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. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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UTILITÀ DEL CREDERE sant'Agostino

Ultimo Aggiornamento: 14/02/2012 16:12
14/02/2012 16:09

UTILITÀ DEL CREDERE

 

Distinzione tra l'eretico e chi crede agli eretici.

1. 1. Se pensassi, o Onorato, che l'eretico e chi crede agli eretici siano una sola ed identica cosa, non riterrei di dover intervenire nella questione, né a parole né per iscritto. Ora, però, vi è una grande differenza tra questi due tipi di persone, dal momento che, secondo la mia opinione, l'eretico è colui che, in vista di qualche vantaggio temporale e, soprattutto, per la propria gloria e per il proprio potere, genera o segue opinioni false e insolite, mentre chi crede agli eretici è un uomo ingannato da un'errata rappresentazione della verità e del sentimento religioso. Appunto per questo ho ritenuto bene di non doverti nascondere quello che penso sul modo di scoprire e di custodire la verità, per la quale, come sai, siamo arsi di grande amore fin dai primi anni della gioventù. Questa preoccupazione invece è ben remota dalle menti degli uomini vani, i quali, inoltratisi troppo in queste cose materiali e in esse sprofondati, ritengono che non esista niente altro all'infuori di ciò che percepiscono mediante i cinque ben noti messaggeri del corpo; e, anche quando tentano di staccarsi dai sensi, non pensano che alle impressioni e alle immagini che da essi hanno ricevuto, presumendo di misurare in modo assolutamente corretto i misteri ineffabili della verità con il loro criterio mortale e interamente fallace. Niente è più facile, o mio carissimo, non solo del dire ma anche dell'immaginare di aver trovato la verità; ma quanto in realtà la cosa sia molto difficile, tu lo conoscerai, come confido, da questi miei scritti. Ho pregato Dio e lo prego ancora, affinché essi ti giovino o che, almeno, non siano affatto di danno per te e per tutti coloro ai quali per caso capitassero in mano. E sarà così, spero, se sono ben consapevole che ho messo mano a questo scritto con animo devoto e servizievole, e non per desiderio di vana fama e di futile ostentazione.

La fiducia nella ragione come motivo dell'adesione di Agostino al manicheismo.

1. 2. È mia intenzione dunque dimostrarti, se posso, perché i Manichei inveiscano in modo empio e sconsiderato contro coloro che, seguendo l'autorità della fede cattolica, si fortificano credendo e si preparano alla futura illuminazione di Dio prima di poter contemplare quella verità che si coglie solo con la mente pura. Tu sai infatti, o Onorato: noi siamo capitati fra tali uomini unicamente perché promettevano che, messa da parte l'autorità che incute timore, con la pura e semplice ragione avrebbero condotto a Dio e liberato da ogni errore coloro che volessero ascoltarli. Che altro infatti, una volta rifiutata la religione che mi era stata instillata dai miei genitori fin dall'infanzia, mi avrebbe spinto a seguire ed ascoltare diligentemente quegli uomini per quasi nove anni, all'infuori del fatto che dicevano che siamo dominati dalla paura della superstizione e che la fede ci viene imposta prima della ragione, mentre essi non spingono nessuno a credere se la verità non è stata prima discussa e chiarita? Chi non sarebbe allettato da queste promesse, soprattutto essendo un adolescente dall'animo bramoso del vero e reso altresì superbo e loquace dalle discussioni sostenute a scuola con alcuni uomini dotti? Tale allora essi mi trovarono: naturalmente, pieno di disprezzo per quelle che mi parevano favole da vecchierelle e desideroso di possedere, per attingervi, la verità palese e integra da essi promessa. D'altro canto, quale fondato motivo mi tratteneva dall'attaccarmi interamente a loro? Tanto che restai in quello stadio che chiamano degli uditori e non rinunciai alle speranze e alle attività di questo mondo. Senonché vedevo che erano più facondi e ricchi di argomenti nel confutare le dottrine altrui di quanto fossero fermi e sicuri nel dimostrare le proprie. Ma perché dovrei parlare di me, che ero già cristiano cattolico? Quasi esausto e arido per una lunghissima sete, mi sono attaccato con grande avidità a queste mammelle e, gemendo e piangendo profondamente, le agitai e spremetti affinché ne uscisse ciò che a me, così indebolito, potesse essere sufficiente per ristabilirmi e per restituirmi la speranza della vita e della salvezza. Che cosa, dunque, dovrei dire di me stesso? Tu che, non ancora cristiano, per mio consiglio, benché li detestassi vivamente, a fatica hai acconsentito a ritenerli degni di essere ascoltati e presi in considerazione, da quale altra cosa - cerca di ricordare, ti prego - ti sei sentito attratto se non da una certa grande presunzione e promessa di ragioni? Ma siccome discutevano per molto tempo e in modo assai esteso e appassionato degli errori degli sprovveduti - cosa che più tardi ho appreso essere facilissima per chiunque sia appena un po' erudito -, se inculcavano in noi qualcuna delle loro dottrine, pensavamo di doverle far nostre per necessità, dal momento che non ci era offerto altro in cui trovare sollievo. Dunque, con noi essi facevano ciò che sono soliti fare i cacciatori perfidi, i quali configgono i ramoscelli invischiati nei pressi dell'acqua per sorprendere gli uccelli assetati. Interrano e in qualche modo ricoprono interamente le altre acque che sono intorno, oppure ne tengono lontani gli uccelli con spauracchi, in modo che cadano nei loro tranelli non per scelta ma per necessità.

