. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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Concilio Vaticano II Decreto

Ultimo Aggiornamento: 28/04/2013 11:34
28/04/2013 11:34

II. Peculiari esigenze spirituali nella vita dei presbiteri

Umiltà e obbedienza

15. Tra le virtù che più sono necessarie nel ministero dei presbiteri, va ricordata quella disposizione di animo per cui sempre sono pronti a cercare non la soddisfazione dei propri desideri, ma il compimento della volontà di colui che li ha inviati (118). Infatti l'opera divina per la quale sono stati scelti dallo Spirito Santo (119) trascende ogni forza umana e qualsiasi umana sapienza: « Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere quelle forti » (1 Cor 1,27). Consapevole quindi della propria debolezza, il vero ministro di Cristo lavora con umiltà, cercando di sapere ciò che è grato a Dio (120) come se avesse mani e piedi legati dallo Spirito (121) si fa condurre in ogni cosa dalla volontà di colui che vuole che tutti gli uomini siano salvi; e questa volontà la può scoprire e seguire nel corso della vita quotidiana, servendo umilmente tutti coloro che gli sono affidati da Dio in ragione della funzione che deve svolgere e dei molteplici avvenimenti della vita.

D'altra parte, il ministero sacerdotale, dato che è il ministero della Chiesa stessa, non può essere realizzato se non nella comunione gerarchica di tutto il corpo. La carità pastorale esige pertanto che i presbiteri, lavorando in questa comunione, con l'obbedienza facciano dono della propria volontà nel servizio di Dio e dei fratelli, ricevendo e mettendo in pratica con spirito di fede le prescrizioni e i consigli del sommo Pontefice, del loro vescovo e degli altri superiori, e dando volentieri tutto di sé in ogni incarico che venga loro affidato (122), anche se umile e povero. Perché con questo atteggiamento custodiscono e rafforzano la necessaria unità con i fratelli nel ministero, specialmente con quelli che il Signore ha costituito reggitori visibili della sua Chiesa, e lavorano per la edificazione del corpo di Cristo, il quale cresce « per ogni articolazione di servizio » (123). Questa obbedienza, che porta a una più matura libertà di figli di Dio, esige per sua natura che i presbiteri nello svolgimento della loro missione, mentre sono indotti dalla carità a cercare prudentemente vie nuove per un maggior bene della Chiesa, facciano sapere con fiducia le loro iniziative ed espongano chiaramente i bisogni del proprio gregge, disposti sempre a sottomettersi al giudizio di coloro che esercitano una funzione superiore nel governo della Chiesa di Dio.

Con questa umiltà e obbedienza responsabile e volontaria i presbiteri si conformano sull'esempio di Cristo, e arrivano ad avere in sé gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale « annientò se stesso prendendo la condizione di servo..., fatto obbediente fino alla morte » (Fil 2,7-8) e con questa obbedienza ha vinto e redento la disobbedienza di Adamo, come testimonia l'Apostolo: « Come infatti per la disobbedienza di uno solo i molti furono costituiti peccatori, così per l'obbedienza di quel solo, i molti saranno costituiti giusti» (Rm 5,19).

Il celibato

16. La perfetta e perpetua continenza per il regno dei cieli, raccomandata da Cristo Signore (124) nel corso dei secoli e anche ai nostri giorni gioiosamente abbracciata e lodevolmente osservata da non pochi fedeli, è sempre stata considerata dalla Chiesa come particolarmente confacente alla vita sacerdotale. Essa è infatti segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, nonché fonte speciale di fecondità spirituale nel mondo (125). Essa non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chiesa primitiva (126) e alla tradizione delle Chiese orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l'aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati: per questo il nostro sacro Sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle Chiese orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il presbiterato quando erano nello stato matrimoniale a perseverare nella santa vocazione, continuando a dedicare pienamente e con generosità la propria vita per il gregge loro affidato (127).

Il celibato, comunque, ha per molte ragioni un rapporto di convenienza con il sacerdozio. Infatti la missione sacerdotale è tutta dedicata al servizio della nuova umanità che Cristo, vincitore della morte suscita nel mondo con il suo Spirito, e che deriva la propria origine « non dal sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma da Dio» (Gv 1,13). Ora, con la verginità o il celibato osservato per il regno dei cieli (128), i presbiteri si consacrano a Dio con un nuovo ed eccelso titolo, aderiscono più facilmente a lui con un cuore non diviso (129) si dedicano più liberamente in lui e per lui al servizio di Dio e degli uomini, servono con maggiore efficacia il suo regno e la sua opera di rigenerazione soprannaturale, e in tal modo si dispongono meglio a ricevere una più ampia paternità in Cristo.

In questo modo, pertanto, essi proclamano di fronte agli uomini di volersi dedicare esclusivamente alla missione di fidanzare i cristiani con lo sposo unico e di presentarli a Cristo come vergine casta (130) evocando così quell'arcano sposalizio istituito da Dio, e che si manifesterà pienamente nel futuro per il quale la Chiesa ha come suo unico sposo Cristo (131). Essi inoltre diventano segno vivente di quel mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i figli della risurrezione non si uniscono in matrimonio (132).

