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Marzo1988 Catechesi sul Credo, parte II: Gesu' Figlio e Salvatore

Ultimo Aggiornamento: 06/04/2013 09:18
06/04/2013 09:16

La fede in Gesù Cristo nella prima comunità cristiana

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 2 marzo 1988

 

1. La fede è la risposta da parte dell’uomo alla parola della divina rivelazione. Le catechesi su Gesù Cristo che andiamo svolgendo nell’ambito del presente ciclo, fanno riferimento ai simboli della fede, specialmente al Simbolo apostolico e a quello niceno-costantinopolitano. Con il loro aiuto la Chiesa esprime e professa la fede che sin dall’inizio si formò in essa come risposta alla parola della rivelazione di Dio in Gesù Cristo. Lungo tutto il ciclo della catechesi abbiamo fatto ricorso a questa parola, per estrarre la verità in essa rivelata su Cristo stesso. Gesù di Nazaret è il Messia annunziato nell’antica alleanza. Il Messia (cioè il Cristo) - vero uomo (il “Figlio dell’uomo”) - è nella sua stessa persona Figlio di Dio, vero Dio. Una tale verità su di lui emerge dall’insieme delle opere e delle parole, che culminano definitivamente nell’evento pasquale della morte di croce e della risurrezione.

2. Questo insieme vivo di dati della rivelazione (l’autorivelazione di Dio in Gesù Cristo) s’incontra con la risposta della fede, prima presso coloro che sono stati i diretti testimoni della vita e del magistero del Messia, coloro che “hanno visto e hanno udito” . . . e le cui mani “hanno toccato” la realtà corporea del Verbo della vita (cf. 1 Gv 1, 1), e in seguito nelle generazioni di credenti in Cristo che si sono susseguite permanendo nella comunità della Chiesa. Come si è formata la fede della Chiesa in Gesù Cristo? A questo problema vogliamo dedicare le prossime catechesi; specialmente cercheremo di vedere come si è formata ed espressa questa fede agli inizi stessi della Chiesa, nel giro di quei primi secoli, che per la formazione della fede della Chiesa ebbero un’importanza particolare perché rappresentano il primo sviluppo della Tradizione viva che proviene dagli apostoli.

3. Occorre prima di tutto notare che tutte le testimonianze scritte su questo tema provengono dal periodo che seguì la dipartita di Cristo da questa terra. Certamente si vede riflessa e impressa in quei documenti la conoscenza diretta degli eventi definitivi, quali furono la morte in croce e la risurrezione di Cristo. Nello stesso tempo però quelle testimonianze scritte riguardano tutta l’attività di Gesù, e anzi tutta la sua vita, iniziando dalla nascita e dall’infanzia. Inoltre da quei documenti vediamo testimoniato un fatto: cioè che la fede degli apostoli e con ciò stesso anche della primissima comunità della Chiesa, si formò già nella tappa prepasquale della vita e del ministero di Cristo, per manifestarsi con potenza definitiva dopo la Pentecoste.

4. Un’espressione particolarmente significativa di questo fatto è la risposta di Pietro alla domanda posta un giorno da Gesù agli apostoli nei pressi di Cesarea di Filippo: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. E in seguito: “Voi chi dite che io sia?” (Mt 16, 13. 15). Ed ecco la risposta: “Tu sei il Cristo (= il Messia), il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). Così suona la risposta registrata da Matteo. Nel testo degli altri sinottici si parla del Cristo (Mc 8, 29) oppure del Cristo di Dio (Lc 9, 20), espressioni alle quali corrisponde anche il “tu sei il santo di Dio” di Giovanni (Gv 6, 69). In Matteo la risposta ha la forma più completa: Gesù di Nazaret è il Cristo cioè il Messia, il Figlio di Dio.

5. La stessa espressione di questa originaria fede della Chiesa la troviamo nelle prime parole del Vangelo secondo Marco: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio” (Mc 1, 1). Si sa che l’evangelista era strettamente legato a Pietro. La stessa fede la troviamo in seguito nell’intero insegnamento di Paolo apostolo, il quale sin dal tempo della sua conversione “nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio” (At 9, 20). E in seguito in molte sue lettere esprimeva la stessa fede in diversi modi (cf. Gal 4, 4; Rm 1, 3-4; Col 1, 15-18; Fil 2, 6-11; anche Eb 1, 1-4). Si può dunque dire che all’origine di questa fede della Chiesa vi sono i prìncipi degli apostoli, Pietro e Paolo.

6. Anche l’apostolo Giovanni, autore dell’ultimo Vangelo, scritto dopo gli altri, lo conclude con le famose parole, con cui attesta che esso è stato scritto “perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Gv 20, 31). Perché “chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio” (1 Gv 4, 15). Anche la sua voce autorevole ci fa dunque conoscere ciò che si credeva e si professava su Gesù Cristo nella Chiesa primitiva.

7. Gesù di Nazaret è il Figlio di Dio - questa è la fondamentale verità della fede in Cristo (Messia), formatasi presso gli apostoli in base alle opere e alle parole del loro maestro nel periodo prepasquale. Dopo la risurrezione la fede si è consolidata ancor più profondamente ed ha trovato espressione nelle testimonianze scritte.

E comunque un fatto significativo che la confessione: “Davvero costui era Figlio di Dio” (Mt 27, 54), la udiamo anche ai piedi della croce sulla bocca del centurione romano, e dunque di un pagano (cf. Mc 15, 39). In quell’ora suprema, quale mistero di grazia e di ispirazione divina operava negli animi sia di israeliti, sia di pagani: in una parola, di uomini!

8. Dopo la risurrezione uno degli apostoli, cioè Tommaso, fa una confessione che si riferisce ancor più direttamente alla divinità di Cristo. Lui che non voleva credere nella risurrezione, vedendo dinanzi a sé il Risorto esclama: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20, 28). Significativo in questa esclamazione è non solo il “mio Dio” ma anche il “mio Signore”. Poiché “Signore” (= “Kyrios”) già nella tradizione veterotestamentaria significava anche “Dio”. Tutte le volte infatti che si leggeva nella Bibbia l’“indicibile” nome proprio di Dio: Jahvè, esso veniva sostituito con l’“Adonai” - equivalente a “mio Signore”. Dunque anche per Tommaso Cristo è “Signore” - cioè Dio.

Alla luce di queste molteplici testimonianze apostoliche acquistano il loro pieno senso le parole pronunciate, il giorno di Pentecoste, da Pietro nel suo primo discorso alla folla radunata intorno agli apostoli: “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso” (At 2, 36). In altri termini: Gesù di Nazaret, uomo vero, che come tale ha subìto la morte in croce, è non solo il Messia atteso, ma anche “il Signore” (“Kyrios”) e dunque il vero Dio.

9. “Gesù è Signore . . . il Signore . . . il Signore Gesù”: questa confessione risuona sulla bocca del primo martire Stefano mentre viene lapidato (cf. At 7, 59-60). Essa ritorna spesso anche nell’annuncio di Paolo come ci risulta da molti passi delle sue lettere (cf. 1 Cor 12, 3; Rm 10, 9; 1 Cor 16, 22-23; 8, 6; 10, 21; 1 Ts 1, 8; 4, 15; 2 Cor 3, 18).

Nella prima lettera ai Corinzi l’Apostolo afferma: “Gesù è Signore” - nessuno può dirlo “se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1 Cor 12, 3). Già Pietro, dopo la sua confessione di fede a Cesarea, si era sentito rispondere da Gesù: “Né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio” (Mt 16, 17). Gesù aveva già avvertito: “Solo il Padre conosce il Figlio . . .” (cf. Mt 11,27). E solamente lo Spirito di verità gli può rendere una testimonianza adeguata (cf. Gv 15, 26).

10. Possiamo dunque dire che la fede in Cristo agli inizi della Chiesa si esprime in quelle due parole: “Figlio di Dio” e “Signore” (cioè “Kyrios-Adonai”). Essa è fede nella divinità del Figlio dell’uomo. In questo senso pieno lui e solo lui è il “Salvatore” - cioè l’artefice e datore della salvezza che solo Dio può concedere all’uomo. Questa salvezza consiste non solo nella liberazione dal male del peccato, ma anche nella elargizione di una nuova vita: di una partecipazione alla vita di Dio stesso. In questo senso “in nessun altro c’è salvezza”, secondo le parole dell’apostolo Pietro nella sua prima evangelizzazione (At 4, 12).

La stessa fede trova espressione in numerosi altri testi dei tempi apostolici, come negli Atti (Ex. Gr. At 5, 31; 13, 23), nelle lettere paoline (Rm 10, 9-13; Ef 5, 23; Fil 3, 20 s; 1 Tm 1, 1; 2, 3-4; 4, 10; 2 Tm 1, 10; Tt 1, 3 s; 2, 13; 3, 6), nelle lettere di Pietro (1 Pt 1, 11; 2 Pt 2, 20; 3, 18), di Giovanni (1 Gv 4, 14) ed anche di Giuda (Gd 25). Per essa vi è posto anche nel Vangelo dell’infanzia (cf. Mt 1, 21; Lc 2, 11).

