. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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Concilio Vaticano II Decreto

Ultimo Aggiornamento: 26/04/2013 11:38
26/04/2013 11:37

Il clero indigeno

16. La Chiesa si rallegra vivamente e ringrazia per il dono inestimabile della vocazione sacerdotale che Dio ha concesso a tanti giovani in mezzo a popoli convertiti di recente al cristianesimo. È indubbio che la Chiesa mette più profonde radici in un gruppo umano qualsiasi, quando le varie comunità di fedeli traggono dai propri membri i ministri della salvezza, che nell'ordine dei vescovi, dei sacerdoti e dei diaconi servono ai loro fratelli, sicché le nuove Chiese acquistano a poco a poco la struttura di diocesi, fornite di clero proprio.

Quanto dunque questo Concilio ha deciso intorno alla vocazione ed alla formazione sacerdotale, deve essere religiosamente osservato dove la Chiesa viene stabilita per la prima volta e nelle giovani Chiese. Soprattutto va tenuto presente quel che è stato affermato a proposito della formazione spirituale e della sua stretta coordinazione con quella dottrinale e pastorale, della vita da condurre secondo l'ideale evangelico senza riguardo all'interesse proprio o familiare, nonché della necessità di approfondire il senso del mistero della Chiesa. Da questi principi i sacerdoti impareranno magnificamente a dedicarsi senza riserve al servizio del corpo di Cristo ed al lavoro evangelico, a restare uniti come cooperatori fedeli al proprio vescovo, ad offrire la propria collaborazione ai confratelli (92).

Per il raggiungimento di questo fine generale, l'intero ciclo di formazione degli alunni deve essere ordinato alla luce del mistero della salvezza come è presentato nella sacra Scrittura. Essi devono scoprire questo mistero del Cristo e della salvezza umana presente nella liturgia e viverlo (93).

Tali esigenze comuni della preparazione sacerdotale, anche di ordine pastorale e pratico, indicate dal Concilio (94), vanno armonizzate con la preoccupazione di adeguarsi al particolare modo di pensare e di agire della propria nazione. Bisogna dunque aprire ed affinare lo spirito degli alunni, perché conoscano bene e possano valutare la cultura del loro paese; nello studio delle discipline filosofiche e teologiche essi debbono scoprire quali rapporti intercorrono tra tradizioni e religione nazionale e la religione cristiana (95). Analogamente, la preparazione al sacerdozio deve tenere presenti le necessità pastorali della regione: gli alunni devono apprendere la storia, la finalità e il metodo dell'azione missionaria della Chiesa, nonché le particolari condizioni sociali, economiche e culturali del proprio popolo. Vanno anche educati allo spirito ecumenico e preparati al dialogo fraterno con i non cristiani (96). Tutto questo suppone che gli studi preparatori al sacerdozio si compiano, per quanto è possibile, mantenendo ciascuno il più stretto contatto con la propria nazione (97). E si abbia anche cura di formare alla esatta amministrazione ecclesiastica, anche in senso economico.

Si devono scegliere inoltre dei sacerdoti capaci, perché dopo un certo periodo di pratica pastorale, perfezionino i loro studi superiori nelle università anche straniere, specie in quelle di Roma, ed in altri istituti scientifici, di modo che, come elementi del clero locale con dottrina ed esperienza congrue possano aiutare efficacemente le nuove Chiese nell'adempimento delle funzioni ecclesiastiche più alte.

Laddove le conferenze episcopali lo riterranno opportuno, si restauri l'ordine diaconale come stato permanente, secondo le disposizioni della costituzione sulla Chiesa (98). È bene infatti che gli uomini, i quali di fatto esercitano il ministero di diacono, o perché come catechisti predicano la parola di Dio, o perché a nome del parroco e del vescovo sono a capo di comunità cristiane lontane, o perché esercitano la carità attraverso opere sociali e caritative, siano fortificati dall'imposizione delle mani, che è trasmessa fin dagli apostoli, e siano più saldamente congiunti all'altare per poter esplicare più fruttuosamente il loro ministero con l'aiuto della grazia sacramentale del diaconato.

Catechisti

17. Degna di lode è anche quella schiera, tanto benemerita dell'opera missionaria tra i pagani, che è costituita dai catechisti, sia uomini che donne. Essi, animati da spirito apostolico e facendo grandi sacrifici, danno un contributo singolare ed insostituibile alla propagazione della fede e della Chiesa.

