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sant'Agostino giorno per giorno

Ultimo Aggiornamento: 02/02/2013 09:20
02/02/2013 09:20

da 20 al 29 febbraio
20/02

 

Preghiera

Ogni sospiro aneli al Cristo: lui solo sia desiderato, il più bello fra tutti, che amò noi, deformi, per farci belli. Solo dietro a lui corriamo, per lui sospiriamo, e i suoi servi che amano la pace non cessino di esclamare: Sia glorificato il Signore! (Sal 34, 27) (In Io. Ev. 10, 13)

 

Lettura

Giovanni e Gesù: lucerna e luce

La lettura di questo passo del santo Vangelo fa risaltare la grandezza divina di nostro Signore Gesù Cristo e l’umiltà dell’uomo che meritò di esser chiamato amico dello sposo, insegnandoci a misurare la differenza che c’è tra un uomo che è soltanto uomo, e un uomo che è Dio. Infatti, l’uomo-Dio nostro Signore Gesù Cristo, è Dio prima di tutti i secoli, ed è uomo nel nostro secolo; Dio da parte del Padre, uomo da parte della Vergine: tuttavia un solo e medesimo Signore e Salvatore Gesù Cristo, Figlio di Dio, Dio e uomo. Giovanni, invece, uomo dotato di grazia singolare, fu inviato avanti a lui, e fu illuminato da colui che è la luce. Di Giovanni, infatti, è detto: Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce (Gv 1, 8). Anch’egli può esser chiamato luce, e giustamente, ma non in quanto illumina, bensì in quanto è illuminato. Una cosa infatti è la luce che illumina, un’altra è la luce che è illuminata: anche i nostri occhi si chiamano luci, e pur tuttavia, benché aperti, al buio non vedono. La luce che illumina, invece, è luce per se stessa, è luce a se stessa, e non ha bisogno d’altra luce per risplendere, ma di essa hanno bisogno le altre, per illuminare. (In Io. Ev. 14, 1)

 

Per la riflessione

Comprenda l’uomo che non deve godere della sua sapienza, ma della sapienza che ha ricevuto da Dio. (In Io. Ev. 14, 3)

 

Pensiero agostiniano

Se è sapienza quella per cui sono beati gli operatori di pace, perché saranno considerati figli di Dio, preghiamo di essere liberati dal male, perché tale liberazione ci renderà liberi, cioè figli di Dio, affinché con lo spirito di adozione invochiamo: Abba, Padre. (De sermone Domini in monte II, 11.38)

21/02

 

Preghiera

O Signore, compi la tua opera in me. (Conf. XI, 2.3)

 

Lettura

Dio sceglie ciò che è debole per confondere i forti

Non solo Natanaele non risulta il primo nella lista degli Apostoli, ma nemmeno a metà, neppure l’ultimo. Eppure è a lui che il Figlio di Dio ha reso una così grande testimonianza dicendo: Ecco davvero un israelita, in cui non c’è finzione. Ci si domanda perché. Per quel tanto che il Signore ci concede di capire, possiamo saperlo. Dobbiamo tenere presente, infatti, che Natanaele era uno studioso e un esperto della legge; per questo il Signore non volle annoverarlo tra i suoi discepoli, perché aveva scelto dei semplici, per confondere il mondo. Ascoltate cosa dice l’Apostolo: Guardate la vostra chiamata, o fratelli: non sono molti tra voi i potenti, non molti i nobili, ma Dio ha scelto ciò che è debole del mondo per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che è ignobile nel mondo e ciò che è disprezzato e ciò che non esiste, quasi esistesse, per annientare ciò che esiste (1 Cor 1, 26-28). Se Dio avesse scelto un uomo dotto, questi avrebbe potuto pensare d’essersi meritato la chiamata per la sua dottrina. Il Signore nostro Gesù Cristo, volendo piegare la cervice dei superbi, non volle servirsi del retore per andare in cerca del pescatore, ma si servì di un pescatore per conquistare l’imperatore. Verrà Cipriano un grande oratore, ma prima c’è Pietro il pescatore, per mezzo del quale crederà non soltanto l’oratore ma anche l’imperatore. Nessun nobile, nessun dotto fu scelto per primo: perché Dio scelse ciò che secondo il mondo è debole, per confondere ciò che è forte. Natanaele, dunque, era un uomo importante e senza finzione; e questo è il solo motivo per cui non fu scelto, affinché nessuno credesse che il Signore era venuto a scegliere i dotti. (In Io. Ev. 7, 17)

