Catechesi sul Credo, parte II: Gesu' Figlio e Salvatore OTTOBRE1986

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MARIOCAPALBO
00giovedì 4 aprile 2013 17:37
Le conseguenze del peccato originale per l'intera umanità

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 1° ottobre 1986

 

1. Il Concilio di Trento ha formulato in un testo solenne la fede della Chiesa circa il peccato originale. Nella precedente catechesi abbiamo considerato l’insegnamento conciliare relativo al peccato personale dei progenitori. Ora vogliamo riflettere su quanto il Concilio dice circa le conseguenze che quel peccato ha avuto per l’umanità. Al riguardo, il testo del decreto tridentino fa una prima affermazione:

2. Il peccato di Adamo è passato in tutti i suoi discendenti, cioè in tutti gli uomini in quanto provenienti dai progenitori, e loro eredi nella natura umana, ormai privata dell’amicizia con Dio.

Il decreto tridentino (cf. DS 1512) lo afferma esplicitamente: il peccato di Adamo ha recato danno non solo a lui, ma a tutta la sua discendenza. La santità e la giustizia originali, frutto della grazia santificante, non sono state perse da Adamo solo per sé, ma anche “per noi” (“nobis etiam”). Perciò egli ha trasmesso a tutto il genere umano non solo la morte corporale e altre pene (conseguenze del peccato), ma anche il peccato stesso come morte dell’anima (“Peccatum, quod mors est animae”).

3. Qui il Concilio di Trento ricorre a un’osservazione di san Paolo nella Lettera ai Romani, alla quale faceva riferimento già il Sinodo di Cartagine, riprendendo peraltro un insegnamento ormai diffuso nella Chiesa. Nella traduzione odierna il testo paolino suona così: “Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” (Rm 5, 12). Nell’originale greco si legge: “eph’o pantes emarton”, espressione che nell’antica Volgata latina era tradotta: “in quo omnes peccaverunt”, “nel quale (unico uomo) tutti hanno peccato”; tuttavia i greci, sin dall’inizio, intendevano chiaramente ciò che la Volgata traduce “in quo” come un “perché” o “in quanto”, senso ormai accolto comunemente dalle traduzioni moderne. Tuttavia questa diversità di interpretazioni dell’espressione non muta la verità di fondo contenuta nel testo di san Paolo, che cioè il peccato di Adamo (dei progenitori) ha avuto conseguenze per tutti gli uomini. Del resto nello stesso capitolo della Lettera ai Romani l’Apostolo scrive: “per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori”. E nel versetto precedente: “per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna” (Rm 5, 19. 18). San Paolo connette dunque la situazione di peccato di tutta l’umanità con la colpa di Adamo.

4. Le affermazioni di san Paolo, or ora citate e alle quali si è richiamato il magistero della Chiesa, illuminano dunque la nostra fede sulle conseguenze che il peccato di Adamo ha per tutti gli uomini. Da questo insegnamento saranno sempre orientati gli esegeti e i teologi cattolici per valutare, con la sapienza della fede, le spiegazioni che la scienza offre sulle origini dell’umanità.

In particolare si manifestano valide e stimolatrici di ulteriori ricerche a questo riguardo le parole rivolte dal Papa Paolo VI a un simposio di teologi e scienziati: “È evidente che vi sembreranno inconciliabili con la genuina dottrina cattolica le spiegazioni che del peccato originale danno alcuni autori moderni, i quali, partendo dal presupposto, che non è stato dimostrato, del poligenismo, negano, più o meno chiaramente, che il peccato, donde è derivata tanta colluvie di mali nell’umanità, sia stato anzitutto la disobbedienza di Adamo "primo uomo", figura di quello futuro, commessa all’inizio della storia”. (Insegnamenti di Paolo VI, IV [1966] 366)

5. Un’altra affermazione è contenuta nel decreto tridentino: il peccato di Adamo passa in tutti i discendenti, a causa della loro origine da lui, e non solo del cattivo esempio. Il decreto afferma: “Questo peccato di Adamo, che per origine è unico e trasmesso per propagazione non per imitazione, è presente in tutti come proprio di ciascuno” (DS 1513). Dunque il peccato originale viene trasmesso per via di generazione naturale. Questa convinzione della Chiesa è indicata anche dalla pratica del battesimo ai neonati, alla quale si richiama il decreto conciliare. I neonati, incapaci di commettere un peccato personale, tuttavia ricevono, secondo la secolare tradizione della Chiesa, il battesimo poco dopo la nascita in remissione dei peccati. Il decreto dice: “sono veracemente battezzati per la remissione dei peccati, affinché sia mondato nella rigenerazione ciò che hanno contratto nella generazione” (DS 1514).

In questo contesto appare chiaro che il peccato originale in nessun discendente di Adamo possiede il carattere di colpa personale. Esso è la privazione della grazia santificante in una natura che, per colpa dei progenitori, è stata distorta dal suo fine soprannaturale. È un “peccato della natura”, rapportabile solo analogicamente al “peccato della persona”. Nello stato di giustizia originale, prima del peccato, la grazia santificante era come la “dote” soprannaturale della natura umana. Nella “logica” interiore del peccato, che è rifiuto della volontà di Dio, datore di questo dono, è contenuta la perdita di esso. La grazia santificante ha cessato di costituire l’arricchimento soprannaturale di quella natura, che i progenitori trasmisero a tutti i loro discendenti nello stato in cui si trovava quando diedero inizio alle generazioni umane. Perciò l’uomo viene concepito e nasce senza la grazia santificante. Proprio questo “stato iniziale” dell’uomo, legato alla sua origine, costituisce l’essenza del peccato originale come un’eredità (“peccatum originale originatum”, come si suol dire).

6. Non possiamo chiudere questa catechesi senza ribadire quanto abbiamo affermato all’inizio del presente ciclo: cioè che noi dobbiamo, considerare il peccato originale in costante riferimento al mistero della redenzione operata da Gesù Cristo, Figlio di Dio, il quale “per noi uomini e per la nostra salvezza . . . si è fatto uomo”. Questo articolo del Simbolo sulla finalità salvifica dell’Incarnazione si riferisce principalmente e fondamentalmente al peccato originale. Anche il decreto del Concilio di Trento è interamente composto in riferimento a questa finalità, inserendosi così nell’insegnamento di tutta la Tradizione, che trova il suo punto di partenza nella Sacra Scrittura, e prima di tutto nel cosiddetto “protoevangelo”, cioè nella promessa di un futuro vincitore di satana e liberatore dell’uomo, già fatta balenare nel Libro della Genesi (Gen 3, 15) e poi in tanti altri testi, fino all’espressione più piena di questa verità che ci è data da san Paolo nella Lettera ai Romani. Secondo l’Apostolo, infatti, Adamo è “figura di colui che doveva venire” (Rm 5, 14). “Se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo Gesù Cristo, si sono riversate in abbondanza su tutti gli uomini” (Rm 5, 15).

“Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (Rm 5, 19). “Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita” (Rm 5, 18).

Il Concilio di Trento si riferisce particolarmente al testo paolino della Lettera ai Romani 5, 12 come a cardine del suo insegnamento, vedendo affermata in esso l’universalità del peccato, ma anche l’universalità della redenzione. Il Concilio si richiama anche alla pratica del battesimo dei neonati, e lo fa a motivo dello stretto riferimento del peccato originale - come universale eredità ricevuta con la natura dai progenitori - alla verità dell’universale redenzione in Gesù Cristo.


A gruppi di pellegrini provenienti dalla Francia  

Je suis heureux d’accueillir ici les pèlerins français, en ce jour de la fête de sainte Thérèse de l’Enfant-Jésus. Je me souviens de mon pèlerinage à Lisieux et je me réjouis d’aller bientôt en France, en d’autres lieux rendus célèbres par les saints. Je salue tous les autres pèlerins de langue française, notamment ceux qui viennent de Belgique et du Canada. Je forme des vœux spéciaux pour les Sœurs responsables de formation de la Congrégation de la Présentation de Marie et pour les Sœurs Franciscaines Missionnaires de Marie, qui représentent de nombreux pays où elles déploient leur bel apostolat missionnaire. A toutes et à tous ici présents va ma Bénédiction Apostolique.

A diversi pellegrini di espressione linguistica inglese  

Among the English-speaking pilgrims and visitors present, I offer a cordial greeting to a group from England of Knights of Saints Columba, members of the Brentwood Province. I thank you for your wish to express once again your loyalty and devotion to the Successor of Peter and to the Holy See on the occasion of your Diamond Jubilee.

I also welcome a group of pilgrims from Brompton Oratory, in London, and from Sweden a group of Catholics from Västeras.

My warm greetings also go the Sisters of Marie Reparatrice taking part in their renewal programme and to the Franciscan Sisters of the Poor. May the Lord sustain you in joy and hope.

And to everyone from England, Sweden, Canada and the United States I gladly impart my Apostolic Blessing.

Also present at today’s audience are members of the Harlem Globetrotters. I wish to welcome you most cordially and offer you my encouragement for your work, especially in inspiring young people to appreciate the value of sport in their lives.

Ai numerosi fedeli provenienti da aree di lingua tedesca  

Mit diesen kurzen Darlegungen grüße ich sehr herzlich alle heutigen Audienzteilnehmer aus den Ländern deutscher Sprache: aus Deutschland, aus Osterreich und der Schweiz. Besonders freue ich mich über die so zahlreichen Jugendlichen. Ich wünsche euch frohe und auch religiös fruchtbare Tage in Rom. Einen besonderen Gruß richte ich an die Teilnehmer der ”Wallfahrt auf den Spuren des hl. Franziskas von Assisi“ aus Bayern sowie und die Gruppe ”Blauring aus der Schweiz. Letzterer danke ich noch aufrichtig für die so hochherzige und tatkräftige Unterstützung der ”Kinderhilfe Bethlehem“. Von Herzen erteile ich euch und allen anwesenden deutschsprachigen Pilgern meinen besonderen Apostolischen Segen.

Ai fedeli di espressione linguistica spagnola  

Saludo ahora con afecto a los visitantes y grupos de peregrinos de lengua española, venidos de España y Latinoamérica. De modo particular me complace saludar a las Asociaciones Belenistas de Guipúzcoa y de Navarra (España); también a los Ingenieros Graduados por la Universidad Nacional de Córdoba (Argentina); a las peregrinaciones de Coromoto (Venezuela), de la Arquidiócesis de Medellín (Colombia), y “Caminos de Luz” de Monterrey (México); así como a los grupos de Chile y de Guatemala.

A todos agradezco vuestra presencia aquí y os invito a dar auténtico testimonio de vida cristiana, mientras os imparto con afecto mi Bendición Apostólica.

Ai fedeli giunti da Paesi di lingua portoghese  

Uma saudação especial aos Peregrinos brasileiros, em “re- tiro sobre rodas”. Que a peregrinação pelos lugares sagrados seja uma graça para renovar a fé e avivar o amor de Deus e do próximo.

Uma saudação cordial ao numeroso grupo de Oficiais e demais pessoas militares e civis do navio brasileiro “Custódio de Mello”. Que a Mãe Santissima - “Estrela dos Marinheiros” - seja o farol a iluminar os vossos caminhos de fé e de esperança em Deus.

Ai fedeli polacchi

Wszyscy si bardzo cieszymy, i pielgrzymi i Papież, że jest tutaj z nami ksiądz kardynał Tomásek z Pragi. Pozdrawiam wszystkich obecnych pielgrzymów z parafii Matki Bożej Meustajace; Pomocy, Kraków-Mydlniki; z parafii Najświętszego Serca Pana Jezusa z Nowego Targu; z parafii św. Woiciecha, z Mikołowa, diecezja katowicka; z diecezji warmińskiej pielgrzymkę z ks. biskupem Wojciechem Ziembą, z okazji rozpoczęcia peregrynacji obrazu Matki Boskiej Częstochowskiej; następnie pielgrzymów z diecezji sandomiersko-radomskiej; pielgrzymów dekanatu Dobrodzień, diecezja opolska; grupę katolików świeckich z Przemyśla; grupę młodych dziennikarzy katolickich z Polski; prócz tego pielgrzymów z Nowego Jorku, z parafii Królowej Korony Polskiej; wreszcie studencką grupie rowerowav z Gdańska, Olsztyna i odzi (musicie się spieszyć, aby zdążyć na rok akademicki); wreszcie uczestników grup turystycznych “Gromada” z całej Polski, PTTK Warszawa, PKS z całej Polski, PTTK Szczeun, “Orbis”, grupę kolejarzy z Wrocławia, grupç “Turysta” z Bydgoszczy, Grudziąca i Torunia oraz z Poznania przedstawicieli Biura Projektów Budownictwa Wiejskiego . . . Wszystkich obecnych serdecznie pozdrawiam i przesyłam moje pozdrowienia do waszych wspólnot w Ojczynie, w Polsce. Jesteśmy dzisiaj na początku miesiąca padziernika, miesiąca modlitwy różaficowej. La,czę się w tej modlitwie różancowej z wszystkimi moimi Rodakami i bardzo się waszym modlitwom w Ojczynie polecam.  

Ad alcuni gruppi particolari di fedeli italiani  

Saluto tutti i pellegrini italiani. Saluto cordialmente i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose partecipanti al corso di preparazione per missionari in partenza per l’Africa: una iniziativa promossa dall’Ufficio Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per la Cooperazione missionaria tra le Chiese.

Carissimi, auspico di cuore che l’esperienza di questo corso possa esservi stata di valido aiuto per un impegno evangelizzatore fervente e fecondo di successi apostolici. Vi accompagno con la mia Benedizione.  

