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IL CONSENSO DEGLI EVANGELISTI

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2016 20:22
17/03/2016 20:14

Gesù lascia la Galilea.


18. 42. Dobbiamo a questo punto ricercare come l'evangelista Giovanni abbia potuto dire che Gesù si recò in Galilea prima dell'arresto di Giovanni Battista 197. Egli infatti comincia col ricordare che Gesù cambiò l'acqua in vino a Cana di Galilea; quindi con la madre e i discepoli scese a Cafarnao, dove rimase per alcuni giorni; da lì ascese a Gerusalemme in occasione della Pasqua. Dopo ciò, secondo l'evangelista, insieme con i discepoli egli venne nella regione della Giudea, dove rimase un qualche tempo battezzando 198. Quindi prosegue: Anche Giovanni battezzava in Ainon presso Salim, dove sono acque abbondanti. Da lui veniva molta gente e si faceva battezzare: Giovanni infatti non era stato ancora incarcerato 199. Matteo dice al contrario: Avendo saputo che Giovanni era stato catturato, si ritirò in Galilea 200. E parimenti Marco: Dopo che Giovanni fu catturato Gesù venne in Galilea 201. Quanto a Luca, egli non dice nulla della carcerazione di Giovanni ma anche lui, dopo aver parlato del battesimo e della tentazione di Cristo, riferisce, in accordo con gli altri due evangelisti, che allora Gesù se ne andò in Galilea. Ecco l'ordine dei fatti sul suo racconto: Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato. Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione 202. Tutto questo lascia intendere che i tre evangelisti non raccontano nulla che contrasti con quanto riportato da Giovanni: essi hanno soltanto omesso di narrare la prima venuta del Signore in Galilea, quando cambiò l'acqua in vino, la qual cosa era avvenuta subito dopo il battesimo e prima che Giovanni fosse rinchiuso in carcere. Ci fu poi un'altra venuta di Gesù in Galilea, che avvenne dopo la carcerazione di Giovanni, ma dagli evangelisti viene collegata direttamente alle narrazioni precedenti. Di questo ritorno in Galilea parla anche l'evangelista Giovanni esprimendosi in questo modo: Quando il Signore venne a sapere che era giunta agli orecchi dei farisei la notizia che Gesù aveva più seguaci di Giovanni e battezzava più di lui (sebbene non battezzasse Gesù in persona ma i suoi discepoli), allora, lasciata la Giudea, se ne tornò di nuovo in Galilea 203. A quell'epoca - così ci si lascia intendere - Giovanni era già stato imprigionato e i Giudei avevano sentito dire che Gesù si attirava più seguaci di Giovanni e battezzava con maggior successo di lui.


Il discorso della montagna nella redazione di Matteo.


19. 43. Occupiamoci ora di quell'ampio discorso che secondo Matteo il Signore tenne sul monte 204, vedendo se nel racconto degli altri evangelisti ci sia o no qualcosa in contrario. Quanto a Marco, egli non ne fa alcuna menzione né riporta qualcosa di somigliante, contentandosi di narrarci, non in maniera continuativa ma sparpagliata, alcune frasi che il Signore poté ripetere anche in altre occasioni. Tuttavia nello sviluppo della sua narrazione ha conservato la circostanza ambientale in cui, a quanto ci è dato comprendere, dovette essere pronunciato quel discorso che egli omette. Dice: [Gesù] predicava nelle loro sinagoghe e per tutta la Galilea e scacciava i demoni 205. Nella predicazione che Marco dice essere stata tenuta dal Signore in tutta la Galilea è da includersi, comprensibilmente, anche il discorso della montagna riportato da Matteo. Difatti Marco continuando il racconto scrive: E venne da lui un lebbroso che, scongiurandolo in ginocchio, gli diceva: " Se vuoi, puoi mondarmi " 206, ecc. I particolari che aggiunge a proposito di questo lebbroso guarito sono tali che inducono a identificarlo con quel lebbroso che, secondo Matteo, fu mondato dal Signore quando, finito il discorso, scese dal monte. Così infatti si esprime Matteo: Sceso dal monte, lo seguirono molte folle; ed ecco venne da lui un lebbroso che lo adorava dicendo: " Signore, se vuoi puoi mondarmi "207, eccetera.