 

Per la riflessione

Il dolo è frode, è finzione. Quando uno dice una cosa diversa da quella che nasconde in cuore, finge; ed è come se avesse il cuore doppio, il cuore con due pieghe: una piega in cui vede la verità, l’altra in cui concepisce la menzogna. (In Io. Ev. 7, 18)

 

Pensiero agostiniano

L’onore deve venire in cerca di te, non tu dell’onore. Tu devi sederti nel posto più umile, affinché colui che ti ha invitato ti faccia salire a un posto più ragguardevole. (Sermo 39, 2)

 

22/02

 

Preghiera

I miei delitti, dice, mi contaminano; gli altrui mi affliggono: da questi purificami, da quelli perdonami. Estirpa dal mio cuore ogni cattivo desiderio, allontana da me il malvagio tentatore. (En. in Ps. 18, II, 13)

 

Lettura

La superbia è la causa di tutti i peccati

Credo che il gravissimo peccato sia la superbia. Probabilmente questo è significato anche in altro modo laddove si dice: e sarò purificato dal grande peccato. Chiedete quanto sia grande questo peccato che fece precipitare l’angelo, che dell’angelo fece il diavolo e gli sbarrò per sempre il Regno dei Cieli? Grande è questo peccato, ed è l’origine e la causa di tutti i peccati. Sta scritto infatti: l’inizio di ogni peccato è la superbia. E, perché tu non lo trascuri, quasi fosse una colpa lieve, aggiunge: l’inizio della superbia è l’apostasia da Dio. (Sir 10, 15) Non piccola sciagura è questo vizio, fratelli miei; non s’accorda con esso l’umiltà cristiana nelle persone che vedete piene di sé. Per questo vizio esse sdegnano di sottomettere il collo al giogo di Cristo, e poi sono incatenate più duramente al giogo del peccato. Perché toccherà loro essere servi; non vogliono servire, ma conviene pure che lo facciano. Ricusando di servire, ottengono non già di non servire affatto, ma di non servire ad un buon Padrone; poiché chi non vuol servire alla carità, sarà inevitabilmente servo dell’iniquità. Con questo vizio, che è la sorgente di tutti gli altri perché da esso sono nati gli altri vizi, è avvenuta la apostasia da Dio, poiché l’anima è caduta nelle tenebre e ha fatto cattivo uso del libero arbitrio, conseguendo da qui anche tutti gli altri peccati. E così, colui che era compagno degli angeli, vivendo prodigalmente, sciupa la sua sostanza con le meretrici, e diviene per la sua miseria pastore di porci. Per colpa di questo vizio, a causa di questo grande peccato della superbia, Dio è venuto nell’umiltà. Ecco il motivo, ecco il grande peccato, il grave male dell’anima, che ha fatto scendere dal cielo il Medico onnipotente, e lo ha umiliato fino alla forma di servo, lo ha coperto di scherno, lo ha inchiodato alla croce, perché questo tumore fosse curato per mezzo di una tanto salutare medicina. (En. in Ps. 18, II, 15)

 

Per la riflessione

Arrossisca finalmente di esser superbo l’uomo, per il quale Dio si è fatto umile. (En. in Ps. 18, II, 15)

 

Pensiero agostiniano

Avviatevi alle altezze col piede dell’umiltà. (De s. virginitate 52.53)

23/02

 

Preghiera

Non dirò mai, Signore: Non lasciare incalcolate le opere delle mie mani. Non voglio vantarmi delle mie opere. È vero infatti che ricercai il Signore nella notte con le mani rivolte a lui, e non sono stato deluso. (Sal 76, 3) Tuttavia non intendo elogiare le opere di queste mie mani. Temo infatti che, se le guarderai, vi troverai più peccati che meriti. Questo solo ti chiedo, questo ti dico, questo intendo ottenere: Non lasciare incalcolate le opere delle tue mani. (En. in Ps. 137, 18)

