La famiglia, luogo esemplare di evangelizzazione

110. Tra i soggetti della trasmissione della fede, le risposte danno grande spazio alla figura della famiglia. Da un lato, il messaggio cristiano sul matrimonio e la famiglia è un grande dono che rende la famiglia un luogo esemplare di testimonianza della fede, per la sua capacità profetica di vivere i valori fondamentali dell’esperienza cristiana: dignità e complementarità dell’uomo e della donna, creati ad immagine di Dio (cf. Gen 1,27), apertura alla vita, condivisione e comunione, dedizione ai più deboli, attenzione educativa, affidamento a Dio come sorgente dell’amore che da l’unione. Molte Chiese particolari insistono e investono energie sulla pastorale famigliare, proprio in questa prospettiva missionaria e testimoniale.

111. D’altro lato, per la Chiesa la famiglia ha il compito di educare e trasmettere la fede cristiana fin dall’inizio della vita umana. Da qui nasce il legame profondo tra Chiesa e famiglia con l’aiuto che la Chiesa intende dare alla famiglia e l’aiuto che si attende dalla famiglia. Spesso le famiglie sono immerse in forti tensioni, a causa dei ritmi di vita, del lavoro che si fa incerto, della precarietà che avanza, della stanchezza in un compito educativo che diventa più arduo. Le famiglie stesse che hanno preso coscienza delle loro difficoltà sentono bisogno del sostegno della comunità, dell’accoglienza, dell’ascolto e dell’annuncio del Vangelo, dell’accompagnamento nel loro compito educativo. L’obiettivo comune è che la famiglia abbia un ruolo sempre più attivo nel processo di trasmissione della fede.

112. Le risposte registrano le difficoltà e i bisogni emergenti di tante famiglie odierne, anche cristiane: il bisogno di sostegno manifestato in modo sempre più evidente nelle tante situazioni di dolore e di fallimento nell’educare alla fede soprattutto i bambini. Diverse risposte trattano della costituzione di gruppi di famiglie (locali o legati ad esperienze e movimenti ecclesiali) animati dalla fede cristiana che ha permesso a tanti coniugi di affrontare meglio le difficoltà a cui sono andati incontro, dando così anche una testimonianza chiara della fede cristiana.

113. Proprio queste unioni di famiglie secondo molte risposte sono un esempio dei frutti che l’annuncio della fede genera nelle nostre comunità cristiane. Le risposte al riguardo mostrano un certo ottimismo circa la capacità di tenuta da parte di tante comunità cristiane, pur nella situazione di provvisorietà e di precarietà in cui si trovano, la fedeltà nella celebrazione comune della loro fede, la disponibilità seppur limitata di risorse per accogliere i poveri e vivere una testimonianza evangelica semplice e quotidiana.

Chiamati per evangelizzare

114. Come dono da accogliere con gratitudine le risposte menzionano la vita consacrata. Si riconosce l’importanza, ai fini della trasmissione della fede e dell’annuncio del Vangelo dei grandi ordini religiosi e delle tante forme di vita consacrata, in particolare degli ordini mendicanti, degli istituti apostolici e degli istituti secolari, con il loro carisma profetico ed evangelizzatore anche in momenti di difficoltà e di revisione del loro stile di vita. Questa loro presenza, anche nascosta, è vista tuttavia in un’ottica di fede come fonte di molti frutti spirituali a vantaggio del mandato missionario che la Chiesa è chiamata a vivere anche nel presente. Molte Chiese locali riconoscono l’importanza di questa testimonianza profetica del Vangelo, sorgente di tante energie per la vita di fede delle comunità cristiane e di tanti battezzati.

Molte risposte auspicano che la vita consacrata dia un apporto essenziale alla nuova evangelizzazione, in particolare nel campo dell’educazione, della sanità, della cura pastorale, soprattutto verso i poveri e le persone più bisognose di aiuto spirituale e materiale.

In questo quadro viene riconosciuto anche il prezioso sostegno alla nuova evangelizzazione che giunge dalla vita contemplativa, soprattutto nei monasteri. Il rapporto tra monachesimo, contemplazione ed evangelizzazione, come dimostra la storia, è solido e portatore di frutti. Tale esperienza è il cuore della vita della Chiesa che mantiene viva l’essenza del Vangelo, il primato della fede, la celebrazione della liturgia, dando un senso al silenzio e ad ogni altra attività per la gloria di Dio.