11. Possiamo concludere: quel Gesù di Nazaret che abitualmente chiamava se stesso il “Figlio dell’uomo”, è il Cristo (cioè il Messia), è il Figlio di Dio, è il Signore (“Kyrios”), è il Salvatore: tale è la fede degli apostoli, che è alle basi della Chiesa sin dall’inizio.

La Chiesa ha custodito questa fede con sommo amore e venerazione trasmettendola alle nuove generazioni di discepoli e di seguaci di Cristo sotto la direzione dello Spirito di verità. Essa ha insegnato e difeso questa fede, cercando in ogni secolo non solo di custodire integro il suo essenziale contenuto rivelato, ma anche di approfondirlo costantemente e di spiegarlo a misura dei bisogni e delle possibilità degli uomini. Questo è il compito che è chiamata ad assolvere fino al tempo della definitiva venuta del suo salvatore e Signore.


Ai fedeli di lingua francese  

Je salue cordialement tous les visiteurs et pèlerins de langue française. Parmi vous, j’adresse mes vœux les meilleurs aux membres de la Conférence européenne des Administrations des Postes et Télécommunications qui tiennent une réunion de travail à la Cité du Vatican; je les encourage dans leurs tâches au service des relations entre les hommes.

Et je suis heureux d’accueillir ici la communauté du Séminaire français de Rome. Chers amis, je vous remercie de votre visite, je vous remercie de votre prière en union avec le successeur de Pierre. Et je vous souhaite, dans vos études théologiques, dans l’approfondissement de votre vocation, de découvrir toujours mieux la grandeur du message chrétien, la beauté du service sacerdotal, la joie d’offrir sa vie au Seigneur en se donnant totalement au service de l’Eglise.

A vous tous, je donne volontiers ma Bénédiction Apostolique.  

Ad alcuni gruppi di espressione inglese  

I am pleased to welcome all the English-speaking visitors present here today, especially those coming from Sweden, Korea and the United States. I offer a special word of welcome to the members of the American Military Conference of Catholic Women, to the group of pilgrims from Korea, and to the group of young Lutheran visitors from Stockholm.

To all of you and to your loved ones I cordially impart my Apostolic Blessing.

Ai pellegrini di lingua tedesca

Herzlich grüße ich alle heutigen deutschsprachigen Audienzteilnehmer: alle Einzelpilger und die genannten Gruppen, unter diesen besonders die anwesender Ordens-schwestern aus La Storta. Der geistlichen Vertiefung eurer Berufung erbitte ich den Beistand des Heiligen Geistes. Euch und allen Pilgern schenke Gott eine tiefe Erkenntnis Jesu Christi. Beten wir ihn mit Thomas an als unseren Herrn und unseren Gott. Dazu erteile ich euch allen von Herzen meinen besonderen Apostolischen Segen.

Ad alcuni gruppi di lingua spagnola  

Saludo ahora con afecto a los peregrinos de lengua española, venidos de España y de América Latina. De modo especial me complace saludar a las Religiosas Franciscanas de la Madre del Divino Pastor, procedentes de varios países, las cuales, con un curso de renovación espiritual, celebran el 25° aniversario de su profesión religiosa. Que el Señor os ayude a ser fieles a su llamada al servicio de la Iglesia y de los hermanos, especialmente los más necesitados.

Saludo igualmente al grupo de muchachas “quinceañeras” de Panamá. Que vuestra celebración juvenil signifique un mayor empeño en vuestra vida cristiana y en prepararos responsablemente para el día de mañana.

A todos agradezco vuestra presencia aquí y os imparto de corazón mi Bendición Apostólica.  

Ai fedeli polacchi  

Serdecznte witam wszystkich pielgrzymów z Polski, przede wszystkim księży biskupów: arcybiskupa Ablewicza, biskupa Jeża, biskupa Rozwadowskiego, biskupa Małysiaka. Prócz tego grupy pielgrzymów: z parafii św. Józefa w Zakroczymiu, diecezja płocka; przedstawicieli Ruchu Szensztackiego w Polsce; pielgrzymów indywidualnych zarówno z kraju, jak i z emigracji oraz uczestników grup turystycznych . . . . Okres Wielkiego Postu jest szczególnym okresem zbawienia. Starajmy się, aby nasza wiara w Jezusa Chrystusa w tym okresie zaowocowała też w szczególny sposób owocami zbawienia, dla nas, dla naszych bliskich, dla całej naszej Ojczyzny.  

Ai fedeli di lingua italiana

Saluto ora i pellegrini di lingua italiana, che sono sempre i più numerosi, ed in particolare saluto i partecipanti al corso di spiritualità mariana, promosso dall’Associazione Italiana di Santa Cecilia. Li accompagna il Vescovo di Treviso, presidente dell’Associazione, Monsignor Antonio Mistrorigo. Mi compiaccio per questa iniziativa, che intende introdurre gli organisti, i direttori di coro e gli animatori liturgici ad una comprensione spirituale sempre più profonda dei misteri celebrati nella Chiesa, affinché il loro servizio possa favorire una migliore partecipazione di tutta l’assemblea cristiana ai sacri riti.  

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Desidero poi salutare il Vescovo di Assisi Monsignor Sergio Goretti, ed il Sindaco di quella città, insieme con il gruppo dei giornalisti umbri dell’Unione Cattolica Stampa Italiana. Vi sono grato per quanto a suo tempo avete fatto per la buona riuscita della Giornata di Preghiera per la Pace e per l’impegno con cui continuate a lavorare per la diffusione del suo messaggio.  

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Saluto, ancora, i numerosi pellegrini di Santa Maria delle Grazie di Trecase, diocesi di Napoli, qui convenuti per festeggiare il quarto centenario della fondazione della loro comunità; quelli di San Giuseppe Artigiano alla Tiburtina in Roma, che ricordano il 30° anno di vita della loro parrocchia; i fedeli infine di Santa Maria a Castello, in Francolise, diocesi di Caserta, convenuti qui per celebrare solennemente l’Anno Mariano. A tutti l’augurio di fervido impegno per una vita personale e comunitaria in sintonia con il Vangelo.  

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Il mio pensiero va poi ai giovani dell’Oratorio “Centro giovanile Cristo Re” della parrocchia di Santo Stefano in Vimercate, diocesi di Milano. A tutti loro l’invito a crescere nella fede, per essere veri e generosi testimoni di Cristo nella vita.  

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Un invito ad essere forti nella fede va anche ai giovani Allievi sottufficiali della Scuola di Marina Militare di Taranto, accompagnati dal Comandante di Stato Maggiore e dal Cappellano. Su tutti invoco la costante protezione divina affinché l’esperienza che stanno vivendo serva alla loro crescita umana e contribuisca al benessere della Nazione.  

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Saluto anche l’intero gruppo degli artisti del Circo Italiano, della famiglia Vassallo. Auguro loro che il Signore sia vicino alla loro attività, non priva di difficoltà e di pericoli, affinché possano sempre offrire a quanti partecipano ai loro spettacoli ore di svago sano e rasserenante.  

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Rivolgo infine una parola di incoraggiamento al gruppo di direttori e docenti dei Centri di formazione professionale ed agli operatori tecnici, convenuti a Roma da diverse Nazioni dell’Africa e dell’America Latina, per conto del Centro “ELIS” (Educazione, Lavoro, Istruzione e Sport).

A tutti il mio cordiale saluto e la mia Benedizione.  

Ai giovani  

Mi rivolgo ora ai giovani.

Carissimi, da due settimane è iniziato il Tempo di Quaresima, ed è perciò opportuno interrogarsi su come procedono i propositi fatti per valorizzare pienamente questo tempo forte dell’anno, provvidenziale per rivedere la condotta della propria vita e lo stato dei rapporti con il Signore. In Quaresima, la Parola di Dio, offrendo giorno dopo giorno crescenti motivi di riflessione, è una guida sicura, che insegna a privilegiare l’interiore sull’esteriore, l’essenziale sull’effimero, l’essere sull’apparire. Se rimanete fedeli a questo duro, ma tonificante esercizio spirituale, il processo dell’autentica conversione procederà spedito e si tradurrà in atteggiamento di vita nuova. È l’augurio che vi faccio mentre vi benedico di cuore.  

Agli ammalati  

Agli ammalati, un cordiale ed affettuoso saluto. Carissimi, la vostra situazione porta certamente con sé un messaggio di cui bisogna scoprire l’intimo significato di fede. La malattia, mentre richiama al senso della precarietà dell’esistenza, si configura, infatti, come tappa decisiva nell’intima e profonda conoscenza del Cristo. Con Lui crocifisso, lo sguardo dell’anima diventa più capace di penetrare il mistero della Redenzione; con Lui si possono affrontare difficoltà e disagi, e si acquista maggiore forza e coraggio per sopportare ciò che a prima vista sembra senza senso e senza scopo. Nell’assicurarvi che ogni giorno vi ricordo al Signore, impatto a ciascuno di voi e alle vostre famiglie l’Apostolica Benedizione.  