 

Lettura

Il sonno deprecabile degli orgogliosi

Alla tua minaccia, Dio di Giacobbe, hanno sonnecchiato tutti coloro che sono saliti a cavallo. Chi sono coloro che sono saliti a cavallo? Coloro che non hanno voluto essere umili. Non che, sia peccato montare a cavallo; è peccato elevare contro Dio la fronte altèra dei poteri e degli onori conseguiti, e credere di meritarseli. In quanto sei ricco, sei salito a cavallo; Dio ti minaccia e tu dormi. Grande è l’ira di colui che minaccia, grande è la sua ira. Si renda conto la vostra Carità di quanto sia tremenda. La minaccia comporta frastuono, e di solito il frastuono desta gli uomini. Tanto grande è invece la forza della minaccia di Dio, che il salmista può dire: Alla tua minaccia, Dio di Giacobbe, hanno sonnecchiato coloro che sono saliti a cavallo. Ecco di quale sonno sonnecchiava quel Faraone che era salito a cavallo (Es 14, 8): non era sveglio nel cuore, perché aveva il cuore duro di fronte alla minaccia. La durezza del cuore infatti è un sonno. Vi scongiuro, fratelli miei, guardate come dormono coloro che, mentre in tutto il mondo echeggiano il Vangelo, l’amen e l’alleluia, ancora non vogliono condannare la vecchia vita e svegliarsi alla nuova. La Scrittura di Dio era un tempo in Giudea; ora si canta in tutto il mondo. Soltanto in quel popolo - si diceva - doveva essere adorato e venerato l’unico Dio che ha creato ogni cosa; ora dov’è che non si dice: Cristo è risorto? Deriso sulla croce, ha impresso sulle fronti dei re quella croce dall’alto della quale egli veniva oltraggiato; e ancora si dorme! Grande è l’ira di Dio, fratelli! Meglio è per noi l’aver ascoltato colui che dice: Svègliati, tu che dormi, e sorgi dai morti; e Cristo ti illuminerà. (Ef 5, 14) Ma, chi sono coloro che lo ascoltano? Coloro che non salgono a cavallo. E chi sono quelli che non salgono a cavallo? Coloro che non si vantano e non si inorgogliscono, come se si meritassero onori e potere. (En. in Ps. 75, 10)

 

Per la riflessione

Ora dormono, e non si rendono conto che è adirato; ma è adirato proprio affinché dormano. Ora, perché dormono non lo sentono, ma alla fine lo sentiranno. (En. in Ps. 75, 11)

 

Pensiero agostiniano

Gli infedeli non entrano affatto nella retta via; i superbi invece deviano dalla retta via. (Sermo 13, 2)

24/02

 

Preghiera

Sii tu dunque per me - dice - la casa del rifugio. Infatti se non sarò stato salvato, come fuggirò? Risanami, e fuggo presso di te; poiché, se non mi risani, non posso camminare: e allora come potrò fuggire? (En. in Ps. 30, II, d.1, 8)

 

Lettura

Motivo ispiratore delle azioni buone

Vedete le opere grandi che la superbia compie: fate bene attenzione come esse siano tanto simili e quasi pari a quelle della carità. La carità offre cibo all’affamato, ma lo fa anche la superbia: la carità fa questo, perché venga lodato il Signore; la superbia lo fa per dare lode a se stessa. La carità veste un ignudo e lo fa anche la superbia; la carità digiuna, ma digiuna anche la superbia; la carità seppellisce i morti, ma li seppellisce anche la superbia. Tutte le opere buone che la carità vuole fare e fa, ne mette in moto, all’opposto, altrettante la superbia e le mena attorno come suoi cavalli. Ma la carità è nel cuore e toglie il posto alla malmossa superbia: non mal movente bensì malmossa. Guai all’uomo che tiene la superbia a proprio auriga, perché necessariamente finirà nel precipizio. Ma come sapere se sia la superbia a muovere le azioni buone? Chi la vede? Quale il segno di riconoscimento? Vediamo le opere: la misericordia offre cibo, lo fa anche la superbia; la misericordia accoglie un ospite, lo fa anche la superbia; la misericordia intercede per un povero, lo fa anche la superbia. Che significa ciò? Che non riusciremo a capire, se esaminiamo le opere. Io oso dare una qualche risposta, non proprio io, ma lo stesso Paolo: la carità muore; cioè l’uomo, che ha la carità, confessa il nome di Cristo e va al martirio; anche la superbia confessa Cristo e va al martirio. Il primo uomo ha la carità, il secondo non ha la carità. Colui che non ha la carità senta che cosa dice l’Apostolo: Se distribuirò tutti i miei beni ai poveri, e se darò il mio corpo per farlo bruciare, ma non ho la carità, nulla mi vale (1 Cor 13, 3). (In 1 Io. Ep. 8, 9)