Nel nostro tempo poi, in cui il clero è insufficiente per l'evangelizzazione di tante moltitudini e per l'esercizio del ministero pastorale, il compito del catechista è della massima importanza. Pertanto è necessario che la loro formazione sia perfezionata e adeguata al progresso culturale, in modo che, come validi cooperatori dell'ordine sacerdotale, possano svolgere nella maniera migliore il loro compito, che si va facendo sempre più vasto e impegnativo. Si devono quindi moltiplicare le scuole diocesane e regionali nelle quali i futuri catechisti apprendano sia la dottrina cattolica - specialmente quella che ha per oggetto la Bibbia e la liturgia -, sia anche il metodo catechetico e la tecnica pastorale, e ricevano un'autentica formazione morale cristiana (99) in uno sforzo costante per coltivare la pietà e la santità della vita . Si tengano inoltre dei convegni o corsi periodici per aggiornare i catechisti nelle discipline e tecniche utili al loro ministero e per alimentare e rinvigorire la loro vita spirituale. Inoltre, a quelli che si dedicano completamente a quest'opera bisogna garantire un decoroso tenore di vita e la sicurezza sociale, corrispondendo loro un giusto compenso (100).

È desiderabile che alla formazione ed al sostentamento dei catechisti si provveda convenientemente con sussidi speciali della sacra Congregazione di Propaganda Fide. Se apparirà necessario ed opportuno, si fondi un'opera per i catechisti.

Le Chiese inoltre devono sentire e dimostrare gratitudine per l'opera generosa dei catechisti ausiliari, il cui aiuto sarà loro indispensabile. Sono essi che nelle loro comunità presiedono alla preghiera ed impartiscono l'insegnamento. Ci si deve debitamente preoccupare anche della loro formazione dottrinale e spirituale. È altresì auspicabile che ai catechisti convenientemente formati sia conferita, riconoscendosene l'opportunità, la missione canonica nella pubblica celebrazione della liturgia, perché siano al servizio della fede con maggiore autorità agli occhi del popolo.

Promozione della vita religiosa

18. La vita religiosa deve essere curata e promossa fin dal periodo iniziale della fondazione della Chiesa, perché essa non solo è fonte di aiuti preziosi e indispensabili per l'attività missionaria, ma attraverso una più intima consacrazione a Dio fatta nella Chiesa manifesta anche chiaramente e fa comprendere l'intima natura della vocazione cristiana (101).

Gli istituti religiosi che lavorano alla fondazione della Chiesa, impregnati dei mistici tesori di cui è ricca la tradizione religiosa ecclesiale, devono sforzarsi di metterli in luce e di trasmetterli secondo il genio e il carattere di ciascuna nazione. E devono anche considerare attentamente in che modo le tradizioni di vita ascetica e contemplativa, i cui germi talvolta Dio ha immesso nelle antiche culture prima della predicazione del Vangelo, possano essere utilizzate per la vita religiosa cristiana.

Nelle giovani Chiese bisogna promuovere la vita religiosa nelle sue varie forme, perché essa mostri i diversi aspetti della missione di Cristo e della vita ecclesiale, si consacri alle varie attività pastorali e prepari i propri membri ad esplicarle come si conviene. I vescovi tuttavia in sede di conferenza episcopale facciano attenzione perché non si moltiplichino, danneggiando la vita religiosa e l'apostolato, le congregazioni aventi identica finalità apostolica.

Meritano speciale considerazione le varie iniziative destinate a stabilire la vita contemplativa. Certi istituti, mantenendo gli elementi essenziali della istituzione monastica, tendono a impiantare la ricchissima tradizione del proprio ordine; altri cercano di ritornare alla semplicità delle forme del monachesimo primitivo. Tutti comunque devono cercare un reale adattamento alle condizioni locali. Poiché la vita contemplativa interessa la presenza ecclesiale nella sua forma più piena, è necessario che essa sia costituita dappertutto nelle giovani Chiese.

CAPITOLO III

LE CHIESE PARTICOLARI

Il progresso delle giovani Chiese

19. L'opera di costituzione della Chiesa in un determinato raggruppamento umano raggiunge in certa misura il suo termine, allorché la comunità dei fedeli, inserita ormai profondamente nella vita sociale e in qualche modo modellata sulla cultura locale, gode di una salda stabilità: fornita cioè di una sua schiera, anche se insufficiente, di clero locale, di religiosi e di laici, essa viene arricchendosi di quelle funzioni ed istituzioni che sono necessarie perché il popolo di Dio, sotto la guida di un proprio vescovo, conduca e sviluppi la sua vita.

In queste giovani Chiese appunto la vita del popolo di Dio deve giungere a maturità in tutti i campi della vita cristiana, che deve essere rinnovata secondo le norme di questo Concilio: ed ecco i gruppi di fedeli con crescente consapevolezza si fanno comunità viventi della fede, della liturgia e della carità; i laici, con la loro attività, che è a un tempo civica ed apostolica, si sforzano di instaurare nella città terrena un ordine di giustizia e di carità; l'uso dei mezzi di comunicazione sociale è ispirato a criteri di opportunità e prudenza; le famiglie, praticando la vera vita cristiana, diventano fonte dell'apostolato dei laici e vivaio di vocazioni sacerdotali e religiose. La fede infine è oggetto di insegnamento catechistico appropriato, trova la sua espressione in una liturgia rispondente all'indole del popolo, e viene introdotta, grazie ad un'adeguata legislazione canonica, nelle sane istituzioni umane e nelle consuetudini locali.

