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IL CONSENSO DEGLI EVANGELISTI

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2016 20:22
17/03/2016 20:17

47. 101. Passiamo ora a Luca. Egli, dopo aver narrato il miracolo dei cinque pani, si volge altrove allontanandosi da questa successione dei fatti. Non accenna per nulla alla barca in pericolo né al Signore che cammina sulle acque. Dice così: Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste; e poi prosegue: Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: "Chi sono io secondo la gente? " 449. Si tratta di un nuovo racconto, che da qui inizia, non quindi delle cose riferite dagli altri tre evangelisti, i quali narrano l'episodio del Signore che si reca dai discepoli in navigazione camminando sulle acque. Né si deve pensare che egli abbia detto ai discepoli: Chi sono io secondo la gente? 450 mentre si trovava su quel monte dove, secondo Matteo, era salito per pregare in solitudine. In questo infatti Luca sembrerebbe combaciare con Matteo poiché dice: Mentre era solo a pregare, e Matteo: Salì sul monte, lui solo, a pregare 451. Tuttavia la domanda che rivolse ai discepoli si colloca assolutamente in altro contesto, poiché quando pregava - e pregava da solo - c'erano con lui anche i discepoli. Certamente Luca, pur affermando che egli era solo, non intende escludere i discepoli, come invece fanno Matteo e Giovanni, i quali dicono che i discepoli si erano allontanati da lui per precederlo al di là del mare 452. Al contrario Luca aggiunge in maniera del tutto esplicita: Erano con lui anche i discepoli, e, se dice che era solo, esclude soltanto la presenza della folla, che non rimaneva stabilmente presso di lui.


I fatti che accaddero dopo la traversata.


48. 102. Matteo continua dicendo: Compiuta la traversata, approdarono a Genésaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati e lo pregavano di poter toccare almeno l'orlo del suo mantello. E quanti lo toccavano guarivano 453. In quel tempo vennero a Gesù da Gerusalemme alcuni farisei e alcuni scribi e gli dissero: " Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Poiché non si lavano le mani quando prendono il cibo " 454 ecc., fino alle parole: Il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l'uomo 455. Le stesse cose riporta Marco senza che ci siano problemi di contrapposizione, in quanto là dove ci sono differenze si tratta di differenze formali, non di contenuto 456. Giovanni invece narra dei discepoli che dalla barca dove il Signore s'era recato camminando sulle acque scendono in terra e, interessato, secondo il suo solito, dei discorsi di Gesù, riferisce che egli, prendendo lo spunto da quei pani, espose molte cose: cose divine quant'altre mai. Terminato poi il discorso, il suo racconto si volge ancora, volando in alto, ad altri ed altri temi 457. Tuttavia, per quanto si discosti dagli altri evangelisti, il suo passare ad avvenimenti differenti non si oppone affatto all'ordine seguito dagli altri scrittori. Cosa infatti ci impedisce d'intendere che quei tali che, secondo il racconto di Matteo e di Marco, furono guariti dal Signore sono gli stessi che lo seguirono di là dal mare e che ad essi tenne il discorso riportato da Giovanni? In effetti Cafarnao, cioè la città a cui secondo Giovanni approdarono, è situata presso il lago di Genésaret, la terra appunto verso la quale, secondo Matteo, essi erano diretti.


Le parole della donna Cananea in Matteo e Luca.


