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IL CONSENSO DEGLI EVANGELISTI

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2016 20:22
17/03/2016 20:20

I ciechi di Gerico.



65. 125. Prosegue Matteo: Mentre uscivano da Gerico, una gran folla seguiva Gesù. Ed ecco che due ciechi, seduti lungo la strada, sentendo che passava Gesù, si misero a gridare: " Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi! " 535 ecc., fino alle parole: Subito recuperarono la vista e lo seguirono 536. L'episodio è ricordato anche da Marco, che però dice essersi trattato d'un solo cieco 537. La soluzione della difficoltà è la stessa che è stata data a proposito di quei due posseduti dalla legione di demoni nel paese dei Geraseni538. In effetti, dei due ciechi che qui Marco menziona uno doveva essere molto conosciuto, direi anzi ben rinomato, in quella città: tant'è vero che Marco riferisce il nome suo e quello di suo padre 539. Questa precisazione del nome non è facile riscontrarla fra le tante persone guarite dal Signore di cui prima si parla nel Vangelo. Si trova indicato per nome soltanto l'arcisinagogo Giairo di cui Gesù risuscitò la figlia 540. Da questo viene confermata la nostra precedente conclusione, in quanto quell'arcisinagogo nel proprio ambiente doveva essere senz'altro un personaggio di rilievo. Non c'è dubbio pertanto che Bartimeo, figlio di Timeo, era un personaggio decaduto da prosperità molto grande, e la sua condizione di miseria doveva essere universalmente nota e di pubblico dominio in quanto non era soltanto cieco ma un mendicante che sedeva lungo la strada. Per questo motivo Marco volle ricordare lui solo, perché l'avere egli ricuperato la vista conferì al miracolo tanta risonanza quanto era grande la fama della sventura capitata al cieco.


65. 126. Luca riferisce un episodio che nelle modalità corrisponde esattamente al precedente; tuttavia occorrerà intendere il suo racconto nel senso che si tratta di un altro miracolo avvenuto nella persona di un altro cieco per quanto in modo consimile 541. Questo perché Luca afferma che il fatto avvenne mentre Gesù si avvicinava a Gerico 542, gli altri evangelisti invece lo collocano quando egli usciva da Gerico 543. È vero che il nome della città e le somiglianze fra i due episodi indurrebbero a farci credere trattarsi d'un solo e identico fatto, ma in tal caso gli evangelisti sarebbero in contraddizione fra loro poiché uno dice: Mentre si avvicinava a Gerico, gli altri: Mentre usciva da Gerico. A una tale conclusione possono naturalmente lasciarsi indurre coloro che sono più propensi a credere che nel Vangelo ci siano menzogne anziché a credere che Gesù abbia compiuto due miracoli simili e con modalità press'a poco uguali. Ora quale di queste due ipotesi sia la più credibile (o piuttosto l'unica vera) lo scopre, e con molta facilità, chi vuol esser un figlio fedele al Vangelo; e anche chi ama le polemiche, almeno dopo che lo si è avvisato, può trovare una risposta per starsene zitto o, se non gli garba tacere, potrà darsi una risposta che lo costringa a pensare.


L'ingresso di Gesù a Gerusalemme.


66. 127. Prosegue Matteo: Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero a Betfage, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: " Andate nel villaggio che vi sta di fronte: subito troverete un'asina legata e con essa un puledro " 544 ecc., fino alle parole: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell'alto dei cieli 545. Identico il racconto di Marco che rispetta lo stesso ordine 546. Al contrario Luca si sofferma ancora a Gerico, ricordando particolari omessi dagli altri evangelisti, come il fatto di Zaccheo, capo dei pubblicani, e alcuni testi parabolici 547. Terminata la digressione si riannoda al racconto degli altri, ricordando anche lui l'asinello sul quale sedette Gesù. Né ci si deve meravigliare se Matteo menziona l'asina e il puledro, mentre gli altri non parlano dell'asina. Si deve anche qui ripensare alla norma sopra inculcata a proposito di quella gente che si adagiò sull'erba a gruppi di cento e di cinquanta, quando le folle furono sfamate con cinque pani 548. Tenendo presente questa norma, il lettore non dovrebbe turbarsi nemmeno se Matteo avesse tralasciato di menzionare il puledro, come gli altri hanno sorvolato sull'asina, né tanto meno pensare a una opposizione per aver uno parlato dell'asina mentre gli altri del puledro. Come si fa quindi a stupirsi se uno ricorda l'asina, di cui gli altri tacciono, ma non tralascia di ricordare il puledro, menzionato anche dagli altri? Se pertanto c'è modo di interpretare le cose come tutt'e due avvenute, non c'è contrasto quando un evangelista ne riferisce l'una e un altro l'altra. Quanto meno ci sarà contrasto se un autore riferisce uno dei fatti mentre l'altro tutti e due?