I vescovi poi, ciascuno con il proprio presbiterio, approfondendo sempre meglio in se stessi il senso di Cristo e della Chiesa, devono essere in unità di pensieri e di vita con la Chiesa universale. Ed intima resti la comunione delle giovani Chiese con tutta quanta la Chiesa, la cui tradizione esse devono saper collegare in tutti i suoi elementi con la propria cultura, sicché ne risulti, come per uno scambio reciproco di energie, una crescita nella vita del corpo mistico (102). Siano pertanto curati quegli elementi teologici, psicologici ed umani che si rivelano atti ed efficaci per lo sviluppo di questo senso di comunione con la Chiesa universale.

Queste stesse Chiese, che si trovano quasi sempre nelle regioni economicamente depresse del mondo, soffrono per lo più per grave scarsezza di sacerdoti e per mancanza di mezzi materiali. È quindi assolutamente indispensabile che l'azione missionaria continua di tutta la Chiesa fornisca loro quegli aiuti che servano soprattutto allo sviluppo della Chiesa locale e alla maturità della vita cristiana. Questa azione missionaria deve estendere il soccorso anche a quelle Chiese che, pur esistendo da antica data, si trovano, per così dire, in fase di regresso o in uno stato di debolezza.

Tuttavia queste Chiese devono organizzare il lavoro pastorale comune creando opere adatte perché le vocazioni che interessano il clero diocesano o gli istituti religiosi crescano di numero, vengano vagliate con maggiore sicurezza e coltivate con migliore riuscita (103) così, a poco a poco, saranno in grado di provvedere a se stesse e di portare aiuto alle altre.

L'attività missionaria delle Chiese particolari

20. La Chiesa particolare, dovendo riprodurre il più perfettamente possibile la Chiesa universale, abbia la piena coscienza di essere inviata anche a coloro che non credono in Cristo e vivono nel suo stesso territorio, al fine di costituire, con la testimonianza di vita dei singoli fedeli e della comunità tutta, il segno che addita loro il Cristo (104).

È inoltre necessario il ministero della parola, perché il messaggio evangelico giunga a tutti. Il vescovo deve essere essenzialmente il messaggero di fede che porta nuovi discepoli a Cristo. Per rispondere bene a questo nobilissimo compito deve conoscere a fondo sia le condizioni del suo gregge, sia la concezione che di Dio hanno i suoi concittadini, tenendo conto esattamente anche dei mutamenti introdotti dalla cosiddetta urbanizzazione, dal fenomeno della emigrazione e dall'indifferentismo religioso.

I sacerdoti locali attendano con molto zelo all'opera di evangelizzazione nelle giovani Chiese, collaborando attivamente con i missionari di origine straniera, con i quali costituiscono un unico corpo sacerdotale riunito sotto l'autorità del vescovo: ciò non solo per pascere i propri fedeli e per celebrare il culto divino, ma anche per predicare il Vangelo a coloro che stanno fuori. Perciò dimostrino prontezza e, all'occasione, si offrano generosamente al proprio vescovo per iniziare l'attività missionaria nelle zone più lontane ed abbandonate della propria diocesi o anche di altre diocesi.

Dello stesso zelo siano animati i religiosi e le religiose, ed anche i laici verso i propri concittadini, specie quelli più poveri.

Le conferenze episcopali procurino che periodicamente si tengano corsi di aggiornamento biblico, teologico, spirituale e pastorale, allo scopo di consentire al clero, di fronte al variare incessante delle situazioni, di approfondire la conoscenza della teologia e dei metodi pastorali.

Quanto al resto, si osservino religiosamente tutte le disposizioni che questo Concilio ha emanato, specialmente quelle del decreto relativo al ministero ed alla vita sacerdotale.

Una Chiesa particolare, per poter realizzare la propria opera missionaria, ha bisogno di ministri adatti, che vanno preparati tempestivamente in maniera rispondente alle condizioni di ciascuna di esse. E poiché gli uomini tendono sempre più a riunirsi in gruppi, è sommamente conveniente che le conferenze episcopali concordino una comune linea di azione, in ordine al dialogo da stabilire con tali gruppi. Se però in certe regioni esistono dei gruppi di uomini, che sono distolti dall'abbracciare la fede cattolica dall'incapacità di adattarsi a quella forma particolare che la Chiesa ha assunto in mezzo a loro, è senz'altro desiderabile che si provveda ad una tale situazione con misure particolari (105) finché non si arrivi a riunire tutti i cristiani in un'unica comunità. Se poi la santa Sede dispone di missionari preparati a questo scopo, pensino i singoli vescovi a chiamarli nelle proprie diocesi o li accolgano ben volentieri, favorendo efficacemente le loro iniziative.

Perché questo zelo missionario fiorisca nei membri della loro patria, è altresì conveniente che le giovani Chiese partecipino quanto prima effettivamente alla missione universale della Chiesa, inviando anch'esse dei missionari a predicare il Vangelo dappertutto nel mondo, anche se soffrono di scarsezza di clero. La comunione con la Chiesa universale raggiungerà in un certo senso la sua perfezione solo quando anch'esse prenderanno parte attiva allo sforzo missionario diretto verso le altre nazioni.

