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La Divina Misericordia e gli Esercizi Spirituali. Beato Michal Sopocko

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2015 13:24
07/04/2015 13:24

3 giorni prima di Pentecoste

 


La Divina Misericordia e gli Esercizi Spirituali

Dal Diario di Santa Faustina Kowalska

ESERCIZI SPIRITUALI DI TRE GIORNI

Sotto la guida di Gesù Maestro. Egli stesso mi ha ordinato di fare questi esercizi, ed Egli stesso ha stabilito i giorni nei quali farli, cioè tre giorni prima della discesa dello Spirito Santo ed Egli stesso li ha diretti.

Tuttavia chiesi il permesso al confessore per poter fare questi esercizi e l’ottenni. Lo chiesi anche alla Madre Superiora, ed anche da lei ebbi il permesso. Infatti avevo deciso che, se non avessi avuto il permesso dei superiori, gli esercizi non li avrei fatti. Iniziai una novena allo Spirito Santo e rimasi in attesa della risposta della Superiora.

Gli esercizi si dovrebbero iniziare oggi, ma io non conosco affatto quale sia l’opinione della Superiora.

La sera quando andai alla funzione, durante le litanie, vidi Gesù: “Figlia Mia, cominciamo gli esercizi”. Risposi: “Gesù, mio carissimo Maestro, Ti domando tanto scusa, ma non li farò, poiché non so se la M. Superiora me lo permetta o meno”. “Sta tranquilla, figlia Mia, la Superiora te l’ha permesso, lo saprai domattina, ma noi cominceremo gli esercizi questa sera….”.

Ed in realtà la Madre Superiora aveva telefonato la sera alla suora che mi assiste durante la malattia, perché mi dicesse che mi dava il permesso di fare gli esercizi spirituali, ma la suora si era dimenticata di dirmelo. Me lo disse soltanto la mattina del giorno dopo scusandosi molto con me per non avermelo detto il giorno prima. Le risposi: “Stia tranquilla, ho già iniziato gli esercizi secondo il desiderio della Superiora”.

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PRIMO GIORNO 

La sera Gesù mi diede il tema della meditazione. In un primo momento il mio cuore fu preso da timore e da gioia. Allora mi strinsi al Suo Cuore ed il timore scomparve e restò la gioia. Mi sentii totalmente figlia di Dio ed il Signore mi disse: “Non aver paura di nulla, ciò che agli altri è vietato, a te è concesso. Tu ti nutri ogni giorno, come del pane quotidiano, di grazie che alle altre anime non è concesso vedere e neppure da lontano”.

“Figlia Mia, considera che è Colui al quale il tuo cuore è strettamente unito per mezzo dei voti…Prima che creassi il mondo ti ho amato di quell’amore che oggi il tuo cuore sperimenta e per tutti i secoli il Mio amore non cambierà mai”.

Applicazione. Al solo pensiero di Colui che era lo Sposo del mio cuore, la mia anima si è immersa in un raccoglimento più profondo e un ora mi è passata come fosse un minuto. In tale raccoglimento ho conosciuto gli attributi di Dio. Infiammata così interiormente d’amore, sono andata in giardino per un po’ di refrigerio, ma appena ho rivolto lo sguardo verso il cielo, una nuova fiamma d’amore mi ha inondato il cuore. Ad un tratto ho udito queste parole: “Figlia Mia, hai esaurito il tema che ti è stato proposto? In tal caso ti darò un nuovo argomento”. Ho risposto: “O Maestà infinita, non mi basterà l’eternità per conoscerTi…. Tuttavia il mio amore verso di Te è cresciuto moltissimo. In segno di gratitudine depongo il mio cuore ai Tuoi piedi come un bocciolo di rosa; il suo profumo inebri il Tuo Cuore divino ora e nell’eternità…. Che paradiso per un’anima, quando sente di essere tanto amata da Dio!….

“Oggi leggerai il quindicesimo capitolo del Vangelo di

S. Giovanni. Desidero che lo legga molto adagio”.

La Parola di Dio                 

Dal Vangelo di San Giovanni (15,1-27)

La vite e i tralci. – Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete gia mondi, per la parola che vi ho annunziato.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può fare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

L’amore cristiano. – Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.

Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno  ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.

L’odio del mondo. – Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato.

Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro mai ha fatto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. Questo perché si adempisse la parola scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione.

Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.

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Riflessione al Vangelo a cura di Don Dino Bresan

Giovanni 15, 12-17
(Dall'Omelia Del Card. Joseph Ratzinger nella "Missa Pro Eligendo Romano Pontifice", 18 aprile 2005)

Veniamo ora al Vangelo, dalla cui ricchezza vorrei estrarre solo due piccole osservazioni. Il Signore ci rivolge queste meravigliose parole: "Non vi chiamo più servi. Ma vi ho chiamato amici" (Gv15,15). Tante volte sentiamo di essere - come è vero - soltanto servi inutili (cfr.Lc17,10). E, ciò nonostante, il Signore ci chiama amici, ci fa suoi amici, ci dona la sua amicizia. Il Signore definisce l'amicizia in un duplice modo. Non ci sono segreti tra amici: Cristo ci dice tutto quanto ascolta dal Padre; ci dona la sua piena fiducia e, con la fiducia, anche la conoscenza. Ci rivela il suo volto, il suo cuore.