Contro un luogo comune dei Manichei.

1. 3. Ma perché non rispondo a me stesso che queste raffinate e piacevoli similitudini e queste critiche possono essere rivolte, con spirito arguto e mordace, da qualsiasi avversario contro chiunque insegni qualcosa? Appunto per questo ho ritenuto di dover inserire qualcosa di tal genere nei miei scritti, per ammonirli a non ricorrere a questi sistemi, di modo che, come disse quel tale1, messe da parte le futilità dei luoghi comuni, le cose combattano con le cose, le cause con le cause, le ragioni con le ragioni. Rinuncino dunque a dire quella formula che viene loro in bocca quasi necessariamente, quando qualcuno, che è stato a lungo loro uditore, li ha abbandonati: La luce se ne è andata da lui. Tu, che sei la mia massima preoccupazione (per loro non mi tormento troppo), vedi infatti quanto questa formula sia vuota e possa essere facilmente criticata da chiunque; pertanto ne rimetto la discussione alla tua sagacia. Non penserai, credo, che sia stato abitato dalla luce quando ero impigliato nella vita di questo mondo, nutrendo l'oscura speranza di una bella moglie, di magnifiche ricchezze, di vari onori e di tutti gli altri piaceri nocivi e perniciosi. Come ben sai, non cessavo di desiderare e sperare tutte queste cose, quando ero loro assiduo uditore; però non ne faccio colpa alla loro dottrina: confesso infatti che anche essi ammoniscono sollecitamente a guardarsene. Ma dire che ora la luce mi ha abbandonato, quando ho distolto lo sguardo da tutte queste parvenze di realtà e ho deciso di accontentarmi del solo cibo necessario per la salute del corpo, mentre sarei stato illuminato e risplendente quando amavo quelle cose e da esse ero tenuto avvolto, è proprio dell'uomo, per dirla in modo assai benevolo, che considera poco acutamente le cose delle quali ama molto parlare. Ma veniamo al nostro argomento, se non hai nulla in contrario.

I Manichei e l'Antico Testamento.