Per questi motivi - fondati sul mistero di Cristo e della sua missione - il celibato, che prima veniva raccomandato ai sacerdoti, in seguito è stato imposto per legge nella Chiesa latina a tutti coloro che si avviano a ricevere gli ordini sacri. Questo sacro Sinodo torna ad approvare e confermare tale legislazione per quanto riguarda coloro che sono destinati al presbiterato, avendo piena certezza nello Spirito che il dono del celibato, così confacente al sacerdozio della nuova legge, viene concesso in grande misura dal Padre, a condizione che tutti coloro che partecipano del sacerdozio di Cristo con il sacramento dell'ordine, anzi la Chiesa intera, lo richiedano con umiltà e insistenza. Il sacro Sinodo esorta inoltre tutti i presbiteri, i quali hanno liberamente abbracciato il sacro celibato seguendo l'esempio di Cristo e confidando nella grazia di Dio, ad aderirvi generosamente e cordialmente e a perseverare fedelmente in questo stato, sapendo apprezzare il dono meraviglioso che il Padre ha loro concesso e che il Signore ha così esplicitamente esaltato (133) e avendo anche presenti i grandi misteri che in esso sono rappresentati e realizzati. E al mondo di oggi, quanto più la perfetta continenza viene considerata impossibile da tante persone, con tanta maggiore umiltà e perseveranza debbono i presbiteri implorare assieme alla Chiesa la grazia della fedeltà che mai è negata a chi la chiede. Ricorrano allo stesso tempo ai mezzi soprannaturali e naturali che sono a disposizione di tutti. E soprattutto non trascurino quelle norme ascetiche che sono garantite dalla esperienza della Chiesa e che nelle circostanze odierne non sono meno necessarie.

Questo sacro Sinodo prega perciò i sacerdoti -  e non solo essi, ma anche tutti i fedeli - di avere a cuore il dono prezioso del celibato sacerdotale, e di supplicare tutti Iddio affinché lo conceda sempre abbondantemente alla sua Chiesa.

La povertà

17. Grazie ai rapporti d'amicizia e di fraternità fra di loro e con gli altri uomini, i presbiteri sono in grado di imparare ad avere stima per i valori umani e ad apprezzare i beni creati come doni di Dio. Vivendo in mezzo al mondo devono però avere sempre presente che, come ha detto il Signore nostro Maestro, essi non appartengono al mondo (134). Perciò, usando del mondo come se non se usassero (135) possono giungere a quella libertà che riscatta da ogni disordinata preoccupazione e rende docili all'ascolto della voce di Dio nella vita di tutti i giorni. Da questa libertà e docilità nasce il discernimento spirituale, che consente di mettersi nel giusto rapporto con il mondo e le realtà terrene. Tale rapporto è estremamente importante nel caso dei presbiteri, dato che la missione della Chiesa si svolge in mezzo al mondo e i beni creati sono del tutto necessari per lo sviluppo personale dell'uomo. Siano perciò riconoscenti per tutte le cose che concede loro il Padre perché possano ben condurre la loro esistenza. È però indispensabile che sappiano esaminare attentamente alla luce della fede tutto ciò che si trova sul loro cammino, in modo da sentirsi spinti a usare rettamente dei beni in conformità con la volontà di Dio, respingendo quanto possa nuocere alla loro missione.

I sacerdoti infatti, dato che il Signore è la loro «parte ed eredità» (Num 18,20), debbono usare dei beni temporali solo per quei fini ai quali essi possono essere destinati d'accordo con la dottrina di Cristo Signore e gli ordinamenti della Chiesa.

Quanto ai beni ecclesiastici propriamente detti, i sacerdoti devono amministrarli come esige la natura stessa di tali cose, a norma delle leggi ecclesiastiche, e possibilmente con l'aiuto di competenti laici; devono sempre impiegarli per quegli scopi che giustificano l'esistenza di beni temporali della Chiesa, vale a dire: l'organizzazione del culto divino, il dignitoso mantenimento del clero, il sostenimento delle opere di apostolato e di carità, specialmente in favore dei poveri (136). Quanto poi ai beni che si procurano in occasione dell'esercizio di qualche ufficio ecclesiastico, i presbiteri, come pure i vescovi, salvi restando eventuali diritti particolari (137) devono impiegarli anzitutto per il proprio onesto mantenimento e per l'assolvimento dei doveri del proprio stato; il rimanente potrà essere destinato per il bene della Chiesa e per le opere di carità. Non trattino dunque l'ufficio ecclesiastico come occasione di guadagno, né impieghino il reddito che ne deriva per aumentare il proprio patrimonio personale (138). I sacerdoti, quindi, senza affezionarsi in modo alcuno alle ricchezze (139) debbono evitare ogni bramosia ed astenersi da qualsiasi tipo di commercio.

Anzi, essi sono invitati ad abbracciare la povertà volontaria, con cui possono conformarsi a Cristo in un modo più evidente ed essere più disponibili per il sacro ministero. Cristo infatti da ricco è diventato per noi povero, affinché la sua povertà ci facesse ricchi (140). Gli apostoli, dal canto loro, hanno testimoniato con l'esempio personale che il dono di Dio, che è gratuito (141), va trasmesso gratuitamente e hanno saputo abituarsi tanto all'abbondanza come alla miseria (142). Ma anche un certo uso comune delle cose - sul modello di quella comunità di beni che vanta la storia della Chiesa primitiva - contribuisce in misura notevolissima a spianare la via alla carità pastorale (143); inoltre, con questo tenore di vita i presbiteri possono mettere lodevolmente in pratica lo spirito di povertà raccomandato da Cristo.