66. 128. Giovanni non parla dell'incarico dato dal Signore ai discepoli di recargli i due animali ma accenna brevemente al puledro, aggiungendo anche la testimonianza del profeta ricordata da Matteo 549. Nel riferire questa testimonianza profetica c'è fra i due evangelisti una certa diversità di linguaggio ma nessuna opposizione di contenuto. Può tuttavia sorprendere il fatto che Matteo nel riferire la cosa afferma che nel profeta si fa menzione dell'asina 550, mentre non sarebbe conforme al testo né in quanto descrive Giovanni né in quanto leggono i codici della versione in uso nella Chiesa. La ragione di tale divergenza mi sembra doversi ricercare nel fatto che, stando alla tradizione, Matteo scrisse il Vangelo in lingua ebraica. Ora è noto che la versione cosiddetta dei Settanta differisce in vari passi da quel che leggono nel testo ebraico coloro che conoscono detta lingua e hanno interpretato qualcuno dei libri scritti in ebraico. Si potrebbe ricercare la causa di queste divergenze e come mai riscuota tanto credito la versione dei Settanta, che così spesso si allontana dalla verità contenuta nei codici ebraici. Per quanto mi è dato conoscere, non penso che ci sia un motivo più probabile di questo: che quei Settanta interpreti tradussero per impulso dello stesso Spirito dal quale erano state dette le cose che essi traducevano. La qual cosa è confermata dal mirabile accordo che, a quanto si dice, fu riscontrato fra loro. Essi pertanto si permisero delle varianti nella elocuzione ma non si scostarono in nulla dalla volontà di Dio, autore di quelle affermazioni: quella volontà della quale le parole erano al servizio. Comportandosi in questa maniera non vollero indicare altro se non quello che con meraviglia constatiamo noi oggi nella concorde diversità esistente fra i quattro evangelisti. Per essa ci si dimostra che non è falsità se un narratore descrive le cose in modo diverso da altri ma non tradisce l'intenzione di colui con il quale deve concordare e assentire. Tale convinzione è utile anche nella vita pratica, per evitare e valutare negativamente la menzogna, ed è utile anche nel trattare problemi di fede. Non si deve infatti pensare a questo riguardo che la verità sia bloccata da espressioni, per così dire, sacrali, quasi che Dio ci abbia imposto le parole che si usano per comunicare la verità con lo stesso rigore che si richiede per il contenuto. Sono cose del tutto diverse. La sostanza di ciò che vogliamo dire è talmente al di sopra del linguaggio che usiamo per dirla che, se la potessimo conoscere senza parole - come fa Dio e in Dio gli angeli del cielo - di tali parole non andremo in cerca di alcun modo.


I profanatori del tempio.


67. 129. Prosegue Matteo: Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: " Chi è costui? ". E la folla rispondeva: " Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea ". Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e vendere 551 ecc., fino alle parole: Voi ne avete fatto una spelonca di ladri 552. L'episodio della folla di venditori cacciata dal tempio è riportato da tutti e quattro gli evangelisti 553, ma Giovanni lo colloca in tutt'altra sede, cioè dopo la testimonianza che a Gesù rese Giovanni Battista. Ricordato il suo ritorno in Galilea, dove cambiò l'acqua in vino, dopo una permanenza di pochi giorni a Cafarnao dice l'evangelista che egli dalla Galilea salì a Gerusalemme durante la Pasqua dei Giudei e, fatta una frusta con delle cordicelle, scacciò dal tempio i venditori. Ne segue chiaramente che il gesto fu compiuto dal Signore non una volta soltanto ma due, e Giovanni ricorda la prima volta, gli altri tre la seconda.


Il fico maledetto.