19. 44. Anche Luca fa menzione di questo lebbroso 208, non però seguendo lo stesso ordine, ma come suole accadere quando ci si ricorda di cose passate o si anticipano fatti successivi. Nel nostro caso era Dio che interveniva a suggerire episodi che, accaduti prima, dovevano essere messi in iscritto più tardi in base alla memoria che se ne conservava. In effetti anche Luca ci ha tramandato il racconto di quest'ampio discorso del Signore, e lo colloca là dove ne riferisce l'inizio, uguale a quello di Matteo. Dice Matteo: Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei cieli 209, e Luca: Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio 210. Anche molte delle altre cose riferite in seguito da Matteo le troviamo, più o meno identiche, nel racconto di Luca. Alla fine del discorso poi troviamo la stessa conclusione: la similitudine dell'uomo saggio che costruisce sulla pietra, mentre lo stolto costruisce sulla sabbia. La differenza è solo nel fatto che Luca dice essersi abbattuto sulla casa soltanto il fiume, e non la pioggia e i venti, ricordati da Matteo 211. Con tutta facilità si può dunque ritenere che Luca volle proprio riferire lo stesso discorso del Signore, omettendo alcune espressioni riportate da Matteo e riferendone altre omesse da costui e descrivendo in termini somiglianti lo stesso contenuto, del quale conservò intatta la verità.


19. 45. Sarebbero, tutte queste, ipotesi facilmente ammissibili se non venisse a turbarci la precisazione del luogo in cui viene collocato il discorso. Secondo Matteo infatti il Signore lo tenne seduto sul monte 212, mentre Luca afferma che il Signore stava in piedi in un luogo pianeggiante 213. Questa divergenza indurrebbe di per sé a farci concludere trattarsi di due discorsi diversi l'uno dall'altro. Cosa infatti poté impedire a Cristo di ripetere in un luogo differente cose dette in antecedenza o di compiere gesta già prima compiute? Questi due discorsi, raccontati l'uno da Matteo e l'altro da Luca, non dovettero probabilmente essere tenuti in tempi molto distanti fra loro, per cui si può ritenere, senza cadere nell'assurdo, che cose simili o identiche, accadute o un po' prima o un po' dopo, siano state raccontate dagli evangelisti con delle trasposizioni, pur trattandosi di cose in realtà avvenute nello stesso luogo e tempo. Ecco infatti come si esprime Matteo: E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano. Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: " Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli " 214, ecc. Dal racconto di Matteo si ricava pertanto l'impressione che Gesù volle sottrarsi alle folle accorse in gran numero e per ottenere ciò salì sul monte, volendo parlare solo ai discepoli lasciate da parte le folle. Con questa interpretazione concorderebbe anche Luca, il quale scrive così: In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sè i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di Apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti. Alzati gli occhi verso i discepoli, Gesù diceva: " Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio " 215, ecc. Se ne può concludere che egli, mentre era sul monte, fra i molti discepoli ne scelse dodici che chiamò Apostoli: cosa omessa da Matteo. In seguito tenne, sempre sul monte, il discorso riportato da Matteo e omesso da Luca; e in un momento successivo a questo, disceso dal monte, tenne in un luogo pianeggiante un altro discorso simile al precedente, non riferito da Matteo ma solo da Luca. I due discorsi poi terminarono con una identica conclusione 216.


19. 46. Narrato sino al termine il discorso, Matteo prosegue: Terminato che ebbe il discorso, le turbe erano meravigliate della sua sapienza 217. Questo potrebbe essere stato detto dalla turba dei discepoli, tra i quali aveva scelto i Dodici 218. E se l'evangelista continua col dirci che, sceso dal monte, lo seguirono molte folle ed ecco venne da lui un lebbroso che lo adorava 219, potrebbe intendersi che l'episodio accadde alla fine dei due discorsi: non solo di quello riferito da Matteo ma anche di quello riferito da Luca. Non è infatti sufficientemente chiaro quanto tempo era trascorso dopo la sua discesa dal monte: intenzione di Matteo era infatti soltanto quella d'informarci che, quando il Signore sceso dal monte guarì il lebbroso, era accanto a lui una gran folla di gente, senza volerci precisare quanto tempo fosse intercorso. Tale ipotesi s'impone ancor più per il fatto che Luca scrive, a proposito dello stesso lebbroso, che fu guarito dal Signore mentre si trovava in città 220: particolare, questo, che Matteo non si preoccupa d'indicare.