 

Per la riflessione

La divina Scrittura, dunque, da questa ostentazione esteriore c’invita a tornare in noi stessi; a tornare nel nostro intimo da questa superficialità che fa sfoggio di sé innanzi agli uomini. (In 1 Io. Ep. 8, 9)

 

Pensiero agostiniano

Non dobbiamo inorgoglirci! Ogni bene che abbiamo, lo abbiamo dal nostro Creatore. Quello che abbiamo compiuto noi merita condanna; quello che ha compiuto lui merita la corona. (En. in Ps. 99, 15)

25/02

 

Preghiera

O Dio sapienza, fondamento, principio e ordinatore della sapienza di tutti gli esseri che posseggono sapienza. (Sol. I, 1.3)

 

Lettura

Per la vita terrena si perde spesso l’eternità

Ma anche un altro male grande e oltremodo esecrando e orrendo ha in sé l’eccessivo amore di questa vita ed è che molti, mentre vogliono vivere un po’ più a lungo, offendono gravemente Dio, presso il quale è la sorgente della vita. E mentre temono invano la fine della vita che sarà immancabile, vengono respinti dal paradiso dove si vive senza fine. A ciò si aggiunge che questa vita piena di miserie, anche se potesse essere eterna, in nessun modo meriterebbe di paragonarsi alla vita beata sia pure brevissima. Eppure costoro, amando una vita infelicissima e molto breve, perdono quella beatissima ed eterna, poiché vorrebbero trovare precisamente in questa, che amano male, quel bene che perdono nell’altra. Poiché nella vita terrena non amano affatto la povertà, dato che desiderano essere beati, non ne amano neppure la brevità, poiché non desiderano che abbia fine. Solo per il fatto che questa è vita, la si ama al punto che spesso, per amore di essa, benché misera e breve, si perde quella beata ed eterna.

Dopo queste considerazioni, quale grave sacrificio impone la vita eterna ai suoi amanti, quando esige di essere amata allo stesso modo che questa nostra vita è amata dai suoi innamorati? È forse cosa degna o almeno tollerabile che, mentre si trascurano tutte le cose che si amano nel mondo per poter conservare la vita destinata dopo un breve spazio a finire, per conservarla - dico - almeno per quel breve spazio nel mondo, non si disprezzi egualmente il mondo, per conseguire la vita che è senza fine presso Colui dal quale fu creato il mondo? (Ep. 127, 3-4)

 

Per la riflessione

Questo fatto davanti ai tuoi occhi mi è chiaro, e sempre più chiaro mi sia, ti prego, e io rimanga accortamente nella sua rivelazione sotto le tue ali. (Conf. XII, 11.11)

 

Pensiero agostiniano

Se vogliamo vivere bene, amiamo quel che promette Dio più che non quello che promette questo mondo. (Sermo 32, 14)

26/02

 

Preghiera

O Dio, creatore dell’universo, concedimi prima di tutto che io ti preghi bene, quindi che mi renda degno di essere esaudito, ed infine di ottenere da te la redenzione. (Sol. I, 1.2)

 