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Saluto inoltre i membri della Congregazione dei Missionari della Fede. Mentre chiedo per essi l’abbondanza delle grazie e dei conforti celesti imparto la mia Benedizione.  

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Rivolgo un pensiero ed un saluto alle Religiose Figlie del Divin Zelo, che in questi giorni hanno preso parte al Capitolo Generale della loro Congregazione.

Ad essere e all’intero Istituto va il mio augurio di ogni bene nel Signore e la mia Benedizione.

Ai giovani  

Rivolgo ora il mio saluto a tutti voi, ragazzi e giovani qui presenti. Oggi vorrei proporre alla vostra attenzione la figura di un santo del quale è imminente la festività liturgica: Francesco d’Assisi.

Giovane a cui non mancò la prospettiva di una brillante carriera umana e di un futuro benessere materiale, egli rinunciò a tutto per amore di Cristo.

Da allora fino ai nostri giorni il fascino del suo esempio ha conservato intatta la sua freschezza.

Vi esorto pertanto a studiarne la figura e a seguire lo spirito che lo ha animato, facendo vostri gli autentici valori di una vita donata al Signore. Di cuore vi benedico.  

Agli ammalati  

Saluto volentieri anche gli ammalati ed infermi presenti a questa Udienza.

Carissimi, a voi soprattutto, costretti dal peso della sofferenza a trascorrere lunghe ore in forzata inattività, ricordo che nel mese di ottobre onoriamo la Vergine Santissima col titolo particolare di Madonna del Rosario.

Vi raccomando tale forma di preghiera, particolarmente cara al mio cuore, e vi esorto a recitarla anche per le intenzioni della Chiesa. Il Rosario, tanto raccomandato anche da numerosi miei Predecessori, aiuta a sopportare le sofferenze e, unito all’offerta di queste, diviene sorgente di conforto e di grazie celesti. Io prego con voi e per voi, e vi benedico.  

Agli sposi novelli  

Il mio saluto ed augurio si rivolge infine a voi, cari sposi novelli, che da poco avete vissuto la gioia dell’unione sacramentale.

Auspico che possiate vivere con generosa disponibilità gli oneri assunti e i propositi formulati davanti all’altare, protesi ogni giorno, attraverso la preghiera e l’impegno operoso, a divenire testimoni e cooperatori della fecondità della Chiesa, in segno e partecipazione di quell’amore con il quale Cristo diede la vita per essa.

In questo itinerario vi accompagni la mia Benedizione.

 

© Copyright 1986 - Libreria Editrice Vaticana

MARIOCAPALBO
00giovedì 4 aprile 2013 17:38
Lo «status» dell'uomo decaduto

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 8 ottobre 1986

 

1. La professione di fede, pronunciata da Paolo VI nel 1968, a conclusione dell’“Anno della Fede”, ripropone compiutamente l’insegnamento della Sacra Scrittura e della santa tradizione sul peccato originale. Riascoltiamola.

“Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato; il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata dalla grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, “non per imitazione, ma per propagazione”, e che esso pertanto è “proprio a ciascuno”. “Noi crediamo che nostro Signore Gesù Cristo mediante il sacrificio della croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che - secondo la parola dell’Apostolo - “Là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”.

2. In seguito la professione di fede, detta anche “Credo del popolo di Dio”, si rifà, analogamente al decreto del Concilio di Trento, al santo Battesimo, e prima di tutto a quello dei neonati: “affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano "dall’acqua e dallo Spirito Santo" alla vita divina in Gesù Cristo”.

Come si vede, anche questo testo di Paolo VI conferma che tutta la dottrina rivelata sul peccato e in particolare sul peccato originale è sempre in stretto riferimento al mistero della redenzione. Così cerchiamo di presentarla anche in queste catechesi. Diversamente non sarebbe possibile comprendere appieno la realtà del peccato nella storia dell’uomo. Lo mette in evidenza san Paolo specialmente nella Lettera ai Romani, alla quale soprattutto si richiama il Concilio di Trento nel decreto sul peccato originale.

Paolo VI, nel “Credo del popolo di Dio”, ha riproposto nella luce di Cristo redentore tutti gli elementi della dottrina sul peccato originale, contenuti nel decreto tridentino.

3. A proposito del peccato dei progenitori il “Credo del popolo di Dio” parla della “natura umana decaduta”. Per capir bene il significato di questa espressione è opportuno ritornare alla descrizione della caduta delineata dalla Genesi. In essa è contenuto anche il castigo di Dio ad Adamo ed Eva, sempre nella presentazione antropomorfica degli interventi divini fatta dal Libro della Genesi. Secondo la narrazione biblica, dopo il peccato il Signore dice alla donna: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso il tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà” (Gen 3, 16).

“All’uomo (Dio) disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!»” (Gen 3, 17-19).

4. Queste parole forti e severe si riferiscono alla situazione dell’uomo nel mondo quale risulta dalla storia. L’autore biblico non esita ad attribuire a Dio come una sentenza di condanna. Essa implica la “maledizione del suolo”: la creazione visibile è diventata per l’uomo estranea e ribelle.

San Paolo parlerà di “sottomissione della creazione alla caducità” a causa del peccato dell’uomo, per il quale anche “tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” finché verrà “liberata dalla schiavitù della corruzione” (Rm 8, 19-22). Questo squilibrio del creato ha il suo influsso sulle sorti dell’uomo nel mondo visibile. Il lavoro, mediante il quale l’uomo conquista per sé i mezzi di sostentamento, viene eseguito “con il sudore del volto”, dunque è unito alla fatica. Tutta l’esistenza dell’uomo è caratterizzata dalla fatica e dalla sofferenza e ciò inizia già con la nascita, accompagnata dai dolori della partoriente e, sia pure inconsapevoli, dello stesso bambino, che a sua volta geme e vagisce.

5. E infine, tutta l’esistenza dell’uomo sulla terra è soggetta alla paura della morte, la quale secondo la rivelazione è chiaramente connessa col peccato originale. Il peccato stesso è sinonimo della morte spirituale, poiché mediante il peccato l’uomo ha perso la grazia santificante, fonte della vita soprannaturale. Segno e conseguenza del peccato originale è la morte del corpo, così come da allora essa è sperimentata da tutti gli uomini. L’uomo è stato creato da Dio per l’immortalità; la morte che appare come un tragico salto nel buio, costituisce la conseguenza del peccato, quasi per una sua logica immanente, ma soprattutto per castigo di Dio. Tale è l’insegnamento della rivelazione e tale è la fede della Chiesa: senza il peccato, la fine della prova terrena non sarebbe stata così drammatica.