L'apostolato dei laici

21. La Chiesa non si può considerare realmente fondata, non vive in maniera piena, non è segno perfetto della presenza di Cristo tra gli uomini, se alla gerarchia non si affianca e collabora un laicato autentico. Non può infatti il Vangelo penetrare ben addentro nella mentalità, nel costume, nell'attività di un popolo, se manca la presenza dinamica dei laici. Perciò, fin dal periodo di fondazione di una Chiesa, bisogna dedicare ogni cura alla formazione di un maturo laicato cristiano.

La ragione è che i fedeli laici appartengono insieme al popolo di Dio e alla società civile. Appartengono anzitutto alla propria nazione, perché vi son nati, perché con la educazione han cominciato a partecipare al suo patrimonio culturale, perché alla sua vita si rannodano nella trama multiforme delle relazioni sociali, perché al suo sviluppo cooperano e danno un personale contributo con la loro professione, perché i suoi problemi essi sentono come loro problemi e come tali si sforzano di risolverli. Ma essi appartengono anche a Cristo, in quanto nella Chiesa sono stati rigenerati attraverso la fede e il battesimo, affinché, rinnovati nella vita e nell'opera, siano di Cristo (106), ed in Cristo tutto a Dio sia sottoposto, e finalmente Dio sia tutto in tutti (107).

Principale loro compito, siano essi uomini o donne, è la testimonianza a Cristo, che devono rendere, con la vita e con la parola, nella famiglia, nel gruppo sociale cui appartengono e nell'ambito della professione che esercitano. In essi deve realmente apparire l'uomo nuovo, che è stato creato secondo Dio in giustizia e santità della verità (108). Questa vita nuova debbono esprimerla nell'ambito della società e della cultura della propria patria, e nel rispetto delle tradizioni nazionali. Debbono perciò conoscere questa cultura, purificarla, conservarla e svilupparla in armonia con le nuove condizioni, e infine perfezionarla in Cristo, affinché la fede di Cristo e la vita della Chiesa non siano già elementi estranei alla società in cui vivono, ma comincino a penetrarla ed a trasformarla. I laici si sentano uniti ai loro concittadini da sincero amore, rivelando con il loro comportamento quel vincolo assolutamente nuovo di unità e di solidarietà universale, che attingono dal mistero del Cristo. Diffondano anche la fede di Cristo tra coloro a cui li legano vincoli sociali e professionali: questo obbligo è reso più urgente dal fatto che moltissimi uomini non possono né ascoltare il Vangelo né conoscere Cristo se non per mezzo di laici che siano loro vicini. Anzi, laddove è possibile, i laici siano pronti a cooperare ancora più direttamente con la gerarchia, svolgendo missioni speciali per annunziare il Vangelo e divulgare l'insegnamento cristiano: daranno così vigore alla Chiesa che nasce.

I ministri della Chiesa da parte loro abbiano grande stima dell'attività apostolica dei laici: li educhino a quel senso di responsabilità che li impegna, in quanto membra di Cristo, dinanzi a tutti gli uomini; diano loro una conoscenza approfondita del mistero del Cristo, insegnino loro i metodi di azione pastorale e li aiutino nelle difficoltà, secondo lo spirito della costituzione Lumen gentium e del decreto Apostolicam actuositatem.

Nel pieno rispetto dunque delle funzioni e responsabilità specifiche dei pastori e dei laici, la giovane Chiesa tutta intera renda a Cristo una testimonianza unanime, viva e ferma, divenendo così segno luminoso di quella salvezza che a noi è venuta nel Cristo.

Tradizioni particolari nell'unità ecclesiale

22. Il seme, cioè la parola di Dio, germogliando nel buon terreno irrigato dalla rugiada divina, assorbe la linfa vitale, la trasforma e l'assimila per produrre finalmente un frutto abbondante. Indubbiamente, come si verifica nell'economia dell'incarnazione, le giovani Chiese, che han messo radici in Cristo e son costruite sopra il fondamento degli apostoli, hanno la capacità meravigliosa di assorbire tutte le ricchezze delle nazioni, che appunto a Cristo sono state assegnate in eredità (109). Esse traggono dalle consuetudini e dalle tradizioni, dal sapere e dalla cultura, dalle arti e dalle scienze dei loro popoli tutti gli elementi che valgono a render gloria al Creatore, a mettere in luce la grazia del Salvatore e a ben organizzare la vita cristiana (110).

