Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.



 
. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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Ultimo Aggiornamento: 07/06/2017 17:34
07/06/2017 17:32


Catechesi sull Eucaristia | spiritualità


DIRETTORIO PER L’ADORAZIONE IN SPIRITO E VERITA’ 
di  San Pietro Giuliano Eymard

 


L'Adorazione Eucaristica ha per og¬getto la Persona Divina di Gesù Cristo, presente nel SS.mo Sacramento. Egli c'è, vivente e vuole che noi gli parliamo; a sua volta Egli parlerà a noi. Tutti possono par¬lare a Gesù; non è forse là per tutti? Non disse egli: "Venite a Me, voi tutti"?
Questo colloquio che s'intreccia tra l'a¬nima e Nostro Signore è appunto la vera meditazione eucaristica, è l'adorazione.
L'adorazione è una Grazia per tutti. Ma per non sprecarla e non cadere nella dis¬grazia di farla per abitudine, e per evitare l'aridità dello spirito e del cuore, gli ado¬ratori devono ispirarsi all'attrattiva parti¬colare della Grazia, ai misteri della vita di Nostro Signore, della SS.ma Vergine, o alle virtù dei Santi, con lo scopo di onorare il Dio dell'Eucaristia per tutte le virtù della sua vita mortale, e per le virtù di tutti i San¬ti, dei quali Egli fu un tempo la Grazia e il fine, ed è ora la corona di gloria.
Calcolate quell'ora di adorazione che vi è toccata, come un'ora di Paradiso; an¬dateci come si va al Cielo, come si va al banchetto divino, ed essa sarà desiderata, e salutata con trasporto. Alimentatene soa¬vemente il desiderio nel vostro cuore. Dite a voi stesso: "Per quattr'ore, per due, per un'ora io starò ad un'udienza di Grazia e di amore, presso il Signore; è stato Lui ad invitarmi, ora mi attende, mi desidera".
Quando vi capitasse un'ora che costa fatica al corpo, rallegratevi, il vostro amo¬re sarà più grande perché sarà più soffe¬rente: è un'ora privilegiata, la quale sarà contata per due.
Quando per infermità, per malattia o per impossibilità non vi è possibile fare la vostra ora di adorazione, lasciate che per un momento il vostro cuore si rattristi, poi mettetevi in adorazione spirituale, in unio¬ne con quelli che in quel frattempo si de¬dicano all'adorazione. Allora nel letto del vostro dolore, in viaggio, o durante l'occu¬pazione che avete tra mano, state in più concentrato raccoglimento; e riceverete il medesimo frutto che se aveste potuto ado¬rare ai piedi del Buon Maestro: quest'ora sarà computata a vostro favore, e forse sa¬rà anche raddoppiata.
Andate dal Signore così come siete; la vostra meditazione sia naturale. Attingete dal vostro patrimonio individuale di pietà e di amore, prima di pensare a servirvi dei libri; amate il libro inesauribile dell'umiltà amorosa. È certo buona cosa che un buon libro vi accompagni, per rimettervi in carreggiata quando lo spinto volesse sviarsi e i sensi assopirsi; ma tenete bene a mente che il nostro Buon Maestro preferisce la povertà del nostro cuore anche ai più su¬blimi pensieri ed affetti presi in prestito da altri.