68. 130. Prosegue Matteo: Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed egli li guarì. Ma i sommi sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che faceva e i fanciulli che acclamavano nel tempio: "Osanna al figlio di Davide ", si sdegnarono e gli dissero: " Non senti quello che dicono? ". Gesù rispose loro: " Sì! Non avete mai letto: Dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei procurata la lode? ". E lasciatili uscì fuori dalla città verso Betania, e là trascorse la notte. La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un fico sulla strada gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: "Non nasca mai più frutto da te ". E subito quel fico si seccò. Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: "Come mai il fico si è seccato immediatamente? ". Rispose Gesù: " In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: Lèvati di là e gèttati nel mare, ciò avverrà. E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete 554.


68. 131. Le stesse cose, continuando il racconto, dice anche Marco ma senza attenersi al medesimo ordine 555. Che infatti egli sul principio entrò nel tempio e ne scacciò quanti stavano lì a vendere e a comprare lo dice Matteo, ma non è riferito da Marco: il quale sottolinea che Gesù, osservate perbene tutte le cose, alla sera si recò a Betania insieme con i Dodici. Il giorno dopo, tornando da Betania ebbe fame e maledisse la pianta di fico. Questo particolare è riferito anche da Matteo, ma Marco prosegue dicendo che, arrivato a Gerusalemme ed entrato nel tempio, ne scacciò i venditori e i compratori. Se ne dedurrebbe che il fatto accadde non il primo ma il secondo giorno, in contrasto con Matteo che collega gli avvenimenti in modo che dopo essersi allontanato da loro egli andò fuori della città a Betania 556 e successivamente ricorda che al mattino, mentre tornava in città, maledisse la pianta. Tutto l'insieme fa ritenere come più probabile che a rispettare con maggiore fedeltà l'ordine cronologico sulla cacciata dal tempio dei venditori e compratori sia stato Matteo. Dicendo infatti: Allontanatosi da loro andò fuori, chi possiamo intendere essere stati da lui abbandonati se non coloro con cui prima stava parlando e cioè quei tali che s'erano sdegnati per le grida dei fanciulli osannanti al Figlio di David 557? Marco dunque omette quel che accadde il primo giorno quando Gesù entrò nel tempio ma, tornatagli la cosa in mente, l'aggiunse dopo aver parlato del fico nel quale non trovò altro che foglie 558; cosa che accadde, come attestano ambedue gli evangelisti, il secondo giorno. Il racconto prosegue con l'annotazione riguardante i discepoli stupiti alla vista della pianta seccata e con la risposta del Signore sulla fede capace di trasportare al mare le montagne. Questo non accadde il secondo giorno, cioè quando il Signore disse alla pianta: Che nessuno abbia a mangiare in eterno frutti da te 559, ma il terzo giorno. Marco infatti ricorda che nel secondo giorno scacciò i venditori dal tempio, cosa che aveva omesso di collocare al primo giorno e, sempre nel secondo giorno, alla sera uscì dalla città. Passando per quella via al mattino appresso, i discepoli videro il fico seccato fin dalle radici e Pietro, ricordando [la maledizione], disse al Signore: Maestro, ecco il fico da te maledetto si è seccato 560. A questa osservazione il Signore replicò parlando della potenza della fede. Stando a Matteo tutto questo sarebbe accaduto il secondo giorno. Allora fu detto alla pianta: Mai più nasca da te frutto in eterno 561, e subito la pianta si seccò, e ai discepoli, che constatavano l'accaduto e se ne stupivano, fu data la ben nota risposta sulla potenza della fede. Le cose sono quindi da intendersi così: Marco collocò nel secondo giorno ciò che, avvenuto nel primo, era stato da lui omesso, e cioè il fatto dei venditori e compratori scacciati dal tempio. Matteo al contrario, riferendo come avvenuta nel secondo giorno la maledizione della pianta e collocandola al mattino quando tornavano da Betania in città, omette di narrare quanto invece riferito da Marco, e cioè che egli venne in città e tornò via quand'era sera e al mattino seguente, ripassando, i discepoli si stupirono del fatto che la pianta si era seccata. In altre parole, a quanto era accaduto nel secondo giorno - e cioè alla maledizione pronunciata contro la pianta - Matteo aggiunge subito quel che accadde nel terzo: che cioè i discepoli si stupirono dell'essersi la pianta seccata e si sentirono replicare dal Signore quale fosse il potere della fede. Ciò facendo comprendiamo come Matteo abbia collegato tra loro i diversi fatti, mentre, se non ci costringesse il racconto di Marco, sarebbe a noi impossibile determinare ciò che Matteo ha omesso. Avendo dunque Matteo raccontato che Gesù lasciatili uscì fuori dalla città verso Betania e là trascorse la notte, così prosegue: La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non trovò altro che foglie e gli disse: " Non nasca mai più frutto da te ". E subito quel fico si seccò. Tralascia pertanto tutte le altre cose avvenute in quel giorno e aggiunge immediatamente: Vedendo la cosa, i discepoli rimasero stupiti e dicevano: Come mai si è seccato all'istante? 562 Tale cosa invece essi videro in un giorno diverso: diverso, dico, fu il giorno in cui rimasero stupiti. È quindi da supporsi che la pianta si seccò non sotto lo sguardo dei discepoli ma subito dopo la maledizione. Non la videro infatti mentre si seccava ma quando era già completamente secca, e compresero che si era seccata subito dopo che il Signore ebbe pronunciato la sua parola di maledizione.