19. 47. Ma si potrebbe pensare anche a un'altra soluzione. Questa: in un primo momento il Signore, accompagnato dai soli discepoli, venne a trovarsi in una qualche parte del monte più alta di tutto il resto, e lì fra tutti i suoi discepoli scelse i Dodici. Con loro scese quindi non alle falde del monte ma dalla sommità, dove prima si trovava, in un luogo pianeggiante, cioè in una spianata, che si trovava lungo le pendici del monte e che era capace di accogliere molte folle. Lì si fermò finché non si furono radunate queste folle e lì, un po' più tardi, si mise a sedere avendo attorno in prima fila i suoi discepoli. In tal modo e ai discepoli e alle turbe che erano presenti il Signore tenne il suo discorso, che fu unico, sebbene Matteo e Luca lo riportino in modo certamente diverso l'uno dall'altro, pur conservando identica la verità dei fatti e dei detti raccontati. Noi abbiamo già sottolineato questa norma, che ognuno del resto avrebbe dovuto scoprire da sé, e cioè: se un evangelista omette una cosa raccontata da un altro, non per questo c'è fra loro contrasto; e non c'è nemmeno se uno narra una cosa in maniera diversa da come fa quest'altro, purché risulti identica l'oggettività dei detti e dei fatti. Ad esempio, se Matteo dice: Sceso che fu dal monte 221 lo si può benissimo intendere riferito a quel luogo pianeggiante situato sulle pendici del monte. Successivamente Matteo narra la guarigione del lebbroso, cosa che fanno, allo stesso modo, e Marco e Luca 222.


Gesù e il centurione romano.


20. 48. Dopo tale racconto Matteo continua dicendo: Entrato in Cafarnao, gli si avvicinò un centurione pregandolo: " Signore, un mio ragazzo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente " 223, con quel che segue, fino alle parole: E in quell'ora il ragazzo fu guarito 224. L'episodio del ragazzo del centurione è riferito anche da Luca, non però - come fa Matteo - dopo la guarigione del lebbroso, che egli sposta più avanti, ma subito dopo la conclusione di quel discorso ampio al quale ricollega l'avvenimento. Terminate tutte le sue parole, dice, entrò a Cafarnao, dove c'era il servo d'un centurione malato a morte, un servo che a lui era prezioso ecc. 225, fino al racconto della sua guarigione 226. Da tutto ciò si lascia ovviamente concludere che Cristo entrò a Cafarnao dopo aver terminato tutto il discorso che tenne al popolo: non vi entrò quindi prima di terminare il discorso. Non è però indicato quanto tempo trascorse tra la fine del discorso e l'ingresso in Cafarnao. Comunque in quel frattempo dovette essere guarito il lebbroso di cui Matteo ci dà notizia collocando il fatto al momento che avvenne, mentre Luca ne fa menzione quando il medesimo fatto gli torna alla mente.


20. 49. Vediamo ora se nei riguardi di questo servo del centurione vadano fra loro d'accordo Matteo e Luca. Dice Matteo: Si avvicinò a lui un centurione pregandolo e dicendogli: " Il mio ragazzo giace in casa paralizzato " 227. A questa affermazione sembrerebbe opporsi quanto detto da Luca: Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: " Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano, perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga ". Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: " Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito " 228. Se le cose avvennero in questa maniera, come potrà esser vero il racconto di Matteo, che dice: Si avvicinò a lui un centurione, mentre in realtà non fu lui ad avvicinarsi a Gesù ma inviò degli amici? Dobbiamo al riguardo badare con diligenza a certi modi di parlare che usiamo abitualmente per comprendere che Matteo non si allontana affatto dall'uso comune. Noi diciamo, ad esempio, che un qualcosa si avvicina anche prima che effettivamente giunga là dove si dice che è giunto. Così diciamo: Si avvicinò poco, o molto, al punto dove desiderava arrivare. Non solo, ma lo stesso arrivo con cui si raggiunge una persona, spesso diciamo che è avvenuto anche se chi arriva non riesce a vedere colui dal quale doveva arrivare per ottenere un favore che gli era necessario, ma giunge a lui solo tramite degli amici. Ciò è così entrato nella consuetudine che nel gergo comune si chiamano perventores coloro che, mediante l'interposizione di persone e abili e ambiziose che fanno da tramite, raggiungono l'animo dei potenti, che di per sé sarebbero inaccessibili. Se dunque è lecito dire che lo stesso raggiungimento di una mèta può farsi tramite altri, con quanto maggior ragione potrà dirsi che per mezzo di altri può farsi anche l'avvicinamento? In realtà l'avvicinamento spessissimo resta al di sotto del conseguimento, in quanto molte volte ci si può, sì, avvicinare ma non si può arrivare alla mèta. Non è pertanto assurdo che Matteo, riferendosi all'invio di altri mediante i quali il centurione si rese vicino a Gesù, abbia preferito dire sinteticamente con una frase comprensibile anche ai profani: Un centurione si avvicinò a lui.