2. 4. Sai bene che i Manichei, criticando la fede cattolica e, soprattutto, sminuzzando e lacerando l'Antico Testamento, sconcertano gli sprovveduti, i quali, di certo, ignorano fino a qual punto quelle verità devono essere comprese e come esse, una volta afferrate, scorrano utilmente nelle vene e nelle midolla delle anime che, per così dire, ancora vagiscono. E poiché lì si incontrano passi che turbano gli animi incolti e poco riflessivi - che sono la gran parte -, tali passi possono essere messi sotto accusa facendo riferimento all'uso comune; ma non sono affatto molti quelli in grado di difenderli facendo riferimento all'uso comune, a causa dei misteri che vi sono contenuti. E quei pochi che ne sono capaci non amano discuterne in dispute pubbliche e note a tutti; per questa ragione non sono in molti a conoscerli al di fuori di quelli che si dedicano appassionatamente a cercarli. Riguardo dunque alla sconsideratezza di cui i Manichei danno prova col criticare l'Antico Testamento e la fede cattolica, cerca di comprendere, te ne prego, quali cose mi scuotano. Mi auguro e spero che tu le accoglierai con la stessa disposizione d'animo con cui le dico. D'altro canto Dio, che conosce i segreti della mia coscienza, sa che non c'è affatto malafede in quello che dico, ma, come penso che si debba ammettere, soltanto il desiderio di rendere manifesta la verità. È questo il solo scopo al quale già da lungo tempo e con straordinaria sollecitudine abbiamo consacrato la vita, perché non avvenga che, mentre è stata per me cosa molto facile condividere con voi i peccati, sia invece cosa molto difficile, per non usare un'espressione più dura, seguire con voi la giusta via. Ma oso credere che anche in questa speranza, con la quale spero che voi troviate con me la via della sapienza, non mi abbandoni colui al quale mi sono consacrato: giorno e notte mi sforzo di contemplarlo e, poiché so di esserne incapace dal momento che, a causa dei miei peccati e della mia consuetudine di vita, ho ancora l'occhio dell'anima ferito dai colpi delle mie antiche opinioni, spesso unisco le lacrime alle mie preghiere. E come gli occhi che sono restati a lungo senza vedere, nell'oscurità, appena aperti rifiutano ancora la luce, che tuttavia desiderano, battendo le palpebre e volgendo lo sguardo altrove, soprattutto se qualcuno cerca di far loro guardare il sole, così accade ora a me: non nego che esista per l'anima un bene ineffabile ed unico che la mente può percepire, tuttavia confesso piangendo e gemendo di non essere ancora capace di contemplarlo. Egli, dunque, non mi abbandona se sono sincero, se mi faccio guidare dal dovere, se amo la verità, se coltivo l'amicizia, se faccio buona guardia perché non sbagli.

I quattro modi di interpretare la Scrittura.

3. 5. Tutta la Scrittura, chiamata Vecchio Testamento, viene tramandata a coloro che si dedicano con zelo a conoscerla secondo quattro modi di intenderla: secondo la storia, l'eziologia, l'analogia, l'allegoria. Non giudicarmi uno sprovveduto se mi servo di nomi greci. Innanzitutto è così che li ho appresi e non voglio farteli conoscere diversamente da come li ho appresi. Poi, tu stesso ti rendi conto che nella nostra lingua non ci sono termini per queste cose: se li formassi ricorrendo alla traduzione, di certo sarei ancora più sprovveduto; se invece mi servissi di circonlocuzioni, la mia esposizione sarebbe meno scorrevole. Ti prego soltanto di credere che, quale che sia il mio errore, non è affatto compiuto da me per orgoglio e presunzione. Dunque, si tramanda secondo la storia quando si insegna ciò che è stato scritto o realizzato; e ciò che non è stato realizzato, ma soltanto scritto, è come se fosse stato realizzato. Si tramanda secondo l'eziologia quando si espone da quale causa una cosa sia stata prodotta o detta; secondo l'analogia quando si dimostra che i due Testamenti, l'Antico e il Nuovo, non sono in contrasto; secondo l'allegoria quando si insegna che, delle cose scritte, alcune non devono essere prese alla lettera, ma vanno intese in modo figurato.

Il modo storico e il modo eziologico.

3. 6. Di tutti questi modi si sono serviti il nostro Signore Gesù Cristo e gli Apostoli. Infatti si servì del modo storico per rispondere quando gli fu obiettato che i suoi discepoli avevano colto le spighe di grano in giorno di sabato: Non avete letto cosa fece David quando ebbe fame insieme ai suoi compagni, come entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell'offerta, che non era consentito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma ai sacerdoti soltanto?2 Rientra di certo nel modo eziologico ciò che Cristo rispose quando proibì di ripudiare la moglie, eccetto che per adulterio, e i suoi interlocutori gli replicarono che Mosè aveva concesso questa possibilità mediante il divorzio: Mosè fece ciò per la durezza del vostro cuore3. Questo è infatti il motivo per cui Mosè, in rapporto al momento storico, fece bene ad autorizzarlo: il precetto di Cristo appunto lasciava intendere che ormai i tempi erano cambiati. Ma sarebbe troppo lungo spiegare questa successione dei tempi e il suo ordine, predisposto e regolato come da un mirabile piano della divina Provvidenza.

Il modo analogico.