Sappiate che Gesù vuole il vostro cuo¬re, non quello degli altri; vuole il pensiero e la preghiera di questo cuore, come es¬pressione naturale del nostro amore per Lui. Il non voler andare da Nostro Signore con la propria miseria o povertà umiliata, spesso è frutto di un sottile amor proprio, d'impazienza e di pigrizia; eppure e pro¬prio quello che nostro Signore preferisce, ama e benedice più di ogni altra cosa.
Attraversate giornate di aridità? Glo¬rificate la Grazia di Dio, senza la quale voi non potete nulla. Rivolgete allora la vostra anima al cielo, come il fiore allo spuntar del sole apre il suo calice, per accogliervi la rugiada benefica.
Vi trovate in uno stato d'impotenza as¬soluta? Lo spirito è nell'oscurità, il cuore sotto il peso del proprio nulla, il corpo è sofferente? Fate allora l'adorazione del po¬vero; uscite dalla vostra povertà e andate a posarvi in Gesù. Offritegli la vostra pover¬tà affinché egli l'arricchisca: è questo un capolavoro degno della sua gloria.
La tentazione, la tristezza vi travaglia? Tutto vi disgusta, tutto vi porta a trala¬sciare l'adorazione, sotto il pretesto che of¬fendereste Dio, che lo disonorereste anzi¬ché servirlo? Non ascoltate questa specio¬sa tentazione. In tal caso voi farete l'adora¬zione del combattimento e della fedeltà a Gesù, contro voi stesso. No, no, che voi non gli fate dispiacere; anzi lo rallegrate, il vostro Buon Maestro che vi guarda, Lui che ha permesso a satana di turbarvi. Egli vuole da voi l'omaggio della perseveranza, fino all'ultimo minuto del tempo che noi dobbiamo consacrargli.
La confidenza, dunque, la semplicità e l'amore vi accompagnino sempre nell'ado¬razione.
Volete essere fortunato in amore? Vivete continuamente nella bontà di Gesù Cristo, che è sempre nuova per voi; seguite in Gesù il dramma del suo amore, contemplate la bellezza delle sue virtù, la luce del suo amore, piuttosto che i suoi ar¬dori: in noi il fuoco dell'amore passa pre¬sto ma la verità di esso rimane. Cominciate tutte le vostre adorazioni con un atto di amore, e aprite deliziosa¬mente la vostra anima alla sua azione di¬vina. Sovente nell'adorazione vi fermate a mezza strada, il motivo è che voi avete co¬minciato da voi stesso; e anche se comin¬ciate da qualche altra virtù che non sia l'a¬more, voi sbagliate strada.
Forse che il bambino non abbraccia la mamma, prima di obbedirle? L'amore è la sola porta del cuore. Volete essere nobile in amore? Parlate all'Amore di lui stesso.
Parlate a Gesù del suo Padre Celeste, che Egli ama tanto, parlategli delle fatiche da Lui intraprese per la gloria del Padre: rallegrerete tanto il suo Cuore, ed Egli vi ripagherà con altrettanto amore.
Parlate a Gesù del suo amore per tutti gli uomini: si dilaterà il suo Cuore, si dila¬terà il vostro cuore di felicità e di amore.
Parlate a Gesù della sua Santa Madre da Lui amata così intensamente; gli rinno¬verete la felicità di sentirsi un buon figlio¬lo; parlategli dei suoi Santi, per glorificare la sua Grazia in loro.
Il vero segreto dell'amore è questo: ob¬liare se stesso, come San Giovanni Batti¬sta, per esaltare e glorificare il Signo¬re Gesù.