Disputa di Gesù con i capi del giudaismo.


69. 132. Prosegue Matteo: Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: " Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità? ". Gesù rispose: " Vi farò anch'io una domanda e, se voi mi risponderete, vi dirò anche io con quale autorità faccio questo: Il battesimo di Giovanni da dove veniva? " 563 ecc., fino alle parole: Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose 564. Tutto questo è narrato anche dagli altri due evangelisti, Marco e Luca, e quasi con identiche parole 565. E nemmeno nell'ordine ci sono fra loro discrepanze, all'infuori di quanto ho precisato sopra, e cioè che Matteo, tralasciati alcuni particolari da collocarsi in un altro giorno, stende il racconto in modo che, se non si fa attenzione, si potrebbe pensare che egli è rimasto ancora al secondo giorno, mentre Marco è arrivato al terzo. Quanto a Luca, colloca qui il nostro episodio, ma non come uno che voglia elencare ordinatamente la successione dei giorni. Riferito il fatto della cacciata dal tempio dei compratori e venditori, omette il particolare di Gesù che si reca a Betania e torna in città e così anche l'altro particolare del fico maledetto e la risposta che il Signore diede ai discepoli, sorpresi del fatto, riguardo alla virtù della fede. Omesso tutto ciò, intesse il suo racconto dicendo: Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo; ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole. Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo: " Dicci con quale autorità fai queste cose " 566 ecc., parole riportate anche dagli altri due evangelisti. Da ciò si ricava con chiarezza che nella stessa successione dei fatti Luca non contiene opposizioni con gli altri in quanto, dicendo che la tale o tal altra cosa accadde in un certo giorno, bisogna intendere trattarsi di quel giorno in cui anche gli altri riferiscono essere effettivamente avvenuta.


La vigna del Signore.


70. 133. Prosegue Matteo: Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, Signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò 567 ecc., fino alle parole: Chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà 568. Marco e Luca non ci parlano dei due figli ai quali fu comandato di recarsi a lavorare nella vigna ma in entrambi si trova il racconto di ciò che subito dopo riferisce Matteo, e cioè della vigna affidata a contadini malvagi che perseguitarono i servi mandati a loro e uccisero il figlio amato dal padre, dopo averlo cacciato fuori dalla vigna 569. Anche l'ordine degli avvenimenti è rispettato, e il tutto si colloca dopo che i Giudei, interrogati sul battesimo di Giovanni, confessarono di non saperne l'origine e Gesù disse loro in risposta: Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose 570.


70. 134. Non sorge quindi al riguardo alcun problema di contrapposizione, se si esclude il particolare di Matteo, il quale, dopo l'interrogazione posta dal Signore ai Giudei:Quando verrà il padrone della vigna, cosa farà a quei vignaioli?, afferma che gli interrogati risposero dicendo: Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo 571. Al dire di Marco questa risposta non fu data dai Giudei ma dal Signore stesso, il quale, posta la domanda, si dà come da se stesso la risposta che logicamente si richiedeva. Dice infatti: Cosa farà pertanto il padrone delle vigna? Verrà, manderà in malora quei coloni e darà ad altri la vigna 572. Si può agevolmente supporre che la loro risposta fu riportata nel testo senza la precisazione: "Essi dissero", o: "Essi risposero", lasciando tuttavia intendere che così avvenne la cosa. Si può anche pensare che tale riposta fu messa in bocca al Signore perché, avendo essi detto la verità, la stessa risposta anche se data per loro mezzo fu detta propriamente da lui, che è la Verità 573.


