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CONCLUSIONE

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2013 20:44
19/04/2013 20:44

CONCLUSIONE

67. Vogliamo concludere queste considerazioni nel cuore della Chiesa e nel cuore dell'uomo. La via della Chiesa passa attraverso il cuore dell'uomo, perché è qui il luogo recondito dell'incontro salvifico con lo Spirito Santo, col Dio nascosto, e proprio qui lo Spirito Santo diventa «sorgente di acqua, che zampilla per la vita eterna». Qui egli giunge come Spirito di verità e come Paraclito, quale è stato promesso da Cristo. Di qui egli agisce come consolatore, intercessore, avvocato--specialmente quando l'uomo, o l'umanità, si trova davanti al giudizio di condanna di quell'«accusatore», del quale l'Apocalisse dice che «accusa i nostri fratelli davanti al nostro Dio giorno e notte». Lo Spirito Santo non cessa di essere il custode della speranza nel cuore dell'uomo: della speranza di tutte le creature umane e, specialmente, di quelle che «possiedono le primizie dello Spirito» ed «aspettano la redenzione del loro corpo». Lo Spirito Santo, nel suo misterioso legame di divina comunione col Redentore dell'uomo, è il realizzatore della continuità della sua opera: egli prende da Cristo e trasmette a tutti, entrando incessantemente nella storia del mondo attraverso il cuore dell'uomo.

Qui egli diventa --come proclama la Sequenza liturgica della solennità di Pentecoste-- vero «padre dei poveri, datore dei doni luce dei cuori»; diventa «dolce ospite dell'anima», che la Chiesa saluta incessantemente sulla soglia dell'intimità di ogni uomo. Egli, infatti, porta «riposo e riparo» in mezzo alle fatiche, al lavoro delle braccia e delle menti umane; porta «riposo» e «sollievo» in mezzo alla calura del giorno, in mezzo alle inquietudini, alle lotte e ai pericoli di ogni epoca; porta, infine, la «consolazione», quando il cuore umano piange ed è tentato dalla disperazione. Per questo, la stessa Sequenza esclama: «Senza la tua forza nulla è nell'uomo, nulla è senza colpa». Solo lo Spirito Santo, infatti, «convince del peccato», del male, allo scopo di instaurare il bene nell'uomo e nel mondo umano: per «rinnovare la faccia della terra». Perciò, egli opera la purificazione da tutto ciò che «deturpa» l'uomo, da «ciò che è sordido»; cura le ferite anche più profonde dell'umana esistenza; cambia l'interiore aridità delle anime, trasformandole in fertili campi di grazia e di santità. Quello che è «rigido - lo piega», quello che è «gelido - lo riscalda», quello che è «sviato - lo raddrizza» lungo le vie della salvezza. Pregando così, la Chiesa incessantemente professa la sua fede: c'è nel nostro mondo creato uno Spirito che è un dono increato. È questi lo Spirito del Padre e del Figlio: come il Padre e il Figlio, è increato, immenso, eterno, onnipotente, Dio, Signore. Questo Spirito di Dio «riempie l'universo», e tutto ciò che è creato in lui riconosce la fonte della propria identità, in lui trova la propria trascendente espressione, a lui si volge e lo attende, lo invoca col suo stesso essere. A lui, come a Paraclito, a Spirito di verità e di amore, si rivolge l'uomo che vive di verità e di amore e che senza la fonte della verità e dell'amore non può vivere. A lui si rivolge la Chiesa, che è il cuore dell'umanità, per invocare per tutti ed a tutti dispensare quei doni dell'amore, che per mezzo suo «è stato riversato nei nostri cuori». A lui si rivolge la Chiesa lungo le intricate vie del pellegrinaggio dell'uomo sulla terra: e chiede, incessantemente chiede la rettitudine degli atti umani come opera sua; chiede la gioia e la consolazione, che solo lui, il vero consolatore, può portare scendendo nell'intimo dei cuori umani; chiede la grazia delle virtù, che meritano la gloria celeste; chiede la salvezza eterna, nella piena comunicazione della vita divina, a cui il Padre ha eternamente «predestinato» gli uomini, creati per amore ad immagine e somiglianza della Santissima Trinità. La Chiesa col suo cuore, che in sé comprende tutti i cuori umani, chiede allo Spirito Santo la felicità, che solo in Dio ha la sua completa attuazione: la gioia «che nessuno potrà togliere», la gioia che è frutto dell'amore e, dunque, di Dio che è amore; chiede «la giustizia, la pace e la gioia nello Spirito Santo», in cui, secondo san Paolo, consiste il Regno di Dio. Anche la pace è frutto dell'amore: quella pace interiore, che l'uomo affaticato cerca nell'intimo del suo essere. quella pace chiesta dall'umanità, dalla famiglia umana dai popoli, dalle nazioni, dai continenti, con una trepida speranza di ottenerla nella prospettiva del passaggio dal secondo al terzo Millennio cristiano. Poiché la via della pace passa in definitiva attraverso l'amore e tende a creare la civiltà dell'amore, la Chiesa fissa lo sguardo in colui che è l'amore del Padre e del Figlio e, nonostante le crescenti minacce, non cessa di aver fiducia, non cessa di invocare e di servire la pace dell'uomo sulla terra. La sua fiducia si fonda su colui che, essendo lo Spirito-amore, è anche lo Spirito della pace e non cessa di esser presente nel nostro mondo umano, sull'orizzonte delle coscienze e dei cuori, per «riempire l'universo» di amore e di pace. Davanti a lui io m'inginocchio al termine di queste considerazioni, implorando che, come Spirito del Padre e del Figlio, egli conceda a noi tutti la benedizione e la grazia, che desidero trasmettere, nel nome della Santissima Trinità, ai figli e alle figlie della Chiesa ed all'intera famiglia umana.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 18 maggio, Solennità di Pentecoste, dell'anno 1986, ottavo del mio Pontificato.

GIOVANNI PAOLO II


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