Ci mostra la sua tenerezza per noi, il suo amore 
appassionato che va fino alla follia della croce. Si affida a noi, ci dà il 
potere di parlare con il suo io: "Questo è il mio corpo...", "Io ti 
assolvo...". Affida il suo corpo, la Chiesa, a noi. Affida alle nostre 
deboli menti, alle nostre deboli mani la sua verità - il mistero del Dio 
Padre, Figlio e Spirito Santo; il mistero del Dio che "Ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv3,16). Ci ha reso suoi amici - e noi come rispondiamo? Il secondo elemento, con cui Gesù definisce l'amicizia, è la comunione delle volontà. "Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando"(Gv15,14)
L'amicizia con Cristo coincide con quanto esprime la terza domanda del Padre nostro: "Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra". Nell'ora del Getsemani, Gesù ha trasformato la nostra volontà umana ribelle in volontà conforme ed unita alla volontà divina.

Ha sofferto tutto il dramma della nostra autonomia - e proprio portando la nostra volontà nelle mani di Dio, ci dona la vera libertà: "Non come voglio io, ma come vuoi tu" (Mt21,39).

In questa comunione delle volontà si realizza la nostra redenzione: essere amici di Gesù, diventare amici di Dio. Quanto più amiamo Gesù, quanto più lo conosciamo, tanto più cresce la nostra vera libertà, cresce la gioia di essere redenti.

Grazie Gesù, per la tua amicizia!
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SECONDA  MEDITAZIONE

“Figlia Mia, medita sulla vita divina che è contenuta nella Chiesa per la salvezza e la santificazione della tua anima. Esamina quali frutti ricavi da questi tesori di grazie, da questi sforzi del Mio amore”.

Applicazione. O pietosissimo Gesù, non sempre ho saputo trarre profitto da questi doni inestimabili, poiché non ho badato al dono in sé, ma ho dato troppa importanza al recipiente col quale mi porgevi i Tuoi doni. Mio dolcissimo Maestro, d’ora in poi sarà diversamente, utilizzerò la Tua grazia per quanto ne sarà capace la mia anima. Una fede viva mi sosterrà; sotto qualunque aspetto mi invierai la Tua grazia, l’accetterò direttamente da Te, non badando al recipiente col quale me la invii. Se non sarò sempre in grado di accoglierla con gioia, lo farò sottomettendomi alla Tua santa volontà.

 CONFERENZA SULLA LOTTA SPIRITUALE

Figlia Mia, voglio istruirti sulla lotta spirituale. Non confidare mai in te stessa, ma affidati completamente alla Mia volontà. Nell’abbandono, nelle tenebre e nei dubbi di ogni genere ricorri a Me ed al tuo direttore spirituale, che ti risponderà sempre a Mio nome. Non metterti a discutere con nessuna tentazione, chiuditi subito nel Mio Cuore ed alla prima occasione rivelala al confessore. Metti l’amor proprio all’ultimo posto, in modo che non contamini le tue azioni. Sopporta te stessa con molta pazienza. Non trascurare le mortificazioni interiori. Giustifica sempre dentro di te l’opinione dei superiori e del confessore. Allontanati dai mormoratori come dalla peste. Lascia che gli altri si comportino come vogliono, tu comportati come voglio Io da te.

Osserva la regola nella maniera più fedele. Dopo avere ricevuto un dispiacere, pensa a che cosa potresti fare di buono per la persona che ti ha procurato quella sofferenza. Evita la dissipazione. Taci quando vieni rimproverata. Non domandare il parere di tutti, ma quello del tuo direttore spirituale; con lui sii sincera e semplice come una bambina. Non scoraggiarti per l’ingratitudine. Non indagare con curiosità sulle strade attraverso le quali ti conduco. Quando la noia e lo sconforto bussano al tuo cuore, fuggi da te stessa e nasconditi nel Mio Cuore. Non aver paura della lotta; il solo coraggio spesso spaventa le tentazioni che non osano assalirci. Combatti sempre con la profonda convinzione che Io sono accanto a te. Non lasciarti guidare dal sentimento poiché esso non sempre è in tuo potere, ma tutto il merito sta nella volontà. Sii sempre sottomessa ai superiori anche nelle più piccole cose.

Non t’illudo con la pace e le consolazioni; preparati a grandi battaglie. Sappi che attualmente sei sulla scena dove vieni osservata dalla terra e da tutto il cielo; lotta come un valoroso combattente, in modo che Io possa concederti il premio. Non aver troppa paura, poiché non sei sola”.

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SECONDO GIORNO

“Figlia Mia, oggi medita la Mia dolorosa Passione in tutta la sua enormità; meditala come se essa fosse stata intrapresa esclusivamente per te”

Applicazione. Quando comincia ad immergermi nella Passione divina, scoprii il grande valore dell’anima umana e tutta la malizia del peccato e conobbi quanto io non sappia soffrire. Per acquistare meriti per le sofferenze, unirò strettamente la mia sofferenza alla Passione di Gesù, chiedendo la grazia per le anime agonizzanti, affinché la Misericordia di Dio le abbracci in quel momento decisivo….

SECONDA  MEDITAZIONE

“Figlia Mia, medita sulla regola e sui voti che hai fatto a Me. Tu sai quanto Io li stimo: tutte le grazie che riservo per le anime dei religiosi, sono in relazione alla regola e ai voti”.