Agli sposi novelli  

Un saluto, ora, agli sposi novelli presenti.

Carissimi, auspico di cuore che il sacramento, col quale avete coronato davanti al Signore il vostro amore, continui sempre ad operare in voi, così da rinsaldare gli impegni che, in conseguenza di esso avete assunto: il rispetto dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale e la fedeltà reciproca, l’accoglienza, e la difesa della vita, la volontà di educare i figli secondo la legge divina, l’apertura alle necessità dei fratelli più bisognosi. In tali compiti, vi sostenga la certezza che il Signore dà sempre la grazia ad essi necessaria; e vi accompagni propizia la mia Benedizione.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana





La fede della Chiesa in Gesù Cristo nelle definizioni dei primi concili ecumenici

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 9 marzo 1988

 

1. “Noi crediamo . . . in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, generato unigenito [termine greco] dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, consostanziale al Padre mediante il quale sono state fatte tutte le cose, sia quelle che sono in cielo che quelle che sono in terra. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese dal cielo, si è incarnato, si è fatto uomo, ha sofferto e risorse il terzo giorno, salì nei cieli, verrà per giudicare i vivi e i morti . . .” (cf. Denz.-Schönm., 125).

Questo è il testo della definizione, con cui il Concilio di Nicea (325) enunciò la fede della Chiesa in Gesù Cristo: vero Dio e vero uomo; Dio-Figlio, consostanziale al Padre Eterno, e uomo vero, con una natura come la nostra. Tale testo conciliare entrò quasi alla lettera nella professione di fede, che la Chiesa ripete nella liturgia e in altri momenti solenni, nella versione del Simbolo niceno-costantinopolitano (381) (cf. Denz.-Schönm, 150), sulla cui traccia è impostato tutto il ciclo delle nostre catechesi.

2. Il testo della definizione dogmatica conciliare riproduce gli elementi essenziali della cristologia biblica, che abbiamo passato in rassegna nelle precedenti catechesi di questo ciclo. Essi costituivano, sin dall’inizio, il contenuto della viva fede della Chiesa dei tempi apostolici, come abbiamo visto nell’ultima catechesi. Seguendo,la testimonianza degli apostoli, la Chiesa credeva e professava sin dall’inizio, che Gesù di Nazaret, figlio di Maria, e dunque vero uomo, crocifisso e risorto, è il Figlio di Dio, è il Signore (“Kyrios”), è l’unico Salvatore del mondo, dato all’umanità nella “pienezza del tempo” (cf. Gal 4, 4).

3. La Chiesa sin dall’inizio ha custodito questa fede e l’ha trasmessa alle successive generazioni cristiane. L’ha insegnata e l’ha difesa, cercando - sotto la guida dello Spirito di verità - di approfondirla e di spiegarne il contenuto essenziale, racchiuso nei dati della rivelazione. Il Concilio di Nicea (325) è stato su questa via di conoscenza e di formulazione del dogma un’autentica pietra miliare. È stato un evento importante e solenne, che da allora indicò la via della vera fede a tutti i seguaci di Cristo, ben prima delle divisioni della cristianità avvenute nei tempi successivi. Particolarmente notevole è il fatto che tale Concilio si sia riunito poco dopo che la Chiesa (nel 313) aveva acquistato la libertà di agire nella vita pubblica su tutto il territorio dell’impero romano, quasi a significare la volontà di permanenza nell’“una fides” degli apostoli mentre si aprivano al cristianesimo nuove vie di espansione.

4. In quell’epoca, la definizione conciliare rispecchia non solo la verità su Gesù Cristo ereditata dagli apostoli e fissata nei libri del nuovo testamento, ma ormai anche l’insegnamento dei Padri del periodo postapostolico, che - come si sa - era anche il periodo delle persecuzioni e delle catacombe. È doveroso e dolce per noi nominare qui almeno i due primi padri che col loro insegnamento, unito alla santità della vita, hanno decisamente contribuito a trasmettere la tradizione e il permanente patrimonio della Chiesa: sant’Ignazio d’Antiochia, dato in preda alle bestie selvagge a Roma nel 107 o 106, e sant’Ireneo di Lione, che subì la morte per martirio probabilmente nel 202; ambedue Vescovi e pastori delle loro Chiese. Di sant’Ireneo qui vogliamo ricordare che insegnando che Cristo è “vero uomo e vero Dio”, scriveva: “Come potrebbero gli uomini raggiungere la salvezza, se Dio non avesse operato la loro salvezza sulla terra? O come sarebbe l’uomo andato a Dio, se Dio non fosse venuto all’uomo?” (S. Irenaei “Adv. Haereses”, IV, 33. 4). Argomento - come si vede - soteriologico, che a sua volta trovò espressione anche nella definizione del Concilio di Nicea.

5. Il testo di sant’Ireneo appena riportato proviene dall’opera “Adversus Haereses” ossia da un libro che mirava alla difesa della verità cristiana contro gli errori degli eretici, che in quel caso erano gli ebioniti. I Padri apostolici nel loro insegnamento dovevano spessissimo assumere la difesa dell’autentica verità rivelata di fronte agli errori, che continuamente si facevano sentire in diversi modi.

All’inizio del IV secolo restò famoso Ario, il quale dette origine ad un’eresia che dal suo nome si chiamò arianesimo. Secondo Ario Gesù Cristo non è Dio: anche se preesistente alla nascita da Maria, egli è stato creato nel tempo. Il Concilio di Nicea respinse questo errore di Ario e nel farlo, spiegò e formulò la vera dottrina della fede della Chiesa con le parole che abbiamo riportato all’inizio di questa catechesi. Affermando che Cristo, come Figlio unigenito di Dio, è consostanziale al Padre [termine greco], il Concilio ha espresso in una formula adatta alla cultura (greca) di allora la verità che troviamo in tutto il nuovo testamento. Infatti sappiamo che Gesù dice di se stesso di essere “uno” con il Padre “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 30), e lo afferma davanti ad ascoltatori che a causa di ciò vogliono lapidarlo come bestemmiatore (cf. Gv 10, 31). L’afferma ulteriormente durante il giudizio, davanti al Sinedrio, il che gli procura la condanna a morte. Un elenco più dettagliato dei passi biblici su questo tema si trova nelle catechesi precedenti. Dal loro insieme risulta chiaramente che il Concilio di Nicea, parlando di Cristo come del Figlio di Dio, “dalla sostanza del Padre” [termine greco], come di “Dio da Dio”, eternamente “nato, non fatto”, non fa che confermare una precisa verità contenuta nella divina rivelazione, diventata verità della fede della Chiesa, verità centrale di tutto il cristianesimo.

6. Quando essa venne definita dal Concilio, si può dire che ormai tutto era maturo nel pensiero e nella coscienza della Chiesa per una tale definizione. Egualmente si può dire che la definizione non cessa di essere attuale anche ai nostri tempi, in cui antiche e nuove tendenze a riconoscere Cristo solamente come un uomo, sia pure straordinario e non come Dio, si manifestano in molti modi. Ammetterle o assecondarle sarebbe distruggere il dogma cristologico, ma nello stesso tempo significherebbe l’annientamento dell’intera soteriologia cristiana. Se Cristo non è vero Dio, egli non trasmette all’umanità la vita divina. Non è dunque il salvatore dell’uomo nel senso messo in luce dalla rivelazione dalla Tradizione. Violando questa verità della fede della Chiesa, si fa crollare tutta la costruzione del dogma cristiano, si annulla la logica integrale della fede e della vita cristiana, perché si elimina la chiave di volta di tutta la costruzione.

7. Ma dobbiamo subito aggiungere che confermando in modo solenne e definitivo questa verità, nel Concilio di Nicea la Chiesa ha nello stesso tempo sostenuto, insegnato e difeso la verità sulla vera umanità di Cristo. Anche questa verità era diventata oggetto di opinioni errate e di teorie eretiche. In particolare è da ricordare qui il docetismo (dall’espressione greca [termine greco]= sembrare). Questa concezione annullava la natura umana di Cristo, sostenendo che egli non possedeva un vero corpo, ma soltanto un’apparenza di carne umana. I doceti ritenevano che Dio non sarebbe potuto nascere realmente da una donna, non sarebbe potuto veramente morire in croce. Da questa loro posizione conseguiva che in tutta la sfera dell’incarnazione e della redenzione abbiamo a che fare solo con un’illusione della carne, in aperto contrasto con la rivelazione contenuta nei vari testi del nuovo testamento, tra i quali quelli di san Giovanni: “Cristo è venuto nella carne” (1Gv 4,2), “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1, 14), e di san Paolo, secondo il quale in questa carne Cristo si è fatto “obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (cf. Fil 2, 8).