L’uomo è stato creato da Dio anche per la felicità, che, nell’ambito dell’esistenza terrena, doveva significare l’essere liberi da molte sofferenze, almeno nel senso di una possibilità di esenzione da esse: “posse non pati”, come anche di esenzione dalla morte, nel senso di “posse non mori”. Come si vede dalle parole attribuite a Dio dalla Genesi (3, 16-19), e da tanti altri testi della Bibbia e della tradizione, col peccato originale questa esenzione cessò di essere il privilegio dell’uomo. La sua vita sulla terra è stata sottoposta a molte sofferenze e alla necessità di morire.

6. Il “Credo del popolo di Dio” insegna che la natura umana dopo il peccato originale non è più “nello stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori”. Essa è “decaduta” (“lapsa”), poiché è priva del dono della grazia santificante, e anche di altri doni, i quali nello stato di giustizia originale costituivano la perfezione (“integritas”) di questa natura. Si tratta non solo dell’immortalità e dell’esenzione da molte sofferenze, doni perduti a causa del peccato, ma anche delle interiori disposizioni della ragione e della volontà, cioè delle energie abituali della ragione e della volontà. Come conseguenza del peccato originale tutto l’uomo, anima e corpo, è stato sconvolto: “secundum animam et corpus”, precisa il Sinodo di Orange, nel 529, a cui fa eco il decreto tridentino annotando che tutto l’uomo è stato deteriorato: “in deterius commutatum fuisse”.

7. Quanto alle facoltà spirituali dell’uomo questo deterioramento consiste nell’offuscamento delle capacità dell’intelletto a conoscere la verità, e nell’affievolimento della libera volontà, che si è indebolita dinanzi alle attrattive dei beni sensibili ed è maggiormente esposta alle false immagini del bene elaborate dalla ragione sotto l’influsso delle passioni. Ma secondo l’insegnamento della Chiesa, si tratta di un deterioramento relativo, non assoluto, non intrinseco alle facoltà umane. L’uomo dunque, anche dopo il peccato originale, può conoscere con l’intelletto le fondamentali verità naturali, anche religiose, e i principi morali. Può anche compiere buone opere. Si deve quindi parlare piuttosto di un oscuramento dell’intelletto e di un indebolimento della volontà, di “ferite” delle facoltà spirituali come di quelle sensitive, e non di una perdita delle loro capacità essenziali anche per rapporto alla conoscenza e all’amore di Dio.

Il decreto tridentino sottolinea questa verità della fondamentale sanità della natura contro la tesi contraria, sostenuta da Lutero (e ripresa più tardi dai Giansenisti). Esso insegna che l’uomo in conseguenza del peccato di Adamo non ha perso la libera volontà (can. 5: liberum arbitrium,.. non amissum et extinctum). Egli può dunque compiere atti che possiedono un autentico valore morale: buono e cattivo. Ciò è possibile solo per la libertà della volontà umana. L’uomo decaduto, tuttavia, senza l’aiuto di Cristo non è capace di orientarsi verso i beni soprannaturali, che costituiscono la sua piena realizzazione e la sua salvezza.

8. Nella condizione in cui è venuta a trovarsi la natura dopo il peccato, e specialmente per l’inclinazione dell’uomo più verso il male che verso il bene, si parla di “fomite del peccato” (“fomes peccati”), dal quale la natura umana era libera nello stato di perfezione originale (“integritas”). Questo “fomite del peccato” viene chiamato dal Concilio di Trento anche “concupiscenza” (“concupiscentia”) aggiungendo che essa perdura anche nell’uomo giustificato da Cristo, dunque anche dopo il santo battesimo. Il decreto tridentino precisa chiaramente che la “concupiscenza” in se stessa non è ancora peccato, ma: “ex peccato est et ad peccatum inclinat” (DS 1515). La concupiscenza, come conseguenza del peccato originale, è fonte di inclinazione ai vari peccati personali compiuti dagli uomini col cattivo uso delle loro facoltà (quelli che si chiamano peccati attuali, per distinguerli da quello originale). Tale inclinazione rimane nell’uomo anche dopo il santo battesimo. In questo senso ognuno porta in sé il “fomite” del peccato.

9. La dottrina cattolica precisa e caratterizza lo stato della natura umana decaduta (“natura lapsa”) nei termini che abbiamo esposto in base ai dati della Sacra Scrittura e della Tradizione. Essa è chiaramente proposta nel Concilio Tridentino e nel “Credo” di Paolo VI. Ma ancora una volta osserviamo che secondo questa dottrina, fondata sulla rivelazione, la natura umana è non solo “decaduta”, ma anche “redenta” in Gesù Cristo; sicché “laddove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5, 20). Questo è il vero contesto entro il quale si devono considerare il peccato originale e le sue conseguenze.


Ai pellegrini francesi

Chers Frères et Sœurs,

Je salue tous les pèlerins français qui son ici et je leur dis ma joie d’avoir pu me rendre dans leur pays pour une troisième visite pastorale. J’exprime à nouveau ma gratitude à l’Episcopat, aux Autorités civiles, et à tous les organisateurs qui m’ont préparé un merveilleux accueil. Et surtout je rends grâce à Dieu pour ce pèlerinage dans une région où ont vécu tant de saints et de saintes, pour ces quatre jours de rencontres avec de nombreux évêques, prêtres, diacres, séminaristes, religieux et religieuses, et tout le peuple chrétien, les adultes comme les jeunes, qui ont donné de beaux témoignages de leur foi, restée profondément ancrée dans les âmes.

Je souhaite également la bienvenue aux pèlerins venus d’autres pays de langue française, et à tous ici présents je donne de grand cœur ma Bénédiction Apostolique.

Ai numerosi fedeli di espressione inglese  

Dear Brothers and Sisters,

Present at today’s audience are the new students of the Venerable English College and the Pontifical Irish College. I wish to welcome you to Rome and I trust that these years of prayer and study near the tombs of the Apostles Peter and Paul will deepen your love for Christ and prepare you well to serve the Church with ever greater faith and zeal.

I am happy to greet the Filipino pilgrims from the Archdiocese of Manila. My welcome also goes to the visitors from Scandinavia, especially the Catholic pilgrims from Norway.

And to all the English-speaking pilgrims and visitors from England, Ireland, Denmark, Norway, Sweden, India, the Philippines, and the United States. I offer my cordial greetings and I willingly impart my Apostolic Blessing.

Ai pellegrini di lingua tedesca  

Liebe Brüder und Schwestern!

Mit diesem zuversichtlichen Ausklang der heutigen Katechese nach dem glücklichen Verlauf meiner soeben beendeten Frankreichreise grüße ich noch einmal die, deutschsprachigen Besucher dieser Audienz. In besonderer Verbundenheit wende ich mich den anwesenden Geistlichen zu, darunter eine Gruppe von Priestern aus der Diözese Hildesheim, dann auch die Diakone aus dem Kollegium Germanicum-Hungaricum, die übermorgen die heilige Priesterweihe empfangen dürfen: Euch gilt zusammen mit euren Verwandten und Freunden mein herzlicher Glückwunsch und meine Anerkennung für euer freies und bewußtes Ja zur engeren Nachfolge unserer Herrn Jesus Christus, des Guten Hirten.