Applicazione. O mio Gesù, qui avverto molte mancanze, ma per merito della tua grazia non ricordo una sola infrazione consapevole e volontaria della regola e dei voti religiosi. Continua a custodirmi, o mio buon Gesù, poiché io da sola sono debole.

“Oggi, figlia mia, per lettura prenderai dal Vangelo di S. Giovanni il diciannovesimo capitolo e lo leggerai non solo con le labbra, ma col cuore…..”.

Durante tale lettura la mia anima provò un profondo dolore.

Conobbi tutta l’ingratitudine delle creature verso il loro Creatore e Signore, chiesi che Iddio mi preservasse dall’accecamento dell’intelletto.

 La Parola di Dio                

Dal Vangelo di San Giovanni (19,1-42)

“Ecco l’uomo!”. – Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: “Salve, re dei Giudei!”. E gli davano schiaffi. Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: “Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa”. Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: “Ecco l’uomo!”. Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: “Crocifiggilo, crocifiggilo!”. Disse loro Pilato: “Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa”. Gli risposero i Giudei: “Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio”.

All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: “Di dove sei?”. Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: “Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?”. Rispose Gesù: “Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande”.

Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: “Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare”. Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litostroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno, Pilato disse ai Giudei: “Ecco il vostro re!”. Ma quelli gridarono: “Via, Via, crocifiggilo!”. Disse loro Pilato: “Metterò in croce il vostro re?”. Risposero i sommi sacerdoti: “Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare”. Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Crocifissione di Gesù. – Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Golgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù nel mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”. Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: “Non scrivere: il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei”. Rispose Pilato: “Ciò che ho scritto, ho scritto”.

I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cucitura, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura:

Si son divise tra loro le mie vesti

E sulla mia tunica han gettato la sorte.

E i soldati fecero proprio così.

“Ecco Tua Madre”. – Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.

Morte di Gesù. – Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: “Ho sete”. Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: “Tutto è compiuto!”. E, chinato il capo spirò.

Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all’altro che era stato crocifisso con lui. Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.

Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso, e un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

Gesù nel sepolcro. -  Dopo questi fatti, Giuseppe d’Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù, Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre.

Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Parasceve dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.

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Riflessione al Vangelo di Don Dino Bresan

Giovanni 19,28-37

È la contemplazione delle SORGENTI DELLA VITA, all'epilogo, della missione di Cristo. Egli, venuto per donare la vita e "donarla in abbondanza" (Gv10,10), porta ogni cosa alla sua piena realizzazione. Quello che i segni significavano, ora avvengono definitivamente.

E' dalla croce, che la vita si diffonde come luce, pane da mangiare, gioia da gustare, speranza da vivere.

Non un assurdo, un paradosso; ma vita che è Amore totale. Dono completo, "fino alla fine". E la croce è il momento e il segno con il quale la "vita", finalmente, si manifesta con il suo vero volto: l'AMORE. La vita viene donata all'uomo da Cristo per mezzo di un atto di amore perfetto, appunto il sacrificio della croce.

La croce non ha senso per chi confida nell'efficienza materiale, nei programmi tecnici, nei progetti sociali. Non ha senso per chi non vuole dare spazio alla vita interiore, per chi ritiene che i problemi umani, si possono risolvere scavalcando l'uomo, la sua libertà, il suo cuore. La croce non dice niente, anzi fa ostacolo e crea difficoltà, per chi non sa aprirsi al mistero, per chi non accetta la Sapienza che viene dall'alto, per chi non rispetta i tempi lunghi e pazienti nei quali si dispiega l'azione di Dio, per chi pretende che l'Amore di Dio corrisponda in modo frettoloso, presto e subito, e superficiale ai desideri dell'uomo. La croce fa ostacolo per chi non 
ha il coraggio di distaccarsi da sé stesso per mettersi nelle mani del 
Padre. Essa rimane un puro simbolo muto di dolore per chi non è disposto a vivere la solidarietà con Cristo e con i fratelli.

Il messaggio della croce è l'amore. Ecco il messaggio conclusivo.

Da' lì scaturiscono le "sorgenti della vita".

Stare davanti alla croce. Se noi la contempliamo con amore, la guardiamo con stupore e affetto, essa diventa grande, diventa attraente, diventa addirittura sfida! La croce chiede di verificare se esistono strade diverse dalla sua per risolvere i problemi umani.
Gesù non ha inventato la croce. L'ha trovata anche lui sul proprio cammino, come ogni uomo. La novità che egli ha inventato è stata quella di mettere nella croce un germe di Amore. Così, la croce è diventata ed è la strada che porta alla vita, messaggio di Amore, sorgente di calore che trasforma l'uomo. Questa è la croce di Gesù, sorgente di vita nell'Amore e nella Speranza.