8. Secondo la fede della Chiesa, attinta alla rivelazione, Gesù Cristo era vero uomo;proprio per questo il suo corpo umano era animato da una anima veramente umana. Alla testimonianza degli evangelisti, univoca su questo punto, corrispondeva l’insegnamento della Chiesa primitiva, come pure dei primi scrittori ecclesiastici, come Tertulliano (Tertulliani “De carne Christi”, 13, 4), che scriveva: “Nel Cristo . . . noi troviamo anima e carne, cioè un’anima anima (umana) e una carne carne”. Tuttavia correvano opinioni contrarie anche su questo punto, in particolare quelle di Apollinare, Vescovo di Laodicea (nato circa il 310 a Laodicea di Siria, morto circa il 390), e dei suoi seguaci (detti appunto apollinaristi), secondo i quali non ci sarebbe stata in Cristo una vera anima umana, perché sarebbe stata sostituita dal Verbo di Dio. Ma è chiaro che anche in questo caso si negava la vera umanità di Cristo.

9. Di fatti il Papa Damaso I (366-384) in una sua lettera ai Vescovi orientali (circa 374), indicava e respingeva contemporaneamente gli errori sia di Ario sia di Apollinare: “Essi (ossia gli ariani) pongono nel Figlio di Dio una divinità imperfetta, questi (ossia gli apollinaristi) affermano falsamente una incompleta umanità nel Figlio dell’uomo. Ma se veramente è stato assunto un uomo incompleto, imperfetta è l’opera di Dio, imperfetta la nostra salvezza, perché non è stato salvato tutto l’uomo! E noi, che sappiamo di essere stati salvati nella pienezza dell’essere umano, secondo la fede della Chiesa cattolica professiamo che Dio nella pienezza del suo essere ha assunto l’uomo nella pienezza del suo essere”. Il documento damasiano, steso cinquant’anni dopo Nicea, era però rivolto principalmente contro gli apollinaristi (cf. Denz.-Schönm., 146). Pochi anni dopo il I Concilio di Costantinopoli (381) condannò tutte le eresie del tempo, compresi l’arianesimo e l’apollinarismo, confermando ciò che il Papa Damaso I aveva enunciato sulla umanità di Cristo, alla quale appartiene per natura una vera anima umana (e dunque un vero intelletto umano, una libera volontà) (cf. Denz.-Schönm., 146.149.151).

10. L’argomento soteriologico con cui il Concilio di Nicea spiegò l’incarnazione, insegnando che il Figlio consostanziale al Padre si è fatto uomo “per noi uomini e per la nostra salvezza”, trovò nuova espressione nella difesa dell’integra verità su Cristo sia di fronte all’arianesimo, sia contro l’apollinarismo, fatta da papa Damaso e dal Concilio di Costantinopoli. In particolare nei riguardi di coloro che negavano la vera umanità del Figlio di Dio, quell’argomento soteriologico venne presentato in modo nuovo: perché l’uomo intero potesse essere salvato, l’intera (perfetta) umanità doveva essere assunta nell’unità del Figlio: “quod non est assumptum, non est sanatum” (cf. S. Gregorii Nazianzeni “Ep. 101 ad Cledon”).

11. Il Concilio di Calcedonia (451), condannando ancora una volta l’apollinarismo, completò in certo senso il Simbolo niceno della fede, proclamando Cristo “perfectum in deitate, eundem perfectum in humanitate”: “il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo (composto) di anima razionale e del corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per l’umanità [termine greco], «simile in tutto a noi fuorché nel peccato» (cf. Eb 4, 15), generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l’umanità, uno e medesimo Cristo Signore unigenito . . .” (“Symbolum Chalcedonense”: Denz.-Schönm., 301).

Come si vede, la faticosa elaborazione del dogma cristologico avvenuta ad opera dei Padri e dei Concili, ci riporta sempre al mistero dell’unico Cristo, Verbo incarnato per la nostra salvezza, quale ci è fatto conoscere dalla rivelazione, perché credendo in lui e amandolo, siamo salvati e abbiamo la vita (cf. Gv 20, 31).


Ai fedeli di lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Mit dieser kurzen Erinnerung an den Kern unseres gemeinsamen Glaubens grüße ich auch alle Besucher deutscher Sprache in dieser Audienz, darunter die Pilgergruppe von Familien aus Österreich, die mit der Internationalen Gemeinschaft das Werk verbunden sind. Ich ermutige Euch, Euren Glauben als erwachsene Christen überzeugen und froh zu leben und ihn dort gern weiterzuschenken, wo immer der Herr selbst bereits den Boden dafür bereitet hat. Allen anwesenden Besuchern aus Deutschland, Österreich und der Schweiz erbitte ich Gottes reichen Segen und treuen Schutz an hellen wie an dunkleren Tagen. Unter seiner Führung habt Ihr allen Grund, auf Eurem Lebensweg mit viel gutem Willen und großer Zuversicht voranzuschreiten.

Gelobt sei Jesus Christus.

Ai pellegrini francesi

Chers Frères et Sœurs,

Je suis heureux de saluer spécialement les responsables nationaux français de l’Action catholique des enfants. Je sais combien votre Mouvement s’efforce d’éveiller et de former les jeunes chrétiens de France à prendre une part active à la vie de leur école ou de leur quartier, en témoins de l’Evangile. Je vous encourage vivement à accomplir votre travail dans l’esprit même du Christ et avec l’amour de l’Eglise.

Mon salut très cordial va encore vers le sympathique groupe d’Africains francophones, venus à Turin pendant un mois pour se perfectionner dans le développement et l’animation des petites entreprises. Je vous offre tous mes vœux pour les tâches qui vous attendent au service de vos pays respectifs.

A tous les pèlerins de langue française ici présents, en particulier aux jeunes, j’accorde de grand cœur ma Bénédiction Apostolique.

Ai pellegrini di lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

I offer a very warm welcome to Cardinal Paulos Tzadua of Addis Ababa, and to the pilgrims from Ethiopia and Rome who have come with him today. I assure all of you of my prayers for yourselves and your loved ones, and in a special way for the Church in Ethiopia. My cordial greetings also go to the participants in the World Conference of the International Federation of Medical Students’ Associations. And I greet all the English-speaking pilgrims and visitors from Great Britain, Tanzania, Canada and the United States.

May Christ the Redeemer fill your minds and hearts with his peace. To all of you I impart my Apostolic Blessing.

Ai fedeli provenienti dall’America Latina e dalla Spagna

Amadísimos hermanos y hermanas,

Con afecto saludo a todos los peregrinos, llegados de América Latina o España, que están presentes en esta Audiencia. Asimismo me complace saludar a las Religiosas Esclavas del Sagrado Corazón. Pido de modo particular al Señor por vosotras para que sepáis entregaros siempre con plena generosidad al Esposo que un día llamó a las puertas de wuestro corazón. Deseo saludar también a los profesores y alumnos del Colegio “Nuestra Señora de la Consolación”, de Castellón de la Plana, así como a la peregrinación de la Tercera Edad, de las Islas Baleares. Que la Virgen Santísima os ilumine en esta Cuaresma y os conceda la gracia de llegar purificados a las celebraciones del Misterio Pascual.

Agradecido por vuestra cariñosa acogida, os imparto mi Bendicíón Apostólica, que extiendo a vuestros seres queridos.

Ai fedeli polacchi

Witam pitelgrzymow z Polski: w szczególności z diecezji koszalińsko-kołobrzeskiej; z Bydgoszczy grupę nauczycieli; z Essen w Niemczech Zachodnich grupę Polaków; reprezentantów Polski w zapasach klasycznych; pielgrzymów i turystów indywidualnych zarówno z kraju, jak z emigracji oraz uczestników grup turystycznych.

Ai pellegrini di lingua italiana

Desidero ora porgere il mio saluto al Signor Cardinale Paulos Tzadua, Arcivescovo di Addis Abeba, il quale presiede un pellegrinaggio della parrocchia romana del Santo Nome di Maria, della quale è titolare. Lo accompagna un gruppo di suoi condiocesani, provenienti dall’Etiopia, e con lui sono presenti il parroco, i sacerdoti, ed un bel numero di fedeli della parrocchia romana, affidata alla protezione della Vergine. Carissimi, vi ringrazio per questa vostra visita, che vuole ricambiare l’incontro pastorale dello scorso anno. Mi compiaccio per il gesto di singolare ospitalità che avete avuto verso la Chiesa etiopica, una Chiesa che vive nella sofferenza, come tutti sanno, ma che vuole rimanere fedele alla sua missione di annunciare ai poveri con generosità e fiducia il messaggio del vangelo. Formulo l’auspicio che tale segno di fraternità porti buoni frutti anche per le iniziative pastorali della vostra parrocchia e vi ringrazio per le preghiere che rivolgete a Dio per me.

* * *

Saluto poi i pellegrini della Diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, guidati dal loro Vescovo Monsignor Domenico Pecile. Benedico volentieri l’immagine della Vergine “Madre della Chiesa”, che avete portato con voi, mentre formulo cordialmente voti per la “peregrinatio” che intendete realizzare con tale immagine attraverso le varie parrocchie.

