COME VINCERE LA CARNE Bert Ghezzi Capitolo Settimo

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MARIOCAPALBO
00mercoledì 1 febbraio 2012 10:26

 crescita spirituale

Capitolo settimo

 

 

GESÙ È GRANDE ABBASTANZA?

 

I cristiani tradizionali conoscono diversi tipi di fede.

1. In primo luogo vi è la fede espressa nell'impegno preso da adulti con il Signore: in questo caso le persone esercitano un tipo di fede che le porta ad avere una relazione personale con Gesù Cristo.

- Tale fede produce un contatto con Dio, e attraverso di essa le persone si appropriano degli elementi fondamentali della loro relazione col Signore: battesimo, vita nello Spirito Santo, appartenenza alla Chiesa.

- Questo è il tipo di fede che ci rende cristiani.

2. Secondo: usiamo la parola "fede" anche per intendere l' adesione ad alcune verità del cristianesimo.

- Quando l'intelletto si sottomette ad alcune verità della Scrittura, diciamo di credere alle stesse.

- Quando accettiamo le verità espresse nel Credo Apostolico - la Trinità, l'Incarnazione, la Redenzione, la Chiesa - diciamo di credere.

- Qui si tratta di fede dottrinale, garanzia dell'ortodossia cristiana.

3. Ma i cristiani hanno anche un terzo tipo di fede, una fiducia generale in Dio che possiamo chiamare fede quotidiana.

- Questa fede ci assicura che Dio si prende cura di noi e che provvede a noi. É Lui a sostenere la nostra esistenza, a proteggerci dal male, ad anticipare i nostri bisogni e a conoscere i nostri pensieri. Sono fatti concreti su cui possiamo contare.

- É il tipo di fede che ci serve per vivere.

Tutte queste varietà di fede sono buone ed utili; anzi, essenziali.

Ø Ma sono ben lungi dalla fede necessaria per superare i problemi radicati nella carne. Possiamo possedere tutti e tre questi tipi di fede e tuttavia non essere in grado di superare una difficoltà che persiste nella nostra vita.

Ø Giovanni ad esempio, era un luterano con una buona posizione nella sua chiesa. Sin dal giorno della professione di fede e della confermazione, avvenute da ragazzo, si era conquistato l'ammirazione dell'intera congregazione. Studente universitario eccellente, in chiesa era un giovane leader e insegnava dottrina ai tredicenni. Se ci fosse stato un metodo per misurare i tipi di fede presenti in una persona, le sue quotazioni sarebbero state alte in tutti e tre i tipi di fede descritti sopra.

Ø Quando Giovanni aveva dodici anni, il padre aveva abbandonato la famiglia e di conseguenza negli anni successivi il ragazzo aveva conosciuto tempi davvero difficili. Da adolescente si erano sviluppati in lui svariati problemi emotivi che poi si portò dietro nell'età adulta, ma che riuscì a nascondere agli altri. Doveva sempre affrontare sensi di colpa che gli si erano accumulati dentro fino a raggiungere la dimensione di vere e proprie montagne. Sotto il livello di quei sensi di colpa, avvertiva un odio profondo verso se stesso e sotto la superficie di una elaborata fiducia in sé nutriva spesso il disprezzo. Quando poi nella chiesa esercitava la funzione di leader, si considerava spesso un ipocrita.

Ø Un giorno, parlando dei suoi problemi con un amico di famiglia verso il quale aveva maturato grande fiducia, si sentì dire: "Giovanni, tu pensi che il tuo problema sia tanto grande: sei talmente orgoglioso dei tuoi peccati, da ritenere che neppure Gesù sia abbastanza grande da poterti aiutare." E continuò dicendo che sebbene Giovanni credesse nel Signore, in realtà non si aspettava che Egli facesse qualcosa per i suoi problemi. A dire il vero non credeva che il Signore potesse porvi rimedio.

La Fede che Attende

Giovanni non riusciva a vincere l'odio contro se stesso perché non aveva il giusto tipo di fede.

Ø Per superare i problemi radicati nella carne è necessaria la "fede che attende", che si aspetta cioè dei risultati.

- Questo tipo di fede si aspetta, con convinzione, che il Signore farà tutto il necessario per liberarci da quella difficoltà. É la stessa fede che ebbe David nel combattimento contro Golia: anche nel momento in cui con la cerbottana lanciò la pietra levigata, si aspettò con certezza che essa avrebbe colpito Golia proprio sulla fronte non protetta.

- SAPEVA che Dio avrebbe agito per salvarlo.

Ø Quando gli apostoli esortarono il Signore dicendo: "Aumenta la nostra fede!" Gesù rispose: "Se aveste una fede grande quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi obbedirebbe." (cf. Lc. 17, 5-6). Gesù stava insegnando loro la fede che attende.