Mossi perciò dallo Spirito del Signore, che consacrò il Salvatore con l'unzione e lo mandò ad evangelizzare i poveri (144). i presbiteri - come pure i vescovi - cerchino di evitare tutto ciò che possa in qualsiasi modo indurre i poveri ad allontanarsi, e più ancora degli altri discepoli del Signore vedano di eliminare nelle proprie cose ogni ombra di vanità. Sistemino la propria abitazione in modo tale che nessuno possa ritenerla inaccessibile, né debba, anche se di condizione molto umile, trovarsi a disagio in essa.

III. Sussidi per la vita dei presbiteri

Mezzi per favorire la vita spirituale

18. Per poter alimentare in ogni circostanza della propria vita l'unione con Cristo, i presbiteri, oltre all'esercizio consapevole del ministero, dispongono dei mezzi sia comuni che specifici, sia tradizionali che nuovi, che lo Spirito Santo non ha mai cessato di suscitare in mezzo al popolo di Dio, e la Chiesa raccomanda - anzi talvolta prescrive addirittura - per la santificazione dei suoi membri (145). Al di sopra di tutti i sussidi spirituali occupano un posto di rilievo quegli atti per cui i fedeli si nutrono del Verbo divino alla duplice mensa della sacra Scrittura e dell'eucaristia (146) a nessuno sfugge, del resto, l'importanza di un frequente uso di quei mezzi ai fini della santificazione propria dei presbiteri.

Essi, che sono i ministri della grazia sacramentale, si uniscono intimamente a Cristo salvatore e pastore attraverso la fruttuosa recezione dei sacramenti, soprattutto con la confessione sacramentale frequente, giacché essa - che va preparata con un quotidiano esame di coscienza - favorisce in sommo grado la necessaria conversione del cuore all'amore del Padre delle misericordie. Alla luce della fede, che si alimenta della lettura della Bibbia, essi possono cercare diligentemente di scoprire nelle diverse vicende della vita i segni della volontà di Dio e gli appelli della sua grazia, divenendo così sempre più pronti a corrispondere a ogni esigenza della missione cui si sono dedicati nello Spirito Santo. Un esempio meraviglioso di tale prontezza lo possono trovare sempre nella Madonna, che sotto la guida dello Spirito Santo si consacrò pienamente al mistero della redenzione dell'umanità (147). Essa è la madre del sommo ed eterno Sacerdote, la regina degli apostoli, il sostegno del loro ministero: essi devono quindi venerarla e amarla con devozione e culto filiale.

Inoltre, se vogliono compiere con fedeltà il proprio ministero, abbiano a cuore il dialogo quotidiano con Cristo, andandolo a visitare nel tabernacolo e praticando il culto personale della sacra eucaristia. Siano anche disposti a dedicare volentieri del tempo al ritiro spirituale e abbiano in grande stima la direzione spirituale. In modi assai diversi - soprattutto con l'orazione mentale, di così provata efficacia, e con le varie forme di preghiera che ciascuno preferisce - possono i presbiteri ricercare e implorare da Dio quell'autentico spirito di adorazione che unisce a Cristo, mediatore della Nuova Alleanza. Animati da questo spirito, sia essi che i loro fedeli potranno rivolgersi a Dio come figli adottivi, dicendo: «Abba, Padre mio! » (Rm 8,15).

Studio e scienza pastorale

19. Nel sacro rito dell'ordinazione il vescovo ricorda ai presbiteri che devono essere « maturi nella scienza » e che la loro dottrina dovrà risultare come «una spirituale medicina per il popolo di Dio» (148). Ora, bisogna che la scienza del ministro sacro sia anch'essa sacra, in quanto derivata da una fonte sacra e diretta a un fine altrettanto sacro. Essa va pertanto tratta in primo luogo dalla lettura e dalla meditazione della sacra Scrittura (149) ma suo fruttuoso alimento è anche lo studio dei santi Padri e dottori e degli altri documenti della tradizione. In secondo luogo, per poter dare una risposta esauriente ai problemi sollevati dagli uomini d'oggi, è necessario che i presbiteri conoscano a fondo i documenti del magistero - specie quelli dei Concili e dei romani Pontefici - e che consultino le opere dei migliori teologi, la cui scienza è riconosciuta.

Ma ai nostri giorni la cultura umana e anche le scienze sacre avanzano a un ritmo prima sconosciuto; è bene quindi che i presbiteri si preoccupino di perfezionare sempre adeguatamente la propria scienza teologica e la propria cultura, in modo da essere in condizione di sostenere con buoni risultati il dialogo con gli uomini del loro tempo.