* * *

Il mio pensiero va poi ai pellegrini dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, che ogni anno organizzano una visita a Roma, quale segno della loro comunione con la Sede di Pietro. Vi ringrazio di cuore ed auspico che questa visita conforti la vostra testimonianza cristiana.

* * *

Saluto il gruppo delle “Pie Madri della Nigrizia”, convenute a Roma per un corso di rinnovamento spirituale e di aggiornamento, ed ora in procinto di tornare nelle loro missioni. A tutte un pensiero di augurio e di compiacimento per la loro opera. Le accompagna la mia preghiera, insieme con la mia Benedizione.

* * *

Rivolgo ancora una parola di apprezzamento per i partecipanti al convegno “Longevity Forum”. Il problema della qualità della vita e del suo sviluppo nel contesto delle presenti condizioni ambientali è al centro dell’attenzione e dello studio di tale riunione.

Nel rivolgere ai partecipanti il mio saluto, esprimo l’auspicio che la sensibilità per i problemi umani posti dallo sviluppo moderno consenta di promuovere un progresso in cui i valori etici e spirituali non siano mai sopraffatti da interessi inferiori all’uomo.

A tutti la mia Benedizione.

Ai giovani

Carissimi giovani! A voi ora intendo indirizzare un particolare saluto. Oggi è la festa di Santa Francesca Romana, una delle glorie della storia della Chiesa di Roma: un modello di vita attuale anche per voi giovani di oggi, benché siano trascorsi secoli da quando ella visse. Francesca fu infatti uno splendido esempio di carità verso Dio e verso il prossimo. Si racconta che fin da giovane essa amava leggere antichi codici, nei quali si narrava la vita dei Santi, che furono per lei veri maestri. Nutrite anche voi il vostro spirito, carissimi giovani, di questi esempi sublimi, perché, con l’aiuto di Dio, la vostra vita raggiunga la pienezza del suo valore. La mia Benedizione vi accompagna.

Agli ammalati

Carissimi ammalati! Vi saluto tutti con effusione d’affetto. Quanto non si prodigò Santa Francesca per lenire le sofferenze degli uomini, profondendo in questa missione di carità tutte le ricchezze materiali e morali che Dio le aveva concesso. L’augurio che esprimo dal profondo del cuore è che anche voi possiate trovare anime buone e generose che vi aiutino nel cammino difficile che state percorrendo; ed in ogni caso, se accoglierete con fede i vostri disagi, non vi mancheranno le consolazioni del cielo. Santa Francesca preghi per voi!

Ed io v’imparto la mia Benedizione.

Agli sposi novelli

Carissimi sposi novelli! Santa Francesca ha qualcosa da insegnare anche a voi, giacché anch’essa fu sposa e madre generosa, non chiusa nella propria famiglia, ma aperta alle necessità sociali del suo tempo. Come Lei, ogni persona sposata possiede un cuore ed una mente, possiede proprie energie spirituali - che sono le più importanti - per far del bene non solo a se stessa, ma anche alle altre famiglie ed alla società. E più doniamo agli altri, più Dio dona a noi. Ad essere generosi non ci si perde mai. Santa Francesca vi indichi la strada! Mentre io vi benedico di tutto cuore.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana

 


06/04/2013 09:18

Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo Figlio della beata Vergine Maria

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 16 marzo 1988

 

1. Dai grandi Concili cristologici di Nicea e di Costantinopoli è stata formulata la verità fondamentale della nostra fede, fissata anche nel Simbolo: Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, consostanziale al Padre per quanto concerne la divinità, della nostra stessa natura per quanto concerne l’umanità. A questo punto della nostra catechesi occorre notare che dopo le spiegazioni conciliari circa la verità rivelata sulla vera divinità e la vera umanità di Cristo, sorse l’interrogativo su una corretta comprensione dell’unità di questo Cristo, che è nello stesso tempo pienamente Dio e pienamente uomo.

La questione riguardava il contenuto essenziale del mistero dell’incarnazione, e dunque del concepimento e della nascita umana di Cristo dalla Vergine Maria. Sin dal III secolo era invalso l’uso di chiamarla “Theotokos” = Madre di Dio: espressione che si trova, tra l’altro, nella più antica preghiera mariana, il “Sub tuum praesidium”: “Sotto la tua protezione ci rifugiamo, santa Madre di Dio . . .”. È una antifona frequentemente recitata dalla Chiesa sino ad oggi: il più antico testo che la riporta si trova su un papiro rinvenuto in Egitto, databile al periodo che sta a cavallo tra il III e il IV secolo.

2. Ma proprio questa invocazione “Theotokos” fu contestata, all’inizio del V secolo, da Nestorio con i suoi seguaci. Egli sosteneva che Maria può essere chiamata solamente Madre di Cristo e non Madre di Dio (Genitrice di Dio). Questa posizione rientrava nell’atteggiamento di Nestorio circa il problema dell’unità di Cristo. Secondo Nestorio la divinità e l’umanità non si erano unite come in un solo soggetto personale, nell’essere terreno che aveva cominciato a esistere nel grembo della Vergine Maria dal momento dell’annunciazione. In contrapposizione all’arianesimo, che presentava il Figlio di Dio come inferiore al Padre, e al docetismo, che riduceva l’umanità di Cristo a una semplice parvenza, Nestorio parlava di una presenza speciale di Dio nella umanità di Cristo, come in un essere santo, come in un tempio, sicché sussisteva in Cristo una dualità non solo di natura, ma anche di persona, quella divina e quella umana, e la Vergine Maria essendo Madre di Cristo-uomo, non poteva essere ritenuta né chiamata Madre di Dio.

3. Il Concilio di Efeso (431), contro le idee nestoriane, confermò l’unità di Cristo quale risultava dalla rivelazione ed era stata creduta e affermata dalla tradizione cristiana “sancti patres” - (cf. Denz.-Schönm., 250-266), e definì che Cristo è lo stesso Verbo eterno, Dio da Dio, che come Figlio è da sempre “generato” dal Padre, e secondo la carne è nato nel tempo dalla Vergine Maria. Perciò essendo Cristo un solo essere, Maria ha il pieno diritto di godere del titolo di Madre di Dio, così come ormai da tempo viene espresso nella preghiera cristiana e nel pensiero dei “padri” (cf. Denz.-Schönm., 251).

4. La dottrina del Concilio di Efeso fu successivamente formulata nel cosiddetto “simbolo dell’unione” (433) che pose fine alle residue controversie post-conciliari con le seguenti parole: “Noi confessiamo che nostro Signore Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, Dio perfetto e uomo perfetto, composto di anima razionale e di corpo, concepito dal Padre prima dei secoli quanto alla sua divinità, è lo stesso che negli ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza è nato dalla Vergine Maria quanto alla sua umanità; lo stesso che è consostanziale al Padre secondo la divinità, è consostanziale anche a noi secondo l’umanità: infatti è stata compiuta l’unione delle due nature (umana e divina). Perciò confessiamo un solo Cristo, un solo Figlio, un solo Signore” (Denz.-Schönm., 272).

“In virtù di questa unione senza confusione, noi confessiamo la beata Vergine Madre di Dio, perché il Verbo-Dio si è incarnato e umanato, e mediante lo stesso concepimento (in Maria) ha unito a sé il tempio da lei preso” (Denz.-Schönm., 272). Stupendo concetto dell’umanità-tempio veramente assunta dal Verbo in unità di persona nel grembo di Maria!

5. Il documento che porta il nome di “formula unionis”, fu il risultato di ulteriori rapporti tra il vescovo Giovanni di Antiochia e san Cirillo d’Alessandria, i quali ricevettero per questo motivo le congratulazioni del Papa san Sisto III (432-440). Il testo già parlava dell’unione delle due nature nello stesso ed unico soggetto, Gesù Cristo. Ma poiché erano sorte nuove controversie, specialmente ad opera di Eutiche e dei monofisiti, i quali sostenevano l’unificazione e quasi la fusione delle due nature nell’unico Cristo, alcuni anni dopo si riunì il Concilio di Calcedonia (451) che in consonanza con l’insegnamento del Papa san Leone Magno (440-461), per una migliore precisazione del soggetto di questa unione di nature, introdusse il termine “persona”. Fu una nuova pietra miliare nel cammino del dogma cristologico.

6. Nella formula della definizione dogmatica, il Concilio di Calcedonia ripeteva quella di Nicea e di Constantinopoli, e faceva sua la dottrina di san Cirillo a Efeso e quella contenuta nella “lettera a Flaviano del presule Leone, beatissimo e santissimo arcivescovo della grandissima e antichissima città di Roma . . . in armonia con la confessione del grande Pietro . . . e per noi sicura colonna” (cf. Denz.-Schönm., 300), e infine precisava: “Seguendo, quindi, i santi padri, all’unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio: il Signore nostro Gesù Cristo . . ., uno e medesimo Cristo signore unigenito: da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipostasi; egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio, unigenito, Dio, Verbo e Signore Gesù Cristo, come prima i profeti e poi lo stesso Gesù Cristo ci hanno insegnato di lui, e come ci ha trasmesso il Simbolo dei padri” (cf. Denz.-Schönm., 301-302).