49. 103. Dopo il discorso che il Signore tenne ai farisei parlando del lavarsi o no le mani, Matteo prosegue con un racconto connesso e osservando anche l'ordine in cui le cose si susseguirono. Lo indica il modo com'è descritto il passaggio. Egli dice: Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: " Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio ". Ma egli non le rivolse neppure una parola 458 ecc., fino alle parole: "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri ". E da quell'istante sua figlia fu guarita 459. L'episodio della Cananea è riportato anche da Marco, il quale si attiene allo stesso ordine né presenta alcun problema in fatto di contrapposizione, se si esclude il particolare della casa, all'interno della quale si sarebbe trovato il Signore quando venne da lui la Cananea a pregarlo per la figlia 460. Matteo poté facilmente omettere il riferimento alla casa, pur narrando lo stesso avvenimento. Tuttavia, siccome nota che i discepoli suggerirono al Signore di allontanarla poiché gridava dietro a loro 461, con tale precisazione altro non vuol dire se non che il Signore era in cammino quando la donna cominciò a gridare le sue implorazioni. Come poté dunque il fatto accadere all'interno della casa? La soluzione viene se si ammette che la donna entrò nella casa dopo che il Signore - come attesta Marco - era entrato anch'egli in casa. Siccome poi Matteo dice che Gesù non le rivolse neppure una parola 462, ci si lascia sottintendere che durante quel silenzio Gesù uscì di casa: particolare che nessuno dei due evangelisti racconta. Dopo questo avvennero le altre cose narrate dal Vangelo: nelle quali non c'è nessuna divergenza. Quanto alle parole, riferite da Marco, che il Signore disse alla donna e cioè " non doversi gettare ai cani il pane dei figli ", furono dette dopo le inserzioni che anche Matteo riporta. In questo modo: i discepoli intervennero supplicando il Signore per lei; ma ad essi il Signore rispose di essere stato mandato soltanto alle pecore perdute della casa d'Israele. In quel frattempo intervenne lei, arrivando però dopo i discepoli, e lo adorò dicendo: Signore, aiutami 463, e allora le fu data la risposta che tutt'e due gli evangelisti hanno tramandato.


Le turbe sfamate con sette pani.


50. 104. Continuando il racconto Matteo scrive: Allontanatosi di là, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, si fermò là. Attorno a lui si radunò molta folla recando con sé muti, ciechi, zoppi, storpi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì. E la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E glorificavano il Dio d'Israele. Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: " Sento compassione di questa folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare " 464 ecc., fino alle parole: Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini 465. Questo miracolo dei sette pani e pochi pesci è ricordato anche da Marco e, su per giù, nello stesso ordine. Solo che Marco inserisce qui l'episodio, non raccontato da nessuno degli altri evangelisti, di quel sordo 466 al quale il Signore aprì gli orecchi usando dello sputo sulle dita e dicendo: Effeta, che significa: " Apriti " 467.


50. 105. A proposito del miracolo dei sette pani non mi sembra essere fuori posto segnalare che esso è raccontato da due evangelisti, Matteo e Marco 468. Se infatti lo avesse raccontato uno di loro che non aveva detto nulla dell'altro miracolo, cioè dei cinque pani, si sarebbe potuto pensare che l'autore d'un tale racconto era in contrasto con gli altri. Trattandosi d'un unico e identico fatto, chi non avrebbe concluso che o l'uno o l'altro o tutti i narratori ci abbiano lasciato un racconto non solo incompleto ma anche falsato? Ingannati, essi ci avrebbero parlato di sette pani invece che di cinque o di cinque invece che di sette; e tutti ci avrebbero riferito menzogne o, avendo dimenticato le cose, loro stessi sarebbero rimasti ingannati. Lo stesso vale per le dodici ceste: cosa che si potrà ritenere, più o meno, in contrasto con le sette sporte; e vale anche per il numero di quelli che furono sfamati: in un caso cinquemila, nell'altro quattromila. Siccome però gli stessi evangelisti che ci hanno riportato il miracolo dei sette pani ci hanno parlato anche di quello dei cinque pani, nessuno ha da sorprendersi delle differenze, essendo chiaro che entrambi i fatti sono realmente accaduti. Diciamo questo per risolvere altri casi simili, dove si trova compiuto dal Signore qualcosa in cui un evangelista sembra essere in contrasto con gli altri, e in maniera tale che la difficoltà sembra davvero insolubile. In questi casi non resta che supporre essere accaduto l'uno e l'altro episodio e che gli evangelisti, dei due, ne hanno raccontato chi l'uno e chi l'altro. Una tale soluzione abbiamo proposto riguardo ai gruppi di cento, o di cinquanta, della gente che sedeva in terra per mangiare i pani. Se infatti anche a questo riguardo non avessimo riscontrato che i due raggruppamenti sono riferiti in questi termini dal medesimo narratore, avremmo potuto concludere che i singoli scrittori sono fra loro in contrapposizione.