Ø L’albero di fico seccato - Una volta, in cammino verso Gerusalemme, Gesù maledì un albero di fico perché non portava frutto, e questo si seccò all'istante. I discepoli gliene chiesero la ragione ed egli rispose: "In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a quest'albero di fico, ma anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà. E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete" (cf. Mt 21, 21-22). La fede che attende comincia ad aspettarsi il cambiamento desiderato dal momento in cui viene espressa la preghiera.

I nostri problemi possono apparire più grandi della montagna di cui ha parlato il Signore – con la promessa che la fede avrebbe potuto gettarla nel mare – e radicati più profondamente del gelso - che la fede potrebbe sradicare dal suolo come se fosse una carota.

Ø Tuttavia, per sperimentare la desiderata liberazione, dobbiamo avere la fiducia piena che Dio interverrà per liberarci.

Ø Ma perché dovremmo avere fiducia? Perché lo stesso Spirito Santo che ha risuscitato Gesù dai morti opera in noi (cf. Rom. 8,11). Forse che il Signore non è abbastanza grande da liberarci dai nostri problemi? O magari pensate che, nella nostra qualità di cristiani – persone cioè che conoscono e amano il Signore – noi non avremo alcuna difficoltà a credere che Gesù abbia il potere di risolvere tutto ciò che dovremo affrontare? In fondo lo abbiamo visto prevalere nel valoroso combattimento contro Satana!

Ø C.S. Lewis nel suo libro "The Great Divorce" (Il Grande Divorzio), descrive come potrebbero essere i confini del cielo. In quella regione una farfalla potrebbe divorare l'inferno intero in un solo boccone, se il Signore lo volesse. E quella è realtà.

- Ovviamente Gesù è abbastanza grande da superare tutti i nostri problemi, e anche le creature fragili che abitano sulle pendici del suo regno possono masticare lo stesso inferno e sputarne gli ossi.

Ø Eppure nella vita cristiana di ogni giorno perdiamo di vista questo fatto. I problemi si erigono fino a raggiungere vette cupe e lo stesso Gesù sembra un nano, mentre ci aggiriamo tra quei giganti.

Quando nella Scrittura leggiamo cose del tipo: "Tutto quello che chiederete nel mio nome, io lo farò" (Gv 14, 13-14), diciamo: "Si, è certamente vero," ma mentalmente aggiungiamo una nota in calce al testo: "fuorché che per me: io sono diverso."

Atteniamoci alla Verità

Quando pensiamo in questo modo siamo ambigui, malattia questa che indebolisce la fede. Giacomo fa la seguente diagnosi della nostra condizione:

"...chiedete con fede, senza dubitare (dal greco 'diakrina'), perché chi dubita somiglia all'onda del mare mossa e agitata dal vento; non pensi di ricevere qualcosa dal Signore l'uomo dall'animo ambiguo, instabile in tutte le sue vie" (cf. Gc. 1, 6-8).

La persona ambigua apre un baratro tra la verità e il proprio problema.

Ø E la verità è che Gesù è più grande dei nostri problemi.

Ø Se la mente è ambigua diciamo: "Si, ci credo, ma non penso di riuscire mai a superare questo problema."

Ø L'abisso sta proprio lì, tra il SI e il MA, e solo la fede che si aspetta un risultato potrà gettare un ponte sullo squarcio. Quando esercitiamo quel tipo di fede, non solo conosciamo la verità, ma ci atteniamo ad essa.

Conoscere la verità non basta - Nella lettera ai Romani Paolo riconosce che essi sanno di non essere più costretti a commettere peccati: hanno partecipato davvero alla morte di Cristo.

Ø Tuttavia egli ricorda loro che non basta conoscere la verità; devono attenersi ad essa: "Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù" (Rm 6,11).

Ø Se conosciamo un fatto ma poi non ci atteniamo ad esso, possiamo contraddirlo con le azioni. Se so di avere dieci milioni ma agisco come se non avessi una lira sul mio conto, posso ritrovarmi presto a morire di fame. Lo stesso vale per la vita di fede.

Se la potenza dello Spirito Santo che scorre nella mia vita ha lo scopo di rafforzarmi e di liberarmi dagli effetti della carne, devo agire secondo la conoscenza che ho della presenza e della potenza di Dio.

Ø Non è necessario che la mia "fede che attende" sia come un ponte maestoso sull'abisso esistente tra la conoscenza della verità e la mia adesione ad essa: basta che sia una piccola chiave, della dimensione di un seme di senapa, per dischiudere i canali della potenza divina che Gesù ha già messo a mia disposizione.

Ø La fede che attende mi porta ad aderire al fatto che Gesù è più grande dei miei problemi, e che libererà tempeste di grazia per vincerli.