70. 135. La narrazione di Luca ci turba ancora di più. Egli infatti non solo non dice che la risposta fu data dagli avversari sebbene le parole con cui fu espressa egli le attribuisca al Signore, come riferito da Marco, ma reca una risposta nettamente contraria in quanto son poste sulle labbra degli avversari le parole: Non sia mai! Egli scrive così: Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna? Verrà e manderà a morte quei coltivatori e affiderà ad altri la vigna. Ma essi, udito ciò, esclamarono: " Non sia mai! ". Allora egli si volse verso di loro e disse: " Che cos'è dunque ciò che è scritto: "La pietra che i costruttori hanno scartato, è diventata testata d'angolo"? " 574. Come poterono dunque gli interpellati dare la risposta riportata da Matteo e cioè: Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo 575, se è vero, come riferito da Luca, che essi oppugnarono tale conclusione dicendo: Non sia mai? In effetti, quanto detto dal Signore nel seguito del discorso a proposito della pietra scartata dai costruttori e diventata pietra angolare, in tanto viene aggiunto in quanto con tale testimonianza si dovevano convincere coloro che contraddicevano la parabola. E veramente anche quanto riferito da Matteo, e cioè la domanda: Non avete mai letto nella Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo? 576. lo si riporta come rivolto a dei contraddittori. Che senso ha infatti quel Non avete mai letto se essi non avevano già dato una risposta contrastante con tali parole? Ciò lascia intravedere anche Marco, che riferisce le stesse parole in questa maniera: Non avete forse letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d'angolo? 577 Questa affermazione appare come detta nel posto preciso se si segue la narrazione di Luca, e quel posto sarebbe dopo che essi ebbero replicato in tono di ripulsa: Non sia mai! Tale infatti è, come questo stesso evangelista annota, il valore della frase: Ma cos'è mai allora ciò che è stato scritto: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d'angolo? 578 L'intenzione che tale sia la portata della frase l'inculcano tanto il: Non avete mai letto, quanto il: Nemmeno questo avete letto, quanto il: Cos'è dunque ciò che è stato scritto?


70. 136. Possiamo quindi intendere la frase nel senso che tra i molti uditori alcuni risposero quanto riportato da Matteo e cioè: Essi gli replicarono: Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli 579. Altri invece gli ribatterono quel che Luca non volle tacere, e cioè: Non sia mai! In realtà proprio a quei tali che avevano dato al Signore la risposta di cui sopra, gli altri replicarono: Non sia mai! Da Marco e da Luca quella prima risposta, a cui questi altri replicarono: Non sia mai!, fu attribuita al Signore per il motivo, già accennato, che per loro mezzo parlava la stessa Verità. La Verità si serviva di loro tanto se non erano consapevoli di quel che affermavano (e ciò nell'ipotesi che fossero cattivi, come avvenne in Caifa che, non sapendo quel che diceva, per essere gran sacerdote fu in grado di profetizzare 580), quanto se essi, possedendo un'intelligenza soprannaturale per esser divenuti credenti, ne erano consapevoli. Infatti lì in mezzo a loro si trovava già quella turba ad opera della quale si adempiva la profezia: la numerosa turba cioè di coloro che, quando il Signore entrò in città, gli corse incontro gridando: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 581


