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DAL21 AL30 NOVEMBRE

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2012 10:59
05/11/2012 10:59

21/11

 

Preghiera

Un tempo io nella mia abbondanza dissi: Non sarò smosso in eterno (Sal 29, 7). Dissi che non sarei smosso quando mi trovavo nella mia abbondanza, ma dissi questo perché non conoscevo la tua giustizia e pretendevo d’affermare una mia giustizia; tu invece, Signore, per tua volontà hai conferito vigore alla mia dignità (Sal 29, 8). Nella mia abbondanza dissi: Non sarò smosso; invece ogni cosa di cui abbondavo mi proveniva da te. E per dimostrarmi che derivava proprio da te, hai distolto la tua faccia da me e io ne sono stato sconvolto. (En. in Ps. 142, 13)

 

Lettura

La nostra gioia sia nel Signore, non nel mondo

L’Apostolo ci comanda di rallegrarci, ma nel Signore, non nel mondo. Chiunque perciò vuole essere amico di questo mondo, come dice la Scrittura sarà ritenuto nemico di Dio (Gc 4, 4). Ma come l’uomo non può servire due padroni (Mt 6, 24), così nessuno può rallegrarsi e nel mondo e nel Signore. Questi due modi di godere sono assai diversi tra loro e sono addirittura in contrasto. Quando ci si rallegra nel mondo, non ci si rallegra nel Signore; quando ci si rallegra nel Signore, non ci si rallegra nel mondo. Predomini il rallegrarsi nel Signore finché si spenga il rallegrarsi nel mondo. La gioia nel Signore sia sempre crescente, la gioia nel mondo sia sempre più debole fino a spegnersi. Queste cose non si dicono perché quando siamo in questo mondo non dobbiamo avere delle gioie, ma perché, pur situati in questo mondo, dobbiamo già godere nel Signore. Ma c’è chi dice: Mi trovo nel mondo, ed è certo che, se ho delle gioie, godo là dove sono. E che? Per il fatto di essere nel mondo, non sei nel Signore? Ascolta sempre l’Apostolo che parla agli Ateniesi e che negli Atti degli Apostoli dice di Dio e del Signore creatore nostro: In lui viviamo, ci muoviamo e siamo (At 17, 28). Dove non è infatti chi è dovunque? (Sermo 171, 1)

 

Per la riflessione

Rallegratevi nella verità, non nella falsità; rallegratevi nella speranza dell’eternità, non nel bagliore della vanità. (Sermo 171, 5)

 

Pensiero agostiniano

I cantici divini sono la letizia del nostro spirito quaggiù, dove nemmeno il pianto è privo di gioia. (En. in Ps. 145, 1)

 

 

22/11

 

Preghiera

Come ti cerco, Signore? Cercando te, Dio mio, io cerco la felicità della vita. Ti cercherò perché l’anima mia viva. Il mio corpo vive della mia anima e la mia anima vive di te. (Conf. X, 20.29)

 

Lettura

Riponiamo la nostra speranza in Dio

Unisciti ai buoni, a coloro che tu vedi condividere con te l’amore per il tuo Re. Scoprirai infatti che ce ne sono molti, se anche tu comincerai ad esser tale. Poiché se tu agli spettacoli desideravi la compagnia e la vicinanza di coloro che con te avevano la passione per un auriga, un gladiatore o per un qualche attore, tanto più ti dovrà procurare piacere l’essere unito a coloro che con te amano Dio, di cui mai si vergognerà chi lo ama, perché non solo lui non può essere vinto, ma rende invincibili anche coloro che lo amano. Tuttavia non devi riporre la tua speranza neppure in coloro che sono buoni, che ti precedono o ti accompagnano nel cammino verso Dio, perché non devi riporla nemmeno in te stesso, per quanti progressi abbia fatto, ma devi riporla in colui che loro e te rende quali siete, giustificandovi. Di Dio infatti puoi essere sicuro, poiché non muta. Dell’uomo, al contrario, nessuno saggiamente può dirsi sicuro. Ma se dobbiamo amare coloro che non sono ancora giusti perché lo siano, quanto più ardentemente dobbiamo amare coloro che già lo sono! Ma una cosa è amare l’uomo, altra è riporre nell’uomo la propria speranza. La differenza è così grande che Dio comanda l’una e proibisce l’altra. (De catechizandis rudibus 25, 49)

 