Il vero amore non guarda a ciò che dà, ma a quello che l'Amato merita.
Allora Gesù, contento di voi, vi parlerà di voi stessi. Vi dirà l'amore che sente per voi e il vo¬stro cuore si dilate¬rà ai raggi di questo sole, come il fiore, umido e infreddo¬lito dalla notte, che si schiude ai raggi dell'astro del giorno.
La sua dolce vo¬ce penetrerà l'ani¬ma vostra, come il fuoco penetra un corpo infiamma¬bile. E voi direte, con la Sposa del Cantico: "La mia anima si è liquefatta di felicità alla voce del mio diletto". Allora voi lo ascolterete in silenzio, e passerete all'azione più forte e soave dell'amore: voi vivrete in Lui.
Ciò che più tristemente impedisce lo sviluppo dell'amore e della Grazia in noi è questo, che non appena noi arriviamo ai piedi del Buon Maestro, incominciamo senz'altro a parlargli di noi, dei nostri pec¬cati, dei nostri difetti, della nostra povertà spirituale; ci affatichiamo insomma lo spi¬rito alla vista delle nostre miserie e ci rat¬tristiamo il cuore alla vista della nostra in¬gratitudine e della nostra infedeltà.
La tristezza conduce al dolore, il dolore allo scoraggiamento, e occorrerà poi molta umiltà e parecchio sforzo per districarsi da questo labirinto e ritrovarsi liberi in Dio.
Non fate più così. Siccome il primo movimento dell'anima influisce ordinaria¬mente su tutta l'azione, dirigetevi subito verso Dio e ditegli: "O buon Gesù, quanto sono contento e felice di venire a trovarti; di venire a passare quest'ora con Te, per dirti il mio affetto! Quanto sei buono per avermi chiamato! Quanto sei amabile, Tu che ami una creatura così povera come me! Oh, sì, io Ti voglio tanto bene! ".
L'amore allora vi ha già aperto la porta del Cuore di Gesù: entrate, amate, adorate! Per adorare con frutto bisogna ricor¬darsi che Gesù è presente nell'Eucaristia, in Essa glorifica e continua tutti i misteri e tutte le virtù della sua vita mortale.
Bisogna pensare che l'Eucaristia è Ge¬sù Cristo passato, presente e futuro; che l'Eucaristia è l'ultimo stadio dello svolgi¬mento dell'Incarnazione e della vita mor¬tale del Signore; che Gesù ci dà in essa tutte le Grazie; che tutte le verità fanno capo all'Eucaristia, poiché essa è Gesù stesso. La SS.ma Eucaristia sia dunque il pun¬to di partenza per meditare i misteri, le vir¬tù e le verità della religione. Essa è il fuo¬co, le altre virtù sono soltanto dei raggi. Partiamo dal fuoco e irraggeremo.
Che cosa c'è di più semplice che il ve¬dere le analogie tra la nascita di Gesù nella stalla e la sua nascita sacramentale sull'al¬tare e nei nostri cuori?
Chi non vede che la vita nascosta di Nazaret continua nella Divina Ostia del Tabernacolo e che la Passione dell'Uomo¬Dio del Calvario si rinnova nel Santo Sa¬crificio, in ogni istante della sua durata e in tutti i luoghi del mondo?
Nostro Signore non è dolce ed umile di cuore nel Sacramento, come già lo fu du¬rante la sua vita mortale? Non è continua¬mente il Buon Pastore, il Consolatore, l'A¬mico del cuore?
Beata l'anima che sa trovare Gesù nel¬l'Eucaristia e nell'Eucaristia tutte le Cose!