Era una chiara e vigorosa sintesi della fede nel mistero di Cristo, ricevuta dalla Sacra Scrittura e dalla sacra Tradizione (“sanctos Patres sequentes”), che si serviva di concetti ed espressioni razionali: natura, persona, appartenenti al linguaggio corrente: in tal modo furono elevate alla dignità della terminologia filosofica e teologica, come avvenne specialmente dopo quella definizione conciliare. Il Concilio però assumeva quei concetti e quei termini dalla lingua corrente, senza riferimento ad un particolare sistema filosofico. È anche da notare la preoccupazione della precisione nella scelta dei vocaboli che ebbero quei Padri conciliari. Nel testo greco, la parola [termine greco] corrispondente a “persona”, indicava piuttosto il lato esterno, fenomenologico (letteralmente: la maschera nel teatro) dell’uomo, e perciò i padri si servivano, accanto a questa parola, di un altro termine: “ipostasi” [termine greco], che indica la specificità ontica della persona.

Rinnoviamo anche noi la professione della fede in Cristo, nostro salvatore, con le parole di quella formula veneranda, alla quale si sono rifatte innumerevoli generazioni di cristiani, da essa attingendo luce e forza per una testimonianza spinta a volte fino alla prova suprema del sangue.


Ai fedeli di lingua tedesca  

Liebe Brüder und Schwestern!

MIT DIESEN ANREGUNGEN zur Vertiefung unseres gemeinsamen Glaubens grüße ich noch einmal herzlich alle Besucher aus Deutschland, Österreich und der Schweiz. Einen besonderen Segenswunsch richte ich an die Diakone aus der Erzdiözese Paderborn, auf daß sie ihren Weg zum Priestertum aus der Kraft einer treuen Freundschaft zu Christus gestalten. Mit aufrichtiger Anerkennung nenne ich auch die Studentengruppe unter der Führung der Arbeitsgemeinschaft Katholischer Studentenverbindungen sowie der Katholischen Hochschulgemeinde Speyer; das große Kreuz, das ein Jahr lang durch die deutschen Hochschulgemeinden getragen worden ist, verbinde euch immer tiefer mit dem Erlöser der Welt und mit allen Leidenden dieser Erde. Schließlich danke ich in euer aller Namen den beiden Chören aus Wintersdorf, die uns mit ihrem gekonnten Gesang erfreut haben. Gelobt sei Jesus Christus!  

Ai pellegrini di lingua inglese

I WISH TO EXTEND a warm welcome to the group of pilgrims from Saint Louis, and in particular to the priests of the Archdiocese who are celebrating their thirty-fifth anniversary of ordination. I also greet the member of the pilgrimage from Anchorage, Alaska.

To all the English-speaking visitors I offer my cordial greetings, especially to those coming from Wales, Canada and the United States. I pray that the Lenten season will be for all of us a time of continuing conversion and spiritual renewal. May the Lord bless you with his peace and joy.

Ai fedeli di lingua spagnola  

Amadísimos hermanos y hermanas,

DESEO SALUDAR AHORA con afecto a los peregrinos de lengua española, procedentes de España y de América Latina. De modo especial, saludo al grupo de estudiantes del Colegio Sagrado Corazón de Arequipa, Perú. Que vuestra visita a la tumba de San Pedro os ayude a amar más y más a la Iglesia y a der testimonio de vuestra vida cristiana en medio de la sociedad.

A todos imparto de corazón mi Bendición Apostólica.  

Ai pellegrini polacchi  

WITAM WSZYSTKICH pielgrzymów - rodaków: z archidiecezji w Białymstoku; z WrocŁawia grupę Logos-Tour; wielu pielgrzymów zarówno z kraju, jak i z emigracji, w szczególności przedstawicieli Polonii niemieckiej z Hamburga, Niedersachsen, Essen, z Westfalii, Bochum; z kolei uczestników grup turystycznych Orbis, PKS, Sport-Tourist . . . Niech Bóg błogosławi wszystkim w przygotowaniu się do świąt Zmartwychwstania Pańskiego.  

Ai numerosi gruppi italiani  

DESIDERO ORA rivolgere il mio saluto ai pellegrini di lingua italiana, ed anzitutto al Vescovo di Acqui, Monsignor Livio Maritano, il quale accompagna un gruppo di suoi diocesani. Cari fedeli di Acqui, a voi il mio benvenuto, insieme con l’augurio che la vostra visita alle memorie cristiane di Roma, e specialmente la sosta alla Tomba di Pietro, rafforzino la comune fede e la vostra unione con la Chiesa universale.  

* * *  

UNO SPECIALE PENSIERO va al numeroso gruppo dell’Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante di Lugo (Ravenna), convenute a Roma per la celebrazione del centenario di fondazione della Comunità. Care Sorelle, vi saluto cordialmente e mi compiaccio per le numerose opere di apostolato, di carità e di formazione che in Italia e fuori voi sostenete con tanto zelo e con tanta fedeltà allo spirito dei vostri Fondatori. Siate sempre fedeli all’impegno spirituale, espresso da Monsignor Morelli con le parole: “Lo spirito delle Ancelle è in tutto conforme a quello di Cristo, totalmente fondato nell’umiltà, sacrificio e amore”. Il Signore assista la vostra Congregazione e le dia un costante sviluppo. E con voi, benedico il gruppo delle vostre alunne, qui presenti con i genitori.  

* * *  

SALUTO POI gli Assistenti Generali ed i Provinciali dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Auspico per tutte le vostre comunità incessante fervore missionario e copiose grazie dello Spirito Santo, che rafforzino la collaborazione da voi prestata all’opera di evangelizzazione, che la Chiesa svolge tra i popoli del mondo. Vi accompagna la mia preghiera.  

* * *  

SALUTO I FEDELI della Parrocchia di Santa Maria e San Giacomo in Massignano, in diocesi di Fermo, e volentieri benedico la statua della Vergine che essi porranno sul campanile della loro chiesa, a ricordo di questo Anno Mariano e della missione parrocchiale in programma per le vicine festività pasquali.  

* * *  

AGLI ANZIANI dell’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, residenti nel comune di Gragnano, va il mio cordiale saluto. Mi compiaccio vivamente per le iniziative sociali alimentate nel vostro gruppo ed auguro che esse possano recare il conforto della carità e della solidarietà cristiane a quanti ne partecipano: e vi sono vicino col pensiero e con la preghiera.  

* * *  

SALUTO POI il gruppo delle novizie delle Suore di Santa Marcellina ed il gruppo delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Novara e Bologna, presenti a Roma per un corso di Esercizi. Desidero esortarvi tutte a perseverare con cordiale generosità nella preparazione alla grande e sempre urgente opera dell’educazione e formazione della gioventù femminile: e mentre vi assicuro il mio ricordo, con voi saluto le vostre comunità.  

* * *  

PORGO INFINE il mio saluto ai cresimandi dell’Oratorio San Luigi, in Turate, dell’arcidiocesi di Milano, che sono accompagnati dal Vice-Parroco e dai loro catechisti. Cari ragazzi e ragazze, nella preparazione che andate compiendo per ricevere il sacramento della Confermazione, avete voluto inserire un viaggio a Roma per vedere e capire più da vicino chi è e che cosa fa il Papa. Sono veramente contento di dare una risposta a queste vostre domande con le parole stesse del Concilio Vaticano II: il Papa è il Successore di Pietro, sul quale Cristo “stabilì il principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede”;  È colui che, per mandato di Gesù deve “confermare i fratelli”;  il Papa annuncia l’amore del Signore ai fedeli e agli uomini di buona volontà, e così, e in altri modi ancora Egli vuole servire la Chiesa e il mondo. Mentre vi esorto a continuare con gioioso impegno la vostra formazione spirituale, auspico di cuore che, ricevendo il sacramento della maturità cristiana, possiate diventare anche voi autentici testimoni del Vangelo.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.  

Ai giovani  

CARISSIMI GIOVANI! È motivo di gioia incontrarmi con voi ed esprimervi il mio cordiale saluto. Il fatto di essere venuti qui per prendere parte a questa Udienza già di per sé dice che siete giovani che desiderano testimoniare la loro scelta per Cristo. Abbiate sempre il coraggio di essere coerenti e di uscire allo scoperto per partecipare agli altri, soprattutto ai vostri coetanei, la gioia che a voi deriva dalla ricerca di Dio e dall’amicizia con Cristo. Soprattutto in questo tempo di Quaresima, che è tempo di più intima conversazione con Dio, non tralasciate occasione per riflettere sul disegno divino sopra di voi e siate perseveranti in un impegno tanto meritevole, qual è quello della risposta piena alla chiamata del Signore.

