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****PAPA FRANCESCO*****

Ultimo Aggiornamento: 01/05/2013 11:03
03/04/2013 11:24

//////// I N D I C E (1) ///////// dall'inizio del pontificato 13 marzo al 24 aprile 2013
 

  Varcare la soglia della fede ci sfida a scoprire che, -anche se oggi sembra che regni la morte nelle sue variate forme e che la storia si regge per la legge del più forte o del più furbo, e se l’odio e l’ambizione sono i motori di tante lotte umane-, siamo  convinti che questa triste realtà può mutarsi e deve mutare assolutamente perché se “Dio è con noi, chi potrà essere contro di noi? (Rom. 8:31-37)


 UDIENZA GENERALEPiazza San Pietro Mercoledì, 24 aprile 2013
nel Credo noi professiamo che Gesù «di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti».

 
  Varcare la soglia della fede presuppone il non vergognarsi di avere un cuore di fanciullo che crede nell’impossibile, che può vivere nella speranza che è l’unica cosa che può dare senso e trasformare la storia. E’ altresì, chiedere in continuità, pregare senza stancarsi e adorare perché il nostro sguardo sia trasfigurato.
 CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA CON GLI EM.MI CARDINALI RESIDENTI IN ROMA IN OCCASIONE DELLA FESTA DI SAN GIORGIO
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO Cappella Paolina Martedì, 23 aprile 2013
 

  Varcare la soglia della fede ci porterà a supplicare perché ciascuno di noi abbia “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fp. 2,5) sperimentando in questa maniera un nuovo modo di pensare, di comunicare, di guardare, di aver rispetto, di vivere in famiglia, di chiederci sul futuro, di vivere l’amore e la propria vocazione.
 PAPA FRANCESCO REGINA COELI
Piazza San Pietro IV Domenica di Pasqua, 21 aprile 2013
 
 Varcare la soglia della fede è agire, fidarsi nella forza dello Spirito Santo presente nella Chiesa che si manifesta pure nei segni dei tempi, è accompagnare l’uomo nel costante sviluppo della vita e della storia senza cadere nelle sconfitte paralizzanti che stanno a segnalare che ogni tempo passato è meglio dell’attuale, quindi è urgente pensare di nuovo, apportare il nuovo, creare di nuovo, impastando la vita con il “nuovo lievito della giustizia e della santità” (1Cor 5, 8).
 OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO Basilica Vaticana IV Domenica di Pasqua, 21 aprile 2013 ORDINAZIONE PRESBITERALE
 
Varcare la soglia della fede significa avere occhi che si stupiscono e un cuore non abituato a reagire in modo pigro, ma che sa riconoscere,  ogni volta che una donna partorisce, una scommessa per la vita e per il futuro. Che quando curiamo l’innocenza dei bambini, si garantisce la verità del domani e quando accarezziamo la vita consumata di un anziano facciamo un atto di giustizia e accarezziamo le nostre radici.
 UDIENZA GENERALE Piazza San Pietro Mercoledì, 17 aprile 2013
È salito al cielo, siede alla destra del Padre
 


Varcare la soglia della fede è il lavoro vissuto con dignità è la vocazione di servizio celebrata con l’abnegazione di chi ricomincia ancora una volta senza lasciar cadere le braccia, considerando che  tutto ciò che si è fatto, è ancora solo un passo sulla strada verso il regno, verso la pienezza di vita. E’ l’attesa silenziosa dopo la semina quotidiana, è il contemplare il frutto raccolto rendendo grazie al Signore perché è buono  e chiedendogli di non abbandonare mai l’opera delle sue mani (Sal 137).
 OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO 14 aprile
 Anno della Fede 2012-2013

  Varcare la soglia della fede esige saper lottare per la libertà e la coesistenza anche se tutto crolla, nella consapevolezza che il Signore chiede di vivere il diritto, amare la bontà e camminare umilmente con il nostro Dio (Mi 6, 8).
 Mercoledi' col Santo Padre Catechesi
 
 Varcare la soglia della fede  ci porta alla continua conversione dei nostri atteggiamenti, dei nostri modi e tenori di vita, ci porta anche a riformulare e non a rattoppare o verniciare, ma a dare la nuova impronta che dà Gesù Cristo a chi è toccato dalla sua mano e dal suo Vangelo di vita, è anche rischiare nel fare qualcosa di inedito per la società e per la Chiesa; perché “chiunque è in Cristo è una nuova creatura” (2Cor 5, 17-21)-
 Papa Francesco Pensieri brevi 2
 Varcare la soglia della fede ci porta a perdonare e a saper strappare un sorriso, ad avvicinarsi a chiunque abita nella periferia esistenziale e chiamarlo per nome, è farsi carico delle fragilità dei più deboli, è sostenere le loro ginocchia vacillanti sicuri che tutto ciò che facciamo per il più piccolo dei nostri fratelli lo facciamo a Gesù (Mt 25,40) Papa Francesco Pensieri brevi 1
 
Varcare la soglia della fede presuppone celebrare la vita, lasciarsi trasformare perché noi siamo divenuti uno con Gesù nella mensa eucaristica celebrata nelle comunità, e da questa fonte essere con le mani e con il cuore occupati nel lavoro del grande progetto del Regno: e tutto il resto vi sarà dato in più. (Mt. 6,33)
REGINA COELI III Domenica di Pasqua, 14 aprile 2013

Varcare la soglia della fede è vivere nello spirito del Concilio, dell’incontro di Aparecida, Chiesa dalle porte aperte non solo per accogliere ma fondamentalmente per uscire e portare il Vangelo sulle strade e nella vita degli uomini del nostro tempo.
 CELEBRAZIONE EUCARISTICA OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCOBasilica di San Paolo Fuori le Mura III Domenica di Pasqua, 14 aprile 2013
  
Varcare la soglia della fede per la nostra Chiesa arcidiocesana presuppone sentirci confermati nella missione di essere una chiesa che vive, prega e lavora in chiave missionaria.
 UDIENZA GENERALE 10 aprile 2013
Dio è un Papà che non si dimentica mai di noi. (catechesi)
 

Varcare la soglia della fede è in definitiva, accettare la novità della vita del Risorto nella nostra povera carne per farla diventare segno della nuova vita.
 DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

 
Riflettendo su tutte queste cose guardiamo a Maria. Ci accompagni la Vergine Madre! Ci accompagni per varcare la soglia della fede e porti nella chiesa lo Spirito Santo affinché, come lei fece a Nazareth, possiamo adorare il Signore e uscire poi sulle strade del mondo ad annunciare le meraviglie che il Signore ha fatto in noi.
 Il Papa: «Quando ci sono difficoltà mai nasconderle»
  L'INSEDIAMENTO DEL VESCOVO DI ROMA
  "sui casi di abusi continuare nella linea voluta da Benedetto XVI"
 