Per la riflessione

Se, sopportando per il nome di Cristo insulti o tribolazioni, non sarai venuto meno alla fede, né ti sarai allontanato dalla retta via, riceverai una ricompensa più grande. Coloro che invece avranno acconsentito al diavolo in queste cose, perderanno anche la ricompensa più piccola. Ma sii umile davanti a Dio, perché non permetta che tu sia tentato oltre le tue forze. (De catechizandis rudibus 25, 49)

 

Pensiero agostiniano

Dov’è pace, ivi è tranquillità, ivi è il termine d’ogni desiderio e non c’è alcun motivo di penare. (Ep. 127, 5)

 

 

23/11

 

Preghiera

Signore, per annunziare a qualcuno le tue meraviglie, le tue lodi, la vita eterna, risorga la mia carne, non cada nella corruzione. (En. in Ps. 29, II, 19)

 

Lettura

Dio che ha fatto te, sa che cosa fare con te

Gioisci per quel che comanda il Signore, perché così gioisci nel Signore. Gioisci nella fede, gioisci nella speranza, gioisci nella carità, gioisci nella misericordia, gioisci nell’ospitalità, gioisci nella castità. Tutti questi sono beni, sono tesori interiori, gemme non del tuo forziere, ma della tua coscienza. Brama di esser ricco di queste ricchezze, che neanche in un naufragio potresti perdere, e di cui, anche se uscissi nudo, sei sempre pieno. E così sarai anche retto di cuore, sì da trarne gioia, non rimproverando il tuo Signore se in questa vita ti dovesse capitare qualcosa di avverso, ma lodando la sferza del Padre, di cui aspetti l’eredità. Sotto la mano di chi ti corregge tu fuggi. Ma non sottrarti alla disciplina, perché colui che ti corregge non può sbagliare. Colui che ha fatto te, sa che cosa fare con te. Come potresti considerare il tuo artefice talmente inesperto da averti saputo fare e poi da aver dimenticato che cosa fare con te? Prima che tu esistessi, ha pensato a te, perché non saresti esistito se egli non ti avesse pensato prima del tuo esistere. E adesso che esisti, che ci sei, che vivi, che sei suo servo, ti potrà trascurare, ti potrà disprezzare? "Sì che mi trascura, dirai tu, perché io ho pregato e lui non mi ha dato retta". E se tu chiedevi una cosa che, ricevuta, sarebbe stata a tuo danno? "Ho pianto davanti a lui e non mi ha esaudito". O bambino insensato, per che cosa hai pianto? Per ottenere una felicità materiale, una felicità temporale, una felicità terrena. E se questa felicità che tu anelavi, che sospiravi, per la quale piangevi, ti avesse rovinato? (Sermo 21, 8)

 

Per la riflessione

Lascia fare al tuo Dio: sa lui che cosa darti e che cosa toglierti. (Sermo 21, 8)

 

Pensiero agostiniano

È segno di gran virtù combattere la felicità… è una gran felicità non lasciarsi vincere dalla felicità. (Sermo 76, 6.9)

 

 

24/11

 

Preghiera

Non lodiamo solo con la voce: lodiamo anche con la condotta. Lodi la lingua, lodi la vita: la lingua non contrasti con la vita ma abbiano una carità infinita. (Sermo 254, 8)

 

Lettura

Le lacrime dei santi

Ci sono le lacrime dei fedeli, le lacrime dei santi, di cui sono indizio le loro preghiere. Ecco uno che agisce bene ed è contento. Eppure piange, piange perché possa operare il bene, piange perché ha agito bene. Col pianto impetra l’opera buona, col pianto raccomanda [a Dio] l’opera buona compiuta. Sono dunque frequenti le lacrime dei giusti, ma adesso durante la via. Forse che ci saranno anche in patria? Perché non in patria? Perché tornando vengono con allegrezza portando i loro covoni (Sal 125, 6). Viene la felicità; forse che torneranno le lacrime? Quanto invece a coloro che quaggiù piangono vanamente, vanamente anche ridono, dissipati dietro le loro cupidigie: quando sono frodati piangono, mentre esultano quando possono frodare. Piangono anche loro durante la presente via, piangono anche loro, ma non nella gioia. Tornando invece vengono con allegrezza portando i loro covoni. Coloro che non hanno seminato nulla, cosa potranno raccogliere? Certo, qualcosa raccolgono, ma quello che hanno seminato. Quanti hanno seminato spine raccoglieranno il fuoco e non passeranno dal pianto al riso, come i santi, i quali nell’andare andavano e piangevano spargendo la loro semente, ma nel tornare vengono nell’allegrezza (Sal 125, 6). Quelli passeranno da un pianto a un altro pianto, dal pianto misto a riso al pianto senza riso. Cosa infatti accadrà loro? dove andranno dopo la resurrezione? Cosa capiterà loro se non quanto diceva il Signore: Legate loro le mani e i piedi e cacciateli fuori nelle tenebre? (Mt 22, 13) Suvvia! cosa seguirà a questo? Ci saranno forse le tenebre e non ci sarà il dolore? Forse andranno a tastoni, ma non proveranno dolore? Non vedranno, ma forse che non saranno tormentati? Tutt’altro! Non ci saranno solo le tenebre, non sarà loro tolta solamente la facoltà di vedere di cui prima godevano; sarà in più dato loro qualcosa per cui debbano gemere in eterno. (Sermo 31, 6)