Per raggiungere questo scopo è necessario che, nell'ambito di ogni vasto territorio socio-culturale, come comunemente si dice, venga promossa una ricerca teologica di tal natura per cui, alla luce della tradizione della Chiesa universale, siano riesaminati fatti e parole oggetto della Rivelazione divina, consegnati nella sacra Scrittura e spiegati dai Padri e dal magistero ecclesiatico. Si comprenderà meglio allora secondo quali criteri la fede, tenendo conto della filosofia e del sapere, può incontrarsi con la ragione, ed in quali modi le consuetudini, la concezione della vita e la struttura sociale possono essere conciliati con il costume espresso nella Rivelazione divina. Ne risulteranno quindi chiari i criteri da seguire per un più accurato adattamento della vita cristiana nel suo complesso. Così facendo sarà esclusa ogni forma di sincretismo e di particolarismo fittizio, la vita cristiana sarà commisurata al genio e al carattere di ciascuna cultura (111), e le tradizioni particolari insieme con le qualità specifiche di ciascuna comunità nazionale, illuminate dalla luce del Vangelo, saranno assorbite nell'unità cattolica. Infine le nuove Chiese particolari, conservando tutta la bellezza delle loro tradizioni, avranno il proprio posto nella comunione ecclesiale, lasciando intatto il primato della cattedra di Pietro, che presiede all'assemblea universale della carità (112).

È dunque desiderabile, per non dire sommamente conveniente, che le conferenze episcopali si riuniscano insieme nell'ambito di ogni vasto territorio socio-culturale, per poter realizzare, in piena armonia tra loro ed in uniformità di decisioni, questo piano di adattamento.

CAPITOLO IV

I MISSIONARI

La vocazione missionaria

23. Benché l'impegno di diffondere la fede ricada su qualsiasi discepolo di Cristo in proporzione alle sue possibilità (113) Cristo Signore chiama sempre dalla moltitudine dei suoi discepoli quelli che egli vuole, per averli con sé e per inviarli a predicare alle genti (114). Perciò egli, per mezzo dello Spirito Santo, che distribuisce come vuole i suoi carismi per il bene delle anime (115), accende nel cuore dei singoli la vocazione missionaria e nello stesso tempo suscita in seno alla Chiesa quelle istituzioni (116) che si assumono come dovere specifico il compito della evangelizzazione che appartiene a tutta quanta la Chiesa.

Difatti sono insigniti di una vocazione speciale coloro che, forniti di naturale attitudine e capaci per qualità ed ingegno, si sentono pronti a intraprendere l'attività missionaria (117), siano essi autoctoni o stranieri: sacerdoti, religiosi e laici. Essi, inviati dalla legittima autorità, si portano per spirito di fede e di obbedienza presso coloro che sono lontani da Cristo, riservandosi esclusivamente per quell'opera per la quale, come ministri del Vangelo, sono stati scelti (118), « affinché l'offerta dei pagani sia ben accolta e santificata per lo Spirito Santo » (Rm 15,16) .

Spiritualità missionaria

24. Orbene, alla chiamata di Dio l'uomo deve rispondere in maniera tale da vincolarsi del tutto all'opera evangelica, « senza prender consiglio dalla carne e dal sangue » (119). Ed è impossibile dare una risposta a questa chiamata senza l'ispirazione e la forza dello Spirito Santo. Il missionario diventa infatti partecipe della vita e della missione di colui che «annientò se stesso, prendendo la natura di schiavo » (Fil 2,7); deve quindi esser pronto a mantenersi fedele per tutta la vita alla sua vocazione, a rinunciare a se stesso e a tutto quello che in precedenza possedeva in proprio, ed a « farsi tutto a tutti» (120).

Annunziando il Vangelo ai pagani, deve far conoscere con fiducia il mistero del Cristo, del quale è ambasciatore: è in suo nome che deve avere il coraggio di parlare come è necessario (121), senza arrossire dello scandalo della croce. Seguendo l'esempio del suo Maestro, mite e umile di cuore, deve dimostrare che il suo giogo è soave e il suo peso leggero (122). Vivendo autenticamente il Vangelo (123), con la pazienza, con la longanimità, con la benignità, con la carità sincera (124), egli deve rendere testimonianza al suo Signore fino a spargere, se necessario, il suo sangue per lui. Virtù e fortezza egli chiederà a Dio, per riconoscere che nella lunga prova della tribolazione e della povertà profonda risiede l'abbondanza della gioia (125). E sia ben persuaso che è l'obbedienza la virtù distintiva del ministro di Cristo, il quale appunto con la sua obbedienza riscattò il genere umano.

I messaggeri del Vangelo, per non trascurare la grazia che è in loro, devono rinnovarsi di giorno in giorno interamente nel loro spirito (126). Gli ordinari ed i superiori da parte loro procurino di riunire in determinati periodi i missionari per rinvigorirli nella speranza della loro vocazione e per aggiornare il ministero apostolico, fondando anche delle case a questo scopo.

Formazione spirituale e morale

25. Il futuro missionario deve ricevere una formazione spirituale e morale particolare per prepararsi a questo nobilissimo compito (127). Egli deve essere pronto a prendere iniziative, costante nel portarle a compimento, perseverante nelle difficoltà, paziente e forte nel sopportare la solitudine, la stanchezza, la sterilità nella propria fatica. Andrà incontro agli uomini francamente e con cuore aperto; accoglierà volentieri gli incarichi che gli vengono affidati; saprà adattarsi generosamente alla diversità di costume dei popoli ed al mutare delle situazioni; in piena armonia e con reciproca carità offrirà la sua collaborazione ai confratelli ed a tutti coloro che svolgono il suo stesso lavoro, in modo che tutti, compresi i fedeli, sull'esempio della prima comunità apostolica formino un cuore solo ed un'anima sola (128).