20. 50. Potrebbe essere anzi trascuratezza non sapere nemmeno intravedere nell'espressione del santo evangelista una misteriosa profondità, per la quale fu scritto nel Salmo: Avvicinatevi a lui e sarete illuminati 229. Del centurione infatti il Signore lodò la fede, dicendo: In Israele non ho trovato una fede così grande 230. Ora è proprio per la fede che ci avviciniamo veramente a Gesù: di modo che l'evangelista, vagliando a dovere le sue parole, volle indicarci che chi si avvicinò a Cristo fu il centurione, non tanto coloro mediante i quali egli trasmise la sua richiesta. Quanto a Luca, egli ci riferisce tutte le cose, e lo fa in modo che dal suo racconto possiamo comprendere in che senso anche l'altro evangelista abbia potuto dire che si avvicinò a lui il centurione in persona, per cui nel suo racconto non c'è falsità. La stessa cosa è da dirsi nei riguardi di quella donna che soffriva perdite di sangue. Lei toccò solo il lembo del suo vestito, ma in realtà toccò il Signore più da vicino che non il resto della folla che faceva ressa attorno a lui231. E come questa donna quanto più credette tanto più giunse a toccare il Signore così fu del centurione: quanto più credette tanto più si avvicinò a lui. Per le altre cose che in questo capitolo son riferite da un evangelista e omesse dall'altro, la ricerca appare superflua in quanto, per la norma inculcata più sopra, non ci sono cose che contrastino l'una con l'altra.


La guarigione della suocera di Pietro.


21. 51. Matteo prosegue dicendo: Gesù, giunto alla casa di Pietro, ne vide la suocera a letto in preda alla febbre. Le toccò la mano e la febbre se ne andò, e lei si alzò e si mise a servirli 232. Quando sia accaduto questo fatto, e cioè che cosa l'abbia preceduto e che cosa seguito, Matteo non ci tiene a precisarlo. Non è infatti necessario supporre che l'episodio sia avvenuto subito dopo le cose narrate prima; si può anzi ritenere che l'evangelista abbia voluto aggiungere in un secondo momento quanto in antecedenza aveva omesso. In realtà Marco colloca l'episodio prima del racconto del lebbroso mondato 233: il quale racconto dovrebbe collocarsi dopo il discorso sul monte, peraltro non riferito da Marco. Anche secondo Luca il fatto della suocera di Pietro 234 è da collocarsi dopo gli eventi narrati da Marco, comunque prima del lungo discorso riferito da Luca al pari di Matteo, discorso che piace identificare con quello che, stando a Matteo, Gesù pronunziò sul monte. Non ha infatti importanza la collocazione che uno scrittore dà a un fatto: se cioè lo narra nel suo giusto ordine, o se dopo averlo omesso lo riprende, o se narra in antecedenza ciò che sa essere avvenuto più tardi. L'importante è che colui che scrive non sia in disaccordo con se stesso e con nessun altro che racconti le stesse cose o cose diverse. In realtà non è in potere dell'uomo, chiunque esso sia e per quanta cura abbia posto nel conoscere bene e fedelmente le cose, ricordare l'ordine in cui si sono succeduti gli eventi. Che infatti una cosa ci venga in mente prima o poi non dipende dalla nostra volontà ma da fattori a noi estranei. È pertanto probabile che i singoli evangelisti si siano creduti in dovere di raccontare i fatti nell'ordine secondo il quale Dio li richiamava alla mente di ciascuno che si accingeva a scriverne il racconto. Questo, naturalmente, nell'ambito di quegli eventi in cui la successione, sia stata questa o quell'altra, non intacca l'autorità e la verità del Vangelo.