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CONFERENZA SUL SACRIFICIO E SULLA PREGHIERA

“Figlia Mia, voglio insegnarti a salvare le anime col sacrificio e la preghiera. Con la preghiera e la sofferenza salverai più anime di un missionario che si dedichi ad istruire e a predicare. Voglio vedere in te un sacrificio di amore vivo, poiché solo così ha potere di fronte a Me. Devi essere annientata, distrutta, vivere come morta nella tua essenza più profonda. Devi essere distrutta nel più intimo di te stessa, dove l’occhio umano non giunge mai ed allora sarai per Me un sacrificio gradito, un olocausto pieno di dolcezza e di profumo ed il tuo potere per chi intercederai sarà grande. All’esterno il tuo sacrificio deve apparire così: nascosto, silenzioso, imbevuto d’amore, saturo di preghiera. Voglio da te, figlia Mia, che il tuo sacrificio sia puro e pieno d’umiltà, perché possa compiacermene. Non ti lesinerò la Mia grazia, in modo che tu possa adempiere quello che esigo da te. Ora t’insegnerò in che cosa consisterà il sacrificio d’olocausto nella vita di ogni giorno, per preservarti dalle illusioni. Accetterai con amore tutte le sofferenze; non affliggerti se spesso il tuo cuore proverà ripugnanza ed avversione per questo sacrificio. Tutta la potenza di questo sacrificio è racchiusa nella volontà, perciò questi sentimenti contrari non solo sminuiscono ai Miei occhi tale sacrificio, ma lo rendono più grande. Sappi che il tuo corpo e la tua anima saranno spesso nel fuoco. Anche se in alcune ore non Mi sentirai, Io però ti sarò accanto. Non temere, la Mia grazia sarà con te….”.

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TERZO GIORNO

“Figlia Mia, durante questa meditazione rifletti sull’amore del prossimo. È il Mio amore che ti guida nell’amore del prossimo? Preghi per i nemici? Desideri il bene per coloro che in qualsiasi maniera ti hanno rattristata od offesa? Sappi che tutto ciò che fai di buono per qualsiasi anima lo accetto come se lo avessi fatto a Me stesso”.

Applicazione. O Gesù, Amore Mio, Tu sai che solo da poco tempo mi comporto nei confronti del prossimo guidata unicamente dal Tuo amore. Solo Tu conosci gli sforzi che ho fatto in tale direzione. Adesso mi risulta più facile, ma se Tu stesso non avessi acceso nella mia anima il Tuo amore, non sarei riuscita a perseverare. Questo è il frutto dell’amore che ci dimostri nell’Eucaristia che m’infiamma ogni giorno.

SECONDA  MEDITAZIONE

“Ora medita sul Mio amore nel Santissimo Sacramento. Lì sono tutto per te in corpo, anima e divinità, come tuo Sposo. Tu sai quello che esige l’amore, una cosa soltanto: la reciprocità….”.

Applicazione. O mio Gesù, Tu sai che desidero amarTi di un tale amore, quale finora nessun’anima ha avuto per Te. Desidererei che il mondo intero si tramutasse in amore verso di Te, o mio Sposo. Tu mi nutri col latte ed il miele del Tuo Cuore. Fin dai primissimi anni mi hai educata Tu stesso per Te, in modo che ora Ti sapessi amare. Tu sai che Ti amo, poiché Tu solo conosci quanto è grande il sacrificio che Ti offro ogni giorno.

Gesù mi disse: “Figlia Mia, hai qualche difficoltà in questi esercizi spirituali?”. Risposi che non ne avevo.

In questi esercizi la mia mente è come un lampo. Penetro con grande facilità tutti i misteri della fede. O mio Maestro e Guida, di fronte al raggio della Tua luce scompare ogni oscurità dalla mia mente.

“Oggi come lettura spirituale prenderai il santo Vangelo scritto da Giovanni capitolo 21. vivila più col cuore che con la mente”.

La Parola di Dio                 

Dal Vangelo di San Giovanni (21,1-25)

Apparizione sul lago di Tiberiade. – Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: “Io vado a pescare”. Gli dissero: “Veniamo anche noi con te”. Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla.

Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Gli risposero: “No” allora disse loro: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”. Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi la sopravveste, poiché era spogliato, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra e del pane.

Disse loro Gesù: “Portate un po’ del pesce che avete preso or ora”. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatre grossi pesci. È benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: “Venite a mangiare”. E nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, poiché sapevano bene che era il Signore.

Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti.

Il primato di Pietro. – Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Gli disse di nuovo: “Simone di Giovanni mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci le mie pecorelle”. Gli disse per la terza volta: “Simone di Giovanni, mi ami?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi ami?, e gli disse: “Signore , tu sai tutto; tu sai che ti amo”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo. E andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi” Questo gli disse per indicargli con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”.

Avvenire di Giovanni. – Pietro allora voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: “Signore, chi è che ti tradisce?”. Pietro dunque, vedutolo disse a Gesù: “Signore, e lui?”. Gesù gli rispose: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi”. Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma : “Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te?”.

Conclusione. – Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera., vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

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Riflessione al Vangelo di Don Dino Bresan

Giovanni 21, 1-23

È la terza volta che Gesù si manifesta ai suoi, dopo la risurrezione. Egli si ferma sulla riva del lago a cuocere il pesce per loro, e a presentarsi ancora come uno che serve, perché il Risorto è Amore, Spirito vivificante.

Ed è sull'amore che interroga Pietro. Non è un esame, ma solo una triplice affettuosa richiesta, all'uomo che per tre volte l'aveva rinnegato e che ciò nonostante doveva essere la prima pietra della sua Chiesa. Di fronte alla debolezza di Pietro, soggetto ad alti e bassi, come un po' tutti, si erge maestosa e commovente la fedeltà di Gesù all'uomo che aveva scelto. Ma a tutti quel dialogo fra Gesù e Pietro dice anche qualcosa di estremamente consolante: se erriamo, Gesù, una volta ravveduti, non ricorda il nostro sbaglio e vede in noi solo quello splendido disegno per il quale Dio ci ha 
creato. Questa è la misericordia di Dio! Pietro, forgiato dalle umiliazioni della tristissima prova fallita, si abbandona totalmente a Gesù. Come lui, anche noi esaminiamo il nostro cuore, per potergli dire e ripetere spesso: "Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo".
Si respira aria fresca, aria di universalità, di missione nel mondo.