Vi benedico di cuore tutti!  

Agli ammalati  

SALUTO PURE voi, ammalati, che siete sempre benvenuti in questi incontri settimanali. In questi giorni di Quaresima, in cui la Chiesa ci invita in modo particolare a partecipare al pio esercizio della Via Crucis, voisiete certamente uniti a Gesù e alla Beata Vergine nel ricordo delle loro sofferenze, alle quali aggiungete le vostre per contribuire alla conversione dei peccatori e alla salvezza del mondo. In questo modo i vostri patimenti non cadranno nel vuoto, ma saranno titoli di merito per le vostre anime e per quelle dell’intera umanità.

Vi conforti la mia Benedizione Apostolica.  

Agli sposi novelli  

ANCHE A VOI, carissimi sposi, va il mio saluto beneaugurante. Vi esprimo le mie congratulazioni per il passo che avete compiuto davanti all’altare e per l’impegno di vita cristiana, col quale vi siete uniti in matrimonio. Restate sempre fedeli alla grazia del Sacramento che avete ricevuto, e siate vigilanti per non cadere nella tentazione dell’orgoglio e della infedeltà. Il Signore vi assista e renda la vostra nuova famiglia feconda di ogni bene. Vi benedico nel nome del Signore.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana





La fede della Chiesa in Gesù Cristo nelle antiche definizioni conciliari

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 23 marzo 1988

 

1. In queste nostre catechesi stiamo riflettendo sulle antiche definizioni conciliari, nelle quali è venuta formulandosi la fede della Chiesa. Un punto fermo in tale formulazione fu posto dal Concilio di Calcedonia (451), il quale con una definizione solenne precisò che in Gesù Cristo le due nature, la divina e l’umana, si sono unite (senza confusione) in un unico soggetto personale che è la divina Persona del Verbo-Dio. A motivo del termine [termine greco] si è soliti parlare di unione ipostatica. Infatti la stessa persona del Verbo-Figlio è generata eternamente dal Padre per quanto concerne la sua divinità; nel tempo invece è stata concepita ed è nata dalla Vergine Maria per quanto concerne la umanità. La definizione di Calcedonia dunque riafferma, sviluppa e spiega ciò che la Chiesa ha insegnato nei Concili precedenti e ciò che è testimoniato dai padri, per esempio per bocca di sant’Ireneo, il quale parla di “Cristo uno e medesimo” (cf. ex. gr., S. Irenaei “Adversus Haereses”, III, 17, 4).

Va qui notato che con la dottrina circa la divina Persona del Verbo-Figlio, il quale assumendo la natura umana è entrato nel mondo delle persone umane, sono state messe in rilievo dal Concilio anche la dignità dell’uomo-persona e le relazioni esistenti tra le varie persone; e anzi si può dire che è stata richiamata l’attenzione sulla realtà e la dignità dell’uomo singolo, dell’uomo che è un soggetto inconfondibile di esistenza, di vita, e quindi di doveri e di diritti. Come non vedere in ciò il punto di partenza per tutta una nuova storia di pensiero e di vita? Perciò l’incarnazione del Figlio di Dio è il fondamento, la fonte e il modello sia di un nuovo ordine soprannaturale di esistenza per tutti gli uomini, che proprio a quel mistero attingono la grazia che li santifica e salva; sia di un’antropologia cristiana, che si proietta anche nella sfera naturale del pensiero e della vita con la sua esaltazione dell’uomo come persona, posta al centro della società e si può dire del mondo intero.

2. Torniamo al Concilio di Calcedonia per dire che esso ha confermato l’insegnamento tradizionale sulle due nature in Cristo contro la dottrina monofisita (mono-physis = una natura) propagatasi dopo quel Concilio. Precisando che l’unione delle due nature [termine greco] avviene in una Persona, il Concilio di Calcedonia ha ancor più pienamente messo in rilievo la dualità di queste nature, come abbiamo letto nel testo della definizione riportata precedentemente: “Noi insegniamo a confessare . . . che si deve riconoscere l’unico e medesimo Cristo unigenito Figlio e Signore sussistente nelle due nature in modo inconfuso, immutabile, indiviso, inseparabile, non essendo in alcun modo soppressa la differenza delle nature a causa dell’unione, anzi rimanendo salvaguardata la proprietà dell’una e dell’altra natura” (Denz.-Schönm., 302). Ciò significa che la natura umana in nessun modo è stata “assorbita” da quella divina. Grazie alla sua natura divina Cristo è “consostanziale al Padre secondo la divinità”, grazie alla natura umana è “consostanziale anche a noi secondo l’umanità” [termine greco].

Dunque Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. D’altra parte la dualità delle nature non intacca in alcun modo l’unità di Cristo, che è data dalla perfetta unità della Persona divina.

3. Ci resta da osservare che, secondo la logica del dogma cristologico, l’effetto della dualità di nature in Cristo è la dualità di volontà e di operazioni, pur nell’unità della persona. Questa verità è stata oggetto di definizione al III Concilio di Costantinopoli (VI Ecumenico) nel 681 - come, del resto, già nel Concilio Lateranense del 649 (cf. Denz.-Schönm., 500) - contro gli errori dei monoteliti, che attribuivano a Cristo una sola volontà.

Il Concilio condannò “l’eresia di una sola volontà e di una sola operazione in due nature . . . del Cristo”, che mutilava Cristo stesso di una parte essenziale della sua umanità, e “seguendo i cinque santi Concili ecumenici, ed i santi ed eccellenti padri”, in accordo con essi “definiva e confessava” che in Cristo vi sono “due volontà naturali e due operazioni naturali . . .; due volontà naturali che non sono in contrasto fra loro . . ., ma tali che la volontà umana segua, senza opposizione o riluttanza, o meglio, sia sottoposta alla sua volontà divina e onnipotente . . ., secondo quanto egli stesso dice: «Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà del Padre che mi ha mandato» (Gv 6, 38) (cf. Denz.-Schönm., 556).

4. Questo l’insegnamento dei primi Concili: in essi, insieme con la divinità, è messa in piena luce anche la dimensione umana di Cristo. Egli è un uomo vero per natura, capace di agire umano, di conoscenza umana, di volontà umana, di coscienza umana, e aggiungiamo, di umana sofferenza, pazienza, obbedienza, passione e morte. Solo in forza di questa completezza umana si possono capire e spiegare i testi sull’obbedienza di Cristo sino alla morte (cf. Fil 2, 8; Rm 5, 19; Eb 5, 8), e prima di tutto la sua preghiera nel Getsemani: “. . . non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22, 42; cf. Mc 14, 36). Ma è altrettanto vero che la volontà umana e l’operare umano di Gesù appartengono alla divina persona del Figlio: proprio nel Getsemani egli esce nell’invocazione: “Abbà, Padre” (Mc 14, 36). Di questa sua persona divina egli è ben cosciente, come rivela, per esempio, quando dichiara: “Prima che Abramo fosse, Io Sono” (Gv 8, 58), e negli altri passi evangelici che abbiamo passato in rassegna a suo tempo. Certo, come vero uomo, Gesù possiede una coscienza specificamente umana, che scopriamo continuamente nei vangeli. Ma nello stesso tempo la sua coscienza umana appartiene a quell’“Io” divino, per il quale egli può dire: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 30). Non vi è alcun testo evangelico dal quale risulti che il Cristo parla di sé come di una persona umana, anche quando volentieri presenta se stesso come “Figlio dell’uomo”: parola densa di significato che, sotto i veli della espressione biblica e messianica, sembra già indicare l’appartenenza di colui che l’applica a se stesso a un ordine diverso e superiore a quello dei comuni mortali quanto alla realtà del suo io. Parola nella quale risuona la testimonianza dell’intima consapevolezza della propria identità divina.

5. A conclusione della nostra esposizione sulla cristologia dei grandi Concili, possiamo assaporare tutta la densità della pagina del Papa san Leone Magno nella lettera al Vescovo Flaviano di Costantinopoli (“Tomus Leonis”, die 13 iun. 449), che fu come la premessa del Concilio di Calcedonia e che riassume il dogma cristologico della Chiesa antica: “Il Figlio di Dio, scendendo dalla sede dei cieli senza cessare di essere partecipe della gloria del Padre, fa l’ingresso in questo povero mondo, generato secondo un ordine ed una nascita del tutto nuovi . . . Colui che è vero Dio, è anche vero uomo. In questa unione non vi è nulla di falso, perché si trovano insieme (realmente) l’umile condizione dell’uomo e l’altezza della divinità. Come infatti, Dio non muta per la misericordiosa degnazione (con cui si fa uomo), così l’uomo non viene annullato dalla dignità (divina). Ognuna delle due nature, infatti, opera insieme con l’altra ciò che le è proprio: operando cioè il Verbo ciò che è del Verbo, ed eseguendo la carne ciò che è della carne. L’uno brilla per i suoi miracoli, l’altra soccombe alle ingiurie. E come il Verbo non perde l’eguaglianza della gloria del Padre, così la carne non esce dalla condizione del genere umano . . .”. E dopo aver fatto riferimento a molti testi evangelici che costituiscono la base della sua dottrina, san Leone conclude: “Non è nella stessa natura dire: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10, 30), e dire: «Il Padre è più grande di me» (Gv 14, 28). Quantunque, infatti, nel Signore Gesù Cristo vi sia una sola persona di Dio e dell’uomo, altro però è ciò da cui deriva per l’uno e per l’altro l’offesa, altro ciò da cui promana per l’uno e per l’altro la gloria. Dalla nostra natura egli ha un’umanità inferiore al Padre; dal Padre gli deriva una divinità uguale a quella del Padre” (cf. Denz.-Schönm., 294-295).