I problemi più difficili – Proprio a causa dei nostri problemi, molto spesso manchiamo di esercitare questa fede che attende. Abbiamo provato quasi tutto, con poco o nessun risultato, e lo scoraggiamento per quel problema particolare è diventato disperazione. Questa si è piazzata sicura intorno alla zona del problema, pietrificandosi: non riusciamo a smuoverla ed abbiamo perso ogni speranza di liberarcene.

Ø Riconosciamo che ci è capitato qualcosa del genere quando ci ritroviamo ad ammettere: "Ecco, io sono proprio così. E tutti dovremmo renderci conto di questa realtà." (Qui qualcuno potrebbe giustamente obiettare: "Che intendi dire con 'Tutti dovremmo?' Può anche darsi che 'tu', amico, abbia deciso di vivere accettando quel problema, ma questo non significa che debba farlo anch'io.")

Ø Se decidiamo di fare l'inventario della nostra vita, può darsi che vi troviamo uno o due problemi che resistono al cambiamento, per quanta fede possiamo avervi esercitata.

- Sono campi in cui dovremo lottare per avere la fede che ci porterà a sperimentare la correzione e il cambiamento.

Ø Nel libro di Tolkien, "The Lord of the Rings" (Il Signore degli Anelli), Gandalf affronta una creatura possente e cattiva, un Balrog, sul ponte di Khazad Dum. Il mago dichiara al Balrog la verità che, in virtù dell'autorità data a Gandalf, non può passare. Gandalf distrugge il ponte, gettando la bestia fiammeggiante nell'abisso, ma con un colpo di coda il Balrog trascina con sé il mago. Gandalf è serrato in conflitto con questa bestia feroce in fondo alle cavità della terra: sopporta il calore incandescente del fuoco e per mezzo di una scala infinita viene trascinato su fino alla cima di una montagna, dove infine riesce a conquistare questo servo del nemico. Ma ha dovuto combattere per la fede. Era un amministratore degli affari del Middle Earth (paese mitologico), con l'incarico di difenderlo dalla tempesta che si stava per scatenare. Eppure l'oscurità lo aveva raggiunto per impossessarsi di lui. Egli continuò a combattere anche in quella situazione finché, all'ultimo momento, un'aquila lo liberò dalla morte.

I cristiani che affrontano problemi difficili dovrebbero imitare questo esempio di "lotta." La tenacia o perseveranza, è compagna abituale della fede che attende. Nulla dovrebbe intimidirci, che si tratti di tentazione o di fuoco, di tenebre o di altezze.

Ø Se siamo tentati ad arrenderci, dobbiamo lottare per attenerci alla fede.

Ø E se Gandalf pare troppo lontano dalla realtà, prendete a modello lo stesso Signore: Egli si aspettava che il Padre gli rendesse la vita.

Ø Gesù ha raggiunto la gloria della risurrezione solo combattendo attraverso la crocifissione e la morte. Ha dovuto lottare per la fede, anche se conosceva il piano del Padre.

Ø Potreste cercare di sminuire questo fatto affermando che Gesù era Dio, ma egli era anche uomo, proprio come noi, con le sue debolezze, le paure, i dubbi... (Eb 4, 14-15; 5, 7-8). Di fronte alla morte, l'uomo Gesù ha lottato per la fede; ed ha vinto quella battaglia nell'Orto degli Ulivi, alla vigilia della morte.

La sua vittoria rende più facile la nostra battaglia, e ci assicura la vittoria.

Combattere per la fede : è usare la forza di volontà?

Contrariamente a quando potrebbe sembrare a prima vista, combattere per la fede non significa ricadere nel vecchio tipo di cristianesimo basato sulla forza di volontà.

Ø Per sua stessa definizione, quel tipo di cristianesimo esclude la fede:

Ø esso infatti non opera per mezzo della fede, ma sulla base della fiducia in se stessi.

Ø L'alternativa consiste nel combattere per avere la fede necessaria a rinunciare sia al problema che ci assilla che a fare un ultimo tentativo per risolverlo da soli.

La lotta per ottenere la fede necessaria ci manterrà in contatto con la sola potenza in grado di salvarci.

Quindici anni fa Giovanni, il giovane luterano, cominciò a credere che Gesù Cristo era più grande del disprezzo che provava per se stesso.

Ø Essendo riuscito ad aspettarsi che il Signore potesse cambiarlo, ora il suo problema è diventato solo un ricordo, e non si odia più. Caso mai, se ora ha qualche problema in quel campo, è piuttosto una fiducia eccessiva.

La cosa certa è che Gesù è grande abbastanza: ma noi, siamo davvero pronti ad aspettarci che egli ci liberi dai problemi?

A questo punto possiamo aggiungere la quarta tappa della nostra strategia di vittoria sulla carne:

Ø Dobbiamo aspettarci che il Signore ci cambi.

Non basta sapere che Gesù è più grande dei nostri problemi; dobbiamo anche attenerci a quella verità, fino a lottare per aderirvi.

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