Il segno di Giona.


51. 106. Prosegue Matteo: Congedata la folla, Gesù salì sulla barca e andò nella regione di Magadan 469 ecc., fino alle parole: Una generazione perversa e adultera cerca un segno, ma nessun segno le sarà dato se non il segno di Giona 470. Di questo ha già parlato Matteo in altro luogo 471. Per cui bisognerà ritenere - e la cosa va ribadita senza mai stancarsi - che il Signore dové ripetere spesso le stesse parole, e quindi là dove esistono espressioni contrastanti si deve supporre che la cosa sia stata detta due volte. Quanto al nostro testo in concreto, Marco segue lo stesso ordine di Matteo, e dopo il miracolo dei sette pani riporta gli stessi avvenimenti, differenziandosi solo perché li colloca a Dalmanuta mentre Matteo non parla di questa località, anche se la si legge in alcuni codici, ma di Magadan. Non si deve però dubitare che con i due nomi venga indicata la stessa regione: tant'è vero che la maggioranza dei codici anche di Marco altro non leggono se non Magadan 472. Né deve sorprendere il fatto che secondo Marco la risposta non fu data a gente che chiedeva un segno dal cielo e nemmeno, come ha Matteo, che questo segno era Giona, ma semplicemente che Gesù rispose: Non le sarà dato alcun segno. È facile comprendere quale fosse il segno che chiedevano e com'esso doveva provenire dal cielo. Quanto a Giona, ricordato da Matteo, Marco non ne parla.


Il lievito dei farisei.


52. 107. Prosegue Matteo: E lasciatili se ne andò. Nel passare però all'altra riva, i discepoli avevano dimenticato di prendere il pane. Gesù disse loro: " Fate bene attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei " 473 ecc., fino alle parole: Allora essi compresero che egli non aveva detto che si guardassero dal lievito del pane, ma dalla dottrina dei farisei e dei sadducei 474. Identiche cose riferisce Marco e con lo stesso ordine 475.


Le opinioni della gente su Gesù.


53. 108. Prosegue Matteo: Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli: " La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo? ". Risposero: " Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei Profeti " 475 ecc., fino alle parole: E tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli 476. Questo avvenimento è narrato anche da Marco e quasi con lo stesso ordine 477. Egli vi premette soltanto un miracolo che lui solo racconta, e cioè di quel cieco a cui il Signore restituì la vista. Prima di guarire egli aveva confessato: Vedo degli uomini simili ad alberi che si muovono 478. Luca ricorda questo episodio dopo il miracolo dei cinque pani e in quel contesto lo inserisce 479. Ora quest'ordine, che è quello secondo cui un autore ricorda le cose, non contrasta assolutamente - come sopra abbiamo rilevato - con l'ordine seguito dagli altri autori sacri. Potrebbe invece sorprendere il fatto che l'interrogazione rivolta dal Signore ai discepoli sulle opinioni della gente nei suoi riguardi, secondo Luca sarebbe stata da lui proferita mentre stava pregando in solitudine e c'erano solo i discepoli, mentre secondo Marco li avrebbe interrogati mentre erano in cammino 480. Chi si stupisce d'una divergenza come questa dimostra che non ha mai pregato camminando per strada.


