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UN SERMONE PASQUALE

Ultimo Aggiornamento: 31/03/2013 09:53
31/03/2013 09:53

SANT’AGOSTINO
“Tre sono le cose incredibili e tuttavia avvenute: è incredibile che Cristo sia risuscitato nella sua carne, è incredibile che il mondo abbia creduto ad una cosa tanto incredibile, è incredibile che pochi uomini, sconosciuti, inermi senza cultura, abbiano potuto far credere con tanto successo al mondo, e in esso anche ai dotti, una cosa tanto incredibile!” (Sant’Agostino – “La città di Dio” XXII, 5).


 

SANT’AGOSTINO – DISCORSO 231
 
UN SERMONE PASQUALE

Predicato un lunedì di Pasqua a partire dal 412, il discorso 231 è uno dei tanti sermoni di Agostino sull’evento centrale per la fede cristiana: la risurrezione di Gesù. Anche il cristiano, come dice san Paolo nella lettera ai Colossesi, è risorto con Cristo, e per questo deve «cercare le cose di lassù». Il sermone agostiniano illustra questo tema dell’unione con il Cristo risorto come principio di vita nuova per il credente.

 

DISCORSO 231

 

1. È costume in questi giorni leggere la resurrezione del nostro Signore Gesù Cristo desumendone il racconto da tutti e quattro i Vangeli. Nella lettura di oggi abbiamo potuto osservare che il Signore Gesù rimproverò i suoi discepoli, che pure erano le membra più ragguardevoli del suo corpo in quanto gli erano stati proprio fianco a fianco. Li rimproverò perché ricusavano di credere che fosse vivo colui per la cui morte erano rattristati. Essi, padri della fede, non ancora fedeli; essi, maestri, ad opera dei quali tutto il mondo avrebbe creduto a quel che essi annunziavano e per cui sarebbero morti, ancora non credono. L’avevano visto risuscitare i morti, eppure non credevano che lui stesso fosse risorto. Giusto pertanto il rimprovero, che mirava ad aprire i loro occhi e mostrar loro cosa erano se abbandonati a se stessi e cosa sarebbero diventati per grazia di lui. Così anche Pietro poté scoprire chi fosse quando, poco tempo prima della passione del Signore presunse ma poi, durante la passione, vacillò. Rientrato in sé, si vide, si addolorò e si mise a piangere, finché non si ravvide e si rivolse a colui che l’aveva creato. Quanto ai discepoli, eccoli là!, non credevano ancora; come qui si legge, ancora non credevano mentre già vedevano. Quale misericordia non ha usato con noi colui che ci ha concesso di credere in ciò che ancora non vediamo! Noi crediamo alle loro parole, essi non credevano ai propri occhi!

 

2. La resurrezione del nostro Signore Gesù Cristo segna la nuova vita di quanti credono in Cristo; e questo mistero della sua morte e resurrezione voi lo dovete conoscere in profondità e riprodurlo nella vostra vita. Non fu infatti senza motivo che la Vita si sottopose alla morte; non fu senza motivo che la fonte della vita, da cui beve chiunque vuol vivere, si accostò a bere qui quel calice che per nulla le era dovuto. Cristo infatti era esente da morte. Indaghiamo pure da che cosa provenga la morte, quale ne sia l’origine: [troveremo che] padre della morte è il peccato. Se non si fosse peccato, nessuno sarebbe morto; e, quando il primo uomo ricevette da Dio quella legge, cioè quel primo precetto di Dio, lo ricevette con la condizione che se l’avesse osservato sarebbe vissuto, se l’avesse trasgredito sarebbe morto. Non credendo che sarebbe dovuto morire fece quello che gli causò la morte e toccò con mano quanto fosse vero quello che gli aveva minacciato l’Autore

della legge. Da lì venne la morte, la condizione di mortalità, la tribolazione, la miseria; da lì, ancora, dopo la morte prima, la morte seconda, cioè, dopo la morte temporale, la morte eterna. E soggetto a questa condizione mortale, a queste leggi dell’inferno, nasce ogni uomo, escluso – naturalmente – colui che si fece uomo per liberare l’uomo dalla perdizione. Costui non venne condizionato dalle leggi della morte, tanto che nel Salmo si dice di lui che fu libero in mezzo ai morti (Sal 87, 6). Egli era stato concepito da una vergine senza influsso di concupiscenza, era stato generato da una vergine rimasta vergine. Egli visse esente da colpa e la sua stessa morte non fu dovuta a colpa: partecipò alla pena inflitta a noi, ma non partecipò alla nostra colpa. È vero che la morte è pena di una colpa, ma il nostro Signore Gesù Cristo venne a morire non commettendo peccato: subendo, lui che era senza colpa, la stessa nostra pena ci liberò e dalla colpa e dalla pena. Da quale pena ci ha liberati? Quella che ci era dovuta dopo la vita presente. Quando dunque fu crocifisso, da quella croce diede a tutti di vedere che era finita con il nostro uomo vecchio, e quando risuscitò mostrò nella sua stessa vita la nuova vita che avremmo dovuto vivere. Così ci istruisce l’Apostolo quando insegna: Egli – dice – fu consegnato a causa dei nostri peccati e