07/06/2017 17:33

Catechesi sull Eucaristia | spiritualità

CHE COS’E’ L’EUCARISTIA?
di Dell’Arcivescovo Angelo Comastri





L’Eucaristia è il gesto dell'amore eccessivo di Cristo reso presente nel segno sacramentale, affinché diventi il nostro quotidiano nutrimento, cioè diventi la nostra vita, personale e ecclesiale in¬sieme. In ogni Eucaristia, infatti, si compiono que¬ste parole di Gesù: "Pa¬dre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi sanno che tu mi hai man¬dato. E io ho fatto cono¬scere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Gv 17,25-26). In ogni Eucaristia noi entriamo in comunione con il gesto salvifico della Croce, che è gesto di amore supre¬mo, per diventare sempre di più un popolo che ama con lo stesso amore di Cristo e, di conseguenza, per essere il suo corpo ecclesiale.
I racconti dell'istituzione dell'Eucaristia, nei quali già si riflette una Chiesa che viveva di Eucaristia, non lascia¬no ombra di dubbio: Gesù nell'ultima cena ha offerto da mangiare il suo ‘Corpo dato’ e il suo ‘Sangue versato’. Cioè: nei segni sacramentali del pane e del vino, Egli ha consegnato - perché sia assunta, perché sia fatta propria, perché diventi ispirazione e sorgente di vita - la Sua pas¬sione, il Suo atto di offerta, la Sua vita nella condizione della suprema carità.
L'autore della Lettera agli Ebrei osserva: "Se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati li santificano purifican¬doli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente?" (Eb 9,13-14).
Gesù Crocifisso e Risorto è, davanti al Padre, nel gesto eterno dell'offerta d'Amore per la salvezza dell'umanità. Questo gesto si rende presente nella Santa Eucaristia come pane che ci nutre e come vino che ci dis¬seta, affinché anche noi diventiamo un popolo incendiato dall'amore di Dio. Nella seconda epiclesi (= invocazione) della secon¬da Preghiera Eucaristica diciamo: "Ti preghiamo umilmente: per la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo". L'Eucaristia ha questo scopo: renderci un solo popolo nelle cui vene spirituali circola l'amore di Dio. Noi non dobbiamo difenderci dall'Eucaristia (come spesso acca¬de!), ma dobbiamo aprirci al suo dinamismo e lasciarlo operare pienamente in noi. Così diventeremo roveti ar¬denti nel buio e nel freddo del mondo!
Malcom Mudgeridge, giornalista della BBC, nel 1969 venne inviato a Calcutta per realizzare un docu¬mentario sulla eroica vita di Madre Teresa di Calcutta e delle sue suore.
Il giornalista, appena giunto a Calcutta, andò a visita¬re la prima Casa di Madre Teresa: erano due enormi stanze, nelle quali venivano raccolti e amorevolmente assistiti i moribondi trovati abbandonati lungo le strade dell'enorme città indiana. Lo spettacolo era impressio¬nante e... anche ripugnante: però l'amore delle suore riscattava il luogo e lo rendeva un abbraccio di calda misericordia. Molti poveretti morivano, ma sorridevano; gli ammalati erano denutriti, ma avevano gli occhi illu¬minati dall'amore incontrato in quella casa; e Madre Teresa, con le sue suore, appariva come una lampada splendida nella notte buia dell'egoismo del mondo.
Il giornalista, a bruciapelo, chiese a Madre Teresa: "Dove trovate la forza per vivere qui, in mezzo a tanto dolore e a tanta miseria?". Madre Teresa prontamente soggiunse: "La nostra forza è l'Eucaristia!".
Il giornalista inglese, che non era credente, rimase col¬pito. Ritornò a Londra, ma continuò periodicamente a frequentare la Casa dei Moribondi, nella quale aveva percepito l'esistenza di un'altra Vita.
Dopo alcuni anni, chiese il Battesimo e divenne cattolico. E dichiarò: "Ho chiesto il Battesimo e desidero diventare cattolico per ricevere quella Eucaristia che in quelle suore produce il miracolo dell'amore: voglio viverlo anch'io!".
E, prima di morire, confidò: "Questo è il cuore del cristianesimo: l'Amore vale più di tutta la cultura!".
Malcom Mudgeridge è un uomo convertito dal fuoco di amore acceso dall'Eucaristia nel cuore credente di alcune suore.
Prendiamo una decisione: dopo la Messa andiamo anche noi a portare l'Amore di Cristo a qualche povero o a qualche sofferente che vive accanto a noi!