 

Per la riflessione

Saranno eterne le lacrime di coloro che vissero così; e il gaudio dei santi sarà pure eterno, quando nel tornare verranno nell’allegrezza portando i loro covoni (Sal 125, 6). Al tempo della messe diranno infatti al loro Signore: Signore, col tuo aiuto abbiamo fatto quel che ci avevi comandato; tu dacci quel che ci avevi promesso. (Sermo 31, 6)

 

Pensiero agostiniano

Il giusto perché piange? Il giusto infatti compiange, animato dalla verità, tutta questa gente che piange sterilmente. Piange su coloro che piangono e su coloro che ridono. Difatti, chi piange per cose vane piange insulsamente, e chi ride per cose vane ride a suo danno. (Sermo 31, 4)

 

 

25/11

 

Preghiera

Poiché la tua misericordia è davanti ai miei occhi. Perché, per non essere consumato da tale fuoco, davanti ai miei occhi non sono i miei meriti ma la tua misericordia, per la quale a questa vita mi hai condotto. (En. in Ps. 25, 3)

 

Lettura

Dio ha dato per noi il sangue del suo Figlio

La sua misericordia è sovrabbondante e generosa la sua benevolenza: ci ha redenti con il sangue del Figlio suo, mentre per i nostri peccati non meritavamo niente. Egli aveva fatto certo una grande cosa nel creare l’uomo a sua immagine e somiglianza. Ma poiché noi con il peccato volemmo ridurci al nulla ed ereditammo dai progenitori un legame di morte e divenimmo una massa di peccato, una massa d’ira, piacque a lui, nella sua misericordia, riscattarci a tanto prezzo. Ha dato per noi il sangue del suo Unigenito innocentemente nato, innocentemente vissuto, innocentemente morto. Chi ci ha riscattato a tanto prezzo non vuole che periscano quelli che si è acquistato. Non li ha acquistati per farli perire, ma per dar loro la vita. Se i nostri peccati sono una mole più grande di noi, Dio non disprezza il prezzo da lui pagato. Ha pagato un prezzo ingente. Da parte nostra però non lusinghiamoci basandoci unicamente sulla sua misericordia, se non siamo decisi a combattere i nostri peccati. E se ne commettiamo, soprattutto di gravi, non speriamo che ci si usi una tale misericordia che includa dell’ingiustizia. Potrà forse collocare coloro che niente hanno fatto per vivere da convertiti, ma rimasero nell’ostinazione e durezza di cuore, incolparono anzi Dio difendendo i propri peccati, nello stesso posto ove ha collocato i santi Apostoli, i Profeti, i Patriarchi e i suoi fedeli che si sono comportati bene, che lo hanno servito, che hanno camminato nella castità, nella modestia, nell’umiltà, facendo elemosine, perdonando tutto ciò che dovettero sopportare dagli altri? Tale è la via seguita dai giusti, tale è la via seguita dai santi che hanno ritenuto Dio come loro padre e la Chiesa come loro madre. Non disgustando né quel Padre né questa madre, ma vivendo nell’amore di ambedue questi genitori e affrettandosi verso l’eredità eterna, appunto perché non si è offeso il Padre né la madre, verrà data a ciascuno l’eredità. (Sermo 22, 9)

 

Per la riflessione

Come ha promesso ai santi la vita, la beatitudine, il regno, l’eredità eterna senza fine, così ha minacciato agli empi il fuoco eterno. (Sermo 22, 10)