53. 109. Voglio qui ribadire una cosa già detta sopra e cioè: non si deve pensare che a Pietro fu dato questo nome quando gli fu detto: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa 481. Viceversa, questo nome lo ricevette quando - come riferisce Giovanni - gli fu detto: Tu ti chiamerai Cefa, che significa Pietro 482. E non è da pensarsi nemmeno che a Pietro sia stato imposto questo nome quando Marco, elencati i dodici discepoli e precisato il nome di ciascuno, dice che allora a Giacomo e Giovanni fu imposto l'appellativo di " figli del tuono ". Che se l'evangelista colloca in quel contesto l'imposizione del nome con il quale in seguito Pietro 483 sarà sempre chiamato, il suo racconto è quello di uno che ricorda cose passate e non di chi descrive cose che accadevano allora.


Gesù predice ai suoi discepoli la propria passione.


54. 110. Prosegue Matteo: Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani e degli scribi 484 ecc., fino alle parole: Non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini 485. Nello stesso ordine conducono la narrazione Marco e Luca; solo che Luca non parla di Pietro che si ribella all'ipotesi della passione di Cristo 486.


La sequela di Cristo.


55. 111. Prosegue Matteo: Allora Gesù disse ai suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua " 487 ecc., fino alle parole:E renderà a ciascuno secondo le sue azioni 488. Identico è il racconto di Marco, che procede nel medesimo ordine 489, nulla però dicendo del Figlio dell'uomo che verrà con i suoi angeli a dare a ciascuno la ricompensa meritata con le proprie opere. In compenso egli riporta queste altre parole del Signore: Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi 490. Sono parole che si possono ben interpretare come identiche nel contenuto a quelle riferite da Matteo, secondo il quale Cristo ricompenserà ciascuno secondo le sue opere. Quanto a Luca, il suo racconto procede riportando qui le stesse cose e nel medesimo ordine 491, né molto si discosta nella scelta delle parole, mentre è somigliantissimo nel contenuto, cioè nella verità.


La trasfigurazione.


56. 112. Continua Matteo: In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell'uomo venire nel suo regno 492. Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte su un alto monte 493 ecc., fino alle parole: Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti 494. Si tratta di quella teofania di Gesù avvenuta sul monte alla presenza dei tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, quando fu resa a lui testimonianza dal cielo tramite la voce del Padre. L'evento è riferito dai tre evangelisti secondo un identico ordine, e la sostanza del racconto è perfettamente uguale 495. Se ci sono delle diversità esse non toccano la sostanza dell'avvenimento: le si dovrà quindi interpretare come divergenze limitate all'ambito dell'espressione letteraria, le quali divergenze, come sopra abbiamo dimostrato, si incontrano in molti passi scritturali. Ogni lettore può quindi scorgere di che si tratta.


56. 113. Non si devono biasimare quei tali che restano sorpresi perché Marco e Matteo dicono che il fatto accadde dopo sei giorni, mentre Luca dopo otto; li si deve piuttosto istruire con una motivata spiegazione 496. La cosa accade anche a noi quando contiamo i giorni e diciamo: " Dopo tot giorni ". Ci succede a volte, dico, di non contare il giorno in cui stiamo parlando e nemmeno quello in cui accadrà la cosa che prediciamo o assicuriamo ma soltanto i giorni intermedi, passati i quali si avvererà il fatto: in realtà essi soli sono giorni del tutto completi e perfetti. Così computarono Matteo e Marco. Escludendo il giorno in cui Gesù parlava e quello in cui si mostrò sul monte, nella visione sopra ricordata, e considerando solo i giorni intermedi dissero: dopo sei giorni. Luca al contrario incluse nel suo computo anche i giorni terminali, cioè il primo e l'ultimo, e così poté parlare di otto giorni, usando quel traslato che consente di dare alla parte il nome del tutto.


56. 114. Lo stesso vale per quanto riferito da Luca a proposito di Mosè ed Elia: Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: " Maestro, è bello per noi stare qui " 497ecc. Questo racconto non è da ritenersi contrario a quello di Matteo e di Marco, che unirono le cose in modo da farci quasi apparire che Pietro rivolse la parola al Signore mentre egli stava ancora parlando con Mosè ed Elia 498. Questi evangelisti tuttavia non precisano il momento ma piuttosto omettono il particolare aggiunto da Luca, e cioè che Pietro, mentre stavano scendendo dal monte, suggerì al Signore l'idea di costruire le tre tende. Luca aggiunge inoltre la notizia che la voce risuonò dalla nube mentre essi entravano nella nube stessa: particolare di cui gli altri evangelisti non dicono nulla ma non per questo li si deve ritenere in opposizione con lui.