Tali disposizioni interne devono essere diligente mente promosse e coltivate già fin dal tempo della formazione, nonché elevate e nutrite attraverso la vita spirituale.

Il missionario, animato da viva fede e da incrollabile speranza, sia uomo di preghiera; sia ardente per spirito di virtù, di amore e di sobrietà (129); impari ad essere contento delle condizioni in cui si trova (130); porti sempre la morte di Gesù nel suo cuore con spirito di sacrificio, affinché sia la vita di Gesù ad agire nel cuore di coloro a cui viene mandato (131); nel suo zelo per le anime spenda volentieri del suo e spenda anche tutto se stesso per la loro salvezza (132), sicché « nell'esercizio quotidiano del suo dovere cresca nell'amore di Dio e del prossimo » (133). Solo così, unito al Cristo nell'obbedienza alla volontà del Padre, potrà continuare la missione sotto l'autorità gerarchica della Chiesa e collaborare al mistero della salvezza.

Formazione dottrinale e apostolica

26. Coloro che saranno inviati ai vari popoli pagani, se vogliono riuscire buoni ministri del Cristo, «siano nutriti dalle parole della fede e della buona dottrina» (1 Tm 4,6): essi le attingeranno soprattutto dalla sacra Scrittura, approfondendo quel mistero del Cristo di cui saranno poi messaggeri e testimoni.

Perciò tutti i missionari - sacerdoti, religiosi, suore e laici - debbono essere singolarmente preparati e formati, secondo la loro condizione, perché siano all'altezza del compito che dovranno svolgere (134). Fin dall'inizio la loro formazione dottrinale deve essere impostata in modo da non perdere di vista l'universalità della Chiesa e la diversità dei popoli. Ciò vale, sia per le discipline che servono a prepararli direttamente al ministero, sia per le altre scienze che possono loro riuscire utili per una conoscenza generale dei popoli, delle culture e delle religioni, orientata non soltanto verso il passato, ma soprattutto verso il presente. Chiunque infatti sta per recarsi presso un altro popolo, deve stimare molto il patrimonio, le lingue ed i costumi. È dunque indispensabile al futuro missionario attendere agli studi di missionologia, conoscere cioè la dottrina e le norme della Chiesa relative all'attività missionaria, sapere quali strade abbiano seguito nel corso dei secoli i messaggeri del Vangelo, essere al corrente della situazione missionaria attuale e dei metodi che si ritengono al giorno d'oggi più efficaci (135).

Benché questo ciclo integrale di insegnamento debba essere arricchito ed animato da zelo pastorale, bisogna dare tuttavia anche una speciale ed ordinata formazione apostolica, sia con la teoria che con le esercitazioni pratiche (136).

Il maggior numero possibile di religiosi e di suore siano ben istruiti e preparati nell'arte catechistica, onde collaborino sempre più all'apostolato. È necessario che anche coloro, i quali si impegnano solo temporaneamente nell'attività missionaria, acquistino una formazione adeguata alla loro condizione.

Tutti questi tipi di formazione poi vanno completati nei paesi nei quali sono inviati, in maniera che i missionari conoscano a fondo la storia, le strutture sociali e le consuetudini dei vari popoli, approfondiscano l'ordine morale, le norme religiose e le idee più profonde che quelli, in base alle loro tradizioni, hanno già intorno a Dio, al mondo e all'uomo (137). Apprendano le lingue tanto bene da poterle usare con speditezza e proprietà: sarà questo il modo per arrivare più facilmente alla mente ed al cuore di quegli uomini (138). Siano inoltre debitamente preparati di fronte a necessità pastorali di carattere particolare.

Alcuni di essi poi devono ricevere una più accurata preparazione presso gli istituti di missionologia o presso altre facoltà o università, per poter svolgere con maggiore efficacia dei compiti speciali (139) ed aiutare con la loro cultura gli altri missionari nell'esercizio del lavoro missionario, che specialmente ai nostri tempi presenta tante difficoltà ed insieme tante occasioni favorevoli. È inoltre auspicabile che le conferenze episcopali regionali abbiano a disposizione un buon numero di questi esperti, ed utilizzino la loro scienza ed esperienza nelle necessità del loro ministero. Non devono poi mancare gli esperti nell'uso degli strumenti tecnici e della comunicazione sociale, la cui importanza tutti devono apprezzare.