D'altra parte, però, ci si deve preoccupare di agevolare ai presbiteri il compito di approfondire i propri studi e di apprendere i migliori metodi di evangelizzazione e apostolato; in questo senso, possono risultare di grande aiuto - adattandoli logicamente alle situazioni locali - l'istituzione di corsi o congressi, la fondazione di centri destinati agli studi pastorali, la creazione di biblioteche e un'intelligente direzione degli studi da parte di persone capaci. I vescovi devono studiare altresì da soli o a livello interdiocesano - il sistema migliore per far in modo che tutti i loro presbiteri - soprattutto qualche anno dopo l'ordinazione (150) - possano frequentare periodicamente dei corsi di perfezionamento nelle scienze teologiche e nei metodi pastorali; questi corsi dovranno servire anche a rafforzare la vita spirituale e consentiranno un proficuo scambio di esperienze apostoliche con i confratelli (151). Mediante tutti questi sussidi e altri del genere, si abbia una cura particolare dei parroci di nomina recente e di tutti coloro che iniziano una nuova attività pastorale o sono trasferiti a un'altra diocesi o nazione.

Infine, i vescovi devono anche procurare che alcuni presbiteri si dedichino allo studio approfondito delle scienze divine, in modo che non vengano mai a mancare dei professori competenti per le scuole ecclesiastiche, e specialisti in grado di orientare gli altri sacerdoti e i fedeli verso una maggiore istruzione religiosa; inoltre, con questo lavoro di ricerca si stimola quel sano progresso delle scienze sacre che è del tutto necessario alla Chiesa.

Equa retribuzione

20. I presbiteri si dedicano pienamente al servizio di Dio nello svolgimento delle funzioni che sono state loro assegnate; è logico pertanto che siano equamente retribuiti, dato che « l'operaio ha diritto alla sua paga » (Lc 10,7), e « il Signore ha disposto che coloro ai quali annunciano il Vangelo vivano del Vangelo» (1 Cor 9,14). In base a ciò, se non si provvede in un altro modo a retribuire equamente i presbiteri, sono i fedeli stessi che vi devono pensare, dato che è per il loro bene che essi lavorano; i fedeli, cioè, sono tenuti da vero obbligo a procurare che non manchino ai presbiteri i mezzi per condurre una vita onesta e dignitosa. Spetta ai vescovi ricordare ai fedeli questo loro grave obbligo, e provvedere - ognuno per la propria diocesi, o meglio ancora riunendosi in gruppi interessati a uno stesso territorio - all'istituzione di norme che garantiscano un mantenimento dignitoso per quanti svolgono o hanno svolto una funzione al servizio del popolo di Dio. Quanto poi al tipo di retribuzione che deve essere assegnata a ciascuno, bisogna considerare sia la natura stessa della funzione sia le diverse circostanze di luogo e di tempo. Comunque è bene che tale retribuzione sia fondamentalmente la stessa per tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni, e che soddisfi veramente i loro bisogni ed esigenze: il che significa che deve anche consentire ai presbiteri di retribuire il personale che presta servizio presso di loro e di soccorrere personalmente in qualche modo i bisognosi, dato che questo ministero a favore dei poveri è stato tenuto in grande considerazione da parte della Chiesa fin dalle origini.

Nello stabilire la quantità della retribuzione per i presbiteri, occorre pensare che essa deve consentire anche un tempo sufficiente di ferie ogni anno; e i vescovi hanno il dovere di controllare se i presbiteri dispongono di questo necessario riposo.

Comunque, il rilievo maggiore va dato all'ufficio che svolgono i sacri ministri. Per questo, il sistema noto sotto il nome di sistema beneficiale deve essere abbandonato, o almeno riformato a fondo, in modo che la parte beneficiale - ossia il diritto al reddito di cui è dotato l'ufficio ecclesiastico - sia trattata come cosa secondaria, e venga messo in primo piano, invece, l'ufficio stesso. D'ora in avanti, inoltre, per ufficio ecclesiastico si deve intendere qualsiasi incarico conferito in modo stabile per un fine spirituale.

Fondo comune e previdenza sociale

21. Deve essere sempre tenuto presente l'esempio dei fedeli della primitiva Chiesa di Gerusalemme, dove « tutto era ad essi comune » (At  4,32) e « veniva diviso fra tutti in base ai bisogni di ciascuno » (At  4,35). In conseguenza, è estremamente conveniente che per il mantenimento del clero esista una istituzione diocesana, amministrata dal vescovo con la collaborazione di sacerdoti delegati, e anche di laici esperti in economia, se ce ne fosse bisogno. È anche auspicabile che, nei limiti del possibile, venga costituita in ogni diocesi o regione una cassa comune da cui possono attingere i vescovi per far fronte ai propri impegni nei riguardi delle persone che prestano servizio a favore della Chiesa, e per affrontare i diversi bisogni della diocesi (153). Con questa cassa comune, inoltre, le diocesi più dotate potranno venire incontro a quelle più povere, in modo da bilanciare con la propria abbondanza la loro scarsezza. È bene che anche questa cassa comune sia formata soprattutto in base alle offerte dei fedeli; ma vi potranno affluire pure i beni derivanti da altre fonti, che il diritto dovrà precisare.