Pur potendo apparire difficili, queste formulazioni del dogma cristologico racchiudono e lasciano trasparire il mistero del “Verbum caro factum” annunciato dal prologo giovanneo: dinanzi al quale sentiamo il bisogno di prostrarci in adorazione assieme a quegli alti spiriti che lo hanno onorato anche con le loro indagini e riflessioni per l’utilità nostra e di tutta la Chiesa.


Ai fedeli francesi  

Chers Frères et Sœurs;

JE SALUE CORDIALEMENT les personnes de langue française présentes à cette audience, en particulier les Religieux Rédemptoristes venus à Rome pour une période de réflexion à l’occasion du deuxième centenaire de la mort de saint Alphonse-Marie de Liguori. Puissiez-vous, chers Frères, demeurer de fervente apôtres de la prière, à l’exemple de votre saint fondateur qui disait: “Dieu veut être prié, il veut être vaincu par une certaine importunité”!

A tous, jeunes et adultes, je souhaite une bonne Semaine Sainte, afin de célébrer avec profit la Résurrection du Christ. Je vous bénis de grand cœur.  

Ai pellegrini di lingua inglese  

Dear Brothers and Sisters,

I WISH TO WELCOME the group of priests, religious, seminarians and catechists from Uganda currently studying in Rome. My cordial greetings also go to the Joy Youth Group of pilgrimage from Great Britain. And to all the English-speaking visitors, especially those from England, Denmark, Sweden, Finland, Canada and the United States, I offer a warm welcome and I gladly impart my Apostolic Blessing.

A visitatori provenienti dal Giappone  

Sia lodato Gesù Cristo!

DILETTISSIMI PELLEGRINI dei due gruppi di Tokyo; alunne dell’Università Junshin di Nagasaki e novizie dell’Istituto Orsoline Missionarie del Sacro Cuore di Fukuoka.

Vi ringrazio profondamente per la vostra visita. Specialmente voi novizie dell’Istituto Orsoline, di cui ho sentito dire che avete voluto cominciare il vostro corso di formazione spirituale, incontrandovi con me in questa udienza.

Ora, affinché il vostro cammino, ed anche quello dei pellegrini, sia sempre protetto dalla Madonna, vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!  

Ai fedeli provenienti dalla Spagna  

Amadísimos hermanos y hermanas,

ME ES GRATO SALUDAR a los peregrinos de España y América Latina presentes en este encuentro. Mi saludo se dirige, en especial, al grupo de matrimonios de Barcelona.

Agradezco profundamente a los profesores y alumnos de diversos colegios españoles, entre los que cabe mencionar a los de Madrid, Barcelona, Segovia, Sevilla, Murcia y Logroño, su presencia en esta Audiencia, así como les significativas muestras de filial cercanía y simpatía que han tenido a bien demostrarme. Mis queridos jóvenes, estamos a les puertas de la Semana Santa, tiempo dedicado por la Iglesia a la meditación y a la conmemoración de la muerte y resurrección del Hijo de Dios. Que esos días sean motivo de purificación de vuestras almas y de plegaria íntima con Cristo Señor. Así encontraréis la generosidad y el entusiasmo, propio del joven, para vivir mejor la fe y testimoniarla ante vuestros compañeros.

A todos los presentes de lengua española imparto con afecto mi Bendición Apostólica.  

Ai pellegrini polacchi  

WITAM PlELGRZYMKE z Grójca koło Warszawy - parafia św. Mikołaja; z Olkusza - parafia św. Andrzeja Apostoła; indywidualnych pielgrzymów z kraju i z emigracji.  

Ai fedeli italiani  

IL MIO PRIMO SALUTO ai pellegrini di lingua italiana è rivolto questa mattina ai giovani del Liceo Linguistico “Nuova Europa” e della Scuola Superiore Linguistica per Interpreti e Traduttori, provenienti da Reggio e da altre città della Calabria. Desidero esprimere il mio compiacimento per l’impegno con cui dette istituzioni si propongono di contribuire alla preparazione delle nuove generazioni alle future professioni nel contesto della vita comunitaria europea. Saluto tutti, docenti, organizzatori e giovani, rilevando come l’Europa che si vuol costruire sarà all’altezza del suo glorioso passato, se riuscirà ad affermare i valori fondamentali che caratterizzano la sua storia: quei valori umani e cristiani che animarono la sua lunga evoluzione culturale, offrendo al mondo quella splendida fioritura di civiltà, a cui tutti siamo debitori. Io chiedo a voi, cari giovani, di saper conservare e sviluppare con grande coraggio e con rigorosa coerenza le tradizioni originali di questo antico Continente. Imparate a conoscerle a fondo e a far vostro il ricchissimo patrimonio spirituale degli avi, traendo da esso ispirazione e orientamento per le applicazioni nuove richieste dall’ora presente. Cercate con intelligenza il vero bene, formando in voi convinzioni morali ben salde e sviluppando nella vostra coscienza un acuto senso di responsabilità. Sappiate sempre attingere alle fonti dell’amore e della giustizia, che hanno nel cristianesimo la loro scaturigine più ricca ed autentica.  

* * *  

SALUTO, POI, il caro fratello Vescovo, Monsignor Antonio Santucci, il quale presiede al pellegrinaggio della parrocchia di San Basilio in Salcito (Campobasso). Benedico volentieri la corona che verrà posta sul capo dell’effigie della Vergine il 15 agosto prossimo. Invito tutti a vivere con spirito di fede la loro vocazione cristiana, sull’esempio di Maria.  

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UN PENSIERO di cordiale benvenuto ai componenti del circolo culturale Eugenio Pertini, di Verona, ed ai soci di lingua italiana del Lyons Club, guidati dal Presidente Internazionale dell’Associazione.  

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IL MIO PENSIERO va poi al gruppo dei cittadini dello Sri-Lanka, che lavorano a Napoli. A loro l’augurio cordiale di un sereno soggiorno in Italia, insieme con l’assicurazione di una speciale preghiera perché l’aiuto divino li sorregga nelle fatiche quotidiane. A tutti la mia Benedizione Apostolica.  

Ai giovani  

RIVOLGO ORA un pensiero ai ragazzi, alle ragazze e ai giovani presenti a questa Udienza. L’imminente solennità dell’Annunciazione del Signore ci invita a riflettere sulla realtà del mistero: “L’Angelo del Signore portò l’annunzio a Maria ed Ella concepì in virtù dello Spirito Santo”. In un momento decisivo per la propria vita e per la storia umana, Maria trovò nella fede e nell’abbandono in Dio il coraggio di pronunciare il suo “sì”, di dare l’assenso al piano della redenzione.

Cari Giovani, su ciascuno di voi Iddio ha un piano provvidenziale di amore e di salvezza: imparate, sull’esempio della Vergine Santissima, a dare a Dio il vostro consenso cosciente, così da partecipare responsabilmente ai suoi disegni. Pregate la Madonna che vi sia sempre accanto in questo impegno. Anch’io prego con voi e per voi e vi benedico.  

Agli ammalati  

CARI MALATI, con il consenso alla parola dell’Angelo, la Vergine Santissima diventa Madre di Gesù e accetta contemporaneamente un carico di dolore e di gioia, una Missione di Madre addolorata e beata. Anche voi siete chiamati a condividere una grande vocazione di passione e di glorificazione: attraverso le tribolazioni, i dolori, la malattia, il Signore vi rende degni di se, e capaci anche di meritare in favore degli altri, in virtù della comunione dei santi: offritevi a Dio per le mani della “Madre addolorata” come vittime di espiazione per i peccati dell’umanità. La mia Benedizione vi aiuti a comprendere e realizzare questa missione.

 Ai novelli sposi  

Cari sposi,

L’EVENTO MISTERIOSO dell’incarnazione del Verbo, che si compie nel giorno dell’Annunciazione, vi renda particolarmente attenti all’opera di Dio. Il prodigio della vita umana nascente e sempre rinnovantesi trovi in voi collaboratori fedeli e grati, con la disponibilità e la generosità di Maria, la Benedetta fra le donne, pronta a pronunziare il suo “sì” al volere di Dio. La Madre di Gesù assista la vostra giovane famiglia e la mia Benedizione vi accompagni sempre.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana

 


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