Lettura

L’uomo restituisca se stesso al suo Creatore

Considera ciò che si legge nelle Sacre Scritture: Non tardare a convertirti al Signore, né rimandare di giorno in giorno (Sir 5, 8),acciocché tu intraprenda senz’altro e abbia cura di compiere ciò che ben sai di aver promesso con voto a Colui che esige i debiti e mantiene le promesse. Difatti sta scritto anche questo: Fate voto e scioglietelo al Signore Dio vostro (Sal 75, 12). Del resto, anche se tu non ti fossi obbligato con un voto, quale altro suggerimento ti si sarebbe dovuto dare o quale offerta migliore potrebbe fare l’uomo che restituire se stesso a Colui dal quale fu creato? Soprattutto se si pensi che Dio per amor nostro diede una prova così grande e luminosa del suo amore, da mandare il proprio Figlio unigenito a morire per noi. Non resta dunque altro se non che si compia ciò che disse l’Apostolo: che Cristo è morto per far sì che coloro che vivono non vivano più per sé, ma per Colui che è morto per essi ed è risorto (2Cor 5, 15),salvo che meriti ancora di essere amato questo mondo consunto da tante rovine sino a perdere anche l’apparenza della seduzione. Quanto perciò sono da lodare e da esaltare quelli che non si sono degnati di brillare in mezzo alla felicità del mondo, altrettanto sono da biasimare e da accusare quelli a cui piace andare in rovina col mondo che va in rovina. (Ep. 127, 1)

 

Per la riflessione

Dio è tutto per te: se hai fame, è il tuo pane; se hai sete, è la tua acqua; se sei nelle tenebre, è la tua luce, perché rimane incorruttibile; se sei nudo, egli è per te la veste d’immortalità, quando ciò che è corruttibile rivestirà l’incorruttibilità e ciò che è mortale rivestirà l’immortalità. (1Cor 15, 53-54) (In Io. Ev. 13, 5)

 

Pensiero agostiniano

Ogni mia ricchezza, se non è il mio Dio, è povertà. (Conf. XIII, 8.9)

27/02

 

Preghiera

Non sia confuso, nel caso essi insorgano contro di me: perché non in me, ma in te ho sperato. (En. in Ps. 24, 20)

 

Lettura

E’ necessario domare il proprio corpo

Lo stesso Apostolo insegna dicendo: Io non combatto per così dire battendo l’aria, ma castigo il mio corpo e lo riduco in servitù, affinché predicando agli altri, per caso non sia io riprovato (1Cor 9, 26-27). Quindi aggiunge: Siate miei imitatori come anch’io lo sono di Cristo (1Cor 11, 1). Perciò bisogna intendere che anche lo stesso Apostolo abbia trionfato in se stesso delle potenze di questo mondo (2Cor 2, 14), come aveva detto del Signore di cui si professa imitatore. Imitiamo dunque anche noi lui, come ci esorta e castighiamo il nostro corpo e riduciamolo in schiavitù, se vogliamo vincere il mondo. Poiché questo mondo ci può dominare per mezzo dei piaceri illeciti e le vanità e la pericolosa curiosità, cioè quelle cose che allettano gli amanti dei piaceri temporali con dannoso piacere in questo mondo e li costringono a servire al diavolo ed ai suoi angeli: se abbiamo rinunziato a tutte queste cose, riduciamo il nostro corpo in schiavitù. (De agone christiano 6.6)

 

Per la riflessione

Ma affinché nessuno chieda in che modo dobbiamo sottomettere il nostro corpo a schiavitù, si può facilmente capire e può avvenire se sottomettiamo a Dio per prima noi stessi con buona volontà e sincera carità. (De agone christiano 7.7)

 

Pensiero agostiniano

Frènati quanto alle azioni cattive, e così ti purifichi dalla contaminazione del corpo. Dòminati nelle voglie cattive, e così ti purifichi dalla contaminazione dello spirito. (Sermo 45, 8)

28/02

 

Preghiera

O Dio, vera e somma vita, fondamento, principio e ordinatore della vita degli esseri che hanno vera e somma vita. (Sol. I, 1.3)

 