 

Pensiero agostiniano

Non presumere di conseguire il Regno per la tua giustizia, e non presumere della misericordia di Dio per peccare. (En. in Ps. 31, II, 1)

 

 

26/11

 

Preghiera

O dimora luminosa e graziosa, amai la tua bellezza e il luogo dove abita la gloria del mio Signore (Sal 25, 8), che ti edificò e possiede. A te i miei sospiri nel mio pellegrinaggio; al tuo Creatore la preghiera che possegga me pure in te, poiché creò me pure. Errai come una pecora sperduta (Sal 118, 176), ma sulle spalle del mio pastore, tuo costruttore, spero di esserti riportato. (Conf. XII, 15.21)

 

Lettura

L’unità della carità

Uno potrà essere più forte di un altro, più sapiente, più giusto, più santo, ma nella casa del Padre vi sono molte dimore; nessuno verrà escluso da quella casa dove ciascuno riceverà la sua dimora secondo il merito. Il denaro che per ordine del padre di famiglia viene dato a quanti hanno lavorato nella vigna, senza distinzione tra chi ha faticato di più e chi di meno, è uguale per tutti (cf. Mt 20, 9); e questo denaro significa la vita eterna dove nessuno vive più di un altro, perché nell’eternità non vi può essere una diversa durata della vita; e le diverse mansioni rappresentano i diversi gradi di meriti che esistono nell’unica vita eterna. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna, altro lo splendore delle stelle; sì, perfino stella da stella differisce in splendore; così è per la risurrezione dei morti. Come le stelle in cielo, i santi hanno dimore diverse così come diverso è il loro splendore; ma in grazia dell’unico denaro nessuno viene escluso dal regno. E così Dio sarà tutto in tutti, perché, essendo Dio carità, per effetto di questa carità ciò che ognuno possiede diventa comune a tutti. In questo modo, infatti, quando uno ama, possiede nell’altro ciò che egli non ha. La diversità dello splendore non susciterà invidia, perché regnerà in tutti l’unità della carità. (In Io. Ev. 67, 2)

 

Per la riflessione

Tieni presente la tua condizione di creatura e riconosci il Creatore. Sei il servo, non disprezzare il Signore; sei stato adottato, ma non per i tuoi meriti; cerca, o uomo che sei stato adottato come figlio, la gloria di colui che ti ha elargito questa grazia, la gloria che cercò il suo Unigenito Figlio. (In Io. Ev. 29, 8)

 

Pensiero agostiniano

Quelli che appartengono alla bellezza della casa di Dio e nei quali abita la gloria di Dio, essi sono il luogo dell’abitazione della gloria di Dio. (En. in Ps. 25, II, 12)

 

 

27/11

 

Preghiera

O amore, che sempre ardi senza mai estinguerti, carità, Dio mio, infiammami. Comandi la continenza. Ebbene, dà ciò checomandi e comanda ciò che vuoi. (Conf. X, 29.40)

 

Lettura

L’essere oggetto di critica serve da prova

Rivolgiamo ora la nostra esortazione a voi in particolare, carissimi, qui presenti in gran numero, che avete assunto l’impegno più alto di vita cristiana, vivendo nella continenza di cui Dio vi ha fatto dono, e quindi, per grazia del Signore, non per meriti vostri, occupate un posto eminente nel corpo di Cristo. Proprio a questa forma di vita guarda con sospetto la gente cattiva e invidiosa; ma l’essere oggetto di critica deve servire da prova. Potremmo cedere alle critiche degli uomini solo se nel professare la vita di continenza cercassimo riconoscimenti umani. Se tu sei un servo di Dio casto, ecco che la gente è pronta a immaginare le tue colpe di impudicizia, a sparlare, ad accusarti, e indugerà volentieri a denigrarti perché chi è malevolo prova un gusto particolare nel formulare i peggiori sospetti. Ma solo se uno ha intrapreso la via della continenza per ricevere lodi dalla gente, può cedere alle critiche: e rovinerebbe così tutto il suo proposito di vita.