risorse per la nostra giustificazione (Rm 4, 25). A significare tale trasformazione era stata data ai patriarchi la circoncisione, per cui ogni maschio veniva circonciso otto giorni dopo la nascita. La circoncisione si faceva con coltelli di pietra (cf. Gs 5, 2): la quale pietra era Cristo (1 Cor 10, 4). In questa circoncisione era raffigurato lo spogliamento della vita carnale che avviene mediante la resurrezione di Cristo nel giorno ottavo. Difatti il settimo giorno della settimana si conclude con il sabato, e di sabato il Signore restò a giacere nel sepolcro. Ciò nel settimo giorno, cioè nel sabato; ma nell’ottavo giorno risuscitò. Con la sua resurrezione ci dona la vita nuova. Dunque ci ha circoncisi nel giorno ottavo. In tale speranza noi viviamo.

 

3. Ascoltiamo l’Apostolo che ci dice: Se siete risorti con Cristo (Col 3, 1). Ma quando risorti se ancora non siamo morti? Cosa vuol dirci dunque l’Apostolo con le parole: Se siete risorti con Cristo? O che lui stesso sarebbe potuto risorgere se prima non fosse morto? Parlava a dei vivi, non a dei morti; eppure li vedeva risorgere. Che significa? Badate alle sue parole: Se siete risorti con Cristo, gustate le cose di lassù, dov’è Cristo, assiso alla destra di Dio; cercate le cose di lassù e non quelle della terra. Siete infatti morti (Col 3, 1-3). Lo dice l’Apostolo, non io; e dice la verità, per cui anch’io vi dico la stessa cosa. Perché anch’io vi dico la stessa cosa? Perché così ho creduto e così per conseguenza ho da parlare (Sal 115, 1). Se viviamo bene, è segno che siamo morti e risuscitati. Se uno, al contrario, non è né morto né risuscitato, vive ancora nel male e, se vive nel male, non vive. Muoia, se non vuol

morire! Che significa: Muoia se non vuol morire? Cambi condotta e così eviterà la condanna. Se siete risorti con Cristo – ripeto le parole dell’Apostolo – gustate le cose di lassù, dov’è Cristo, assiso alla destra di Dio; cercate le cose di lassù e non quelle della terra. Siete infatti morti e la vostra vita è nascosta insieme con Cristo in Dio. Quando apparirà Cristo, vostra vita, allora apparirete anche voi insieme con lui nella gloria (Col 3, 1-4). Ecco le parole dell’Apostolo; e io, da parte mia, a colui che ancora non fosse morto dico che ha da morire, a colui che ancora vive nel male dico che deve cambiare vita. Se infatti un tempo viveva nel male ma ora ha smesso di viverci, è morto [al male]; se vive bene, è risuscitato.

 

4. Ma che vuol dire vivere bene? Gustate le cose di lassù e non quelle della terra (Col 3, 2). Orbene, fino a quando sarai terra, sarai orientato alla terra (Gn 3, 19) e leccherai la terra. Finché amerai la terra leccherai la terra, e sarai nemico di colui del quale dice il Salmo: I suoi nemici leccheranno la terra (Sal 71, 9). Cosa eravate un tempo? Figli dell’uomo. Ora cosa siete? Figli di Dio. Ebbene, o figli dell’uomo, fino a quando avrete il cuore intorpidito? Perché amate la vanità e andate a caccia di ciò che è falso? (Sal 4, 3) E qual è la falsità? Ve lo dico subito. So che voi desiderate la felicità. Trovami un uomo, magari ladro, delinquente, fornicatore, un uomo dedito a malefici o sacrilegi, o immerso in ogni sorta di vizi, o gravato da una moltitudine di scelleratezze e delitti, il quale non desideri una vita felice. Sì, lo so bene: tutti volete vivere felici; ma di ciò che rende felice l’uomo non tutti andate in cerca. Desideri l’oro, pensando che con l’oro possa diventare felice, ma l’oro non ti renderà felice. Perché vai in cerca di ciò che è falso? E perché ambisci onori mondani? Forse pensi di diventar felice una volta raggiunta una onorificenza umana o una grandezza di questo mondo. Sappi però che nessuna grandezza mondana può renderti felice. Perché dunque andare in cerca di ciò che è falso? E così di qualsiasi altra cosa di cui ti appassioni. Se cerchi cose mondane, se cerchi amando e, per così dire, leccando la terra, è vero che cerchi in vista di una felicità; tuttavia nessuna cosa terrena potrà renderti felice. Perché dunque non smettere di cercare il falso? E, quanto alla felicità, come potrai conquistarla? O figli dell’uomo, fino a quando avrete il cuore intorpidito? O vorreste dire che non sia torpido il vostro cuore quando lo appesantite con cose terrene? E fino a quando gli uomini ebbero il cuore intorpidito? Finché non venne Cristo, finché non risuscitò, gli uomini ebbero intorpidito il cuore. Fino a quando sarete torpidi di cuore? Perché amate la vanità e andate in cerca di ciò che è falso? Volete essere felici, e cercate le cose che vi rendono miseri! Vi ingannano le cose che cercate; sono una falsità le cose che cercate. 5. Vuoi essere felice? Se lo vuoi, ti mostrerò la via per esserlo. Dice [il Salmo]: Fino a quando avrete il cuore intorpidito? Perché amate la vanità e andate in cerca di ciò che è falso? e poi continua: Sappiate. Cosa dobbiamo sapere? Che il Signore ha glorificato il suo Santo (Sal 4, 4). Incontro alle nostre miserie è venuto Cristo, il quale ha voluto aver fame e sete, stancarsi e dormire. Egli, pur avendo compiuto miracoli, si sottopose al dolore: fu flagellato, coronato di spine, sputacchiato, schiaffeggiato, sospeso ad una croce, trafitto da una lancia e deposto in un sepolcro. Da lì però risorse il terzo giorno, ponendo fine alla sofferenza, uccidendo la morte. Lì pertanto, cioè nella sua resurrezione, fissate lo sguardo, poiché Dio ha tanto glorificato il suo Santo da risuscitarlo da morte e da accordargli il privilegio di sedere alla sua destra nel cielo. Ti ha mostrato le cose a cui devi aspirare se desideri essere beato, essendo scontato che quaggiù non puoi esserlo. Nella vita presente infatti non potrai