70. 137. Né ci deve turbare il fatto che, stando a Matteo, furono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo ad avvicinarsi al Signore e a chiedergli con quale potere facesse quelle opere o chi gli avesse dato tale autorità. In quell'occasione egli a sua volta pose loro la domanda sul battesimo di Giovanni e donde provenisse, se dal cielo o dagli uomini 582Avendo essi risposto che non lo sapevano, egli disse: " Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose " 583. Iniziando da questo dibattito e proseguendo senza interruzioni disse: Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli 584 ecc. Senza inserimenti di cose o persone, secondo Matteo, il discorso si snoda fino alla parabola ora ricordata della vigna data in affitto agli agricoltori; e si potrebbe supporre che l'intero discorso fu rivolto ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo che l'avevano interrogato sul potere in forza del quale compiva le sue opere. Tuttavia, se quei tali gli avevano posto la domanda per tentarlo e animati da intenzioni ostili, non si può pensare che fossero di quelli che avevano creduto e che presentarono al Signore quella splendida testimonianza tratta dal Profeta. Non si comprende nemmeno com'essi in quel momento gli avrebbero potuto dare, non per ignoranza ma mossi dalla fede, quella risposta: Farà morire miseramente quei malvagi e affiderà la vigna ad altri vignaioli 585. La cosa non ci deve comunque sorprendere in alcun modo né indurci a pensare che tra la folla che allora ascoltava le parabole del Signore non ci potevano essere anche dei convertiti. In realtà Matteo per amore di brevità sorvola su cose che invece sono riferite da Luca e cioè sul particolare che la parabola non fu detta solo per coloro che l'avevano interrogato sul suo potere ma fu rivolta all'intera moltitudine. Luca infatti si esprime così: Allora cominciò a dire alla folla la seguente parabola: Un uomo piantò una vigna 586 ecc. Si deve pertanto interpretare il testo in modo che tra la folla ivi menzionata ci poterono essere anche coloro che, avendo ascoltato il Maestro con animo retto, esclamarono:Benedetto colui che viene nel nome del Signore 587. Furono loro, o alcuni del loro gruppo, a rispondere: Farà morire miseramente quei malvagi e affiderà la vigna ad altri vignaioli588. Questa loro riposta Marco e Luca l'attribuirono al Signore stesso 589. Egli l'avrebbe detta di persona in quanto, essendo la verità, è lui che parla anche in quei casi in cui a parlare sono dei cattivi, inconsapevoli di quello che affermano. Ciò egli fa muovendo la mente dell'uomo con un impulso segreto; e la cosa non è da ascriversi a meriti umani ma al potere che Cristo ha per la sua onnipotenza. È inoltre possibile che quelle persone non fossero inserite invano nel corpo di Cristo come sue membra, ma lo erano così profondamente che la loro voce poté essere attribuita a colui del quale esse appunto erano membra. Ripetutamente infatti gli evangelisti ci informano che Gesù aveva battezzato più gente che non Giovanni e aveva una gran folla di discepoli 590, fra i quali vogliamo computare anche quei cinquecento dai quali, al dire di Paolo apostolo, si fece vedere dopo la risurrezione 591. Tale ipotesi poi riteniamo plausibile soprattutto perché nel testo stesso di Matteo non è detto: Quei tali dicono: Farà morire miseramente quei malvagi. Non si trova il pronome Quelli al plurale: la qual cosa di per sé indicherebbe che la risposta venne data da quei tali che volendolo trarre in inganno l'avevano interrogato sulla sua autorità. Si legge al contrario: Dicono a lui, cioè pongono a lui la domanda, cioè al Signore in persona. Il pronome sta al singolare, non al plurale, come appare senz'ombra di ambiguità dai manoscritti greci.


70. 138. Nel Vangelo di Giovanni è riportato un discorso del Signore che consente di capire più facilmente quanto sto dicendo. Scrive l'evangelista: Gesù disse allora a quei Giudei che avevano creduto in lui: " Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi ". Gli risposero: "Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi? ". Gesù rispose: " In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenza di Abramo, ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi " 592. Non avrebbe certamente detto: Voi cercate di uccidermi a coloro che avevano creduto in lui, ai quali un po' prima aveva detto: Se rimanete nella mia parola sarete veramente miei discepoli, ma ciò disse perché, oltre a coloro che avevano creduto, c'era lì presente tutta una folla che comprendeva anche parecchi nemici. Ora, anche se l'evangelista non specifica chi sia stato a dare quella risposta, dai termini stessi in cui la risposta è formulata e dalla replica con cui furono confutati appare con sufficiente chiarezza a chi debbano attribuirsi le parole in questione. Se dunque tra la folla di cui parla Giovanni c'erano di quelli che avevano creduto in Gesù e c'erano altri che volevano ucciderlo, lo stesso dové accadere nella folla di cui ci stiamo ora occupando. In essa c'erano alcuni che con astuzia maligna chiedevano al Signore con quale potere facesse le sue opere 593 e c'erano altri animati non da malizia ma da fede sincera. Costoro avevano prima acclamato: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 594 e adesso rispondendo alla sua domanda dicevano: Farà morire quei malvagi e darà ad altri la sua vigna 595. Questa risposta con esatta interpretazione si può attribuire al Signore stesso o perché essa rispondeva a verità o perché fu data da persone che erano membra di Cristo e quindi costituivano un tutt'uno con il loro capo. E poi c'erano anche altri che a questi tali replicavano: Non sia mai! 596 Avevano infatti compreso che la parabola era detta contro di loro.


 



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