Se invece ha imparato a dire con l’Apostolo: Questo è il nostro vanto: la testimonianza della coscienza (2Cor 1, 12), le calunnie servono addirittura ad accrescere la sua ricompensa. Tuttavia si preghi anche per chi calunnia perché, mentre fa crescere i nostri meriti, non trovi lui la morte. Anche questo ci serve da prova: se non avessimo nemici, non avremmo per chi pregare secondo l’insegnamento del Signore che ci dice: Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi odiano (Mt 5, 44). Come provare, saggiando il nostro cuore, se siamo capaci di fare quello che il Signore ci comanda, qualora non incontrassimo nessuno che ci sia nemico, ci calunni, ci diffami sparlando di noi? Vedete dunque che anche i cattivi sono necessari ai buoni. In questo mondo noi siamo, per esprimerci con immagini, come nel crogiuolo di un orefice. (Sermo 354, 2.3-3.3)

 

Per la riflessione

Se tu non sei oro, bruci anche tu; se sei oro, il malvagio è la paglia che brucia per te. Se invece anche tu sei paglia, sarete insieme solo fumo. (Sermo 354, 3.3)

 

Pensiero agostiniano

La vita è Cristo, che abita nei nostri cuori, per ora mediante la fede, in seguito anche mediante la visione beatifica. (Ep. 140, 25.62)

 

 

28/11

 

Preghiera

O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! Quanto imperscrutabili sono i suoi giudizi, e sconosciute le sue vie! Chi conoscerà infatti le sue vie, o chi comprenderà i suoi disegni? (Rom 11, 33-34) Egli sa quando dare e a chi dare, quando togliere e a chi togliere. (En. in Ps. 53, 10)

 

Lettura

Precario equilibrio tra il bene, il male e la grazia

Oltre i mali di questa vita, che sono comuni ai buoni e ai cattivi, i giusti hanno, mentre essa scorre, alcune particolari attenzioni con cui si schierano contro i vizi e si voltano e rivoltano nelle prove e pericoli di simili lotte. Ora più impetuosamente, ora più blandamente, ma ognora la carne non desiste ad avere desideri contrari allo spirito e lo spirito contrari alla carne, sicché non facciamo quel che vogliamo se acconsentiamo a ogni cattivo impulso; invece non acconsentendo, per quanto ci è possibile con l’aiuto della grazia di Dio, lo assoggettiamo a noi stando all’erta con una costante attenzione. E questo affinché non inganni l’infondata certezza di ciò che sembra vero, non suggestioni un discorso scaltro, non offuschino le tenebre di qualche errore, non si creda male ciò che è bene e bene ciò che è male, il timore non distolga dalle azioni che si devono compiere, il sole non tramonti sulla nostra ira, le inimicizie non spingano a ricambiare male per male, non avvilisca una disonesta o smodata tristezza, una mente ingrata non induca all’indifferenza del bene che si deve compiere, una buona coscienza non sia importunata dalle dicerie della maldicenza, un nostro sospetto temerario sull’altro non c’inganni e il falso dell’altro su di noi non ci butti a terra, non regni il peccato nel nostro corpo mortale per obbedire ai suoi desideri, non siano usate le nostre membra come armi di malvagità per il peccato, l’occhio non ceda alla sensualità, non vinca il desiderio di vendicarsi, la vista e il pensiero non si soffermino in ciò che attrae alla cattiveria, non si ascolti liberamente un discorso ingiusto o indecente, non si faccia ciò che non è lecito, anche se piace, in questa aperta battaglia di affanni e sofferenze non si speri di ottenere la vittoria con le nostre forze o, una volta ottenutala, non si attribuisca alle nostre forze, ma alla grazia di colui, di cui dice l’Apostolo: Rendiamo grazie a Dio, che ci concede la vittoria mediante il Signore nostro Gesù Cristo (1Cor 15, 57). (De civ. Dei XXII, 23)

 

Per la riflessione

Signore, dà ciò checomandi e comanda ciò che vuoi. (Conf. X, 29.40)

 

Pensiero agostiniano

La pace dell’uomo mortale e di Dio è l’obbedienza ordinata nella fede in dipendenza alla legge eterna. (De civ. Dei XIX, 13.1)

 

 

29/11

 

Preghiera

Liberami, Signore, dall’uomo malvagio. Non da un singolo uomo ma da tutta la categoria; né solo dagli strumenti [esecutori del male] ma dallo stesso caporione, il diavolo. (En. in Ps. 139, 4)

 