 Papa Francesco: la fede non si negozia, per questo la Chiesa è anche oggi Chiesa di martiri
 Foto: CARD. BERGOGLIO : IL CRISTIANO DEVE PRENDERSI CURA DELLA VITA 		 <br />  <br /> Scritto da Simone Baroncia	    <br /> Martedì 02 Aprile 2013 <br /> Il numero dei matrimoni è in forte contrazione nei Paesi dell’Unione europea e ‘ciò si traduce in un aumento dei bambini nati al di fuori del legame matrimoniale’, secondo quanto ha comunicato Eurostat nel diffondere i dati demografici relativi all’Ue aggiornati al 2011 e 2012. Infatti nel rapporto statistico si legge: “Nel 1990 il 17% delle nascite avveniva fuori dal matrimonio; nel 2000 la percentuale era salita al 27%, per raggiungere a fine 2011 il 40%. Nel 1990 circa la metà delle nascite extra matrimoniali si verificava in Svezia e Danimarca, contro il 2% a Cipro, Malta e in Grecia… Nel 2011 le proporzioni più elevate si registravano in Estonia (60%), Slovenia (57%), Bulgaria e Francia (56%); i dati minori riguardano la Grecia (7%), Cipro (17%), Polonia (21%). Fra gli altri Paesi più grandi del continente, la Germania è al 33,9%, l’Italia al 23,4%, la Spagna al 37,4, il Regno Unito al 47,3%. Oltre la metà delle nascite fuori dal matrimonio si verificano inoltre in Belgio e in Svezia”. Queste percentuali fanno ritornare alla mente le omelie del card. Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires e primate dell’Argentina, quando si oppose ai disegni di legge contro la famiglia, convocando, domenica 11 luglio 2010, una marcia contro il matrimonio omosessuale e fece leggere in tutte le chiese, un messaggio. <br />    <br /> Il card. Bergoglio sottolineò che la Chiesa è chiamata a dialogare con tutti, ma il dialogo deve essere chiaro, credibile e rispettoso di chi la pensa diversamente: “ L’essere umano è stato creato a immagine di Dio. Questa immagine si riflette non solo nella singola persona ma anche nella complementarità e nella reciprocità dell’uomo e della donna, nella comune dignità, e nella loro indissolubile unità, che da sempre viene chiamata matrimonio. Il matrimonio è la forma di vita nella quale si realizza una singolare comunione di persone, la quale assegna il sentimento pienamente umano all’esercizio della funzione sessuale. Alla stessa natura del matrimonio appartengono le predette qualità della differenza, complementarietà e reciprocità dei sessi, e la mirabile ricchezza della loro fecondità. Il matrimonio è un dono della creazione. Non vi è una realtà analoga che possa eguagliarlo. Non è un’unione qualsiasi tra persone, ma possiede caratteristiche proprie ed irrinunciabili che fanno del matrimonio la base della famiglia e della società. Così è stato riconosciuto nelle grandi culture del mondo”. <br /> Quindi è compito dello Stato tutelare il matrimonio tra un uomo e una donna attraverso il riconoscimento normativo, per assicurare il suo contributo al bene comune della società: “L’unione tra persone dello stesso sesso difetta degli elementi biologici e antropologici propri del matrimonio e della famiglia. È priva della dimensione coniugale e dell’apertura alla procreazione. Al contrario, il matrimonio e la famiglia che in esso si fonda, costituisce il focolare delle nuove generazioni umane. Fin dal loro concepimento i figli hanno il diritto inalienabile di svilupparsi nel grembo della proprie madri, di nascere e crescere nell’ambito naturale del matrimonio. Nella vita familiare e nella relazione con il proprio padre e la propria madre, i figli scoprono la loro identità e apprendono la loro autonomia personale”. <br />  <br /> Ed alcuni anni prima (31 agosto 2005) nell’omelia durante la Messa in onore del santo protettore delle donne in gravidanza, san Raimondo Nonnato, il card. Bergoglio  disse che Gesù è venuto per portare la vita in abbondanza e non per condannare a morte nessuno: “Gesù non è venuto a portare la morte, piuttosto [a portare] la morte dell’odio, la morte delle guerre, la morte della calunnia, cioè a uccidere con la lingua. Gesù non è venuto a portare la morte, la morte che ha patito per difendere la vita. Gesù è venuto a portare la vita per dare la vita in abbondanza, e ci invia a portare la vita, ma ci dice anche: ‘Prenditene cura’! Perché ci sono persone che vivono quello di cui sentiamo parlare oggi, che non sono coinvolte con il Vangelo: la cultura della morte. A loro la vita interessa nella misura in cui è utile, se no non gli interessa. In tutto il mondo, questa erba è stata piantata, quella della cultura della morte”. <br />  <br /> Prendendo spunto da una frase di un libro: ‘Nel mondo di oggi la cosa che vale meno è la vita, quello che vale meno è la vita’, il card. Bergoglio condanna la società che non è  interessata alla vita, ma solo alla sopravvivenza: “Quando si vedono persone che si preoccupano affinché un bambino possa andare a scuola, perché a un altro non manchi il cibo a sufficienza, questo è prendersi cura della vita. Apri il tuo cuore alla vita! Poiché l’egoismo della morte, la cultura egoistica della morte, è come l’erba nel campo, questa erbaccia, questa erba o erbaccia nera, o questa cicuta, è in crescita, sta invadendo e uccide gli alberi, uccide i frutti, uccide il fiori, uccide la vita. Le erbacce… Ma come è bella la cura per la vita, permettere che la vita cresca, dare la vita come Gesù, e dare in abbondanza, per non permettere che anche uno solo di questi più piccoli vada perso... Non possiamo annunciare altro che la vita, dal principio alla fine. Tutti noi dobbiamo curare la vita, amare la vita, con tenerezza, calore”. <br /> E conclude l’omelia affermando: “Non ci dovrebbe essere nessun bambino che non cresce, che non vive la sua adolescenza aperto alla vita. Non ci dovrebbe essere alcun adulto che non si preoccupa di ciò in cui gli altri sono carenti, di ciò di cui altri hanno bisogno per avere più vita e di garantire che non ci sia neanche una sola persona anziana messa da parte, da sola, scartata… Se andiamo in fondo alla strada della vita ci possono accadere cose brutte, ma non importa. Ne vale la pena. Lui per primo ci ha aperto la strada. Quindi, andate avanti e non scoraggiatevi. Prendetevi cura della  vita. Ne vale la pena! Così sia”. <br />  <br /> korazym.org CARD. BERGOGLIO : IL CRISTIANO DEVE PRENDERSI CURA DELLA VITA

Scritto da Simone Baroncia
Martedì 02 Aprile 2013
 

PAPA FRANCESCO

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 3 aprile 2013
donne furono le prime testimoni delle Risurrezione, sono fondamentali per la fede di oggi
(catechesi)