Gli istituti missionari

27. Tutto questo, benché sia indispensabile a chiunque viene inviato alle genti, in realtà molto difficilmente può essere realizzato dai singoli. Appunto perché l'opera missionaria stessa, come conferma l'esperienza, non può essere compiuta dai singoli individui, una vocazione comune li ha riuniti in istituti dove, mettendo insieme le loro forze, possono ricevere una formazione adeguata, per eseguire quell'opera a nome della Chiesa e dietro comando dell'autorità gerarchica. Per molti secoli tali istituti han portato il peso del giorno e del calore, sia che al lavoro missionario si dedicassero totalmente, sia che vi si dedicassero soltanto in parte. Spesso la santa Sede affidò loro dei territori immensi da evangelizzare, nei quali seppero riunire, per il Signore, un nuovo popolo, cioè una Chiesa locale gerarchicamente unita ai propri pastori. A queste Chiese appunto, che han fondato con il loro sudore o piuttosto con il loro sangue, essi presteranno servizio con il proprio zelo e la propria esperienza in una collaborazione fraterna, sia che esercitino la cura delle anime, sia che svolgano funzioni speciali in vista del bene comune.

Talvolta si assumeranno dei compiti più urgenti in tutto l'ambito di una determinata regione: ad esempio, l'evangelizzazione di certe categorie o di popoli che, per ragioni particolari, non hanno forse ricevuto ancora il messaggio evangelico, o ad esso han fatto finora resistenza (140). In caso di necessità, essi devono esser pronti a formare e ad aiutare con la loro esperienza coloro che si consacrano all'attività missionaria solo temporaneamente. Per tutte queste ragioni, ed anche perché molti sono ancora i popoli da condurre a Cristo, questi istituti restano assolutamente necessari.

CAPITOLO V

L'ORGANIZZAZIONE DELL'ATTIVITÀ MISSIONARIA

Introduzione

28. I cristiani, avendo carismi differenti (141), devono collaborare alla causa del Vangelo, ciascuno secondo le sue possibilità, i suoi mezzi, il suo carisma e il suo ministero (142). Tutti dunque, coloro che seminano e coloro che mietono (143), coloro che piantano e coloro che irrigano, devono formare una cosa sola (144), affinché « tendendo tutti in maniera libera e ordinata allo stesso scopo» indirizzino in piena unanimità le loro forze all'edificazione della Chiesa. Per tale ragione il lavoro dei messaggeri del Vangelo e l'aiuto degli altri cristiani vanno regolati e collegati in modo che « tutto avvenga in perfetto ordine » (145) in tutti i settori dell'attività e della cooperazione missionaria.

Organizzazione generale

29. Poiché il compito di annunciare dappertutto nel mondo il Vangelo riguarda primariamente il collegio episcopale (146) il sinodo dei vescovi, cioè «la commissione permanente dei vescovi per la Chiesa universale» (147), tra gli affari di importanza generale (148) deve seguire con particolare sollecitudine l'attività missionaria, che è il dovere più alto e più sacro della Chiesa (149).

Per tutte le missioni e per tutta l'attività missionaria uno soltanto deve essere il dicastero competente, ossia quello di « Propaganda Fide », cui spetta di regolare e di coordinare in tutto quanto il mondo, sia l'opera missionaria in se stessa, sia la cooperazione missionaria, nel rispetto tuttavia del diritto delle Chiese orientali (150).

Benché lo Spirito Santo susciti in diverse maniere lo spirito missionario nella Chiesa di Dio, prevenendo sovente l'azione stessa di coloro cui tocca governare la vita della Chiesa, tuttavia questo dicastero da parte sua deve promuovere la vocazione e la spiritualità missionaria, lo zelo e la preghiera per le missioni, e fornire a loro riguardo informazioni autentiche e valide. È suo compito suscitare e distribuire i missionari, secondo i bisogni più urgenti delle regioni. È suo compito elaborare un piano organico di azione, emanare norme direttive e principi adeguati in ordine all'evangelizzazione e dare l'impulso iniziale. È suo compito promuovere e coordinare efficacemente la raccolta dei sussidi, che vanno poi distribuiti tenendo conto della necessità o della utilità, nonché dell'estensione del territorio, del numero dei fedeli e degli infedeli, delle opere e delle istituzioni, dei ministri e dei missionari.

Esso, in collegamento con il segretariato per l'unità dei cristiani, deve ricercare i modi ed i mezzi con cui procurare ed organizzare la collaborazione fraterna e la buona intesa con le iniziative missionarie delle altre comunità cristiane, onde eliminare, per quanto è possibile, lo scandalo della divisione.

È necessario pertanto che questo dicastero costituisca insieme uno strumento di amministrazione ed un organo di direzione dinamica, che faccia uso dei metodi scientifici e dei mezzi adatti alle condizioni del nostro tempo, tenga conto cioè delle ricerche attuali di teologia, di metodologia e di pastorale missionaria.

Nella direzione di questo dicastero devono avere parte attiva, con voto deliberativo, dei rappresentanti scelti tra tutti coloro che collaborano all'attività missionaria: vescovi di tutto il mondo, su parere delle conferenze episcopali, e direttori degli istituti e delle opere pontificie, secondo le modalità ed i criteri che saranno stabiliti dal romano Pontefice. Tutti questi delegati verranno convocati periodicamente e reggeranno, sotto l'autorità del sommo Pontefice, la organizzazione suprema di tutta l'attività missionaria.