Il ritorno di Elia.


57. 115. Prosegue Matteo: Allora i discepoli gli domandarono: "Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia? ". Ed egli rispose: " Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, l'hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro ". Allora i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni il Battista 499. Le stesse cose ricorda Marco, che si attiene allo stesso ordine e, se si allontana da Matteo, è per qualche differenza verbale, non per la verità del contenuto, che è sempre identico 500. Egli non aggiunge, ad esempio, la precisazione che, quando il Signore presentò Elia come già venuto, i discepoli non compresero che voleva indicare Giovanni.


Il fanciullo lunatico.


58. 116. Prosegue Matteo: Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo che, gettatosi in ginocchio, gli disse: " Signore, abbi pietà di mio figlio. Egli è epilettico e soffre molto " 501 ecc., fino alle parole: Questa razza [di demoni] non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno 502 Lo stesso fatto è riportato da Marco e da Luca nello stesso ordine 503, né ci sono problemi di contrapposizione.


Gesù predice la passione.


59. 117. Prosegue Matteo: Mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: " Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà ". Ed essi furono molto rattristati 504. Nello stesso ordine riferiscono la cosa Marco e Luca 505.


La moneta del tributo trovata nel pesce.


60. 118. Prosegue Matteo: Venuti a Cafarnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori della tassa per il tempio e gli dissero: " Il vostro maestro non paga la tassa per il tempio? ". Rispose: "  " 506 ecc., fino alle parole: Prendila e consegnala loro e per me e per te 507. È un episodio che Matteo solo ricorda. Dopo questo inciso continua il racconto nel medesimo ordine secondo cui procedono, insieme con lui, anche Marco e Luca. Senza varianti.


Matteo confrontato con gli altri due Sinottici.


61. 119. Prosegue ancora Matteo: In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: " Chi dunque è il più grande nel Regno dei cieli? ". Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: " In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli " 508, fino alle parole: Così il Padre mio celeste farà di voi, se ognuno di voi non perdonerà di cuore al suo fratello 509. Di questo discorso del Signore, piuttosto lungo, Marco non riferisce tutto quello che disse Gesù ma solo una parte; procede nello stesso ordine di Matteo, aggiungendo peraltro cose che questi non riferisce 510. Durante la sezione del discorso che ora ci proponiamo di esaminare, chi interroga il Signore è il solo Pietro; egli chiede al Signore quante volte si debba perdonare il fratello. In effetti, Gesù doveva parlare spesso di tali argomenti, per cui è dato intravvedere a sufficienza come la domanda di Pietro e la risposta che ne ricevette rientravano nel medesimo discorso. In questa successione di fatti Luca non ricorda altro all'infuori della necessità d'imitare i bambini, quando appunto il Signore ne prese uno e lo collocò dinanzi ai discepoli, che carezzavano sogni di grandezza, perché lo imitassero. E se in Luca troviamo raccontate in modo somigliante altre cose che sono riportate in questo discorso, le troviamo in altri contesti e suggerite da altre occasioni 511. Lo stesso fa Giovanni quando parla della remissione dei peccati e dice che resteranno non rimessi a coloro cui non li rimetteranno e saranno rimessi e chi invece li rimetteranno 512. Secondo Giovanni queste parole furono dette dal Signore dopo la risurrezione, mentre stando a Matteo egli le pronunciò nel presente discorso anzi, al dire del primo evangelista, esse erano già state dette al solo Pietro in epoca ancor precedente 513. Dobbiamo quindi ricordare ancora una volta che Gesù dovè ripetere le stesse parole spesso e in più occasioni e, come abbiamo altre volte inculcato, non ci dobbiamo sorprendere se la successione dei detti crea qualche apparente contrasto. È un avviso che non dobbiamo ripetere di continuo.