Oltre a ciò, nelle nazioni in cui la previdenza sociale a favore del clero non è ancora sufficientemente organizzata, le conferenze episcopali vi devono provvedere, sempre nel massimo rispetto delle leggi ecclesiastiche e civili. Fra le varie soluzioni possibili vi sono, ad esempio, gli istituti di previdenza di ambito diocesano che operano per proprio conto o uniti in federazione; gli istituti che operano in una zona comprendente varie diocesi; e infine organismi che coprono tutto il territorio nazionale. In ogni caso, queste istituzioni devono provvedere, sotto la vigilanza della gerarchia, sia alla prevenzione e all'assistenza sanitaria, sia al decoroso mantenimento dei presbiteri che patiscono malattia, invalidità o vecchiaia. I sacerdoti, dal canto loro, devono appoggiare l'istituzione che sia stata creata, spinti da un senso di solidarietà verso i confratelli, che li porta a condividere le loro pene e abbiano anche presente che in tal modo si risparmieranno eccessive preoccupazioni per il futuro (154), potendosi invece dedicare con spirito evangelico alla pratica della povertà e alla salvezza delle anime.

Infine, i responsabili facciano in modo che gli istituti di previdenza di diverse nazioni che operano in uno stesso settore siano collegati fra di loro, perché così si consolideranno e si estenderanno.

CONCLUSIONE ED ESORTAZIONE

22. Questo sacro Sinodo ha presenti le grandi gioie di cui è ricca la vita sacerdotale; ma ciò non significa che dimentichi le difficoltà che i presbite devono affrontare nelle circostanze della vita di oggi. Non ignora la profonda trasformazione che tempi hanno operato nelle strutture economiche sociali e nel costume; e si rende conto che c'è sta un profondo mutamento nella gerarchia dei valori che viene comunemente adottata. Per questo i ministri della Chiesa, e talvolta gli stessi fedeli, si sentono quasi estranei nei confronti del mondo di oggi si domandano angosciosamente quali sono i mezzi le parole adatte per poter comunicare con esso. non c'è dubbio che i nuovi ostacoli per la fede, l'apparente inutilità degli sforzi che si son fatti finora il crudo isolamento in cui vengono a trovarsi possono costituire un serio pericolo di scoraggiamento.

Ma sta di fatto che Dio ha amato tanto il mondo  - così come esso oggi si presenta all'amore e al ministero dei presbiteri della Chiesa - da dare per esso il Figlio suo unigenito (155). Ed effettivamente questo mondo - vincolato certamente a tanti peccati ma nello stesso tempo dotato di risorse non irrilevanti - fornisce alla Chiesa pietre vive (156) che tutte insieme servono a edificare l'abitazione di Dio nello Spirito (157). E lo stesso Spirito Santo, mentre spinge la Chiesa ad aprire vie nuove per arrivare al mondo, di oggi, suggerisce e incoraggia gli opportuni aggiornamenti e adattamenti del ministero sacerdotale.

I presbiteri non devono perdere di vista che nel loro lavoro non sono mai soli, perché hanno come sostegno l'onnipotenza di Dio. Abbiano fede in Cristo che li chiamò a partecipare del suo sacerdozio: e con questa fede si dedichino con tutta l'anima fiduciosamente al loro ministero, nella consapevolezza che Dio è tanto potente da aumentare in essi la carità (158). E non dimentichino che hanno al loro fianco i propri confratelli nel sacerdozio, anzi, tutti i fedeli del mondo. C'è infatti una cooperazione di tutti i presbiteri per la realizzazione del disegno di salvezza di Dio, che e il mistero di Cristo, ossia il mistero nascosto da secoli in Dio (159) e questo disegno non viene condotto a termine se non a poco a poco, attraverso la collaborazione organica di diversi ministeri che tendono tutti all'edificazione del corpo di Cristo, fin tanto che non venga raggiunta la misura della sua età matura. Tutto ciò, ripetiamo, è nascosto con Cristo in Dio (160) e quindi è con la fede soprattutto che può essere avvertito. Effettivamente, è nella fede che devono camminare le guide del popolo di Dio, seguendo l'esempio del fedele Abramo, il quale per la fede «obbedì all'ordine di dirigersi verso il luogo che avrebbe ricevuto in eredità: e si mosse senza sapere dove sarebbe andato a finire » (Eb 11,8). In verità, l'economia dei misteri di Dio può essere paragonata all'uomo che semina nel campo e di cui dice il Signore: « che dorma o che si alzi, di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce senza che lui se ne accorga» (Mc 4,27).

Del resto, Gesù ha detto: « Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo » (Gv 16,33); ma con queste parole non ha voluto promettere alla sua Chiesa una perfetta vittoria prima della fine dei tempi. Il sacro Sinodo si rallegra nel vedere che la terra seminata con il seme del Vangelo dà ora molti frutti in diversi luoghi, grazie all'azione dello Spirito del Signore, il quale riempie l'orbe della terra e ha fatto nascere nel cuore di molti sacerdoti e di molti fedeli uno spirito autenticamente missionario.

Per tutto ciò il Sinodo ringrazia con il cuore colmo di affetto i presbiteri di tutto il mondo: « A colui poi che, mediante la potenza che opera in noi, può compiere infinitamente di più di tutto ciò che possiamo domandare o pensare, a lui sia la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù» (Ef 3,20-21).

Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto è stato così sinodalmente deciso, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.