 Foto: "LA RISURREZIONE E' LA VERA NOVITA' DELLA STORIA" Omelia del patriarca di Venezia nella Pasqua del Signore <br /> Venezia, 01 Aprile 2013 (Zenit.org)  <br />  <br /> Riportiamo di seguito il testo dell’omelia tenuta ieri dal patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, nella messa per la Pasqua di Risurrezione del Signore celebrata nella Basilica Cattedrale di San Marco. <br />  <br /> *** <br /> Carissimi, con vera gioia porgo a tutti l’augurio di una Santa Pasqua: il Signore è veramente risorto; tutti possiate godere la gioia dell’incontro con Lui, il Vivente! <br />  <br /> La Pasqua - come sappiamo - segna l’irruzione, nella storia, della salvezza cristiana. La fede cristiana nasce proprio il giorno di Pasqua e si presenta, esattamente, come fede nel Signore Gesù vincitore della morte. A Pasqua accade che la “vera realtà”, quella della risurrezione, si fa strada nella nostra storia di uomini. Così - a Pasqua - il tempo, il cosmo, la stessa materia, gli eventi piccoli e quotidiani come i grandi avvenimenti della storia, assumono un significato nuovo. <br />  <br /> A Pasqua, infatti, con la risurrezione di Cristo siamo trasportati al centro della realtà, nel cuore del reale, ove si dà la verità ultima delle cose. Ed è proprio con l’evento della risurrezione che si compie quanto afferma il libro dell’Apocalisse: “E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi… non vi sarà più la morte… le cose di prima sono passate… «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»” (Ap 21, 1.4-5). <br />  <br /> I cristiani sono, alla fine, i discepoli del Risorto, coloro che sempre sono sorretti da Gesù, il Vivente - “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo…” (Mt 28,20) -, coloro che lo portano ovunque e sono mandati per annunciare la buona notizia di Gesù. La verità del nostro Battesimo sta in questa capacità di annunciare - nella ferialità della vita - il Vivente, il Risorto. <br />  <br /> La risurrezione è la vera dirompente novità della storia perché, proprio con la risurrezione, un frammento di umanità - l’uomo concreto, Gesù di Nazareth - ha raggiunto la sua ultima dimensione, la sua definitività. Si tratta di una novità unica, mai accaduta prima, mai prima sperimentata.  Con “definitività” qui s’intende che un uomo - per usare l’espressione della prima lettera ai Tessalonicesi, primo testo scritto del Nuovo Testamento - ha raggiunto la pienezza del suo essere: spirito, anima e corpo (cfr. 1Ts 5,23). <br />  <br /> La vera gioia cristiana - che auguro a tutti - non può prescindere da tale radicale mutazione, poiché la gioia cristiana non consiste soltanto nell’interpretare le situazioni e le cose in maniera diversa. Essa, piuttosto, apre una nuova prospettiva, totalmente diversa, e ci fa accedere ad una logica nuova o, meglio, ad una nuova sapienza, la sapienza che viene dall’alto e, quindi, la sapienza che esige principi valutativi del tutto differenti rispetto a quelli degli uomini. <br />  <br /> Servendoci di un esempio - preso dalla geometria - si tratta, allora, di andare oltre le modalità secondo cui noi siamo abituati a cogliere il reale. È come passare dalla prospettiva della superficie piana a due dimensioni - lunghezza e larghezza - alla prospettiva della triplice dimensione, quella dei corpi solidi: lunghezza, larghezza e profondità. Tutto, ovviamente, cambia! Non si tratta di una lunghezza “più lunga” o di una larghezza “più larga”, ma di una nuova dimensione: la profondità. Una dimensione che prima era ignota, inimmaginabile. La risurrezione ci fa entrare in un mondo completamente diverso dal nostro. <br />  <br /> E dinanzi al mondo per noi sconosciuto della risurrezione, si comprende, allora, il significato della domanda che i Sadducei avevano rivolto a Gesù: vale a dire di chi, nella risurrezione, sarà moglie la donna che, nella vita terrena, è stata sposa di sette fratelli morti senza aver lasciato prole. Di fronte a tale domanda, Gesù riconduce la questione ai suoi termini più veri ed invita a considerare sia l’obiettiva e differente situazione tra vita terrena e vita eterna sia l’onnipotenza di Dio. Ma ascoltiamo il testo di Luca: «C'erano… sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? (...)». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano - precisa Gesù in questo che è uno dei passi che fa più chiarezza sul tema della risurrezione - lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui» (Lc 20, 29-38). <br />  <br /> Quando siamo messi di fronte all’annuncio della risurrezione - il cuore del Vangelo - dobbiamo compiere una sorta di rivoluzione copernicana. La realtà ultima non è quella che cade immediatamente sotto i nostri cinque sensi; la realtà ultima è il Risorto, e non noi nella nostra storia ancora mutevole, incerta, caduca; è Lui la vera realtà, il primogenito di una moltitudine di fratelli. <br />  <br /> La prima lettera di Pietro ci aiuta a comprendere il giusto senso delle cose; vi è il progetto di Dio ed è questo a sorreggere la storia. In tale prospettiva, e secondo tale logica, leggiamo allora il testo: “Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio” (1Pt 1, 20-21).    <br />  <br /> La struttura portante, il centro, il senso e il fine di questo progetto è Gesù Cristo risorto da morte, vincitore del peccato e della morte. In questo progetto, ciò che viene prima non è quello che riscontriamo sul piano cronologico - l’Adamo della Genesi - ma Colui che - da sempre, dall’eternità - viene prima nella mente di Dio ed è prima di ogni altra realtà, anzi, la fonda. La dimensione ultima non è data dal piano storico-antropologico ma da quello teologico-valoriale che è il piano costitutivo dell’essere. <br />  <br /> La fede nel Signore risorto è la questione decisiva e proprio su tale questione - come ricorda l’apostolo Paolo - tutto il cristianesimo sta o cade: “…se Cristo non è risorto, vuota è allora la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede… Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini” (1Cor 15, 14.19). Si comprende, quindi, come per la risurrezione non sia possibile fare alcuno sconto. <br />  <br />  Il teologo gesuita francese Jean Daniélou introduce un suo libro sulla risurrezione con queste parole: “…[la risurrezione] E’ la soluzione dei problemi ultimi della situazione umana, quelli che interessano gli abissi della morte e del male. Ma, per la ragione, è anche ciò che il cristianesimo ha di più sconvolgente. Se, per un verso, s’inserisce nella trama degli avvenimenti della storia umana - se così non fosse, non potrebbe modificare questa situazione -, per l’altro è un’irruzione di Dio che provoca una discontinuità in questa storia e ci fa passare su un altro piano. E’ vero, anzitutto, per la risurrezione di Cristo, principio di ogni risurrezione. E’ vero anche per la risurrezione dei nostri corpi, oggetto ancora di speranza ” (J. Daniélou, La risurrezione, Borla, Torino 1970). <br />  <br /> Colui che crede nell’evento della risurrezione come un fatto obiettivo - che ha reale rapporto con la carne e il sangue - e non come una diceria, una creduloneria (una sorta di oroscopo cristiano!) o una vuota idea, allora per questi il rapporto con le realtà penultime, in cui vive, non può non cambiare. Mi servo di un’espressione che non appartiene al vocabolario teologico ma che è eloquente. L’espressione è: “ri-tarare”. Si tratta di “ri-tarare”, secondo parametri del tutto differenti, la logica del nostro vivere attuale. Ritorniamo, secondo tale logica o sapienza, al testo dell’Apocalisse: “E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi… non vi sarà più la morte… le cose di prima sono passate… «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»” (Ap 21, 1.4-5).             <br />  <br /> A tutti auguro la gioia di una Pasqua vera, fondata nell’intelligenza della fede e nell’amore di un cuore veramente cristiano, una gioia che solo l’incontro col Risorto può donare! E’ una gioia che rimane, una gioia che va oltre le brevi felicità del mondo e che non viene meno quando queste, prima o poi, si sgretolano, per gli anni che passano, per le malattie che non riusciamo a debellare o per le delusioni degli uomini che ci feriscono. E’ la gioia fondata in Colui che ha vinto il mondo, le sue contraddizioni, le sue ingiustizie e il suo peccato. La Pasqua va colta nel suo rapporto profondo con una situazione umana che non può nascondersi il suo destino di insufficienza radicale. <br />  <br /> Il Risorto non è un di più: è la nostra possibilità di essere uomini, di essere cristiani. A tutti auguro di incontrare nella preghiera, nella carità e nell’amicizia il Signore Risorto.                                                "LA RISURREZIONE E' LA VERA NOVITA' DELLA STORIA" Omelia del patriarca di Venezia nella Pasqua del Signore
Venezia, 01 Aprile 2013 (Zenit.org)
[Modificato da MARIOCAPALBO 01/05/2013 11:03]