Il comandamento dell'amore
Ora ben comprendiamo che il comandamento dell'amore è strettamente legato al sacramento dell'amore, che è l'Eucaristia. Cerchiamo di capi¬re il ‘perché’, andando a visitare i vari racconti dell'istituzione dell'Eucaristia. In tali racconti noi troviamo un particolare illuminante: tutti gli evan¬gelisti sottolineano che Gesù, nel momento in cui ha istituito l'Eucaristia e l'ha donata alla Chiesa, ha fatto riferimento al sacrificio dell'alleanza (Lc 22,20: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, quello versato per voi").
Ma noi sappiamo, esattamente dal racconto del primo sacrificio dell'alleanza riportato in Esodo 24, che non può esistere alleanza senza una "legge di alleanza" e senza l'impegno di osservare questa legge. Mosè, infat¬ti, nel momento culminante dell'alleanza del Sinai, asperge con il sangue l'altare, che rappresenta Dio, e poi, prima di aspergere il popolo con lo stesso sangue, pro¬clama la legge dell'alleanza e tutto il popolo esclama: "Tutto quanto Jahvè ha detto, noi lo faremo e obbediremo" (Es 24,7).
Soltanto dopo questo impegno formale, Mosè pronun¬cia le parole, che poi verranno riprese da Gesù, e dice: "Ecco il sangue dell'alleanza, che Jahvè ha stretto con voi mediante tutte queste parole" (Es 24,8).
Il popolo di Israele conosceva bene tutto questo e chiaramente non poteva concepire un sacrificio di alleanza senza una legge di alleanza. Se Gesù, allora, ha compiuto il sacrificio della nuova alleanza donando il suo Corpo e il suo Sangue per la nostra salvezza e se ha voluto regalarci il sacramento del sacrificio della nuova alleanza, che è l'Eucaristia, non poteva non donarci anche la legge della nuova alleanza.
Tale legge è il comandamento nuovo, riferito da Gio¬vanni nel suo racconto della cena: "Quand'egli fu uscito, Gesù disse: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 34)”.
I Sinottici (Matteo, Marco e Luca), nei loro racconti dell'istituzione dell'Eucaristia, non riferiscono questo particolare perché apparteneva alla quotidiana esperien¬za della comunità cristiana (basta leggere Atti 2,42-48 e Atti 4,32-35) e, pertanto, era una ovvietà. Giovanni, in¬vece, scrive per ultimo e lo Spirito Santo gli suggerisce di fermare per iscritto il racconto del dono del comanda¬mento nuovo, affinché nutra continuamente la memoria dei discepoli. E ce n'è bisogno!
In ogni Eucaristia, pertanto, mentre celebriamo il sacrificio della Nuova Alleanza, noi dobbiamo sentire la voce di Gesù che ci ricon¬segna il comandamento della Nuova Alleanza, cioè il comandamento che ci permette di farci rico¬noscere come autentici di¬scepoli di Gesù: il coman¬damento dell'amore!
Sant'Ignazio di Antio¬chia, che scrive agli albori del secondo secolo cristia¬no, usa una terminologia, che profuma di Eucaristia vissuta. Egli, scrivendo ai cristiani di Smirne, conse¬gna loro il saluto della comunità cristiana di Tro¬ade e dice: "Vi saluta la carità di Troade". La co¬munità cristiana viene chiamata carità! È im¬pressionante! Si capisce, allora, anche il senso pre¬gnante delle parole usate da sant'Ignazio per saluta¬re la Chiesa di Roma. Egli dice: "Ignazio, chiamato anche Teoforo, alla Chie¬sa che è oggetto della mi¬sericordia e della munifi¬cenza del Padre altissimo e di Gesù Cristo, suo uni¬co Figlio; amata e illumi¬nata per volontà di Colui che ha voluto tutte le cose che sono, secondo la carità di Gesù Cristo, nostro Dio; che in Roma presiede santa, venerabile, degna d'essere chiamata beata, meritevole di lode e di felice successo; adorna di candore, che presie¬de la carità, depositaria della legge di Cristo e insignita del nome del Padre. Questa Chiesa io saluto nel nome di Gesù Cristo, figlio del Padre". Presiede la carità vuol dire: presiede la comunità. Che grande messaggio!
Questa freschezza evangelica vinca le incrostazioni dell'abitudine e della smemoratezza e ci riporti alla novi¬tà sorgiva del Cenacolo: ciò può accadere in ogni cele¬brazione dell'Eucaristia. E questo è il miracolo che deve accadere ogni domenica... quando partecipiamo vera¬mente alla Santa Messa.