In der Liebe Christi grüße ich eine Gruppe von Dekanen mit ihren Angehörigen aus der Evangelischen Kirche von KurhessenWaldeck und wünsche ihnen einen gesegneten Aufenthalt in der Stadt der Apostel Petrus und Paulus.

Einen besonderen Gruß richte ich auch an die Ordenseleute, unter ihnen eine Gruppe von polnischen Schwestern im Dienst in der Bundesrepublik Deutschland.

Ein herzliches Willkommen auch der Gruppe behinderter Mitmenschen aus der Ostschweiz, die uns allen durch ihre Pilgerfahrt zeigen, wieviel geistige Zuversicht und praktische Tatkraft gerade auch aus einem erschwerten Leben erwachsen können.

Mit Dank haben wir auch die Darbietungen einiger Chöre vernommen; ihnen und allen anwesenden Sängern schenke Gott weiterhin viel gemeinsame Freude an Musik und Gesang.

Mit der Bitte um euer Gebet auch für meinen Dienst segne ich euch alle von Herzen und wünsche euch eine gute Heimkehr.

Ai pellegrini di lingua spagnola  

Amados hermanos y hermanas,

A mi regreso de mi visita apostólica a Francia me es grato saludar cordialmente a todos los peregrinos y visitantes de lengua española presentes en la Audiencia de hoy.

* * *

En particular, saludo a la peregrinación de la parroquia de Roda de Ter (Diócesis de Vich), así como al “grupo Franciscano” junto con los demás peregrinos provenientes de las Diócesis de Bilbao, San Sebastián y Vitoria.

A todas las personas, familias y grupos procedentes de los diversos Países de América Latina y de España imparto con afecto la Bendición Apostólica.

Ai gruppi di lingua portoghese

Caríssimos Irmãos e Irmãs de língua portuguesa,

Ao saudar, cordialmente, todos os presentes de língua portuguesa, com votos de felicidades e pæ em Cristo, dirijo uma palavra espetal ao numeroso grupo português, vindo pelo navio “Funchal”. Que suas vidas sejam iluminadas continuamente pelo Amor infinito de Deus que nos amou e salvou, com a intercessão da Virgem de Fátima.

* * *

A os brasileiros vindos de São Paulo, do Rio de Janeiro e de outros Estados, recordo a festa de Nossa Senhora Aparecida, Padroeira do Brasil, no próximo dia 12 de Outubro: que Ela continue a proteger o Brasil, os Senhores e todos os seus familiares.

Ai pellegrini polacchi

Serdecznie witam wszystkich pielgrzymów z Polski: ksidza kardynała Metropolitę Krakowskiego; księdza biskupa Kraszewskiego z Warszawy oraz grupy pielgrzymów: z parafii Archanioła Michała z Mszany Dolnej; z parafii Opatrzności Bożej z Bielska Białej; z parafii św. Klemensa z Warszawy, ojcowie redemptoryści; z kolegiaty łowickiej; pielgrzymkę katedralną z Tarnowa; pielgrzymkę diecezji chełmińskiej; z parafii Matki Bożej Różańcowej z Pabianic; z parafii św. Jadwigi z Poznania; siostry franciszkanki szpitalne z Ołdrzychowic Kłodzkich; Klub Inteligencji Katolickiej z Jeleniej Góry; grupę oblatów św.. Józefa; pielgrzymkę zorganizowaną przez oddział warszawski Polskiego Związku Katolicko-Społecznego; farmaceutów z Lublina; nauczycieli z Wrocławia - LogosTour; pielgrzymów z parafii św. Franciszka z Asyżu w Warszawie - Okęciu; wreszcie uczestników grup turystycznych “Amicizia”, PTTK, Turysta, Gromada, kolejarzy (ostatni z Wrocławia). . . . Wszystkim obecnym tutaj rodakom pragnę wyrazić wdzięczność za wasze modlitswy w czasie mojej ostatniej podróży duszpasterskiej do Francji i polecić się nadal tym modlitwom. Nie zapominajmy, że miesiąc paźdiernik jest miesiącem rozancowym.

Ai pellegrini italiani

Desidero ora porgere il mio saluto ai pellegrini di Imperia-Porto Maurizio, venuti per accogliere un giovane della loro città il quale, navigando da solo a remi lungo le coste, porta oggi in questa piazza un ramo d’olivo della terra di Liguria, come segno di augurio e di pace. Ringrazio per questo significativo gesto ed invito tutti voi ad innalzare a Dio fervide preghiere per la pace nel nostro mondo e per il buon esito dell’incontro di preghiera ad Assisi il 27 di questo mese.

Rivolgo, poi, una parola di augurio ai sacerdoti novelli dell’istituto Oblati di San Giuseppe, presenti a questa Udienza con i loro congiunti.

Il mio pensiero va infine al gruppo dei fedeli della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo in Lissone. Accenderò volentieri la fiaccola che essi hanno portato qui per iniziare da Roma una loro marcia della fede.

A tutti il mio cordiale saluto e la mia Benedizione.  

Ai giovani  

Sono lieto di salutare con affetto voi, giovani, che siete festosamente presenti a questa Udienza. Saluto in particolare gli studenti universitari convenuti a Roma per conto dell’organizzazione internazionale “Unione Latina”.

Carissimi, chiamati ad essere amici di Cristo, a lui aderite per conferire saldezza e bellezza alla vostra vita, la quale solo quando è fermamente poggiata su Lui, ch’è pietra angolare, può crescere nella carità. Questa preziosa virtù è lo strumento migliore per aprirsi alla vita, che tanto più sarà matura, quanto più saprà donarsi e servire.

La Beata Vergine Maria interceda dal Signore, per ciascuno e ciascuna di voi, quei doni spirituali, che dilatano la misura del cuore, e possiate così imitare la pietà e la dedizione. Con la mia Benedizione Apostolica.  

Agli ammalati  

Rivolgo, ora, il saluto a voi, cari ammalati, cui la sofferenza toglie valore, anzi conferisce una particolare dignità: quella di partecipare in modo profondo alla carità redentiva di Cristo. Egli, il Servo sofferente, non solo ha mostrato che il dolore è una vocazione, difficile ed alta, all’amore oblativo, ma realizza l’uomo e genera solidali rapporti di comunione.

Mentre auspico che la Madonna con la sua materna sollecitudine vi faccia sperimentare il soccorso della misericordia divina, imparto di cuore la mia Benedizione a voi, ai vostri familiari ed a quanti vi assistono.  