Il terzo incontro di Gesù risorto con il gruppo dei discepoli avviene non più nel Cenacolo di Gerusalemme, a porte chiuse, ma all'aperto, sulle rive del lago di Galilea, in un mattino di primavera.

Il fatto di quella pesca miracolosa post-pasquale e la missione che Gesù affida a Pietro sono narrati con il linguaggio proprio dell'esperienza mistica, con ricca simbologia, e con note di una profonda affettività. In tal modo è possibile cogliere il messaggio nella sua globalità: il ritorno feriale alla pesca, il numero di sette pescatori, il mare, il fatto di pescare, la notte infruttuosa, l'alba, il Signore sulla riva, l'abbondante pesca, il fuoco per la colazione, il banchetto; e poi la missione affidata a Pietro con un sorprendente test sull'amore, la triplice consegna del gregge, l'impegno di una sequela per tutta la vita fino alla morte...

Anche a noi, è venuta la tentazione di fare come Pietro e gli altri 
apostoli, di tornare indietro, di abbandonare l'avventura della fede, i suoi rischi e le sue incertezze e di accontentarci di un'esistenza tranquilla, senza scosse e sussulti. Anche a noi, è accaduto di tornare a casa a mani vuote dopo aver faticato tutta la notte ed è triste aver lavorato invano perché sembra di essere inutili ed incapaci. Ma Gesù ci vieni incontro, come ha fatto con Pietro e gli altri apostoli.

Ci mette davanti alla nostra fame, alle pene e ai fallimenti, ma non lo fa per umiliarci. Ci chiede di tornare al largo, abbandonando le nostre presunzioni, per fidarci unicamente di Lui, per gettare le reti dove vuole Lui. E assistiamo all'imprevisto: una pesca abbondante, un raccolto mai visto prima, un successo del tutto inimmaginabile. Abbiamo bisogno del Risorto, della Sua presenza che fa 
svanire i nostri abbattimenti e le delusioni, della Sua parola che traccia la strada nel bel mezzo dello smarrimento, del Suo pane che sostiene il nostro pellegrinaggio.

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+ Durante la funzione del mese di giugno il Signore mi disse“Figlia Mia, ho posto il Mio compiacimento nel tuo cuore. Quando sono rimasto nel SS.mo Sacramento il Giovedì Santo, hai prevalso molto nella mia mente”. Dopo tali parole il mio amore tentò di esprimerGli che cosa è Lui per me, ma non riuscii trovare le parole e scoppiai a piangere per la mia impotenza. E Gesù disse: “Per te Io sono la Misericordia stessa, perciò ti prego, offrimi la tua miseria e questa tua impotenza: con ciò rallegrerai il Mio Cuore”.

Oggi nella mia anima è penetrata una fiamma talmente viva di amore di Dio che, se fosse durata più a lungo, sarei bruciata in quel fuoco, liberandomi dai lacci della vita terrena.

Ho avuto l’impressione che sarebbe bastato un momentino ancora e sarei sprofondata in un oceano d’amore. Non riesco a descrivere questi strali d’amore che trafiggono la mia anima.

CONFERENZA SULLA MISERICORDIA

“Sappi, figlia Mia, che il Mio Cuore è la Misericordia stessa.

Da questo mare di Misericordia le grazie si riversano sul mondo intero. Nessun’anima che si sia avvicinata a Me, è ripartita senza essere stata consolata. Ogni miseria affonda nella Mia Misericordia e da questa sorgente scaturisce ogni grazia salvifica e santificante.

Figlia Mia, desidero che il tuo cuore sia la sede della Mia Misericordia. Desidero che questa Misericordia si riversi sul mondo intero tramite il tuo cuore. Chiunque si avvicina a te, non parta senza la fiducia nella Mia Misericordia che desidero tanto nelle anime. Prega quanto puoi per gli agonizzanti; impetra loro la fiducia nella Mia Misericordia, poiché essi hanno più che mai bisogno della fiducia e ne hanno tanto poca. Sappi che la grazia della salvezza eterna di alcune anime, all’ultimo momento, è dipesa dalle tue preghiere. Tu conosci tutto l’abisso della Mia Misericordia; attingi perciò da esso per te e soprattutto per i poveri peccatori. È più facile che il cielo e la terra cadano nel nulla, piuttosto che un’anima fiduciosa non venga abbracciata dalla Mia Misericordia”.

Il mio proposito è sempre lo stesso: l’unione con Cristo Misericordia.

Fine degli esercizi spirituali. Ultimo colloquio col Signore.

Ti ringrazio, o Amore Eterno, per la Tua inconcepibile amabilità verso di me, dato che tu stesso Ti occupi direttamente della mia santificazione.

“Figli Mia, tre virtù ti adornino in modo particolare: l’umiltà, la purezza d’intenzione e l’amore. Non fare nient’altro, se non quello che esigo da te ed accetta tutto ciò che ti dà la Mia mano.

Procura di vivere nel raccoglimento, in modo da poter udire la Mia voce; essa è tanto sommessa che possono udirla solo le anime che vivono nel raccoglimento…”.