Sul libello del ripudio.


62. 120. Successivamente Matteo racconta: Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano. E lo seguì molta folla e colà egli guarì i malati. Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: " È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo? " 514 ecc., fino alle parole: Chi può capire capisca 515. Tutto questo è riportato anche da Marco, che segue il medesimo ordine 516. S'impone tuttavia un esame degli elementi che nei due testi potrebbero sembrare contrastanti. Dice infatti Marco che fu il Signore a chiedere ai farisei quale fosse la prescrizione data da Mosè, e a questa domanda essi risposero che era stato concesso di dare il libello del ripudio 517. Matteo al contrario mette prima le parole con cui il Signore mostra come, secondo la legge, fu Dio a unire l'uomo e la donna, e quindi nessun uomo ha il diritto di separarli. A queste parole essi replicarono: Come mai allora Mosè prescrisse di dare il libello del ripudio e di licenziare [la moglie]? In risposta Gesù aggiunse: Mosè vi concesse di ripudiare la moglie a motivo della durezza del vostro cuore, ma da principio non fu così 518. Marco da parte sua non omette questa replica del Signore ma la colloca dopo che essi ebbero risposto alla domanda da lui posta sul libello del ripudio.


62. 121. Dobbiamo ancora una volta persuaderci che, qualunque sia stato l'ordine delle parole e le modalità con cui furono rivolte al Signore, ciò non ha nulla a che vedere con la verità dei fatti. Non interessa quindi sapere se fu il Signore a dichiarare illecita ogni separazione e a comprovare con la legge il suo asserto, dando quella risposta alla quale i Giudei obiettarono presentando il problema del libello del ripudio loro concesso da Mosè, che pure aveva scritto aver Dio congiunto l'uomo e la donna 519; o se invece furono gli avversari a rispondere così al Signore che chiedeva quale fosse al riguardo la prescrizione di Mosè. Nella volontà di Cristo c'era infatti il proposito di non esporre il motivo per cui Mosè aveva accordato loro quella concessione se essi prima non gliene avessero parlato. Ora questo proposito del Signore fu espresso da Marco mediante la domanda da lui ricordata. In effetti la loro intenzione s'incentrava sull'autorità di Mosè e com'egli aveva loro concesso di dare il libello del ripudio. La domanda quindi era fatta prevedendo la conclusione di Gesù, che avrebbe sicuramente proibito ogni separazione. Erano infatti andati da lui proprio per metterlo alla prova con la loro domanda. Ora, questa intenzione è descritta da Matteo senza che venga ricordata la domanda loro rivolta dal Signore ma mettendo in bocca agli stessi avversari il riferimento al comando dato da Mosè, con cui volevano in certo qual modo trarre dalla propria parte il Maestro, che invece proibiva ogni sorta di separazione. Avendo dunque tutt'e due gli evangelisti esposto chiaramente qual era l'intenzione degli interlocutori - elemento essenziale al cui servizio erano le parole - non importa nulla se il loro modo di narrare la cosa sia diverso, dal momento che nessuno dei due si allontana dalla verità.


62. 122. Il fatto può anche ricostruirsi secondo quel che riferisce Marco, e cioè che, venuti gli avversari a interrogarlo sul ripudio della moglie, il Signore li interrogò a sua volta sulle ingiunzioni date al riguardo da Mosè. Avendo essi risposto che Mosè aveva permesso di compilare il libello del ripudio e così rimandarla, egli replicò citando la legge stessa, data da Mosè, secondo la quale Dio istituì le nozze tra uomo e donna e aggiungendo le parole riportate da Matteo: Non avete voi letto come colui che al principio li creò, li creò maschio e femmina? 520 ecc. All'udire questo, essi riproposero la sussunta già a lui presentata dopo la prima domanda e gli dissero di nuovo: Come mai potè Mosè comandare che le si desse il libello del ripudio e la si rimandasse? 521 In riferimento a tale richiesta Gesù mostrò come il motivo era da ricercarsi nella durezza del loro cuore; e Marco per brevità colloca dapprincipio questo riferimento al motivo della interrogazione, supponendo che la risposta fu data alla replica precedente, che Matteo colloca altrove. Egli, così facendo, indica che nessun pregiudizio si arreca alla verità con riferire in contesti diversi ma con identiche parole quanto quei farisei avevano detto e poi ripetuto, dal momento che anche il Signore l'aveva espresso con tali parole.