03/04/2013 12:22

dall'inizio del pontificato all'1 aprile 2013
PAPA FRANCESCO REGINA COELIPiazza San Pietro Lunedì dell'Angelo,
1° aprile 2013
MESSAGGIO URBI ET ORBI DEL SANTO PADRE FRANCESCO

PASQUA 2013

Domenica 31 marzo 2013

  VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTAOMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO Sabato Santo, 30 marzo 2013
  VIDEO-MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO IN OCCASIONE DELL'OSTENSIONE STRAORDINARIA DELLA SINDONE DI TORINO
  VIA CRUCIS AL COLOSSEO
  SANTA MESSA NELLA CENA DEL SIGNORE OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Istituto Penale per Minori di "Casal del Marmo" in Roma
Giovedì Santo, 28 marzo 2013

  

SANTA MESSA DEL CRISMA

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
Giovedì Santo, 28 marzo 2013

 Foto: A COSA SERVONO I PRETI TRISTI?  <br />  <br /> di Massimo Introvigne <br /> 29-03-2013 <br /> Il Giovedì Santo, 28 marzo 2013, ha dato occasione a Papa Francesco di proporre una profonda riflessione sulla «crisi dell’identità sacerdotale» e sulla presenza di troppi preti meramente «gestori», «preti tristi» che non sanno più parlare ai propri fedeli e ascoltarli. Nell’omelia della Messa Crismale, il Pontefice ha anzitutto spiegato il simbolismo dell’«unzione» che accomuna il Servo di Javhè di Isaia, il re Davide e Gesù.  <br /> L’unzione simboleggia il servizio, ed è illustrata dalle parole del Salmo 133: «È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo della sua veste». «L’immagine dell’olio che si sparge, che scende dalla barba di Aronne fino all’orlo delle sue vesti sacre – ha detto il Papa – è immagine dell’unzione sacerdotale che per mezzo dell’Unto giunge fino ai confini dell’universo rappresentato nelle vesti». <br />  <br /> Le vesti, nell’antica come nella nuova liturgia, meritano speciale attenzione. Rappresentano, in effetti, «i confini dell’universo». Già nell’Antico Testamento «le vesti sacre del Sommo Sacerdote sono ricche di simbolismi; uno di essi è quello dei nomi dei figli di Israele impressi sopra le pietre di onice che adornavano le spalle dell’“efod” dal quale proviene la nostra attuale casula: sei sopra la pietra della spalla destra e sei sopra quella della spalla sinistra (cfr Es 28, 6-14)». Così pure, «anche nel pettorale erano incisi i nomi delle dodici tribù d’Israele (cfr Es 28,21). Ciò significa che il sacerdote celebra caricandosi sulle spalle il popolo a lui affidato e portando i suoi nomi incisi nel cuore». Le vesti antiche si riflettono nelle nuove. <br />  <br /> «Quando ci rivestiamo con la nostra umile casula può farci bene sentire sopra le spalle e nel cuore il peso e il volto del nostro popolo fedele, dei nostri santi e dei nostri martiri, che in questo tempo sono tanti!». L’accenno ai tanti cristiani perseguitati del nostro tempo si accompagna a una forte rivendicazione della «bellezza di quanto è liturgico, che non è semplice ornamento e gusto per i drappi, bensì presenza della gloria del nostro Dio che risplende nel suo popolo vivo e confortato». <br />  <br /> La bellezza della liturgia, però, non è solo per chi vi partecipa. «L’unzione, cari fratelli, non è per profumare noi stessi e tanto meno perché la conserviamo in un’ampolla, perché l’olio diventerebbe rancido… e il cuore amaro». «L’olio prezioso che unge il capo di Aronne non si limita a profumare la sua persona, ma si sparge e raggiunge “le periferie”». Torna qui un concetto che, come avevamo già osservato su «La nuova Bussola quotidiana», sentiremo stesso dal Pontefice: le «periferie», che non sono solo quelle materiali, ma anche quelle spirituali, di chi è triste, solo, lontano dalla Chiesa. Sono queste periferie che i sacerdoti sono chiamati a raggiungere. <br />  <br /> «Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo; questa è una prova chiara. Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia. La nostra gente gradisce il Vangelo predicato con l’unzione, gradisce quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l’olio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite, “le periferie” dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede». <br />  <br /> Il «segno che l’unzione è arrivata all’orlo del mantello» si manifesta quando i fedeli si fidano dei sacerdoti e aprono loro il cuore: «dobbiamo ravvivare sempre la grazia e intuire in ogni richiesta, a volte inopportuna, a volte puramente materiale o addirittura banale – ma lo è solo apparentemente – il desiderio della nostra gente di essere unta con l’olio profumato, perché sa che noi lo abbiamo».  <br /> Come i primi discepoli, «futuri sacerdoti», ogni tanto alcuni sacerdoti «non riescono a vedere, non comprendono: nella “periferia esistenziale” vedono solo la superficialità della moltitudine» e non la sua inespressa, ma genuina domanda di unzione. <br />  <br /> Ai sacerdoti Papa Francesco ripete quanto aveva detto ai laici nella prima udienza del mercoledì: occorre uscire, portare l’unzione verso le «“periferie” dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni».  <br /> Di che tipo di sacerdoti c’è bisogno? Qui al Pontefice non è mancato un accento di severità. «Non è precisamente nelle auto-esperienze o nelle introspezioni reiterate che incontriamo il Signore: i corsi di auto-aiuto nella vita possono essere utili, però vivere la nostra vita sacerdotale passando da un corso all’altro, di metodo in metodo, porta a diventare pelagiani, a minimizzare il potere della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui, con fede, usciamo a dare noi stessi e a dare il Vangelo agli altri, a dare la poca unzione che abbiamo a coloro che non hanno niente di niente». <br />  <br /> C’è purtroppo oggi un «sacerdote che esce poco da sé, che unge poco» non «è capace di attivare la parte più profonda del suo cuore presbiterale» e «invece di essere mediatore, diventa a poco a poco un intermediario, un gestore». E «tutti conosciamo la differenza: l’intermediario e il gestore “hanno già la loro paga” e siccome non mettono in gioco la propria pelle e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento affettuoso, che nasce dal cuore».  <br /> Si parla tanto di sacerdoti insoddisfatti, e qui sta la radice del problema. Troppi preti «finiscono per essere tristi, preti tristi, e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità oppure di novità, invece di essere pastori con “l’odore delle pecore”». <br />  <br /> È vero, «la cosiddetta crisi di identità sacerdotale ci minaccia tutti e si somma a una crisi di civiltà; però, se sappiamo infrangere la sua onda, noi potremo prendere il largo nel nome del Signore e gettare le reti».  <br /> Non bisogna ridurre l’unzione a mera funzione: «in questo mare del mondo attuale vale solo l’unzione – e non la funzione –, e risultano feconde le reti gettate unicamente nel nome di Colui del quale noi ci siamo fidati: Gesù». In serata il Papa è voluto andare personalmente in una delle «periferie» di cui parla spesso celebrando la Messa «in Coena Domini», con la tradizionale lavanda dei piedi, presso il carcere minorile romano di Casal del Marmo. <br />  <br /> Nella commovente cerimonia, Papa Francesco ha spiegato ai ragazzi il significato della lavanda dei piedi, che è come una «carezza di Gesù»: «chi è più in alto – ha detto – dev’essere al servizio degli altri».  <br /> Ma ai ragazzi del carcere minorile ha anche parlato di doveri. La Chiesa porta l’amore e la cordialità del Signore che aiutano a comprendere e amare il dovere, anche quando è difficile, in modo che ciascuno alla fine possa dire: «questo è quello che Gesù ci insegna e questo che io faccio, è il mio dovere, che mi viene dal cuore, amo farlo». <br />  <br /> lanuovabq.it                    A COSA SERVONO I PRETI TRISTI?