Un fatto impressionante
Nel 1939, subito dopo l'inizio della seconda guerra mon¬diale, a tutti i tedeschi fu distribuita una tessera annonaria: e il razionamento del cibo durò in Germania fino al 1948! In quei nove anni, un solo cittadino - anzi una cit¬tadina - non ebbe il diritto a quella tessera: le era stata ritirata subito con la moti¬vazione ufficiale che non ne aveva bisogno, visto che non mangiava e non beveva nulla. Così anche la pesante burocrazia del Terzo Reich nazista rendeva testimo¬nianza, suo malgrado, della verità di uno dei casi più clamorosi della storia: il caso di Teresa Neumann di Konnersreuth (Germania), che per trentasei anni inin¬terrotti si è nutrita soltanto di Eucaristia: e ogni setti¬mana, dalla notte del giove¬dì sino al mattino della do¬menica, riviveva nella sua carne tutto il mistero della passione-morte-risurrezio¬ne di Gesù.
Teresa Neumann è mor¬ta nel 1962, a sessanta¬quattro anni. Era nata nel 1898 e, all'età di vent'an¬ni, si procurò una lesione alla spina dorsale mentre correva in soccorso dei vicini ai quali si era incendiata la cascina. Ne ricavò prima una paralisi alle gambe e poi, per un'altra rovino¬sa caduta, anche la cecità totale.
Il padre, tornato dal fronte nel 1919, le portò dalla Francia una immaginetta di una giovane carmelitana non ancora conosciuta in Germania: si chiamava suor Teresa di Lisieux!
Teresa Neumann cominciò a pregarla e il 29 aprile del 1923, giorno della beatificazione della piccola carmelitana francese, ella riacquistò di colpo la vista. Due anni dopo, il 17 maggio 1925, mentre Pio XI a Roma dichia¬rava Santa la carmelitana di Lisieux, Teresa Neumann ritrovò l'uso perfetto delle gambe.
Un anno dopo, nel periodo pasquale, la giovane conta¬dina tedesca scopriva che nelle sue mani, nei piedi, nel costato e anche sul capo le erano apparsi i segni della Passione di Gesù: da allora, per trentasei anni, nella notte di ogni giovedì entrava letteralmente nei racconti evan¬gelici a partire dall'Ultima Cena; e, come in tempo reale, accompagnava Gesù sino alla morte nel primo pomerig¬gio del venerdì, mentre le ferite si aprivano nel suo corpo e sanguinavano copiosamente; alle ore 15.00 del venerdì cadeva in un sonno profondo dal quale si risvegliava gioiosa, con le ferite richiuse, il mattino della domenica. Da quando cominciarono questi fenomeni, Teresa Neumann per trentasei anni non mangiò né bevve nulla, assumendo soltanto ogni mattina la Santa Comunione. I medici invitati per controllarla, giorno e notte, partivano dallo scetticismo per approdare a clamorose conversioni di fronte alla stupefacente e inimmaginabile verità: Tere¬sa si nutriva soltanto di Eucaristia!
La sua vita è stata un messaggio rivolto a noi cristiani scandalosamente indifferenti di fronte al dono dell'Eu¬caristia: prenderemo finalmente sul serio il grande dono di Gesù? È l'anno dell'Eucaristia: approfittiamone!