Roma, presso San Pietro 7 dicembre 1965.

Io PAOLO Vescovo della Chiesa Cattolica

Seguono le firme dei Padri.


Firme dei Padri

 

Io PAOLO Vescovo della Chiesa Cattolica

† Ego FRANCISCUS titulo Ss. Ioannis et Pauli Presbyter Cardinalis SPELLMAN, Archiepiscopus Neo-Eboracensis.

† Ego IACOBUS titulo Ss. Bonifacii et Alexii Presbyter Cardinalis DE BARROS CÂMARA, Archiepiscopus S. Sebastiani Fluminis Ianuarii.

† Ego IOSEPHUS titulo S. Ioannis ante Portam Latinam Presbyter Cardinalis FRINGS, Archiepiscopus Coloniensis.

† Ego ERNESTUS titulo S. Sabinae Presbyter Cardinalis RUFFINI, Archiepiscopus Panormitanus.

† Ego ANTONIUS titulo S. Laurentii in Panisperna Presbyter Cardinalis CAGGIANO, Archiepiscopus Bonaërensis.

Ego PETRUS titulo S. Praxedis Presbyter Cardinalis CIRIACI.

† Ego MAURITIUS titulo S. Mariae de Pace Presbyter Cardinalis FELTIN, Archiepiscopus Parisiensis.

† Ego IOSEPHUS titulo S. Mariae de Victoria Presbyter Cardinalis SIRI, Archiepiscopus Ianuensis.

† Ego STEPHANUS titulo S. Mariae Trans Tiberim Presbyter Cardinalis WYSZYNSKI, Archiepiscopus Gnesnensis et Varsaviensis, Primas Poloniae.

† Ego BENIAMINUS titulo S. Vitalis Presbyter Cardinalis DE ARRIBA Y CASTRO, Archiepiscopus Tarraconensis.

† Ego FERDINANDUS titulo S. Augustini Presbyter Cardinalis QUIROGA Y PALACIOS, Archiepiscopus Compostellanus.

† Ego PAULUS AEMILIUS titulo S. Mariae Angelorum in Thermis Presbyter Cardinalis LEGER, Archiepiscopus Marianopolitanus.

† Ego IOSEPHUS HUMBERTUS titulo Ss. Andreae et Gregorii ad Clivum Scauri Presbyter Cardinalis QUINTERO, Archiepiscopus Caracensis.

† Ego ALOISIUS titulo S. Mariae Novae Presbyter Cardinalis CONCHA, Archiepiscopus Bogotensis.

Ego IOSEPHUS titulo S. Priscae Presbyter Cardinalis DA COSTA NUNES.

Ego HILDEBRANDUS titulo S. Sebastiani ad Catacumbas Presbyter Cardinalis ANTONIUTTI.

Ego EPHRAEM titulo S. Crucis in Hierusalem Presbyter Cardinalis FORNI.

† Ego IOANNES titulo S. Mariae de Aracoeli Presbyter Cardinalis LANDAZURI RICKETTS, Archiepiscopus Limanus, Primas Peruviae.

† Ego RADULFUS titulo S. Bernardi ad Thermas Presbyter Cardinalis SILVA HENRIQUEZ, Archiepiscopus S. Iacobi in Chile.

† Ego LEO IOSEPHUS titulo S. Petri ad Vincula Presbyter Cardinalis SUENENS, Archiepiscopus Mechliniensis-Bruxellensis.

† Ego IOSEPHUS titulo S. Athanasii Presbyter Cardinalis SLIPYI, Archiepiscopus Maior Ucrainorum.

† Ego LAURENTIUS titulo S. Leonis I Presbyter Cardinalis JAEGER, Archiepiscopus Paderbornensis.

† Ego IOSEPHUS titulo S. Crucis in via Flaminia Presbyter Cardinalis BERAN, Archiepiscopus Pragensis.

† Ego MAURITIUS titulo D.nae N.ae de SS. Sacramento et Martyrum Canadensium Presbyter Cardinalis ROY, Archiepiscopus Quebecensis, Primas Canadiae.

† Ego IOSEPHUS titulo S. Teresiae Presbyter Cardinalis MARTIN, Archiepiscopus Rothomagensis.

† Ego AUDOËNUS titulo S. Praxedis Presbyter Cardinalis MCCANN, Archiepiscopus Civitatis Capitis.

† Ego LEO STEPHANUS titulo S. Balbinae Presbyter Cardinalis DUVAL, Archiepiscopus Algeriensis.

† Ego ERMENEGILDUS titulo Reginae Apostolorum Presbyter Cardinalis FLORIT, Archiepiscopus Florentinus.

† Ego FRANCISCUS titulo Ss. Petri et Pauli in via Ostiensi Presbyter Cardinalis ŠEPER, Archiepiscopus Zagrabiensis.

Ego CAROLUS S. Mariae in Porticu Diaconus Cardinalis JOURNET.

† Ego ALBERTUS GORI, Patriarcha Hierosolymitanus Latinorum.

† Ego PAULUS II CHEIKHO, Patriarcha Babylonensis Chaldaeorum.

† Ego IGNATIUS PETRUS XVI BATANIAN, Patriarcha Ciliciae Armenorum.