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Dall’insegnamento della Chiesa

Dalle “Omelie sugli Atti degli Apostoli”

di San Giovanni Crisostomo, vescovo

(Om. 20,4; Pg60,162-164)

La luce del cristiano non può rimanere nascosta

Niente è più freddo del cristiano che non si cura della salvezza degli altri.

Non puoi qui tirar fuori la povertà; infatti quella Donetta che mise le due monetine ti accuserà. Anche Pietro diceva: “Non possiedo né argento né oro” (At3,6).Così Paolo era talmente povero da patir spesso la fame e mancare del cibo necessario.

Non puoi mettere avanti la tua umile condizione; essi infatti erano di basse origini, nati da poveri, non puoi addurre il pretesto dell’ignoranza; anche loro erano illetterati.

Non puoi obiettare che sei debole, così era anche Timoteo, che soffriva di frequenti infermità. Chiunque può essere utile al prossimo, se vuole compiere la sua parte.

Non vedete le piante ornamentali, come sono rigogliose, come sono belle, sviluppate, snelle e alte?

Ma se avessimo un orto vorremmo avere melograni e olivi fecondi piuttosto che quelle; quelle infatti sono per il godimento, non per l’utilità; e se vi è qualche utilità, è molto poca.

Così sono coloro che vedono soltanto i propri interessi; anzi non sono neppure così, ma atti solamente ad essere puniti. Quelle piante infatti servono almeno agli edifici e a riparo delle cose. Così erano quelle vergini: caste, decorose, modeste, ma a nessuno utili e perciò buttate nel fuoco. Così sono quelli che non nutrono Cristo.

Nota poi come nessuno di essi è accusato per i suoi peccati: non perché ha fornicato, non perché ha spergiurato, niente di tutto questo; ma perché fu inutile agli altri. Tale era colui che sotterrò il talento: presentava una vita senza colpe, ma inutile agli altri.

Come, di grazia, potrebbe essere cristiano chi è così?

Se il lievito mescolato alla farina non porterà tutto a fermentazione, è davvero lievito? E che dire di un profumo che non investa quanti si accostano? Lo si chi chiamerà ancora profumo?

E non dire; “Non posso indurre gli altri”; perché, se sarai cristiano, questo non potrà non avvenire.

Infatti come le cose che sono di eguale natura non sono in contraddizione tra loro, così di quanto stiamo dicendo: fa parte della natura stessa del cristiano.

Non offendere Dio. Se dici che il sole non può splendere, gli fai torto; se dici che il cristiano non può far del bene, offendi Dio e lo rendi bugiardo. È più facile infatti che il sole non scaldi e non brilli, che un cristiano non risplenda; è più facile che la luce sia tenebra, che accada questo.

Non dire che è  impossibile; è invece il contrario impossibile, non offendere Dio. Se noi facciamo bene la nostra parte questo avverrà sicuramente e si svolgerà come un fatto naturale. Non può la luce d’un cristiano restare nascosta; non può restare nascosta una fiaccola così splendente.

 

Dai “Discorsi di sant’Agostino, vescovo

(Disc. 96, 1. 4. 9; pl 38, 584. 586. 588)

La chiamata universale alla santità

“Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt16,24).

Sembra duro e gravoso ciò che il Signore ha comandato, cioè che se qualcuno vuole seguirlo, rinneghi se stesso. Ma non è duro e gravoso ciò che egli comanda, dato che aiuta a compiere ciò che comanda. È vero infatti ciò che gli vien detto nel salmo: Seguendo le parole della tua bocca, ho mantenuto una via dura (cfr. Sal 16,4); ma è anche vero ciò che egli disse: “Il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Mt11,30). Tutto quanto è duro nel precetto la carità lo rende leggero.

Che significa: “Prenda la sua croce”? (Mt16,24). Sopporti tutto ciò ch’è molesto e mi segua. Quando infatti comincerà a seguirmi nel mio comportamento e nei miei precetti, avrà molti oppositori, avrà molti che gli creeranno difficoltà, molti lo dissuaderanno, e questo da parte di quegli stessi che sono, solo in apparenza, seguaci di Cristo. Erano al seguito di Gesù quelli che proibivano ai ciechi di gridare. Perciò sia le minacce, sia le lusinghe, sia qualunque proibizione, se vuoi seguire, convertile in croce: tollera, sopporta, non soccombere.

Ricorda che in questo mondo santo, buono, riconciliato, salvato, anzi da salvare (ora è salvato nella speranza: “Nella speranza noi siamo salvati” (Rm8,24), in questo mondo, dunque, che è la Chiesa e che tutta segue Cristo, egli ha detto a tutti senza distinzione: chi vuol seguirmi, rinneghi se stesso (cfr. Mt16,24).

Questo non lo devono ascoltare le vergini, e le maritate no; o le vedove, e le sposate no; o i monaci, e i coniugati no; o i chierici, e i laici no; ma tutta la Chiesa, tutto il corpo, tutte le membra, distinte e distribuite secondo i propri uffici, devono seguire Cristo.