3. 7. Per quanto concerne l'analogia, con la quale si scopre la congruenza che c'è tra i due Testamenti, perché dovrei dire che se ne sono serviti tutti coloro alla cui autorità essi si rimettono, quando potrebbero considerare da soli le tante integrazioni che, a loro avviso, sono state inserite nelle Sacre Scritture da non identificati corruttori della verità?. Questo argomento invero mi era sempre sembrato molto debole, anche quando ero loro discepolo: e non a me soltanto, ma anche a te (infatti me ne ricordo bene), e a noi tutti che nel giudicare ci sforzavamo di operare con un po' più di scrupolosità della gran massa dei credenti. Ora, però, mi sono state esposte e chiarite molte delle difficoltà che mi turbavano moltissimo - quelle cioè nelle quali la maggior parte di loro eccelle e in cui i loro discorsi tanto più estesamente si sbizzarriscono quanto più sicuramente non hanno avversari -; ebbene niente mi sembra più impudente da parte loro o, per parlare in modo più benevolo, più avventato e privo di fondamento del dire che le Sacre Scritture hanno subito alterazioni, dal momento che non esiste nella nostra epoca, che pure è così vicina, alcun testo che consenta di confermarlo. Se, infatti, dicessero di non aver ritenuto di doverle accettare interamente, perché scritte da uomini che non reputano che abbiano scritto la verità, il loro tergiversare sarebbe in qualche modo più fondato o il loro errore più umano. Così infatti fecero a proposito di quel libro intitolato Atti degli Apostoli. Ma di questa loro decisione, ogni volta che vi rifletto, non mi stupisco mai abbastanza, poiché, relativamente a tale questione, avverto non già la mancanza di sapienza umana, ma di un po' di buon senso. Questo libro, infatti, contiene tante cose simili a quelle che essi accettano, che mi pare una grande stoltezza sia il non accettarlo sia, se vi è qualcosa che ne urta la sensibilità, il dire che è falso e che è stato interpolato. O, se è impudente parlare in questo modo, come in effetti lo è, perché nelle epistole di Paolo, nei quattro libri del Vangelo attribuiscono qualche valore a pagine nelle quali forse le cose che vogliono far credere introdotte dai falsificatori sono molte di più, in proporzione, di quelle che hanno potuto essere in quel libro? Ma di certo il fatto sta come a me sembra, e ti chiedo di considerarlo insieme a me con molta tranquillità e serenità di spirito. Sai infatti che i Manichei, nel tentativo di includere la persona del loro fondatore nel numero degli Apostoli, dicono che lo Spirito Santo, che il Signore promise di inviare ai discepoli, è venuto a noi per mezzo di lui. Pertanto, se ammettessero gli Atti degli Apostoli, nei quali la venuta dello Spirito Santo è annunziata in modo evidente4, non avrebbero più argomenti per dire che si tratta di un'interpolazione. Pretendono, infatti, di sostenere che sono esistiti non meglio identificati falsificatori dei libri divini prima del tempo dello stesso Mani, e che quest'opera di alterazione è stata compiuta da coloro che desideravano fare una sola cosa della legge dei Giudei e del Vangelo. Ma dello Spirito Santo non possono dire ciò, a meno che, per caso, non intendano sostenere che costoro predissero il futuro, mettendo nei loro libri ciò che un giorno si sarebbe obiettato a Mani, che non era ancora venuto e che avrebbe professato di essere l'intermediario attraverso il quale lo Spirito Santo è stato inviato. Ma della verità sullo Spirito Santo parleremo in maniera più chiara un'altra volta; per ora torniamo a quello che era il mio intento.

Allegoria.

3. 8. Si è abbastanza dimostrato, come penso, che sia la storia del Vecchio Testamento sia l'eziologia sia l'analogia si ritrovano nel Nuovo Testamento; resta ora da mostrare la stessa cosa per l'allegoria. Il nostro stesso Liberatore nel Vangelo si serve di un'allegoria presa dal Vecchio Testamento: Questa generazione, egli disse, chiede un segno! Ma non le sarà dato altro segno che quello del profeta Giona. Come, infatti, Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre della balena5, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra6. Che dire poi dell'apostolo Paolo che, nella Prima lettera ai Corinzi, fa sapere che la storia stessa dell'Esodo era un'allegoria del futuro popolo cristiano? Non voglio, infatti, che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale. Bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto. Ora, questi fatti avvennero come esempi per noi, affinché non nutrissimo cattive aspirazioni, come le ebbero loro. Non diventiamo idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: "Il popolo si sedette per mangiare e bere, poi si alzò per divertirsi"7. Non abbandoniamoci alla fornicazione, come vi si abbandonarono alcuni di essi e ne caddero ventitremila in un solo giorno. Non mettiamo alla prova Cristo, come fecero alcuni di loro e caddero vittime dei serpenti. Non mormoriamo, come mormorarono alcuni di loro e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è giunta la pienezza dei tempi8. Vi è ancora un'allegoria presso l'Apostolo, quanto mai pertinente per la nostra questione, poiché i Manichei avevano l'abitudine di proferirla e farla valere nella discussione. Proprio Paolo infatti dice ai Galati: Sta scritto che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera. Ma quello avuto dalla schiava è nato secondo la carne; invece quello avuto dalla donna libera è nato in virtù della promessa. Ora, tali cose sono dette in senso allegorico; le due donne infatti rappresentano le due Alleanze: una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, è rappresentata da Agar (il Sinai è un monte dell'Arabia che confina con l'odierna Gerusalemme, la quale è schiava insieme ai suoi figli); invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la madre di noi tutti9.