Agli sposi novelli

Il mio saluto, insieme col mio augurio, va a voi, sposi novelli, sui quali con la recente celebrazione del sacramento del matrimonio è sceso l’amore vitale di Cristo. Consacrati a Dio in modo particolare, siete entrati in una unione speciale con Gesù e con la sua vita di grazia. Custodite questo dono nella purezza del vostro amore da lui santificato, vivrete così un’esistenza familiare serena, godendo del bene prezioso della sua pace. Vi accompagno con la mia affettuosa Benedizione Apostolica.

 

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MARIOCAPALBO
00giovedì 4 aprile 2013 17:39
Il peccato, rottura dell'alleanza con Dio
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 29 ottobre 1986

 

1. Nelle catechesi del presente ciclo teniamo continuamente davanti agli occhi la verità sul peccato originale, e nello stesso tempo cerchiamo di guardare la realtà del peccato nella dimensione globale della storia dell’uomo. L’esperienza storica conferma a suo modo ciò che è espresso dalla rivelazione: nella vita dell’uomo il peccato è costantemente presente, costantemente attuale. Dal lato dell’umana conoscenza esso è presente come il male morale, di cui in modo più diretto si occupa l’etica (filosofia morale). Ma a modo loro se ne occupano anche altri rami della scienza antropologica di carattere più descrittivo, come la psicologia e la sociologia. Una cosa è certa: il male morale (così come il bene) appartiene all’esperienza umana, e da qui partono per studiarlo tutte quelle discipline che intendono accedervi come ad oggetto dell’esperienza.

2. Al tempo stesso però bisogna constatare che, al di fuori della rivelazione, non siamo in grado di percepire pienamente né di esprimere adeguatamente l’essenza stessa del peccato (ossia del male morale come peccato). Solo sullo sfondo del rapporto instaurato con Dio mediante la fede diventa comprensibile la realtà totale del peccato. Alla luce di tale rapporto cerchiamo dunque di sviluppare e di approfondire questa comprensione.

Se si tratta della rivelazione e prima di tutto della Sacra Scrittura, non si può presentare la verità sul peccato in essa contenuta, se non tornando all’“inizio” stesso. In un certo senso anche il peccato “attuale”, appartenente alla vita di ogni uomo, diventa pienamente comprensibile in riferimento a quell’“inizio”, a quel peccato del primo uomo. E non solo perché quello che il Concilio di Trento chiama “fonte del peccato” (“fomes peccati”), conseguenza del peccato originale, è nell’uomo la base e la fonte dei peccati personali. Ma anche perché quel “primo peccato” dei progenitori rimane in una certa misura il “modello” di ogni peccato commesso dall’uomo personalmente. Il “primo peccato” era in se stesso anche un peccato personale: perciò i singoli elementi della sua “struttura” si ritrovano in qualche modo in ogni altro peccato dell’uomo.

3. Il Concilio Vaticano II ricorda: “Costituito da Dio in uno stato di santità, l’uomo però, tentato dal maligno . . . abusò della libertà sua, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di Dio” (Gaudium et Spes, 13). Con queste parole il Concilio tratta del peccato dei progenitori commesso nello stato di giustizia originale. Ma anche in ogni peccato commesso da qualsiasi altro uomo lungo la storia, nello stato di fragilità morale ereditaria, si riflettono quegli stessi elementi essenziali. In ogni peccato infatti, inteso come atto personale dell’uomo, è contenuto un particolare “abuso della libertà”, cioè un cattivo uso della libertà, della libera volontà. L’uomo, come essere creato, abusa della libertà della sua volontà quando l’adopera contro la volontà del proprio Creatore, quando nel suo comportamento “si erige contro Dio”, quando cerca “di conseguire il suo fine al di fuori di Dio”.

4. In ogni peccato dell’uomo si ripetono gli elementi essenziali, che sin dall’inizio costituiscono il male morale del peccato alla luce della verità rivelata su Dio e sull’uomo. Si presentano in un grado di intensità diverso da quello del primo peccato, commesso nello stato di giustizia originale. I peccati personali, commessi dopo il peccato originale, sono condizionati dallo stato di inclinazione ereditaria al male (“fomite del peccato”), in un certo senso già al punto stesso di partenza. Tuttavia tale situazione di debolezza ereditaria non cancella la libertà dell’uomo, e perciò in ogni peccato attuale (personale) è contenuto un vero abuso della libertà contro la volontà di Dio. Il grado di questo abuso, come si sa, può variare, e di qui dipende anche il diverso grado di colpa di colui che pecca. In questo senso bisogna applicare una diversa misura per i peccati attuali, quando si tratta di valutare il grado del male in essi contenuto. Di qui anche proviene la differenza tra peccato “grave” e peccato “veniale”. Se il peccato grave è contemporaneamente “mortale”, è perché causa la perdita della grazia santificante in colui che lo commette.

5. San Paolo, parlando del peccato di Adamo, lo descrive come “disobbedienza” (cf. Rm 5, 19): quanto affermato dall’Apostolo vale anche di ogni peccato “attuale” che l’uomo commette. L’uomo pecca trasgredendo il comandamento di Dio, dunque è “disobbediente” verso Dio come Legislatore supremo. Questa disobbedienza, alla luce della rivelazione, è al tempo stesso rottura dell’alleanza con Dio. Dio, quale lo conosciamo dalla rivelazione, è infatti il Dio dell’alleanza e proprio come Dio dell’alleanza è Legislatore. Inserisce infatti la sua legge nel contesto dell’alleanza con l’uomo, rendendola condizione fondamentale dell’alleanza stessa.

6. Così già era in quell’alleanza originale, che, come leggiamo nella Genesi, fu violata “all’inizio”. Ma ciò appare ancora più chiaro nel rapporto del Signore Dio verso Israele ai tempi di Mosè. L’alleanza stretta col popolo eletto sotto il monte Sinai (cf. Es 24, 3-8), ha in sé come sua parte costitutiva i Comandamenti: il Decalogo (cf. Es 20; Dt 5). Essi costituiscono i principi fondamentali e inalienabili di comportamento di ogni uomo nei riguardi di Dio e nei riguardi delle creature, prima fra queste l’uomo.

7. Secondo l’insegnamento contenuto nella Lettera di san Paolo ai Romani, tali principi fondamentali e inalienabili di condotta, rivelati nel contesto dell’alleanza del Sinai, in realtà sono “scritti nel cuore” di ogni uomo, anche indipendentemente dalla rivelazione fatta a Israele. Scrive infatti l’Apostolo: “Quando i pagani, che non hanno legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono” (Rm 2, 14-15).