di Massimo Introvigne
29-03-2013
  SOLO LA CHIESA DI BENEDETTO E DI FRANCESCO PUO' SALVARCI DAL PESSIMISMO
  PAPA FRANCESCO

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 27 marzo 2013"
la chiesa si apra"
 «FRANCESCO? IL PAPA DELLA MISERICORDIA CHE NON CEDERA' SULLA DOTTRINA»28 MARZO 2013il cardinale peruviano Juan Luis Cipriani Thorn
 Foto: TEMPI OSCURI: UN PAPA GUERRIERO CI GUIDERÀ  <br />  <br /> «Si avvicina il tempo della grande prova, e l’unico modo per rispondere è una riforma della Chiesa attraverso la santità». Padre Livio Fanzaga, direttore e vera anima di Radio Maria, non ha dubbi. Guidato anche dai messaggi trasmessi dai veggenti di Medjugorje, sa leggere in profondità questo nostro tempo così pieno di incognite, con un mondo attraversato da una grave crisi, morale ancora prima che economica, e una Chiesa che aspetta l’elezione del nuovo Papa tra tensioni e divisioni. <br />  <br /> Padre Livio, dai microfoni di Radio Maria lei insiste molto sulla prova che aspetta il mondo e soprattutto la Chiesa. Ma quali sono i segni che questo tempo si avvicina? <br /> Mi sembra che i segni siano piuttosto evidenti: in una parola si potrebbe dire l’avanzata del potere delle tenebre. Non solo la grave crisi economica e finanziaria, ma la possibilità che oggi l’uomo ha di distruggere la terra su cui vive, il trionfo della religione umanitaria, la costruzione di un mondo senza Dio e quindi lo scatenarsi di un attacco furioso contro la Chiesa, la persecuzione. Se guardiamo con attenzione non possiamo non vedere come il tempo abbia preso un’accelerazione incredibile, come un masso che prende velocità staccandosi da una montagna e rotolando verso il basso. <br />  <br /> Lei parla di un grande attacco alla Chiesa, e lo ha detto più volte anche Benedetto XVI parlando di nemici esterni ma anche interni. <br /> Si deve leggere questa situazione come l’approssimarsi del grande attacco di Satana alla Chiesa, “Satana sciolto dalle catene” nel linguaggio dell’Apocalisse e come afferma la Madonna a Medjugorje. L’obiettivo è distruggere la Chiesa, delegittimare i suoi pastori, e il cristianesimo in generale. Mi sembra sia evidente come la Chiesa sia sotto attacco globale, anche attraverso i media e i grandi poteri che regolano il mondo, mentre si afferma una nuova religione umanitaria, con l’uomo ridotto ad animale. E’ l’impostura anticristica di cui parla anche il catechismo della Chiesa cattolica (no. 675-676). Il tempo della prova, per la Chiesa, è il tempo della grande apostasia, e lo stiamo già vedendo. <br />  <br /> Quali sono i segni all’interno della Chiesa? <br /> Lo vediamo soprattutto in uno sbriciolamento della fede, e responsabili ne sono gli stessi sacerdoti. Maria Valtorta lo aveva previsto già nel 1943, ma anche la Madonna nell’apparizione alle Tre Fontane lo aveva annunciato: la crisi del sacerdozio, che è ancora in atto. Non solo dopo il Concilio hanno abbandonato il sacerdozio il 20% dei preti, ma quelli che sono rimasti si sono in larga parte secolarizzati, hanno edulcorato la fede, la stanno dissolvendo. La crisi del sacerdozio è crisi intellettuale più che morale, cioè è crisi di fede. Lo vediamo in tanti libri di teologi, biblisti, negli insegnamenti nei seminari, c’è quello che già Paolo VI chiamava l’affermarsi di un pensiero non cattolico. Si dissolve la fede in Gesù figlio di Dio, si nega l’inferno – se c’è è vuoto, si dice -, addirittura si arriva a negare i miracoli, vale a dire il soprannaturale che è l’essenza della nostra fede. La parola di Cristo viene demolita, la Sua volontà – vedi la questione del sacerdozio alle donne – la si vorrebbe riaggiustare secondo criteri umani. Si dice che la Chiesa si deve aggiornare e si invocano riforme umane. Ma la Chiesa non si deve aggiornare, è la fedeltà alla sua identità che l’ha preservata nei secoli. Guai a noi se perdiamo la dimensione evangelica, radicale, l’affermazione di Cristo salvatore del mondo. La tentazione da superare è il cedimento al mondo. Cosa hanno risolto i protestanti ammettendo le donne al sacerdozio o eliminando il celibato dei preti? Nulla, anche dal punto di vista morale ci sono più pedofili tra i pastori protestanti che tra i preti cattolici. Queste sono le false riforme della Chiesa, e il mondo tifa per quelli che nella Chiesa si mettono su questa strada.  <br />  <br /> E in questo panorama c’è la rinuncia del Papa… <br /> Anche questo è un segno del tempo che si sta preparando. Benedetto XVI è pienamente cosciente di ciò che si prepara, ha rinunciato per dare spazio a uno più forte fisicamente, e lo ha detto con chiarezza. Andiamo verso tempi in cui c’è bisogno anche della forza fisica, oltre che morale, serve un Papa guerriero, un vero soldato di Cristo. E Benedetto XVI continuerà a seguire la battaglia con la preghiera, che è l’arma principale, come desidera anche la Madonna. <br />  <br /> Può spiegare meglio questo passaggio? <br /> L’obiettivo della Madonna è rafforzare la fede attraverso la preghiera. Perché dalla preghiera viene tutto, è una sorgente d’acqua che fa ricrescere tutto: l’incontro con Dio, la scoperta dei sacramenti, la luce del discernimento, la forza del combattimento spirituale. Fin dall’inizio delle sue apparizioni a Medjugorje ha invitato i veggenti a dire il Credo, prima del rosario, dopo la messa: sempre il Credo, che Lei dice essere la preghiera più bella. La Madonna vuole riformare la vita cristiana, bisogna che la grazia cambi i cuori, vuole la conversione, ed ecco quindi l’importanza della confessione. Non è un caso che il simbolo di Medjugorie siano le decine di confessionali all’aperto a cui si accostano ogni giorno centinaia di fedeli. Anche questo peraltro conferma quello che dicevo sulla crisi del sacerdozio: qui da noi i confessionali sono vuoti, ma se le stesse persone qui non si confessano e poi si sentono spinte a farlo a Medjugorje, evidentemente c’è qualcosa che non funziona nei preti qui, non è colpa dei fedeli.  <br /> Da questa conversione poi la Madonna desidera la pratica dei comandamenti: al proposito, ha fatto scalpore che nell’apparizione dello scorso 25 dicembre per la prima volta la Madonna non abbia parlato: si è invece alzato Gesù Bambino che ha ammonito “Io sono la vera pace, osservate i miei comandamenti”. Se non abbiamo la vita di Cristo dentro di noi, non siamo credibili. <br /> La vera riforma che è chiesta è la santità, e del resto le grandi riforme nella Chiesa le hanno sempre fatte i santi. E tutti i fedeli sono chiamati alla santità, tutti siamo chiamati a una conversione che dura tutta la vita.  <br />  <br /> Insomma, sembra proprio che la Madonna stia preparando un piccolo esercito per la battaglia che s’avvicina. <br /> Esatto, c’è un’incessante chiamata a diventare suoi apostoli decisi a testimoniare fino a dare la vita. Nel tempo della prova è necessario che ci sia un piccolo gregge che resiste, per dare luce agli altri, punto di riferimento per gli altri. Dio ha sempre fatto così: laddove ci sono le tenebre accende una luce, basti ricordare Massimiliano Kolbe e Edith Stein nei lager nazisti. <br />  <br />  <br /> Riccardo Cascioli TEMPI OSCURI: UN PAPA GUERRIERO CI GUIDERÀ Riccardo Cascioli intervista a Padre Livio