La necessità della legge per tutti coloro ai quali è ancora utile la servitù.

3. 9. Su questo punto quegli uomini, malvagi oltre misura, mentre tentano di invalidare la legge, ci portano ad approvare le Scritture. Prestano attenzione infatti a ciò che fu detto, ossia che coloro che sono sotto la legge sono in schiavitù, e sventolano sopra ogni altra quest'ultima sentenza: Non avete più nulla a che fare con Cristo, voi che cercate la giustificazione nella legge; avete perduto la grazia10. Noi ammettiamo la verità di tutte queste cose, e proclamiamo la necessità di quella legge per tutti coloro ai quali è ancora utile la servitù: diciamo, pertanto, che è stata utilmente promulgata proprio perché gli uomini, che non era stato possibile distogliere dal peccato con la ragione, vi dovevano essere costretti da tale legge, cioè dalla minaccia e dalla paura di pene che persino gli stolti possono capire. E la grazia di Cristo, quando ci libera da tali pene, non condanna la legge, ma ci invita a sottometterci finalmente alla sua carità e a non essere più schiavi per timore della legge11. Proprio in questo consiste la grazia, vale a dire il beneficio la cui provenienza da Dio sfugge a coloro che vogliono ancora restare sotto i vincoli della legge. A ragione Paolo rimprovera questi uomini come infedeli, perché non credono di essersi ormai liberati, per la mediazione del Signore nostro Gesù, dalla schiavitù a cui, in una determinata epoca, erano stati sottoposti da una giustissima disposizione di Dio. Di qui la sentenza dello stesso Apostolo: La legge era il nostro pedagogo per condurci a Cristo12. Colui dunque che ha dato agli uomini un pedagogo da temere, poi ha dato loro un maestro da amare. Tuttavia in questi precetti e comandi della legge, che ai cristiani non è più consentito di rispettare, come l'osservanza del sabato, la circoncisione, i sacrifici e altre cose simili, sono contenuti misteri così grandi che ogni uomo pio comprende che nulla è più pericoloso del prendere alla lettera, cioè parola per parola, ciò che vi è esposto, e che nulla invece è più salutare del coglierne lo spirito. Da qui il detto: La lettera uccide, mentre lo spirito dà la vita13; e, ancora: Quel medesimo velo permane, e non è rimosso, alla lettura del Vecchio Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato14. In Cristo appunto non è il Vecchio Testamento che viene eliminato, ma il suo velo perché, per mezzo di Cristo, si comprenda e, per così dire, venga reso manifesto ciò che, senza Cristo, resterebbe oscuro e coperto. Subito infatti lo stesso Apostolo aggiunge: Ma quando si convertirà a Cristo, quel velo sarà tolto15; e non dice: sarà tolta la legge o il Vecchio Testamento. Mediante la grazia divina, dunque, non sono essi ad essere tolti via come se ricoprissero cose inutili, ma piuttosto la copertura con cui essi ricoprono cose utili. Così avviene con coloro che ricercano il senso di quelle Scritture con zelo e pietà e non in modo confuso e perverso: si mostrano loro sollecitamente l'ordine delle cose, le cause dei fatti e delle parole e una tale congruenza tra l'Antico e il Nuovo Testamento che in nessun dettaglio essi risultano discordanti; inoltre si mostrano i significati nascosti delle allegorie, i quali sono così grandi che quanti ne diventano chiari con l'interpretazione costringono a riconoscere la meschinità di coloro che vogliono condannarli prima ancora di conoscerli.