07/06/2017 17:34


I miracoli dell’amore nascosti nell’Eucaristia 
di  Guglielmo Giaquinta Vescovo


È con una visione dell’unità eucaristica e quindi dell’amore di Gesù Eucaristia per noi, che dobbiamo accingerci a contemplare la grandezza del mistero dell’Eucaristia; perché ciò che non costa, non si apprezza, ciò che costa si apprezza. Se per fare la santa Comunione dovessimo camminare chilometri e chilometri a piedi e stancarci e addolorarci, noi comprenderemmo che cosa significa fare la Comunione. Ma siccome non ci costa, c’è un po’ il pericolo che non comprendiamo la grandezza del dono. Per rimanere aderenti all’invito di Gesù Si scires donum Dei - se tu conoscessi il dono di Dio (Gv 4,10), dobbiamo analizzare quello che l’Eucaristia è costata a Gesù, cioè il complesso dei miracoli in campo fisico, e ancora di più il complesso dei miracoli in campo morale che Gesù ha dovuto realizzare per poterci dare l’Eucaristia. 
Non faccio altro che seguire un piccolo libretto, uno dei più preziosi che sia mai stato scritto da penna umana: De venerabili Sacramento Altaris - Il Venerabile Sacramento dell’altare, di S. Tommaso D’Aquino. Egli, il più grande tra i teologi, si pone questa domanda: quanti miracoli sono stati necessari perché potesse realizzarsi l’Eucaristia? 
S. Tommaso distingue tre momenti: 1) consacrazione del Corpo del Signore, 2) possesso del Corpo del Signore, 3) ricevere, mangiare il Corpo del Signore. In questi tre momenti infatti, dice S. Tommaso, noi consacriamo il Signore; lo possediamo nei nostri tabernacoli, nelle nostre pissidi, nei nostri ostensori; lo mangiamo. 
In consecratione consideranda sunt et credenda tria mirabilia - nel momento della consacrazione noi dobbiamo considerare tre miracoli. Primo miracolo: quod ibi sub specie panis est verum Corpus Christi - che sotto le specie del pane c’è il vero Corpo di Cristo. Non è un corpo diverso da quello nato dalla Vergine Immacolata, non è un corpo diverso da quello che Egli glorioso ha in cielo, ma sub specie panis - sotto le specie del pane, c’è la realtà del Corpo di Cristo. Secondo: quod tota substantia panis mutatur in Corpus Christi - che tutta la sostanza del pane è stata trasformata in Cristo e, quindi, non abbiamo più il pane, ma abbiamo unicamente il Corpo di Cristo. Terzo miracolo: quod mutatur in Corpus Christi tota substantia panis, manent accidentia panis - che la sostanza del pane viene trasformata nel Corpo di Cristo, ma rimangono gli accidenti, le qualità del pane. 
Primum est mirabile - il primo elemento è una cosa meravigliosa, è un miracolo, secundum mirabilius - il secondo punto è ancora più meraviglioso; tertium mirabillimum - il terzo è quanto mai meraviglioso, al massimo. 
Questi sono i tre miracoli che S. Tommaso ci fa vedere nell’Eucaristia: tre miracoli nella consacrazione. Pensate: nel momento della consacrazione, sotto i vostri occhi, tra le nostre mani si compiono tre miracoli. 
De tribus mirabilibus, quae considerantur in Corporis Christi possessione - i tre miracoli che avvengono nel possesso, nella conservazione di Gesù Eucaristia. Il fatto che noi nei nostri tabernacoli possediamo Gesù implica l’esistenza di altri tre miracoli: Primum mirabile signum, quod in possessione Domini corporis magna res, scilicet Corpus Domini, continetur sub tam parva specie panis. 
Nell’Eucaristia noi abbiamo quella piccola Ostia bianca, quel frammento di pane, cosa infinitesimale, che possiamo misurare con un piccolo decimetro, e sotto una cosa tanto piccola e fragile c’è l’immensa realtà del Corpo di Cristo, cioè dell’Uomo-Dio. Ecco il primo miracolo: che Dio diventato Uomo e rimanendo uomo completo - notate, con le sue proporzioni fisiche - sia realmente esistente in quella piccola Ostia che posso spezzare tra le mie mani. 
Secundum signum - secondo miracolo - quod unum et idem corpus est in pluribus locis, in pluribus portionibus. E qui tocchiamo un punto che è semplicemente delizioso. La realtà eucaristica è in ogni tabernacolo del mondo. E non si tratta di moltiplicare Gesù, ma si tratta di moltiplicare la presenza di Gesù. Quello che Gesù non può avere in quanto Uomo, cioè l’ubiquità, la onnipresenza, 