Lo segua tutta la Chiesa, essa che è l’unica, lo segua la colomba, lo segua la sposa, lo segua colei che è stata redenta e dotata del sangue dello Sposo. Qui ha il suo posto la castità verginale, qui ha il suo posto la continenza delle vedove, qui ha il suo posto la castità coniugale. Queste membra poi, parte integrante della Chiesa, seguano Cristo secondo la loro condizione, la loro posizione e la loro misura, rinneghino se stesse, cioè non presumano di sé; prendano la loro croce, cioè sopportino nel mondo, per amore di Cristo, qualunque cosa il mondo susciti contro di loro. Amino colui che, solo non delude, solo non sbaglia, solo non inganna; l’amino perché è vero ciò che promette. Ma poiché non lo dà subito, la fede vacilla. Tu però sii costante, perseverante, paziente, sopporta il rinvio e avrai portato la croce.

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Dalle  Lettere di Don Michele Sopocko

Lettera V
LA DIREZIONE SPIRITUALE

Gesù, confido in Te!

Carissime sorelle in Cristo,

La solennità di Cristo Re dell’universo ricorda al mondo che Gesù, nostro Signore, è il sommo sovrano sulla terra, alla cui autorità sono sottomessi ogni uomo, ogni società, ogni nazione e ogni stato, che inoltre Egli governa ogni anima, particolarmente quella che aspira alla perfezione, pur tramite il suo vicario, confessore oppure padre spirituale. Perciò, quando Paolo si convertì, Gesù stesso non gli rivelò i Suoi progetti, ma lo rimandò da Anania, perché sentisse dalla sua bocca quanto doveva fare.

La perfezione è una lunga ed ardua scalata in alto, su un ripido sentiero, circondato da  abissi. Avventurarsi in quel percorso, senza una guida esperta, è una grande imprudenza, perché è molto facile lasciarsi trascinare dalle illusioni, per quanto riguarda lo stato dell’anima. Occorre un medico spirituale, capace di diagnosticare lo stato di salute della nostra anima, per poterci indicare un rimedio efficace. Poichè non siamo neppur in grado di essere artefici della nostra propria salute corporale, tanto di più non lo siamo di quella spirituale.

Il direttore spirituale è necessario ai principianti, perché li sostenga nell’esercizio della penitenza e ne attenui il fervore iniziale, perché, nei momenti delle consolazioni spirituali, li avverta che esse non dureranno per sempre, viceversa, nel momento del dubbio, li consoli, calmi e fortifichi, spiegando che la desolazione spirituale è un mezzo ottimo per consolidare l’anima sulla via della virtù e per purificare il nostro amore. Tanto di più occorre il padre spirituale sulla via illuminativa, per poter discernere le virtù necessarie ed indicare gli esercizi ed i metodi per farle crescere, prevenire lo scoraggiamento, confortare, incoraggiare alla continua tensione nello sforzo, indicare il frutto che ci aspetta, dopo aver superato la prova.

Ancora di più occorre il padre spirituale quando bisogna salire sulla via unitiva, quando bisogna custodire in sé, con i sacrifici ed l’accondiscendenza continua alle ispirazioni della grazia, i doni dello Spirito Santo, che vanno distinti dalle istigazioni di satana e della propria natura inquinata, cosa che l’anima non è in grado di fare da sola. Nella formazione spirituale dell’anima, la presenza del padre spirituale è indispensabile. La confessione si limita a riconoscere le proprie colpe. La direzione spirituale si estende molto oltre. Cerca il fondamento del peccato, le inclinazioni profondamente radicate in noi, fa riferimento al temperamento, alle tentazioni, alla imprudenza; lo fa per trovare un rimedio che combatta la malattia alla radice.  

Per lottare in modo efficace con i nostri vizi, il direttore spirituale indica le virtù opposte ad essi, sia quelle comuni a tutti i cristiani, sia quelle particolari ai vari gruppi delle persone, aiuta a trovare i mezzi migliori nella pratica delle virtù, negli esercizi spirituali (la riflessione, l’esame di coscienza, la devozione particolare al Sacro cuore di Gesù, alla Maria Vergine, ecc.). Aiuta anche a discernere la propria vocazione e dopo aiuta a capire i compiti di ogni stato.

Perché il direttore spirituale possa guidare l’anima sulla retta via, dovrebbe conoscere le vicende più importanti della sua vita, i peccati più frequenti, gli sforzi sostenuti per uscirne, i risultati ottenuti, per sapere come ancora conviene operare. Dovrebbe inoltre essere a conoscenza della disposizione attuale, delle inclinazioni, ripugnanze, stile di vita, tentazioni e tattica di combattimento, delle virtù necessarie e dei mezzi per acquistarle. La persona che vuole usufruire della direzione spirituale deve presentare tutto alla sua guida. Allora il direttore spirituale può più facilmente preparare un programma adeguato allo stato dell’anima, perché tutte le anime non possono essere guidate allo stesso modo, bisogna adeguarsi al livello in cui uno si trova per poterlo aiutare ad andare in alto, senza fretta, sul sentiero ripido della perfezione. Alcune anime sono più ferventi ed inclinate al sacrificio, altre invece più quiete e più lente, in quanto non tutte sono chiamate allo stesso grado di perfezione. Perciò sbagliano molto coloro che vogliono che uno solo padre spirituale guidi (per esempio in una congregazione) in modo uguale, che formi tutti secondo lo stesso modello e assicuri a tutti la stessa direzione. Questo è assolutamente impossibile e, ovunque venga praticato, porta danno al progresso delle singole anime, anzi, quell’atteggiamento contrasta con il diritto canonico.            