I fanciulli e il giovane ricco.


63. 123. Prosegue Matteo: Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano 522 ecc., fino alle parole: Molti invero sono i chiamati, ma pochi gli eletti 523. Lo stesso ordine di Matteo segue Marco 524, ma il racconto degli operai presi a giornata per lavorare la vigna è inserito dal solo Matteo. Quanto a Luca, egli, riferita la risposta che il Signore diede ai discepoli vogliosi di sapere chi fosse il più grande fra loro, aggiunge il racconto di quel tale che avevano visto scacciare i demoni senza essere dei seguaci di Gesù. In seguito si distacca completamente dai primi due evangelisti e narra come il Maestro si rivolse decisamente verso Gerusalemme intenzionato di salirvi 525. Dopo una lunga digressione torna a combaciare con gli altri raccontando di quel ricco 526 al quale il Signore disse: Vendi tutto quello che possiedi 527, cosa che gli altri ricordano in questo momento procedendo insieme nello stesso ordine. È in tal punto che anche Luca prima di menzionare quel ricco pone l'episodio dei fanciulli, come fanno gli altri due. Riguardo poi al ricco che chiedeva cosa dovesse fare di bene per ottenere la vita eterna potrebbe notarsi una qualche diversità fra quanto riferito da Matteo (e cioè: Perché mi interroghi su ciò che è buono? 528) e quanto riferito dagli altri evangelisti, che hanno: Perché mi chiami buono? 529 Ad ogni modo le parole: Perché mi interroghi su ciò che è buono? possono con probabilità riferirsi alla domanda di quel tale: Cosa dovrò fare di buono? In tale domanda si parla diciò che è buono e la forma è interrogativa, mentre Maestro buono non è un'interrogazione. Si deve dunque con tutta probabilità intendere che le frasi furono dette tutt'e due, e cioè: Perché mi chiami buono? e: Perché mi interroghi su ciò che è buono?


Gesù predice la passione.


64. 124. Matteo prosegue: Mentre saliva a Gerusalemme Gesù prese in disparte i Dodici e lungo la via disse loro: " Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà ". Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa 530 ecc., fino alle parole: Appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto di molti 531. Alla stessa successione dei fatti si attiene Marco, ma nel particolare dei figli di Zebedeo annota che furono loro a dire quelle parole, mentre secondo Matteo non furono dette da loro personalmente ma tramite la madre, che presentò al Signore il loro desiderio. Per questo motivo Marco, che ama la brevità, così scrivendo volle sottolineare che a dire la frase furono piuttosto loro e non la madre 532; tant'è vero che, tanto secondo Matteo quanto secondo Marco, nella risposta il Signore si rivolse a loro più che non alla madre. Luca 533 ricorda la predizione che Gesù fece ai dodici discepoli della sua passione e risurrezione e la espone nello stesso ordine, ma poi omette quanto narrato dagli altri finché, dopo le diverse aggiunte, non si rincontrano nell'episodio accaduto a Gerico. Riguardo però alle affermazioni riportate da Matteo e Marco sui capi delle nazioni che spadroneggiano sui sudditi, mentre fra i discepoli non deve essere così, anzi chi fra loro è più in alto deve diventare il servo degli altri, tutto ciò è narrato, più o meno, anche da Luca, ma non nello stesso contesto. Questa diversità di collocazione di per sé indica che la stessa espressione fu ripetuta più volte dal Signore 534.



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