† Ego IOSEPHUS VIEIRA ALVERNAZ, Patriarcha Indiarum Orientalium.

† Ego IOANNES CAROLUS MCQUAID, Archiepiscopus Dublinensis, Primas Hiberniae.

† Ego ANDREAS ROHRACHER, Archiepiscopus Salisburgensis, Primas Germaniae.

† Ego DEMETRIUS MOSCATO, Archiepiscopus Primas Salernitanus et Administrator Perpetuus Acernensis.

† Ego HUGO CAMOZZO, Archiepiscopus Pisanus et Primas Sardiniae et Corsicae.

† Ego ALEXANDER TOKI , Archiepiscopus Antibarensis et Primas Serbiae.

† Ego MICHAEL DARIUS MIRANDA, Archiepiscopus Mexicanus, Primas Mexici.

† Ego FRANCISCUS MARIA DA SILVA, Archiepiscopus Bracharensis, Primas Hispaniarum.

† Ego PAULUS GOUYON, Archiepiscopus Rhedonensis, Primas Britanniae.

† Ego ERNESTUS SENA DE OLIVEIRA, Archiepiscopus Conimbricensis.

Sequuntur ceterae subsignationes.

Ita est.

† Ego PERICLES FELICI
Archiepiscopus tit. Samosatensis
Ss. Concilii Secretarius Generalis
† Ego IOSEPHUS ROSSI
Episcopus tit. Palmyrenus
Ss. Concilii Notarius
† Ego FRANCISCUS HANNIBAL FERRETTI
Ss. Concilii Notarius

 


NOTE

(1) CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium: AAS 56 (1964), pp. 97ss; Cost dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium: AAS 57 (1965), pp. 5ss; Decr. sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus Dominus; Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius: AAS 58 (1966), pp. 713ss.

(2) Cf. Mt 3,16; Lc 4,18; At 4,27; 10,38.

(3) Cf. 1 Pt 2,5 e 9.

(4) Cf. 1 Pt 3,15.

(5) Cf. Ap 19,10; CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 35: AAS 57 (1965), pp. 40-41 [pag. 201].

(6) Cf. CONC. DI TRENTO, Sess. XXIII, cap. I e can. 1: Dz 957 e 961 (1764 e 1771).

(7) Cf. Gv 20,21; CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 18: AAS 57 (1965), pp. 21-22 [pag. 155].

(8) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 28: AAS 57 (1965), pp. 33-36 [pag. 185ss].

(9) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 28: AAS 57 (1965), pp. 33-36 [pag. 185ss].

(10) Cf. Pontificale romanum, Ordinazione dei Presbiteri, Prefazio. Queste parole si trovano già nel Sacramentarium veronense: ed. L. C. Möhlberg, Romae 1956, p. 122; parimenti nel Missale Francorum: ed. L. C. Möhlberg, Romae 1957, p. 9; anche nel Liber Sacramentorum Romanae Ecclesiae: ed. L. C. Möhlberg, Romae 1960, p. 25; inoltre nel Pontificale romanum-germanicum: ed. Vogel-Elze, Città del Vaticano 1963, vol. I, p. 34.

(11) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 10: AAS 57 (1965), pp. 14-15 [pag. 137ss].

(12) Cf. Rm 15,16.

(13) Cf. 1 Cor 11,26.

(14) S. AGOSTINO, De Civitate Dei, 10,6: PL 41, 284.

(15) Cf. 1 Cor 15,24.

(16) Cf. Eb 5,1.

(17) Cf. Eb 2,17; 4,15.

(18) Cf. 1 Cor 9,19-23Vlg.

(19) Cf. At 13,2.

(20) “Questo studio di perfezionamento spirituale e morale è stimolato anche esteriormente dalle condizioni in cui la Chiesa svolge la sua vita. Non può essa rimanere immobile e indifferente davanti ai mutamenti del mondo circostante. Per mille vie questo influisce e mette condizioni sul comportamento pratico della Chiesa. Essa, come ognuno sa, non è separata dal mondo; ma vive in esso. Perciò i membri della Chiesa ne subiscono l’influsso, ne respirano la cultura, ne accettano le leggi, ne assorbono i costumi. Questo immanente contatto della Chiesa con la società temporale genera per essa una continua situazione problematica, oggi laboriosissima. (...) Ecco come san Paolo medesimo educava i cristiani della prima generazione: Non unitevi a un giogo sconveniente cogli infedeli; poiché che cosa ha a che fare la giustizia coll’iniquità? e che comunanza v’è tra la luce e le tenebre?... che rapporto tra il fedele e l’infedele? (2 Cor 6,14-15). La pedagogia cristiana dovrà ricordare sempre all’alunno dei tempi nostri questa sua privilegiata condizione e questo suo conseguente dovere di vivere nel mondo ma non del mondo, secondo il voto stesso sopra ricordato di Gesù a riguardo dei suoi discepoli: Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come Io non sono del mondo (Gv 17,15-16). E la Chiesa fa proprio tale voto. Ma questa distinzione non è separazione. Anzi non è indifferenza, non è timore, non è disprezzo. Quando la Chiesa si distingue dall’umanità non si oppone ad essa, anzi si congiunge”: PAOLO VI, Encicl.Ecclesiam Suam, 6 ag. 1964: AAS 56 (1964), pp. 627 e 638.