Tre errori di interpretazione.

4. 10. Ma, lasciando per ora da parte la scienza e le sue profondità, tratterò con te come credo che si debba trattare con un amico, ossia come ne sono capace e non come ho visto, pieno di ammirazione, che possono fare gli uomini dottissimi. Tre sono i generi di errori in cui cadono gli uomini quando leggono qualcosa. Li esporrò ad uno ad uno. Il primo genere si ha quando si giudica vero ciò che è falso, sebbene questo non fosse il pensiero dell'autore. Il secondo - che, pur non essendo molto diffuso, non per questo è meno pericoloso - si verifica quando si giudica vero ciò che è falso e questo giudizio è identico a quello dell'autore. Il terzo genere capita quando dallo scritto di un altro si comprende qualcosa di vero che l'autore stesso non aveva compreso. In questo genere il vantaggio non è poco; anzi, se lo consideri con maggior diligenza, noti che tutto il frutto del leggere è salvo. Si ha un errore del primo genere se qualcuno, per esempio, dica e creda, per averlo letto nel poema di Virgilio 16, che Radamanto, presso gli inferi, ascolta e giudica le cause dei morti. Costui infatti sbaglia per due motivi: perché crede a una cosa che non merita di essere creduta e perché non ha motivo di pensare che l'autore vi abbia creduto. Il secondo genere di errore può essere visto nel caso in cui qualcuno, poiché Lucrezio scrive che l'anima è costituita di atomi e, dopo la morte, si dissolve negli stessi atomi e scompare, lo ritiene vero e lo reputa meritevole di essere creduto. Anche costui infatti non è meno misero, se su una questione così importante si è persuaso della certezza di ciò che è falso, benché tale sia l'opinione di Lucrezio, dai cui libri è stato ingannato. Che giova infatti a costui l'essere certo dell'opinione dell'autore, quando se l'era scelto non per garantirsi dall'errare per mezzo suo ma per errare con lui? Al terzo genere è adatto l'esempio di qualcuno che, avendo letto nei libri di Epicuro qualche passo dove fa l'elogio della continenza, sostiene che questo filosofo ha riposto il sommo bene nella virtù e perciò non è da biasimare. Quale danno, infatti, può provocare a costui l'errore di Epicuro, il quale crede che il piacere del corpo sia il sommo bene dell'uomo, dal momento che egli non ha aderito a questa opinione così turpe e pericolosa, ed Epicuro gli piace semplicemente perché non ritiene che egli abbia sostenuto idee che non è opportuno sostenere? Questo errore non solo è umano, ma spesso è anche il più degno per l'uomo. Supponiamo che mi venisse riferito di qualcuno che amo che abbia dichiarato in presenza di molti ascoltatori che, sebbene abbia già la barba, la fanciullezza e l'infanzia gli piacciono tanto da risolversi, con giuramento, a vivere in questo modo e che ciò mi fosse provato al punto che sarebbe sfrontato da parte mia negarlo; in tal caso sembrerei forse da rimproverare se pensassi che, con questa dichiarazione, aveva voluto significare che gli piaceva l'innocenza e il cuore non contaminato da quelle cupidigie che travolgono il genere umano e per questo motivo lo amassi molto più di quanto lo amavo prima, anche se lui, forse, negli anni della giovinezza, come uno stolto, si è fatto prendere dall'amore per questa libertà nel giocare e nel mangiare, e per l'ozio indolente? Supponi poi che egli sia morto dopo che queste notizie mi furono riferite, e che non abbia potuto interrogarlo in modo da fargli manifestare il suo pensiero; ci sarebbe forse qualcuno così perverso da adirarsi contro di me, qualora lodassi il proposito e la volontà dell'uomo proprio in base alle parole che mi erano state riferite? Di più, anche chi giudica in modo giusto tutte le cose forse esiterebbe a lodare la mia opinione e la mia volontà, qualora mi piacesse l'innocenza e, in un caso dubbioso, io uomo esprimessi un apprezzamento piuttosto favorevole su di un uomo, benché mi sia anche consentito di esprimerne uno sfavorevole?

Tre differenti tipi di scritti.