certo raggiungere la felicità: nessuno ha questo potere. Tu cerchi, è vero, una cosa buona, ma questa terra non è il luogo dove alligni la cosa da te cercata. Cosa cerchi? La vita felice. Purtroppo non è di quaggiù. Fa’ conto che ti metta a cercare l’oro in un posto dove non c’è. Se arriva uno che sa non essere quello il posto dove si trova l’oro, non ti direbbe forse: Ma che stai scavando? perché smuovi la terra? Fai una buca dove potresti cadere, non dove si trovano le cose che cerchi. Cosa replicheresti a chi ti dà questi suggerimenti? Sto cercando l’oro. E l’altro: Non ti dico che sia cosa da nulla quello che cerchi; tu cerchi una cosa buona, ma non è dove la cerchi. Così quando tu dici: Voglio la felicità. Cerchi una cosa buona, ma non è cosa di questo mondo. Se in questo mondo fu felice Cristo, lo sarai anche tu. Venendo nella regione dove tu giaci morto, cosa vi trovò Cristo? Notalo bene! Egli proveniva da una regione diversa: ebbene, quando venne quaggiù, cosa vi trovò se non quelle cose che quaggiù abbondano? Tribolazioni, dolori, morte: ecco quello che si trova quaggiù, che quaggiù abbonda. Mangiò insieme con te i cibi che in abbondanza erano riposti nella dispensa della tua miseria. Bevve l’aceto, gli fu dato il fiele. Ecco cosa trovò nella tua dispensa. In cambio, egli ti invitò alla sua grande tavola imbandita, alla mensa celeste, alla mensa degli angeli dove pane è lui stesso. Scese dunque e nella tua dispensa trovò le cose ributtanti sopra accennate; eppure non ricusò di sedersi a una tal mensa qual era la tua, promettendo la sua. E cosa ci dice? Abbiate fede, abbiate fede! Voi verrete da me e gusterete i beni della mia mensa, com’è vero che io non ho ricusato d’assaporare i mali della mensa vostra. Ha preso su di sé il tuo male, e ti darà il suo bene? Ma certo che te lo darà! Ci ha promesso la sua vita, anzi ha fatto una cosa ancora più inaudita: come anticipo ci ha elargito la sua morte, quasi volesse dirci: Ecco, io vi invito a partecipare della mia vita. È una vita dove nessuno muore, una vita veramente beata, che offre un cibo incorruttibile, un cibo che ristora e mai vien meno. La meta a cui v’invito, ecco, è la regione degli angeli, è l’amicizia con il Padre e lo Spirito Santo, è la cena eterna, è la comunione con me. Di più: vi invito a [godere di] me stesso, a partecipare della mia vita. Stentate a credere che io vi darò la mia vita? Ebbene, ve ne sia pegno la mia morte, che già è in vostro possesso. Se quindi al presente ci tocca vivere nella carne soggetta a corruzione, moriamo con Cristo cambiando condotta, e viviamo con Cristo amando la santità. Ricordiamoci che non conseguiremo la vita beata se non quando saremo giunti là dove è colui che è disceso in mezzo a noi e quando cominceremo a vivere totalmente uniti a colui che è morto per noi.



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