Lettura

Cosa chiedere nella preghiera

Se dunque, fratelli miei, Dio ci ha fatti suoi mendicanti, col darci l’ammonimento, l’esortazione, il comando di chiedere, cercare, bussare, consideriamo anche noi quali sono coloro che domandano a noi. Se siamo noi a chiedere, a chi chiediamo? Chi siamo noi che chiediamo? Che cosa chiediamo? Dunque a chi, chi e che cosa chiediamo? Noi chiediamo a Dio, ch’è buono, mentre noi siamo uomini cattivi, e chiediamo la giustizia con cui essere buoni. Noi dunque chiediamo ciò che ci auguriamo di possedere per sempre e, una volta che ne saremo saziati, di non aver più bisogno di nulla. Ma affinché possiamo saziarci, dobbiamo aver fame e sete; avendo fame e sete cerchiamo di chiedere, cercare, bussare. Beati infatti coloro che hanno fame e sete della giustizia (Mt 5, 6). Perché beati? Hanno fame e sete e sono beati? Quando mai la miseria è beata? Non sono beati perché hanno fame e sete, ma perché saranno saziati (Mt 5, 6). La felicità sarà nella sazietà, non già nella fame. Ma la fame deve precedere la sazietà, affinché la nausea non ci allontani dal prendere il cibo. (Sermo 61, 6.7)

 

Per la riflessione

I doni desiderati a lungo sono più dolci quando li otteniamo; quando invece sono dati subito essi perdono di valore. Chiedi, cerca, bussa: chiedendo e cercando, diventerai sempre più capace di ricevere. Dio ti tiene in serbo ciò che non vuol darti presto, affinché anche tu impari a desiderare grandemente le cose grandi. Bisogna quindi pregare sempre senza stancarsi (Lc 18, 1). (Sermo 61, 5.6)

 

Pensiero agostiniano

Chi vuole essere esaudito da Dio, prima ascolti Dio. (Cf. Sermo 17)

 

 

30/11

 

Preghiera

Ho fede di vedere i beni del Signore nella terra dei viventi. Il Signore mi strapperà dalla terra dei mortali, Egli che per me si è degnato di caricarsi della terra dei mortali e di morire fra le mani di coloro che muoiono. Mi strapperà il Signore dalla terra dei mortali. (En. in Ps. 26, II, 22)

 

Lettura

Relazioni tra defunti e superstiti

Provano forse i morti un qualche dolore anche per gli eventi che, dopo la morte, accadono tra i loro congiunti? O bisogna pensare che almeno conoscano questi eventi, di cui si risente altrove secondo i meriti, in bene o in male? A tutto questo rispondo dicendo che costituisce una grave questione - e non può essere ora discussa perché richiederebbe troppo lunga fatica quella di stabilire se e fino a che punto e in che modo gli spiriti dei morti conoscano gli eventi che si verificano tra noi. Tuttavia una cosa si può brevemente affermare: se i morti non avessero alcuna preoccupazione per noi, il Signore non metterebbe sulla bocca del ricco epulone, che soffriva i tormenti dell’inferno, queste precise parole: Ho sulla terra altri cinque fratelli... affinché non vengano anch’essi in questo luogo di tormenti (Lc 16, 28ss). Ma in qualunque modo intendano il passo quelli che tentano di darne una diversa interpretazione, bisogna certo riconoscere che, se i morti sanno che vivono i loro congiunti, da questo fatto non segue necessariamente che essi debbano anche sapere gli eventi, lieti o tristi, che si verificano tra i loro cari. Non li vedono, infatti, né nel luogo delle pene, dove si trovava quel ricco, né nella sede dei beati, dove quello, pur da lontano, intravedeva Lazzaro e Abramo. Io però dico questo: sono davvero pochi gli uomini che hanno una tale disposizione da trascurare o addirittura disprezzare, almeno finché vivono, quel che capiterà di bene o di male ai loro congiunti dopo la propria morte; sono invece molti - come dimostra la stessa loro sollecitudine nel raccomandare le ultime volontà e nel compilare i più diversi tipi di testamento - quelli che si adoperano abbastanza perché, dopo che sono morti, si trovino bene i loro congiunti. (En. in Ps. 108, 17)

 

Per la riflessione

Un lodevole disinteresse per la durata della loro discendenza, quale si ottiene con la successione delle generazioni, l’hanno soltanto coloro che mortificano se stessi per il regno dei cieli. (En. in Ps. 108, 17)

 

Pensiero agostiniano

Egli ha detto: Io riempio il cielo e la terra (Ger 23, 24). Mai egli ti mancherà; non mancargli tu, non mancare a te stesso. (En. in Ps. 39, 27)


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