5. 11. Alla luce di quanto detto, fai attenzione ad altrettante connessioni e differenze che ci sono tra le stesse opere degli scrittori. È necessario appunto che vi sia corrispondenza. Infatti, o qualcuno ha scritto qualcosa di utile, ma non è stato compreso in modo utile da un altro, oppure sono state fatte entrambe le cose, ma inutilmente; oppure chi legge comprende in modo utile, mentre chi viene letto ha scritto in senso diverso. Non ho nulla da obiettare nei confronti del primo di questi tre casi e non mi occupo dell'ultimo; infatti né posso biasimare l'uomo che, senza alcuna sua colpa, è stato male compreso, né posso provare contrarietà che venga letto chi non ha visto il vero, se vedo che la cosa non comporta alcun danno per i suoi lettori. Vi è dunque un solo genere eccellente e, per così dire, completamente libero da impurità: è quello in cui anche gli scritti sono buoni e sono presi in senso buono da chi legge. Tuttavia, anche questo genere si divide in due parti; infatti non escludo del tutto l'errore. Di solito appunto capita che, quando lo scrittore ha pensato in modo giusto, anche il lettore pensa in modo giusto, ma diversamente da lui: alcune volte in modo migliore, altre in modo peggiore, tuttavia sempre in modo utile. Quando invece il nostro pensiero coincide con quello dell'autore del libro - e questo è il caso più adatto per vivere bene - la verità è al suo grado più alto, né, d'altro canto, c'è spazio per la falsità. Il genere in cui la lettura concerne questioni molto oscure è senz'altro assai raro; ed esso, a mio avviso, non può esser conosciuto con piena certezza, ma può essere solo creduto. Attraverso quali indizi, appunto, potrei ricostruire la volontà di un uomo assente o morto in modo da poterci giurare sopra, dal momento che, anche se fosse interrogato quando è presente, forse sarebbero molte le cose che nasconderebbe per ragioni di dovere, pur non essendo malvagio? Del resto, non credo che per conoscere una cosa abbia valore alcuno sapere chi sia stato colui che l'ha scritta, ancorché sia cosa molto onorevole ritenere buono colui che, con i suoi scritti, si è reso utile al genere umano e alla sua posterità.

In quale genere i Manichei collocano l'errore che attribuiscono alla Chiesa cattolica.

5. 12. Vorrei dunque che i Manichei mi dicano in quale genere collocano l'errore che attribuiscono alla Chiesa cattolica. Se appartiene al primo, l'accusa di certo sarebbe grave, ma non richiederebbe una lunga difesa: è sufficiente infatti escludere che noi intendiamo le cose come essi le pensano quando si scagliano contro di noi. Se appartiene al secondo, l'accusa non è meno grave; ma si può ribattere loro con la medesima argomentazione. Se rientra nel terzo, non vi è alcuna accusa. Sta bene e considera le Scritture stesse. Che cosa infatti obiettano ai libri del cosiddetto Vecchio Testamento? Forse che sono buoni, ma noi li comprendiamo male? Ma sono proprio loro che non li ammettono! O forse che non sono né buoni né ben compresi? Ma la precedente difesa confuta questa obiezione in modo sufficiente. O forse essi dicono: sebbene siano compresi in modo retto, tuttavia sono cattivi? E che altro è questo se non assolvere gli avversari ancora in vita, con i quali si discute, e accusare quelli morti da molto tempo, con i quali non vi è alcuna contesa? Da parte mia credo che quegli scrittori abbiano fatto opera utile nel consegnare alla memoria tutti quei fatti e che siano stati grandi e ispirati; credo anche che quella legge sia stata promulgata ed istituita per ordine e volontà di Dio. E io, malgrado sia molto poco esperto di questo genere di libri, posso tuttavia facilmente convincere chi si rivolge a me, purché lo faccia con animo retto e niente affatto ostinato. E così farò, quando mi accorderai la benevola disponibilità delle tue orecchie e della tua mente; ma lo farò quando potrò. Per ora, comunque la questione proceda, non è forse sufficiente per me non essere stato ingannato?

Contro l'interpretazione degli avversari delle Scritture.