Lo stesso dicastero avrà a disposizione una commissione permanente di esperti consultori, veramente insigni per dottrina ed esperienza; tra le altre funzioni, essi avranno quella di raccogliere tutte le notizie utili, sia intorno alle situazioni locali delle varie regioni e alla mentalità propria dei diversi gruppi umani, sia intorno ai metodi di evangelizzazione da adottare, proponendo poi delle conclusioni scientificamente fondate per l'opera e la cooperazione missionaria.

Gli istituti di suore, le opere regionali per le missioni, le organizzazioni dei laici, in specie quelle a carattere internazionale, devono essere debitamente rappresentate.

Organizzazione locale nelle missioni

30. Perché nell'esercizio dell'attività missionaria si raggiungano quei risultati che ne costituiscono la finalità, tutti coloro che lavorano nelle missioni devono avere «un cuore solo ed un'anima sola» (At4,32).

È compito del vescovo, come capo e centro unitario dell'apostolato diocesano, promuovere, dirigere e coordinare l'attività missionaria, in modo tale tuttavia che sia salvaguardata ed incoraggiata nella sua spontaneità l'iniziativa di coloro che all'opera stessa partecipano. Tutti i missionari, anche religiosi esenti, dipendono da lui nelle varie opere che riguardano l'esercizio dell'apostolato sacro (151). Al fine di meglio coordinare le iniziative, il vescovo costituisca, per quanto è possibile, un consiglio pastorale, di cui devono fare parte chierici, religiosi e laici attraverso delegati scelti. Provveda anche a che l'attività apostolica non resti limitata ai soli convertiti, ma che una giusta parte di operai e di sussidi sia destinata all'evangelizzazione dei non cristiani.

Cooperazione stabilita dalle conferenze episcopali

31. Le conferenze episcopali devono trattare in pieno accordo le questioni più gravi e i problemi più urgenti, senza trascurare però le differenze tra luogo e luogo (152) Perché poi non si utilizzino male persone e mezzi, già di per sé insufficienti, perché non si moltiplichino senza vera necessità le iniziative, si raccomanda di fondare, mettendo insieme le forze, delle opere che servano per il bene di tutti, quali ad esempio i seminari, le scuole superiori e tecniche, i centri pastorali, catechistici e liturgici, e quelli per i mezzi di comunicazione sociale. Una tale cooperazione va eventualmente instaurata anche tra diverse conferenze episcopali.

Coordinazione locale degli istituti

32. Conviene anche coordinare le attività svolte dagli istituti o dalle associazioni ecclesiatiche. Esse, di qualsiasi tipo siano, devono dipendere, per tutto quanto riguarda l'attività missionaria, dall'ordinario del luogo. A tal fine sarà utilissimo fissare delle convenzioni particolari, atte a regolare i rapporti tra l'ordinario del luogo e il superiore dell'istituto.

Allorché ad un istituto viene affidato un territorio, sarà pensiero del superiore ecclesiatico e dell'istituto stesso di indirizzare tutto a questo fine: che la nuova comunità cristiana cresca e diventi una Chiesa locale, che poi, al momento opportuno, sarà retta da un proprio pastore con clero proprio.

Cessando il mandato su un territorio, si determina una nuova situazione. Allora le conferenze episcopali e gli istituti devono emanare di comune accordo le norme che regolino i rapporti tra gli ordinari dei luoghi e gli istituti (153). Tocca però alla santa Sede fissare i principi generali, in base ai quali devono essere concluse le convenzioni in sede regionale o anche quelle di carattere particolare.

Anche se gli istituti sono pronti a continuare l'opera iniziata, collaborando nel ministero ordinario della cura d'anime, bisognerà tuttavia provvedere, man mano che cresce il clero locale, a che gli istituti, compatibilmente con il loro scopo, rimangano fedeli alla diocesi stessa, impegnandosi generosamente in opere di carattere speciale o in una qualche regione.

Coordinazione tra gli istituti

33. È poi necessario che gli istituti che attendono all'attività missionaria in uno stesso territorio trovino la giusta maniera per coordinare le loro opere. A questo proposito sono di grande utilità le conferenze di religiosi e le unioni di suore, di cui devono far parte tutti gli istituti della stessa nazione o regione. Queste conferenze devono ricercare quanto si può fare in comune, mettendo cioè insieme le forze, e mantenersi in stretto contatto con le conferenze episcopali.

Tutto questo è bene sia esteso in forma analoga anche alla collaborazione tra istituti missionari nei paesi in cui hanno avuto origine, al fine di risolvere più facilmente e con minori spese tutte le questioni ed iniziative comuni: si pensi ad esempio alla formazione dottrinale dei futuri missionari, ai corsi per missionari, alle relazioni da inviare alle pubbliche autorità o agli organismi internazionali e soprannazionali.


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