perché questa l’ha solo in quanto Dio, in un certo qual modo lo realizza attraverso l’Eucaristia: ecco il secondo miracolo. Voi siete a casa, avete la Chiesa vicino, avete un tabernacolo, avete l’Eucaristia, Gesù che sta accanto a voi. Venite in questa cappellina: c’è Gesù Eucaristia; andate per i vostri lavori e incontrate una Chiesa: c’è Gesù Eucaristia; vi allontanate, andate in villeggiatura in un posto lontano: ecco questo contatto continuo con Gesù Eucaristia, che ci fascia del suo sguardo, che ci segue istante per istante. Pensate questo sguardo molteplice di Gesù da ogni tabernacolo. Vorrei chiamare questo secondo miracolo il miracolo dello “sguardo eucaristico” di Gesù. 
Tertium mirabile est, quod Corpus Domini licet sit in pluribus licis vel hostiis, aut portionibus, tamen per partes non est divisum sed manet in se integrum et conjenctum - quando io spezzo il Corpo di Gesù non ho due Gesù, non ho spezzato il suo Corpo, ma ho ancora la identità di Gesù. Ecco il terzo miracolo: Gesù che non può essere spezzato, Gesù che rimane intatto pur nella sua molteplicità. 
E ancora tre miracoli: De tribus mirabilibus in Corporis Christi perceptione. Quando noi mangiamo, troviamo altri tre miracoli, quelli che vorrei chiamare i miracoli del Corpo mistico. 
Primum, quod Corpus Domini dum manducatur, non minuitur - il corpo del Signore, quando viene mangiato, non diminuisce. Questo - dice S. Tommaso - è contro i protestanti, è contro quegli eretici i quali dicono che se il Corpo di Cristo fosse più grande di qualsiasi monte, a forza di mangiarlo, noi lo avremmo consumato. Corpus Christi non minuitur - il Corpo del Signore non diminuisce. 
Il secondo miracolo: se non viene mangiato in qualche modo diminuisce. Qui c’è un pensiero meraviglioso che vorrei conservaste: Ad intelligentiam tam mirae rei sciendum - per l’intelligenza di questo bisogna sapere, quod duo sunt corpora mystica in hoc mundo - che in questo mondo ci sono due corpi mistici, scilicet corpus mysticum Christi - cioè il Corpo mistico di Cristo, et corpus mysticum diaboli, sive Antichristi - e il corpo mistico di Satana, il diavolo, e cioè dell’Anticristo; ad quorum alterutrum pertinent omnes homines mundi - e tutti gli uomini di questo mondo appartengono o all’uno o all’altro di questi due corpi mistici. 
Il terzo miracolo è la conseguenza che, se il Corpo di Cristo viene mangiato dai fedeli, aumenta. Quindi non solo mangiandolo non diminuisce, ma se non ne mangiamo diminuisce e se ne mangiamo aumenta. 
Il Corpo di Cristo fisico ci porta alla realtà del Corpo mistico di Gesù: di questo parleremo, tenendo presenti i nove miracoli nella realtà della Eucaristia. La onnipotenza di Dio è stata messa a disposizione del suo amore: e lo vogliamo vedere ancora più a fondo questo amore di Dio, più ancora che la onnipotenza, l’amore di Gesù? È il semplice fatto che Egli si sia degnato restare in mezzo a noi nella Eucaristia; Egli, che di nulla ha bisogno, rimane qui in attesa che noi andiamo a trovarlo; poi il fatto che Egli sia diventato pane: quello che io chiamo il secondo miracolo morale. 
Il primo, che Egli sia voluto restare in mezzo a noi, povere creature; il secondo, che sia voluto diventare pane; il terzo, che Egli voglia che noi lo mangiamo. Ecco la terza espressione del suo amore, il terzo miracolo morale: vuole, che si mangi di questo pane. 
Il quarto miracolo morale è che Egli sopporti anche la Comunione sacrilega, purché possa esserci una persona che lo riceva con amore e per questo - ecco l’ultimo punto - Egli arriva perfino a sopportare l’abbandono, a volte più penoso, nelle Chiese purché ci sia qualche persona che vada a Lui, vada a trovarlo, vada a mangiarlo. 
Ecco la realtà dell’amore di Gesù. Adesso possiamo comprendere come veramente Gesù ci ha amato: dilexit me et tradidit semetipsum pro me. Nel momento in cui il sacerdote vi dà l’Eucaristia Corpus Domini nostri Jesus Christi…, in quel momento in cui i nostri antichi rispondevano: Amen, pensate: dilexit me et tradidit semetipsum pro me, si lascia dare pro me. 


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