6. 13. Chiamo a testimonio, o Onorato, la mia coscienza e Dio che abita nei cuori puri, del fatto che non giudico nulla più saggio, più virtuoso, più religioso dell'insieme di quelle Scritture, che la Chiesa cattolica conserva con il nome di Vecchio Testamento. Ciò ti meraviglia, lo so; non posso infatti nascondere che ci eravamo formati ben altre convinzioni. Ma, senza dubbio, non c'è niente di più temerario (e noi allora, come veri bambini, lo siamo stati) del non tener conto degli interpreti di un libro, i quali professano di conoscerlo bene e di poterlo trasmettere ai loro discepoli, e di chiederne il senso a coloro che, indotti da non so qual motivo, hanno dichiarato una guerra durissima contro coloro che li hanno composti e scritti. Per parlare di quelle discipline nelle quali forse il lettore può cadere in errore senza sacrilegio, chi ha mai pensato di farsi spiegare i libri inaccessibili ed oscuri di Aristotele dal suo avversario? E ancora: chi, per leggere o studiare i trattati di geometria di Archimede, ha preso per maestro Epicuro che vi dissertava contro con molta ostinazione, senza peraltro capirci niente, per quanto credo? Sono forse chiarissimi questi libri della legge, contro i quali costoro danno l'assalto - invero senza alcun profitto - come se fossero accessibili a tutti? Essi mi sembrano simili a quella donnicciola che sono soliti deridere: adirata perché una donna manichea le lodava il sole e le raccomandava di adorarlo, ella, nella semplicità della sua religiosità, saltò su con impeto e, percuotendo ripetutamente con il piede il luogo illuminato dal sole attraverso la finestra, cominciò a gridare in modo del tutto stolto e - chi lo nega? - da donnicciola: " Ecco io calpesto il sole e il tuo dio ". Non ti sembra che siano come lei coloro che ritengono di giovare a qualcosa, perché persone sprovvedute li applaudono, quando screditano con discorsi pieni di impeto e con ingiurie scritti di cui non conoscono o la ragion d'essere o, in generale, il carattere, libri che, sebbene simili a quelli alla portata di tutti, tuttavia sono penetranti e divini per chi li sa comprendere? Quanto c'è in quelle Scritture, credimi, è profondo e divino: vi si trova la pura verità e una dottrina adattissima a ricreare e a rinnovare gli animi e così chiaramente predisposta che non c'è nessuno che non possa trarne ciò che gli è sufficiente, purché vi si accosti con devozione e pietà, come richiede la vera religione. Per provartelo sarebbero necessari molti argomenti e un discorso più lungo. Con te, infatti, dapprima bisogna far sì che non odî quegli autori, poi che li ami; e a tale scopo si deve ricorrere a qualsiasi altro mezzo piuttosto che esporre il loro pensiero e i loro scritti. Perché, se avessimo detestato Virgilio, anzi, se non lo avessimo amato prima di averlo capito, come raccomandavano i nostri padri, per noi non ci sarebbero mai state risposte soddisfacenti intorno a quelle innumerevoli questioni che il suo testo pone e per le quali sono soliti turbarsi e agitarsi i grammatici, né avremmo ascoltato volentieri coloro che, lodandolo, le risolvevano; invece avremmo rivolto il nostro favore a coloro che, attraverso tali questioni, avessero cercato di dimostrare che egli ha sbagliato e delirato. Ora, però, essendo molti - e ciascuno in modo diverso, in relazione alla sua capacità intellettuale - coloro che si adoperano per risolverle, di preferenza si applaudono coloro che, mediante la loro interpretazione, mettono in miglior luce il poeta, del quale persino quelli che non lo capiscono credono non solo che non abbia commesso errori, ma anche che sia degno di lode tutto ciò che ha composto. Pertanto, quando in una questione di poco conto il commentatore si smarrisce e non sa cosa rispondere, ce la prendiamo con lui anziché pensare che il suo silenzio dipenda da un difetto di Virgilio. E qualora, a sua difesa, volesse attribuire l'errore ad un autore di tanto prestigio, a malapena i suoi discepoli rimarranno presso di lui, anche se fossero pagati. Quanto era importante che dimostrassimo una simile benevolenza per gli autori mediante i quali una così lunga tradizione ci conferma che lo Spirito Santo ha parlato? Ma naturalmente noi, giovani intelligentissimi e straordinari ricercatori di ragioni, senza neppure sfogliare quegli scritti, senza cercare i maestri, senza incolpare affatto la nostra ottusità e, infine, senza concedere intelligenza, sia pur modesta, a coloro che vollero per così lungo tempo che questi scritti fossero letti, conservati ed esaminati su tutta la terra, giudicammo, in quanto eravamo suggestionati dalle parole di coloro che gli sono nemici ed ostili, che presso di essi non c'era nulla da credere, mentre presso questi, a causa di una falsa promessa di razionalità, eravamo spinti a credere e a onorare migliaia di incredibili favole.

Il cammino della vera religione.

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