Dunque l’ordine morale, convalidato da Dio con la rivelazione della legge nell’ambito dell’alleanza, ha già consistenza nella legge “scritta nei cuori”, anche al di fuori dei confini segnati dalla legge mosaica e dalla rivelazione: si può dire che è inscritto nella stessa natura razionale dell’uomo, come spiega in modo eccellente san Tommaso quando parla della “lex naturae” (Summa Theol., I-II, q. 91, a. 2; q. 94, aa. 5-6). L’adempimento di questa legge determina il valore morale degli atti dell’uomo, fa sì che essi siano buoni. Invece la trasgressione della legge “scritta nei cuori”, cioè nella stessa natura razionale dell’uomo, fa sì che gli atti umani siano cattivi. Sono cattivi perché si oppongono all’ordine oggettivo della natura umana e del mondo, dietro il quale sta Dio, suo Creatore. Perciò anche in questo stato di coscienza morale illuminato dai principi della legge naturale, un atto moralmente cattivo è peccato.

8. Alla luce della legge rivelata il carattere del peccato viene messo ancora maggiormente in risalto. L’uomo possiede allora una maggiore consapevolezza di trasgredire una legge esplicitamente e positivamente stabilita da Dio. Ha dunque anche la consapevolezza di opporsi alla volontà di Dio, e, in questo senso, di “disobbedire”. Non si tratta solo della disobbedienza verso un principio astratto di comportamento, ma verso il principio nel quale prende forma l’autorità “personale” di Dio: verso un principio nel quale si esprimono la sua sapienza e la sua Provvidenza. Tutta la legge morale è dettata da Dio a motivo della sua sollecitudine per il vero bene della creazione, e in particolare per il bene dell’uomo. Proprio questo bene è stato inscritto da Dio nell’alleanza, da lui stretta con l’uomo: sia nella prima alleanza con Adamo, sia nell’alleanza del Sinai, per il tramite di Mosè e, da ultimo, in quella definitiva, rivelata in Cristo e stretta nel sangue della sua redenzione (cf. Mc 14, 24; Mt 26, 28; 1 Cor 11, 25; Lc 22, 20).

9. Visto su questo sfondo, il peccato come “disobbedienza” alla legge si manifesta meglio nel suo carattere di “disobbedienza” verso Dio personale: verso Dio come Legislatore, il quale è nello stesso tempo Padre che ama. Questo messaggio, già espresso profondamente nell’Antico Testamento (cf. Os 11, 1-7), troverà la sua enunciazione più piena nella parabola del figlio prodigo (cf. Lc 15, 18-21). In ogni caso la disobbedienza a Dio, cioè l’opposizione alla sua volontà creatrice e salvifica, includente il desiderio dell’uomo “di conseguire il suo fine al di fuori di Dio”, è un “abuso della libertà” (Gaudium et Spes, 13).

10. Quando Gesù Cristo, il giorno prima della sua passione, parla del “peccato” di cui lo Spirito Santo deve “convincere il mondo”, spiega l’assenza di questo peccato con le parole: “Perché non credono in me” (Gv 16,9). Quel “non credere” a Dio è in un certo senso la prima fondamentale forma del peccato, che l’uomo commette contro il Dio dell’alleanza. Questa forma di peccato si era già manifestata nel peccato originale, di cui si parla in Gen 3. Ad essa si riferiva, per escluderla, anche la legge data nell’alleanza del Sinai: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me” (Es 20, 2-3). Ad essa si riferiscono anche le parole di Gesù nel cenacolo e tutto il Vangelo e il Nuovo Testamento.

11. Questa incredulità, questa mancanza di fiducia in Dio che si è rivelato come Creatore, Padre e Salvatore, indicano che, peccando, l’uomo non solo trasgredisce il comandamento (la legge), ma realmente si “erige contro” Dio stesso, “bramando di conseguire il suo fine al di fuori di Dio”. In questo modo alla radice di ogni peccato attuale possiamo trovare il riflesso, forse lontano ma non meno reale, di quelle parole che sono alla base del primo peccato: le parole del tentatore, che presentavano la disobbedienza verso Dio come via per essere come Dio; e per conoscere, come Dio, “il bene e il male”.

Ma come abbiamo detto, anche nel peccato attuale, quando si tratta di peccato grave (mortale), l’uomo sceglie se stesso contro Dio, sceglie la creazione contro il Creatore, respinge l’amore del Padre così come il figlio prodigo nella prima fase della sua folle avventura. In una certa misura ogni peccato dell’uomo esprime quel “mysterium iniquitatis” (2 Ts 2, 7), che sant’Agostino ha racchiuso nelle parole: “amor sui usque ad contemptum Dei”: l’amore di sé fino al disprezzo di Dio (“De Civitate Dei”, XIV, 28: PL 41, 436).


Ai pellegrini provenienti dalla Francia

Chers Frères et Soeurs,

Je vous salue avec joie, pèlerins de langue française, venus notamment de France, de Monaco et du Canada, et, a quelques jours de la solennité de la Toussaint, je vous souhaite de bien célébrer la multitude des élus qui nous encouragent sur le chemin de notre destinée céleste, tout en priant pour les défunts qui ont besoin de la miséricorde de Dieu. Avec ma cordiale Bénédiction Apostolique. 

Ai fedeli di espressione linguistica inglese

Dear Brothers and Sisters,

I wish to offer a special welcome to the groups of men and women Religious present at this audience, in particular the Superior General and members of the General Chapter of the Sisters of Notre Dame and the Christian Brothers taking part in an international renewal programme in Rome. May your lives of dedication to the Lord always serve to bear witness to the reality of God’s love for his people.

And upon all the English-speaking pilgrims and visitors, especially from England, Denmark, Norway, Sweden, Hong Kong, Korea and the United States I invoke God’s choicest blessings of grace and peace in our Lord and Saviour Jesus Christ.

Ad un gruppo di giapponesi  

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini della diocesi di Urawa e membri del gruppo del Tempio Kozanji di Kyoto.

Preghiamo tutti affinché il nostro comune desiderio giunga fino al Cielo e affinché si stabilisca la pace nel mondo.

Con questo augurio vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!  

Ai pellegrini provenienti da Paesi di espressione tedesca  

Liebe Brüder und Schwestern!

Mit dieser kurzen Betrachtung grüße ich von Herzen alle heutigen deutschsprachigen Audienzteilnehmer. Ich freue mich über eure so große Zahl und danke euch für die dadurch bekundete gläubige Verbundenheit mit dem Nachfolger Petri. Besonders grübe ich die großen Diözesanpilgerzüge mit den sie begleitenden Bischöfen: aus der Erzdiözese Paderborn und aus den Diözesen Essen und Münster, der Region Coesfeld; ferner die Pilgergruppen der Pfarreien St. Dionysius in Havixbeck, St. Elisabeth in Essen-Fronhausen und Heilige Drei Könige in Neuß anläßlich ihrer Pfarrjubiläen. Mein froher Gruß gilt weiter den zahlreichen Jugendlichen sowie den vielen anwesenden Kirchenchören und Musikgruppen, denen ich für ihre musikalischen Darbietungen bestens danke. Ebenso heiße ich aufrichtig willkommen die Gruppe von der Evangelischen Wirche in Westfalen.