115. Il fiorire in questi decenni in modo spesso gratuito e carismatico di gruppi e movimenti dediti in modo prioritario all’annuncio del Vangelo è un altro dono della Provvidenza alla Chiesa. Guardando ad essi diverse risposte trovano gli elementi essenziali dello stile che oggi dovrebbero assumere le comunità e i singoli cristiani per rendere ragione della loro fede. Si tratta delle qualità di coloro che potremmo definire i “nuovi evangelizzatori”: capacità di vivere e di motivare le proprie scelte di vita e i propri valori; desiderio di professare in modo pubblico la propria fede, senza paure e falsi pudori; ricerca attiva di momenti di comunione vissuta nella preghiera e nello scambio fraterno; predilezione spontanea per i poveri e gli esclusi; passione per l’educazione delle giovani generazioni.

116. Questo forte riferimento al tema dei carismi, visto come una risorsa importante per la nuova evangelizzazione, chiede che la riflessione sinodale approfondisca meglio la problematica, non arrestandosi soltanto alla constatazione di queste risorse, ma ponendosi il problema dell’integrazione della loro azione nella vita della Chiesa missionaria. È stato chiesto che l’Assemblea sinodale metta a tema la relazione tra carisma e istituzione, tra doni carismatici e doni gerarchici[55] nella vita concreta delle diocesi, nella loro tensione missionaria. In questo modo si potrebbero rimuovere quegli ostacoli che qualche risposta ha denunciato, e che non permettono di integrare pienamente i carismi al fine di sostenere la nuova evangelizzazione. Si potrebbe sviluppare il tema di una “coessenzialità” – suggeriscono sempre le risposte – di questi doni dello Spirito alla vita e alla missione della Chiesa, nella prospettiva della nuova evangelizzazione.[56] Da tale riflessione si potrebbero poi ricavare strumenti pastorali più incisivi che valorizzino meglio le risorse carismatiche.

117. Nelle risposte la nascita di queste nuove esperienze e forme di evangelizzazione viene letta in continuità con l’esperienza dei grandi movimenti, istituzioni e associazioni di evangelizzazione, come è per esempio l’Azione Cattolica, sorti lungo la storia del cristianesimo. I tratti che permettono queste opere vengono visti nel radicalismo evangelico che anima questi tipi di esperienza e nella loro vocazione profetica nell’annuncio del Vangelo. Dal fascino che sanno esercitare e dal carattere gioioso della loro vita scaturisce il dono di vocazioni. In più di un caso si riferisce che alcune forme storiche di vita consacrata e questi nuovi movimenti hanno avviato uno scambio reciproco di doni.

Rendere ragione della propria fede

118. Il contesto in cui ci troviamo chiede che venga reso esplicito e attivo il compito di annuncio e di trasmissione della fede che spetta ad ogni cristiano. In più di una risposta si afferma che la prima urgenza della Chiesa oggi è il dovere di risvegliare l’identità battesimale di ognuno, perché sappia essere vero testimone del Vangelo, sappia rendere ragione della propria fede. Tutti i fedeli, in forza del sacerdozio comune[57] e della loro partecipazione all’ufficio profetico[58] di Cristo, sono pienamente coinvolti in questo compito della Chiesa. Ai fedeli laici tocca, in particolare, testimoniare come la fede cristiana costituisca una risposta ai problemi esistenziali che la vita pone in ogni tempo e in ogni cultura e che dunque interessa ogni uomo, anche agnostico e non credente. Ciò sarà possibile se si supererà la frattura tra il Vangelo e la vita, ricomponendo nella quotidiana attività in famiglia, nel lavoro e nella società, l’unità di una vita che nel Vangelo trova ispirazione e forza per realizzarsi in pienezza.[59]

119. Occorre che ogni cristiano si senta interpellato da questo compito che l’identità battesimale gli affida, che si lasci guidare dallo Spirito nel rispondere ad esso, secondo la propria vocazione. In un momento in cui la scelta della fede e della sequela di Cristo risulta meno facile e poco comprensibile dal mondo, se non addirittura contrastata e avversata, aumenta il compito della comunità e dei singoli cristiani di essere testimoni intrepidi del Vangelo. La logica di un simile comportamento è suggerita dall’apostolo Pietro, quando ci invita a rendere ragione, a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (cf. 1Pt 3,15). Una nuova stagione per la testimonianza della nostra fede, nuove forme di risposta (apo-logia) a chi ci chiede il logos, la ragione della nostra fede, sono le strade che lo Spirito indica alle nostre comunità cristiane. Questo serve per rinnovare noi stessi, per rendere presente con maggiore incisività nel mondo in cui viviamo la speranza e la salvezza donataci da Gesù Cristo. Si tratta di imparare un nuovo stile, di rispondere «con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza» (1Pt 3,16). È un invito a vivere con quella forza mite che ci viene dalla nostra identità di figli di Dio, dall’unione con Cristo nello Spirito, dalla novità che questa unione ha generato in noi, e con quella determinazione di chi sa di avere come meta l’incontro con Dio Padre, nel suo Regno.



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