Lettura

La tranquillità dell’anima necessaria alla meditazione

Pensare per tutta la vita a partenze che tu non possa compiere tranquillamente ed agevolmente non è da uomo che pensi a quell’ultima e sola che si chiama morte, alla quali anzi tu comprendi che bisogna unicamente pensare sul serio. È ben vero che Dio concesse ad alcuni pochi, che volle fossero i reggitori delle chiese, non solo di attenderla intrepidamente ma anche di desiderarla ardentemente e di sobbarcarsi senza alcuna inquietudine alle fatiche di affrontare quelle altre; ma né coloro che a siffatti ministeri sono trascinati dal desiderio dell’onore mondano, né d’altra parte a quelli che, pur essendo privati cittadini, desiderano una vita affaccendata, reputo sia concesso questo bene così grande, di raggiungere, in mezzo agli strepiti e agli affanni delle riunioni e andirivieni, quella familiarità con la morte che noi cerchiamo: nella tranquillità infatti sarebbe stato possibile sia agli uni che agli altri di indiarsi. Se invece questo è falso, io sono, per non dire il più stolto, certo il più indolente di tutti gli uomini, io che, se non raggiungo una tranquillità priva di preoccupazioni, non sono capace di gustare ed amare quel bene genuino. Credimi, occorre un grande isolamento dal tumulto delle cose passeggere perché si realizzi nell’uomo un’assenza completa di timore non dovuta a insensibilità, audacia, desiderio di vanagloria e superstiziosa credulità. (Ep. 10, 2)

 

Per la riflessione

Perché talvolta, quando parliamo, non sentiamo la paura della morte e, quando non parliamo, la desideriamo persino? (Ep. 10, 3)

 

Pensiero agostiniano

L’amore delle cose terrene è il vischio delle ali spirituali. (Sermo 112, 6)

29/02

 

Preghiera

O Dio, tu mi metterai alla prova; tu mi conoscerai. Non l’uomo, non l’eretico, il quale non saprebbe né mettermi alla prova né conoscere il mio cuore. Se al contrario sei tu che mi provi, riscontrerai subito che io non consento alle opere dei cattivi, per quanto essi ritengano che io sia macchiato dai peccati altrui. In realtà mentre si prolunga il mio peregrinare sulla terra, faccio quel che gemendo affermo in quell’altro salmo: sono pacifico con coloro che odiano la pace, finché non giunga a quella visione di pace che corrisponde a Gerusalemme, la madre di tutti noi, la città eterna che ci attende nel cielo. Quanto a loro, invece, continuino pure a contestare, a calunniare e a separarsi [dall’unità]; conquistino pure, non nell’eternità certo, ma nella vanità le loro città. (En. in Ps. 138, 29)

 

Lettura

Sospiriamo verso la patria celeste

Se siamo alla fine del mondo, dobbiamo esulare dal mondo, non amare il mondo. Ecco, il mondo è sconvolto, e lo si ama! Che faresti se il mondo fosse tranquillo? Come ti attaccheresti al mondo, se fosse bello, quando ti attacchi ad esso, pur così brutto? Come coglieresti i suoi fiori, se non ritrai la mano dal coglierne le spine? Non vuoi lasciare il mondo, ma il mondo lascia te, anche se vuoi seguirlo. Ebbene, o carissimi, mondiamo il nostro cuore e non perdiamo la sopportazione; appropriamoci della sapienza e teniamoci saldi nella continenza. La fatica passa, viene il riposo. Passano le false delizie; viene il bene che l’anima fedele ha [costantemente] desiderato, il bene verso il quale sospira con ardore ogni pellegrino in questo mondo. Viene la patria beata, la patria celeste, la patria popolata dagli angeli, la patria dove nessun cittadino muore, dove non può entrare alcun nemico, la patria dove per l’eternità Dio ti sarà amico e dove non temerai alcun avversario. (Sermo 38, 11)

 

Per la riflessione

Ma il mondo ci possiede, i piaceri ci sollecitano tutt’intorno: ci alletta l’abbondanza del denaro, ci alletta lo splendore derivante dagli onori e ci alletta vederci temuti perché potenti. Tutte queste cose ci attraggono; ma si ascolti l’Apostolo: Nulla abbiamo recato in questo mondo e nulla potremo portarne via. (1Tm 6, 7) L’onore deve venire in cerca di te, non tu dell’onore. (Sermo 39, 2)

 

Pensiero agostiniano

Quanto sono da lodare e da esaltare quelli che non si sono degnati di brillare in mezzo alla felicità del mondo, altrettanto sono da biasimare e da accusare quelli a cui piace andare in rovina col mondo che va in rovina. (Ep. 127, 1)


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