* * *

Besonders Herlich grüße ich die große Pilgergruppe der Gemeinschaften der Heimatvertriebenen in der Bundesrepublik Deutschland mit ihren Apostolischen und Kanonischen Visitatoren, die zum ersten Mal eine gemeinsame Pilgerfahrt in die Ewige Stadt unternehmen.

Wie ich bei der Eucharistiefeier in Osnabrück im November 1980 gesagt hahe, haben ”harte Zeiten . . . bittere Wunden geschlagen; aber der Herr hat auch geheilt und geholfen“. Der Herr konnte das tun, weil ihr selbst ihm die Treue gehalten habt und euch von ihm habt führen lassen. Gerade in der Prüfung eures Lebensschicksals habt ihr die Kirche in einer besonderen Weise als eure tiefere, Gott selber uns als nie versiegende Quelle des Trostes und der Stärkung gegenwärtig und nahe ist. Möge euch auch diese gemeinsame Pilgerfahrt zu den Heiligen Stätten hier im Zentrum der katholischen Christenheit in eurer Treue und Liebe zur Kirche neu bestärken und dazu ermutigen, euch auch in den vielfältigen Anfechtungen des Alltags als wahre Jünger Jesu Christi zu bewähren. Euch allen, den genannten und nicht genannten Gruppen wie auch den Einzelpilgern aus den Ländern deutscher Sprache erteile ich für schöne und geistlich fruchtbare Tage in der Ewigen Stadt und für Gottes bleibenden Schutz und Beistand von Herzen meinen besonderen Apostolischen Segen.

Ai fedeli di lingua spagnola  

Amados hermanos y hermanas,

Deseo ahora presentar mi más cordial saludo de bienvenida a todos los peregrinos de lengua española.

En particular, saludo al grupo de Hermanas Hospitalarias de Jesús Nazareno que hacen en Roma un curso de renovación espiritual. Que vuestra estancia en la Ciudad Eterna acreciente vuestro amor a la Iglesia y el sentido universal de vuestro apostolado.

Asimismo saludo al grupo de Religiosos Franciscanos procedentes de diversas Diócesis de América Latina, a quienes aliento a ser constructores de paz y fraternidad entre los hombres según el espíritu de su Fundador.

A todas las personas, familias y grupos provenientes de España y de los diversos Paises de América Latina imparto con afecto la Bendición Apostólica.

Ad un pellegrinaggio proveniente da diverse diocesi della Polonia  

Witam serdecznie Księży Biskupów: księdza biskupa Rozwadowskiego, księdza biskupa Smoleńskiego oraz wszystkich pielgrzymów z Polski. W szczególności z parafii Najświętszego Serca Pana Jezusa w Bienczycach - Nowa Huta; pielgrzymów z archidiecezji warszawskiej, w szczególnosci prawników z Warszawy; pielgrzymkę katedralną z todzi; współpracowników misyjnych ksieży pallotynów z całej Polski; oraz uczestników grup turystycznych “Amicizia” i “Orbis”. . . . Ponieważ zblizamy się do uroczystości Wszystkich więtych, pragnę wraz z wami zwracać się w tych dniach do świętych waszego narodu, a ponieważ zbliżamy się także do Dnia Zadusznego - pragnę wraz z wami, drodzy Rodacy tu obecni i wszyscy w Ojczyźnie i na świecie, klęknąć na grobach naszych bliskich, naszych rodziców, gdziekolwiek one się znaidują, i wraz z całym Kościołem modlić się o wieczny odpoczynek dla tych naszych zmarłych braci i sióstr.  

Al coro “Synkròtima Vizantinis Musikìs”  

Saluto cordialmente il coro greco “Synkròtima Vizantinis Musikìs” che ha unito il suo canto di lode e di impetrazione alle voci di Oriente e di Occidente, che ad Assisi l’altro ieri si sono elevate a Dio per invocare la pace.

La nobile tradizione musicale, poetica e teologica che questo Coro ha rappresentato ad Assisi, fa parte del grande patrimonio spirituale cristiano. Ringrazio vivamente tutti i suoi componenti e auguro loro di cantare sempre la gloria di Dio con cuore fedele e con animo gioioso.

“Ho Theòs met’ymôn”.

Il Signore sia sempre con voi.  

A diversi gruppi di fedeli italiani  

Il mio pensiero va poi al gruppo del Rotary Club di Napoli Ovest, che celebra il centenario della sua fondazione. Formulo per il sodalizio napoletano un vivo augurio affinché tra i soci siano sempre esaltati quei valori della cultura, del bene sociale e dell’amicizia che stanno alla base del programma del Rotary.

A tutti il mio saluto e la mia Benedizione.  

* * *  

Rivolgo ora un saluto ai partecipanti al Convegno “L’Espressione Latina di Roma” che hanno tenuto in questa Città il loro primo incontro nazionale, sul tema “Quali valori ricerca l’uomo contemporaneo”.

Li incoraggio nel loro impegno di promuovere lo studio della lingua e della civiltà latina, mentre esprimo loro i miei più fervidi auguri.  

Ai giovani  

Un saluto particolare ai giovani qui presenti. Abbiamo ancora tutti viva nell’animo l’eco del grande incontro di preghiera, che la Chiesa ha vissuto ad Assisi insieme con uomini religiosi di tutto il mondo. E sono certo che voi, cari giovai, avete seguito in modo particolare questa nobile iniziativa di pace.

Vogliate anche voi, cari giovani, sentirvi coinvolti in questo vasto movimento spirituale, per dare ad esso il vostro contributo con la chiarezza delle vostre posizioni di credenti e con la disponibilità di uomini amanti della pace. Con la mia Benedizione.  

Agli ammalati  

E ora a voi, cari malati, il mio pensiero pieno di affettuosa stima e di ferventi augurio per la vostra salute. Con voi saluto le persone che vi assistono, incoraggiandole nella loro sollecitudine per voi.

Vi invito ad unire le vostre sofferenze alla grande corrente di preghiera che l’altro giorno si è innalzata ad Assisi da parte di tanti uomini, i quali si sono trovati gli uni accanto agli altri nell’implorare da Dio il dono incommensurabile della pace. Ed io vi segno, cari ammalati, con la mia Benedizione.  

Agli sposi novelli  

Anche voi, sposi novelli, siate i benvenuti a questo incontro! A voi pure desidero ricordare l’importanza della straordinaria Giornata di preghiera che la Chiesa ha vissuto ad Assisi. E vi invito ad unirvi alle intenzioni di quella Giornata, con le vostre fresche energie, piene di vita. La vostra fede cristiana non si lasci abbattere dalle difficoltà. Costruite la pace nel vostro nucleo familiare, e questa pace, come un flusso benefico, riscalderà molti altri cuori! Benedico il vostro amore.

 

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