  Papa francesco 15 anni fa'Una preghiera per ogni dito della mano
 Foto: UMILTA' NELLA CHIESA E LA LOTTA ALLA CORRUZIONE  <br />  <br />  <br />  <br /> 2013-03-26 L’Osservatore Romano <br />  <br />  <br />  <br /> Vengono presentati martedì 26 a Roma, nella sede della «Civiltà Cattolica» i primi due libri in italiano di Jorge Mario Bergoglio. Si tratta dei volumi della Editrice Missionaria Italiana (Emi): Umiltà, la strada verso Dio (Bologna, 2013, pagine 64, euro 6,90, con postafazione di Enzo Bianchi) e Guarire dalla corruzione (Bologna 2013, pagine 64, euro 6,90, con postfazione di Pietro Grasso) che raccolgono discorsi che il cardinale arcivescovo di Buenos Aires pronunciò nel 2005 alla diocesi riunita in assemblea. Entrambi attingono alla spiritualità di sant’Ignazio di Loyola per descrivere i meccanismi profondi e offrire vie di soluzione a fenomeni di estrema attualità quali la corruzione, nella società e nella Chiesa, e l’urgenza di una vita ecclesiale improntata alla carità fraterna. All’incontro, moderato dal direttore della rivista dei gesuiti, padre Antonio Spadaro, intervengono la storica Lucetta Scaraffia, don Luigi Ciotti e il direttore della Emi, Lorenzo Fazzini. <br />  <br />  <br />  <br /> Affermava Bergoglio: “Non è raro incontrare — nelle comunità religiose, siano esse locali o provinciali — fazioni che lottano per imporre l’egemonia del proprio pensiero e delle proprie preferenze. Questo accade quando l’apertura caritatevole al prossimo viene sostituita dalle idee di ciascuno. Non si difende più il tutto della famiglia, ma la parte che mi tocca. Non si aderisce più all’unità che va a configurare il corpo di Cristo, ma al conflitto che divide, rende parziali, debilita. <br />  <br />  <br />  <br /> Per i formatori e superiori non risulta sempre agevole educare all’appartenenza allo spirito di famiglia, soprattutto quando è necessario plasmare atteggiamenti interiori, anche piccoli, ma che hanno le loro ripercussioni a questo livello del corpo istituzionale. Uno degli atteggiamenti validi che devono prendere corpo nel cuore dei giovani religiosi è quello di “accusare se stessi”, poiché è nella carenza di questa pratica che si radicano lo spirito di parte e le divisioni. Occorre in primo luogo mettere al bando ogni riferimento anche inconsapevole o qualsivoglia atteggiamento farisaico che presenti l’accusare se stessi come qualcosa di puerile o di tipico dei pusillanimi. <br />  <br />  <br />  <br /> Autoaccusarsi suppone piuttosto un coraggio non comune per aprire la porta a realtà sconosciute e per lasciare che gli altri vedano oltre la mia apparenza. Significa rinunciare a tutti i maquillage di noi stessi perché si manifesti la verità. <br />  <br />  <br />  <br /> Accusare se stessi (che è solo un mezzo) è la base in cui getta le radici l’opzione fondamentale per l’anti-individualismo, per lo spirito di famiglia e di Chiesa che ci porta a relazionarci come buoni figli e buoni fratelli, per poi arrivare a essere buoni padri. Accusare se stessi presuppone un atteggiamento fondamentalmente comunitario”. Saggezze e Sapienze fanne consiglio
 Foto: Lunedì 25 Marzo 2013 <br /> BOOM DI ISCRIZIONI <br /> GMG, PROGRAMMA RIVOLUZIONARIO  <br />  <br /> La partecipazione annunciata di Papa Francesco ha suscitato grande entusiasmo, soprattutto in America Latina. Negli auspici anche un incontro con i giocatori di calcio. E magari una partita di altissimo livello <br />  <br /> A braccio, stando in piedi, quasi a volerli guardare negli occhi uno ad uno: Papa Francesco ha parlato così alle migliaia di giovani assiepati in piazza san Pietro per la messa della Domenica delle Palme, giorno in cui la Chiesa, da 28 anni, celebra la Giornata della Gioventù. Ha parlato loro di gioia e di Croce, li ha esortati, con forza, a non farsi “rubare la speranza”, ad essere missionari, a portare la Croce rispondendo all’invito di Gesù “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, che è il tema della Giornata della Gioventù di Rio de Janeiro (23-28 luglio), meta del suo primo viaggio internazionale. “Vi do appuntamento in quella grande città del Brasile! Preparatevi bene, soprattutto spiritualmente nelle vostre comunità - ha detto il Papa - perché quell’Incontro sia un segno di fede per il mondo intero. I giovani devono dire al mondo: è buono seguire Gesù; è buono andare con Gesù; è buono il messaggio di Gesù; è buono uscire da se stessi, alle periferie del mondo e dell’esistenza per portare Gesù!”. Sulle parole del Pontefice, le prime rivolte direttamente ai giovani, Daniele Rocchi, per il Sir, ha chiesto un parere a padre Eric Jacquinet, responsabile della sezione “Giovani” del Pontificio Consiglio per i laici. <br />  <br /> Qual è la sua impressione davanti alle parole di Papa Francesco ai giovani? <br /> “La cosa che più mi ha colpito è il fatto che il Papa abbia parlato a braccio con energia rivelando grande attenzione per i giovani, ma soprattutto grande fiducia in loro chiedendo a tutti di diventare missionari nel mondo. Li ha invitati ad uscire e a recarsi nelle periferie del cuore e del mondo ad annunciare che ‘è buono seguire Gesù, è buono il messaggio di Gesù’. Parlando a braccio ha mostrato tutto il suo cuore di pastore desideroso di guidare la parte più giovane del suo gregge verso quella speranza che non devono farsi rubare dal male. C’è poi un’altra cosa che mi preme segnalare…”. <br />  <br /> Quale? <br /> “Il Pontefice, nel ribadire che la nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose ma dall’incontro con una persona, Gesù, si innesta con forza e continuità nel pontificato di Papa Benedetto XVI che di questa affermazione ne aveva fatto uno dei temi più ricorrenti”. <br />  <br /> Nell’omelia Papa Francesco ha parlato anche di Croce, parola che sembra distante dalle attese dei giovani… <br /> “Molti giovani vivono la Croce, vivono la sofferenza nella loro vita, e penso alla mancanza di lavoro, di prospettive, alle ingiustizie che subiscono in tanti ambiti, alla difficoltà di crearsi una famiglia e un progetto di vita. Papa Francesco, ricordando loro che queste sofferenze corrispondono alla Croce di Cristo, offre un senso a questo dolore che si portano dentro. Ed il senso ultimo è che questa, abbracciata con amore, non porta alla tristezza ma alla gioia. Abbracciare la Croce è, al tempo stesso, una denuncia delle ingiustizie e una chiamata alla conversione”.  <br />  <br /> Il Pontefice, chiudendo l’omelia, ha dato appuntamento ai giovani di tutto il mondo alla Gmg di Rio de Janeiro. A che punto è l’organizzazione di questo evento e cambierà qualcosa ora che a fare il viaggio sarà Papa Francesco e non Benedetto XVI? <br /> “L’elezione di Papa Francesco ha rilanciato in modo straordinario le iscrizioni, un boom, alla Gmg di Rio de Janeiro da parte dei giovani sudamericani e in modo particolare di quelli argentini. Questi ultimi dopo aver saputo che il Papa non avrebbe fatto tappa in Argentina dopo la Gmg hanno cominciato a iscriversi in gran numero. Non solo. L’arrivo di Papa Francesco, con la sua vitalità e dinamismo, sta rimettendo in discussione il programma che era stato pensato per Benedetto XVI. L’agenda brasiliana di Papa Ratzinger, proprio a causa della sua stanchezza, prevedeva un ridotto numero di incontri e di minore durata, fino ad un massimo di un’ora e trenta. Ora possiamo rielaborare sia il numero sia la durata degli eventi. Il cardinale presidente del Pcpl, Stanislaw Rylko, ha parlato in questi giorni con il pontefice e cercheremo di rispettare le sue decisioni. Al momento non ci sono eventi definiti ma solo alcuni sogni, tra i quali un incontro con i giocatori di calcio, sport che Papa Francesco segue. È noto, infatti, che in Argentina è tifoso della squadra del san Lorenzo de Almagro. Sarebbe bello avere anche una partita di calcio nel programma”. <br />  <br /> agensir BOOM DI ISCRIZIONI GMG, PROGRAMMA RIVOLUZIONARIO
 Foto: FRANCESCO E IL DIAVOLO <br />  <br /> di Giuliano Guzzo <br /> 23 marzo 2013 <br />  <br /> Controllate pure: i principali siti internet non ne parlano o quasi. Papa Francesco torna a parlare del Diavolo e i mass media, quei furbetti, scelgono, filtrano, selezionano. Col risultato che passaggi molto interessanti, anzi decisivi dei suoi discorsi – ancora pochi ma già molto significativi - vengono censurati, messi da parte, lasciati alla pignoleria e alla curiosità di chi ha la pazienza di leggerseli integralmente. E’ successo qualche giorno fa, quando Papa Francesco ha sì invitato ad un dialogo con l’Islam ma ha pure sferrato un vibrante attacco al relativismo sulla scia di Benedetto XVI, attacco subito nascosto, ed è accaduto ieri, col suo invito a fare attenzione perché «quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili […] in questo momento viene il nemico, viene il Diavolo, mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente ci dice la sua parola». Non ascoltatelo – ha poi aggiunto – perché c’è Gesù da seguire, e con Lui è tutta un’altra musica. <br />  <br /> Forte, no? Certo, il Cristianesimo è ben altro che puro timore del Maligno, ci mancherebbe. Però è anche vero che una delle ragioni dell’odierno crollo della dottrina e della riduzione dell’insegnamento cristiano a filantropia mielosa sta proprio nella rimozione del Diavolo, di quel nemico tante volte «mascherato da angelo», e conseguentemente dell’Inferno. Perché, parliamoci chiaro, se uno – ciascuno di noi – non rischia la dannazione eterna, che diamine di senso ha impegnarsi e seguire Cristo per guadagnarsi il Paradiso? Sarebbe pura perdita di tempo. Il problema è talmente serio che negli anni passati esegeti come Hubert Haag hanno pubblicato libri fuorvianti sin dal titolo – «Addio al diavolo» – e s’è pure cercato di attribuire in tutti i modi ad un teologo del calibro di Hans Urs von Balthasar l’idea di «inferno vuoto», idea apertamente respinta dallo stesso von Balthasar (Cfr. Von Balthasar H.U. Sperare per tutti. Breve discorso sull’inferno, Jaca Book, Milano 1997, p. 123). <br />  <br /> Morale (cattolica): il Diavolo c’è, eccome se c’è. Infatti Papa Francesco, che è un pastore vero e che tiene al destino delle proprie pecore, non teme di esprimersi chiaramente, ci ricorda il problema dei lupi e quello, ancora peggiore, del nemico «mascherato da angelo», la facile soluzione a problemi difficili, la scorciatoia, l’inganno comodo e maledetto. Perché la sola via d’uscita, «quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili», continua ad essere Lui, Gesù Cristo, il vero Autore della speranza, che diversamente scemerebbe anch’essa in sterile ottimismo, in auspicio debole e provvisorio. Invece Gesù c’era, c’è e ci sarà. Ed oggi c’è anche, grazie a Dio, Papa Francesco, questo pontefice che parla come un parroco di campagna: senza troppi giri di parole, con chiarezza, mettendoci in guardia anche da quei pericoli che una certa teologia mondana e salottiera ci chiede di sottovalutare. Papa Francesco, insomma, parla chiaro. Anche se i mass media, quei furbetti, fanno di tutto per nasconderlo. <br />  <br /> fonte: giulianoguzzo.wordpress.com <br />  <br /> libertàepersona FRANCESCO E IL DIAVOLO
 Foto: OMELIE DEL CARD. BERGOGLIO: L'AMORE DI MARIA INSEGNA A PRENDERSI CURA DELLA VITA  <br />  <br /> 25 marzo 2013 <br /> Forte da sempre il legame di Papa Francesco con la Vergine, testimoniato - solo per citare riferimenti recenti - dal suo primo atto dopo l'elezione: la visita alla Vergine Salus Popoli Romani nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Ma anche dall'uso nel suo stemma della Stella, simbolo, secondo l'antica tradizione araldica, della Vergine. La Madonna è, dunque, al centro della sua spiritualità. Nella Messa per la Vita celebrata il 25 marzo del 2011, Solennità dell'Annunciazione, l'allora cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, ripercorreva la vita della Vergine per esortare a prendersi cura della vita con coraggio e amore come fece la stessa Maria che accompagnò suo Figlio, nelle gioie e nei dolori, e poi la Chiesa. Ricordiamo le sue parole di allora con il servizio di Debora Donnini:  <br />  <br /> E’ la vita stessa di Maria a raccontare concretamente cosa significhi accompagnare la vita. Per farlo arrivare al cuore dei fedeli, il cardinale Bergoglio ripercorreva l’esistenza della Vergine di Nazareth, che “accompagna la vita di suo Figlio e accompagna la sua morte”. Proprio nel giorno dell’Annunciazione comincia, infatti, il cammino di accompagnamento di Maria. Fin da quando sta per dare alla luce, deve intraprendere un viaggio per rispettare la legge, per il censimento, accompagna Gesù nella nascita senza alcuna comodità e, dopo la grande gioia al ricevere i pastori e i Magi, arriva la minaccia di morte e la fuga in Egitto. Come con delicate pennellate, l’arcivescovo di Buenos Aires descriveva la Vergine che accompagna quella vita che cresce, “accompagna la sua solitudine” quando “lo torturarono tutta la notte”: è Lei ai piedi della Croce, Lei che nella sua profonda solitudine non perde la speranza e poi “accompagna la sua Risurrezione piena di gioia”. E infine il suo stesso Figlio le affida la Chiesa nascente, che da allora Lei accompagna e “continua - diceva il cardinale Bergoglio - ad accompagnarci nella vita della Chiesa perché vada avanti”.  <br />  <br /> Sembra quasi un Cantico quello del porporato su questa “donna del silenzio, della pazienza, che sopporta il dolore” e che “sa rallegrarsi profondamente” con l’allegria di suo Figlio. La contemplazione della vita della Vergine porta ad una domanda centrale che il cardinale Bergoglio rivolgeva ai fedeli: “Sappiamo accompagnare la Vita?”. Il porporato parla della vita dei figli ma anche di quelli che “perdonino l’espressione – dice - sembrano essere ‘figli di nessuno’”. “Mi preoccupano anche a me?”, chiedeva. L’arcivescovo esortava a farsi una serie di domande: “Qualche volta ho pensato che quello che spendo per prendermi cura di un piccolo animale potrebbe essere alimento ed educazione per un bambino che non ce l’ha?”. E ancora: “Come stanno i tuoi genitori? Come stanno i tuoi nonni?...Li accompagni?”, domandava. "Il peggio che ci possa capitare" - afferma - è che abbiamo troppo poco amore per prenderci cura della vita.  <br />  <br /> Maria, infatti, è “la donna dell’amore”, sottolineava il cardinale Bergoglio: “se non c’è amore non c’è posto per la vita”, c’è l’egoismo. E dunque, proseguiva, “amore" e “coraggio” sono ciò che bisogna chiedere oggi a Maria per “prenderci cura della vita”. Qualcuno potrebbe chiedersi come portare l’amore nel mezzo di tante contraddizioni e prendersi cura della vita fino alle sue ultime conseguenze. Il porporato citava Pio XI che diceva: “Il peggio che ci accade non sono i fattori negativi della civilizzazione ma il peggio che ci accade è la sonnolenza dei buoni”. “Maria – concludeva il cardinale Bergoglio – non concesse anestesie all’amore”. E la preghiera che l’arcivescovo di Buenos Aires Le rivolgeva era quella di poter amare seriamente, di non essere “sonnolenti”, e di “non rifugiarci” nelle mille anestesie “che ci presenta questa civilizzazione decadente”. <br />  <br />  <br />  <br /> Radio Vaticana L'AMORE DI MARIA INSEGNA A PRENDERSI CURA DELLA VITA OMELIE DEL CARD. BERGOGLIO 25 marzo 2013
  UMILTA' NELLA CHIESA E LA LOTTA ALLA CORRUZIONE
  Abbiamo fiducia nella dolcezza del perdono di Gesù e nel suo Amoreil Martedì 26 marzo 2013 alle ore 14.21
 Foto: COM'E' BELLO ESSERE PERDONATI <br />  <br /> 2013-03-27 L’Osservatore Romano <br /> Papa Francesco ha celebrato anche martedì mattina, 26 marzo, la messa nella cappella della Domus Sanctae Marthae. Quest'oggi ha voluto che fossero con lui all'altare i sacerdoti abitualmente ospitati nella residenza vaticana. Ieri sono rientrati nelle loro abitazioni dopo averle lasciate alcune settimane fa ai cardinali giunti a Roma per il conclave. Erano circa quaranta tra officiali della Segreteria di Stato e di altri enti e dicasteri. Con loro anche gli arcivescovi Angelo Acerbi, Peter Paul Prabhu e Luigi Travaglino, nunzi apostolici. Una famiglia sacerdotale della quale il Papa ha detto di sentirsi parte. E alla quale, prima di impartire la benedizione finale, ha espresso il suo ringraziamento. <br />  Commentando brevemente il passo del Vangelo di Giovanni (13, 21-33. 36-38) in cui Gesù parla del tradimento di Giuda e ricorda a Pietro che lo rinnegherà tre volte, il Papa ha condiviso con i presenti la sua riflessione su «due parole»: la notte e la dolcezza del perdono di Cristo. Era notte quando Giuda uscì dal cenacolo. E il Santo Padre ha sottolineato che era notte fuori e dentro di lui. Ma, ha ricordato, c'è un'altra notte, una notte «provvisoria» che tutti conoscono e nella quale al di là del buio c'è sempre la speranza. È la notte del peccatore che incontra di nuovo Gesù, il suo perdono, la «carezza del Signore». Papa Francesco ha invitato ad aprire il cuore e a gustare la «dolcezza» di questo perdono. La stessa dolcezza che si è espressa nello sguardo rivolto da Cristo a Pietro che lo aveva rinnegato. «Che bello essere santi - ha concluso - ma anche quanto è bello essere perdonati». Tra i fedeli erano presenti alcune sorelle dell'Istituto secolare di Schoenstatt residenti a Roma.  Al termine della celebrazione, dopo alcuni minuti di preghiera silenziosa trascorsi seduto in fondo alla cappella, Papa Francesco ha salutato singolarmente tutti. E ai sacerdoti residenti a Santa Marta ha fatto anche pervenire in dono un grande uovo di cioccolata sul quale è riprodotto lo stemma pontificio. COM'E' BELLO ESSERE PERDONATI
  Secondo il Nobel per la pace e attivista dei diritti umani Adolfo Perez Esquivel, Bergoglio "non aveva legami con la dittatura".
  UDIENZA AL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Sala Regia
Venerdì, 22 marzo 2013

  INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DELLE CHIESE
E DELLE COMUNITÀ ECCLESIALI, E DI ALTRE RELIGIONI

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Sala Clementina
Mercoledì, 20 marzo 2013

  Lo stemma di Papa Francesco
  Papa FrancescoOmelia di domenica 17 marzo
 Nuovi messaggi a Papa Francesco dal mondo ebraico, musulmano e cristiano
  

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 17 marzo 2013

 

UDIENZA A TUTTI I CARDINALI

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

  

UDIENZA AI RAPPRESENTANTI DEI MEDIA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Aula Paolo VI
Sabato, 16 marzo 2013

 Papa-Francesco santa messa di inizio pontificato 
SANTA MESSA
IMPOSIZIONE DEL PALLIO
E CONSEGNA DELL’ANELLO DEL PESCATORE
PER L’INIZIO DEL MINISTERO PETRINO
DEL VESCOVO DI ROMA

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza San Pietro
Martedì, 19 marzo 2013
Solennità di San Giuseppe

                 Abbiamo il nuovo Papa .     ........Francesco
[Modificato da MARIOCAPALBO 03/04/2013 12:31]

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