Non vi parlerò delle qualificazioni dei direttori spirituali, né dei loro compiti, che loro devono conoscere; menzionerò solo che dovrebbero essere caratterizzati dalla bontà, dalla scienza necessaria, ma soprattutto dalla prudenza, dalla prudenza soprannaturale, rafforzata dal dono del consiglio dello Spirito Santo, che sia il padre spirituale sia le anime guidate devono pregare. Santa Teresa, avendo la possibilità scegliere tra un confessore prudente e santo ed uno prudente e saggio, per quanto meno santo, preferì il secondo. Devo qui accennare agli obblighi delle persone guidate.

Nel direttore spirituale bisogna veder lo stesso Cristo. Se com’è vero che il potere viene da Dio, tanto più vale questo nei riguardi del potere esercitato sulle anime da un sacerdote; egli è un ambasciatore di Cristo, che esercita il potere Divino: “Siamo messaggeri di Cristo e quanto vi rammentiamo in realtà è Dio che vi rammenta”.

Perciò è ovvio che bisogna rispettare il padre spirituale, fidarsi in lui ed ascoltarlo. Bisogna rispettarlo come il rappresentante di Dio. Se un direttore avesse qualche vizio, non bisogna soffermarsi su questo, ma, vista la sua importanza  e la missione che svolge, evitare la critica amara quanto la familiarità esagerata.

Il rispetto dev’essere  accompagnato dalla fiducia piena, filiale e una grande apertura del cuore sincero e fedele, disposto ad esprimere apertamente le cose buone e quelle cattive, senza pensarci troppo e senza nascondere le tentazioni e le debolezze, i desideri ed i propositi, le buone opere e le intenzioni, in poche parole tutto ciò che riguarda il bene dell’anima. Quanto più il padre ci conosce, tanto più gli è facile darci sagge indicazioni, incoraggiamenti, consolazione, per rafforzarci, consolarci e guidarci. Le persone timide parlino delle loro difficoltà e quelle invece inclini a parlare troppo che non trasformino la direzione spirituale in una pia chiacchierata ma si limitino a riferire il necessario.

Se si vuole che la direzione sia vera, occorre l’obbedienza al padre spirituale. Non c’è niente di peggio che eludere al direttore spirituale le proprie emozioni ed opinioni. Non c’è niente di più dannoso per l’anima perché, cosi facendo, non si cerca la volontà di Dio ma quella propria, inoltre si elude un mezzo divino per scopi egoistici. L’unico desiderio nostro dev’essere quello di conoscere la volontà divina, tramite l’obbedienza al nostro direttore spirituale, invece 
di costringerlo a ricorrere all’autorità con i mezzi più o meno convincenti. Si può ingannare il padre spirituale, ma non Colui il cui posto egli sostituisce. Se vediamo che un certo consiglio ci risulta difficile od impossibile da realizzare, dobbiamo dirglielo con semplicità. Il direttore può sbagliare, ma noi non sbagliamo quando gli siamo obbedienti. Se ci consigliasse qualcosa che va contro la fede o il decoro, allora bisogna cambiare il direttore.

Si può cambiare il direttore soltanto per una ragione grave e dopo matura riflessione perché occorre una continuità della direzione, cosa che diventa impossibile se il direttore viene cambiato di frequente.

Alcune anime vorrebbero tale cambiamento solo per la curiosità di conoscerne un altro. Questo accade particolarmente quando un direttore continua a ripetere gli stessi consigli spiacevoli per la natura dell’anima guidata. Altre invece desiderano cambiare per personale instabilità, superbia, una certa scontentezza permanente  per quello che hanno, per il desiderio di aprirsi ai vari confessori, volendo attirare attenzione, per vergogna o semplicemente per nascondere al confessore  alcune debolezze umilianti. Questi sono motivi non validi e bisogna combatterli, se si vuole progredire con coerenza e costanza nella vita spirituale.           

La Chiesa sempre di più insiste sulla libertà dell’anima nella scelta del confessore. Le opinioni però variano, fino a non riconoscere la direzione spirituale e a rigettare le sue condizioni. Chi non riconosce la direzione spirituale, rifiuta il progresso spirituale e allo stesso modo la santità, perché solo in casi eccezionali, quando vengono a mancare i direttori, lo stesso Dio diventa il padre spirituale delle anime elette.

Quando ci sono le ragioni sufficienti per cambiare il direttore, non bisogna ritardare ad andare da un altro. Tali ragioni possono essere le seguenti: quando, nonostante gli sforzi, non siamo in grado di avere rispetto, di essere aperti e fiduciosi nei confronti del direttore, perché allora sarebbe  impossibile usufruire dei suoi consigli, quando veniamo a sapere che il direttore ci allontana dalla perfezione a causa delle sue idee troppo mondane, oppure per la sua simpatia troppo vivacemente visibile, con prove palesi in alcune circostanze; quando siamo sicuri che al direttore mancano scienza, prudenza e previdenza necessarie. Per poter cambiare il direttore non occorre sapere che le nostre accuse sono giuste od ingiuste, basta che ci portano danno.

Queste riflessioni mi sono venute in mente all’approssimarsi della ricorrenza della festa di Cristo Re.

Condividendole insieme a voi, vi auguro che Cristo, tramite i direttori spirituali, regni nei cuori degli adoratori della Misericordia e a loro doni la Sua benedizione.

Don Michal Sopocko

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