(21) Cf. Rm 12,2.

(22) Cf. Gv 10,14-16.

(23) Cf. S. POLICARPO, Epist. ad Philippenses, VI, 1: “I presbiteri siano inclini alla compassione, misericordiosi verso tutti, riconducano gli erranti, visitino tutti gli infermi, non trascurando la vedova o l’orfano o il povero; sempre invece solleciti del bene davanti a Dio e agli uomini, astenendosi da ogni ira, preferenza di persone, giudizio ingiusto, stando lontano da ogni avarizia, non pensando facilmente male di qualcuno, non troppo severi nel giudizio, sapendo che noi tutti siamo debitori del peccato”: ed. F. X. Funk, Patres Apostolici, I, p. 273.

(24) Cf. 1 Pt 1,23Vlg; At 6,7; 12,24. “(Gli Apostoli) hanno predicato la parola di verità e generato la Chiese”: S. AGOSTINO, Enarr. in Ps., 44,23: PL 36, 508.

(25) Cf. Ml 2,7; 1 Tm 4,11-13; 2 Tm 4,5; Tt 1,9.

(26) Cf. Mc 16,16.

(27) Cf. 2 Cor 11,7. Anche per i Presbiteri vale quello che è detto dei Vescovi, in quanto sono cooperatori dei Vescovi. Cf. Statuta Ecclesiae Antiqua, c. 3 (ed. Ch. Munier, Paris 1960, p. 79); Decretum Gratiani, C. 6, D. 88 (ed. Friedberg, I, 307); CONC. DI TRENTO, Sess. V, Decr. 2, n. 9 (Conc. Oec. Decreta, ed. Herder, Romae 1962, p. 645); Sess. XXIV, Decr. De reform., c. 4 (p. 739); CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 25: AAS 57 (1965), pp. 29-31 [pag. 175ss].

(28) Cf. Constitutiones Apostolorum, II, 26, 7: “(I Presbiteri) siano maestri della scienza divina, poiché il Signore stesso ci ha inviati dicendo: Andate e ammaestrate...”: ed. F. X. Funk, Didascalia et Constitutiones Apostolorum, I, Paderborn 1905, p. 105. - Sacramentarium leonianum e gli altri Sacramentari fino al Pontificale Romano, Prefazio nell’Ordinazione dei Presbiteri: “Con questa provvidenza, Signore, li hai aggregati associandoli come Maestri della fede agli Apostoli del tuo Figlio, e con questi validi predicatori (o: con queste valide predicazioni) essi riempirono tutto il mondo. - Liber Ordinum Liturgiae Mozarabicae, Prefazio per ordinare un Presbitero: Maestro delle genti e capo dei suoi fedeli, mantenga intatta la fede cattolica, e annunzi a tutti la vera salvezza”: ed. M. Férotin, Le Liber Ordinum en usage dans l’Eglise Wisigothique et Mozarabe d’Espagne: Monumenta Ecclesiae Liturgica, vol. V, Paris 1904, col. 55, lin. 4-6.

(29) Cf. Gal 2,5.

(30) Cf. 1 Pt 2,12.

(31) Cf. il Rito dell’Ordinazione del Presbitero nella Chiesa Alessandrina dei Giacobiti: “Raduna il tuo popolo alla parola della dottrina, come una nutrice che cura i suoi figli”: H. Denzinger, Ritus Orientalium, Tom. II, Würzburg 1863, p. 14.

(32) Cf. Mt 28,19; Mc 16,16; TERTULLIANO, De baptismo, 14,2 (Corpus Christianorum, Serie latina, I, p. 289, 11-13); S. ATANASIO, Adv. Arianos, 2,42: PG 26, 237A-B; S. GIROLAMO, In Mt. 28,19: PL 26, 226D: “Prima ammaestrano tutte le nazioni, poi dopo averle ammaestrate le immergono nell’acqua. Non può infatti essere che un corpo riceva il sacramento del battesimo, se prima l’anima non ha ricevuto la verità della fede”; S. TOMMASO, Expositio primae Decretalis, § 1: “Il nostro Salvatore, mandando i discepoli a predicare, ingiunse loro tre cose: primo di insegnare la fede; secondo di amministrare i sacramenti ai credenti”: ed. Marietti, Opuscula Theologica, Taurini-Romae 1954, 1138.

(33) Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 35,2: AAS 56 (1964), p. 109 [pag. 37ss].

(34) Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, nn. 33, 35, 48, 52: pp. 108-109, 113, 114 [pag. 197ss, 201ss, 233ss, 347].

(35) Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 7, pp. 100-101 [pag. 21]; PIO XII, Encicl. Mystici Corporis, 29 giu. 1943: AAS 35 (1943), p. 230 [in parte Dz 3813].

(36) S. IGNAZIO M., Smyrn., 8, 1-2: ed. F. X. Funk, p. 240; Comstitutiones Apostolorum, VIII, 12. 3: ed. F. X. Funk, p. 496; VIII, 29, 2: ibid., p. 532.

(37) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 28: AAS 57 (1965), pp. 33-36 [pag. 185ss].


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