21. 52. Sarebbe opportuno ricercare, a questo punto, il motivo per cui lo Spirito Santo abbia permesso che un evangelista ordinasse in un modo la sua narrazione e un altro in modo diverso 235. Dello Spirito noi sappiamo che distribuisce i suoi doni a ciascuno come crede meglio, e riteniamo senza alcun dubbio che fu questo Spirito a governare e dirigere le intelligenze degli autori sacri, richiamando alla loro memoria le cose che dovevano scrivere nei libri cui sarebbe stato riservato un così alto grado di autorevolezza. Un tale motivo potrà esser individuato, con l'aiuto di Dio, da chiunque lo ricerchi con pia diligenza. Quanto a me, tuttavia, debbo ricordare che non è questo il compito che mi sono prefisso in quest'opera. Noi l'abbiamo, almeno per ora, intrapresa con l'unico intento di dimostrare che gli evangelisti, qualunque sia stato l'ordine secondo cui ciascuno poté o volle narrare i fatti e i detti di Cristo (sia che riferiscano le stesse cose sia cose diverse), non sono in contrapposizione né con se stessi né fra di loro. Se pertanto non ci risulta con chiarezza quale sia stata la successione cronologica dei fatti raccontati, non dobbiamo attribuire importanza all'ordine seguito dagli autori sacri nella loro narrazione; se invece questa successione, espressa con chiarezza, presenta delle difficoltà in quanto l'uno sembra contrastare con se stesso o con gli altri, lì certamente occorre prendere in considerazione il racconto e sciogliere la difficoltà.


La narrazione di Matteo confrontata con gli altri sinottici.


22. 53. Continua Matteo: Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: " Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie " 236. Proseguendo il suo racconto con le parole: Venuta la sera, indicherebbe con sufficiente chiarezza che siamo ancora nel perdurare del medesimo giorno. Così anche Marco. Raccontato l'episodio della guarigione della suocera di Pietro, che si mise a servirli, aggiunge subito i fatti di cui parla Matteo. Dice: Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto 237. Sembrerebbe che in questo racconto Marco proceda in quest'ordine: precisato che era venuta la sera, dice che al mattino presto si alzò. È vero che, di per sé, il dire: Venuta la sera, non si deve necessariamente intendere come riferito alla sera dello stesso giorno e che le parole al mattino prestonon riguardano necessariamente il mattino successivo; tuttavia, per la determinazione del succedersi dei tempi, sembra volercisi indicare che l'evangelista abbia effettivamente seguito l'ordine cronologico. Quanto a Luca, egli dopo averci narrato della suocera di Pietro non dice: Venuta la sera, ma continua con un discorso equivalente.Al calar del sole - dice -, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano demòni gridando: " Tu sei il Figlio di Dio! ". Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo. Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto 238. Vediamo quindi in Luca rispettato scrupolosamente l'ordine cronologico che riscontriamo in Marco. Matteo invece se ne discosta, dandoci l'impressione di riferire le cose non nell'ordine in cui si sono susseguite ma come uno che ricordi ciò che aveva omesso. Della suocera di Pietro fa menzione solo dopo che ha narrato tutto ciò che Gesù compì in quel giorno, sera compresa. Di conseguenza non si sofferma sul particolare del mattino presto ma scrive: Gesù, vedendo intorno a sé una gran folla, comandò di recarsi di là del mare 239. Ora questo è diverso da quello che riferiscono Marco e Luca, che pongono il mattino presto dopo il vespro. Dunque quello che qui è stato detto: Gesù, vedendo intorno a sé una gran folla, comandò di recarsi di là del mare, lo dobbiamo intendere nel senso che lo scrivente, seguendo un suo ricordo, ha inserito nel racconto il fatto che Gesù, in un giorno imprecisato, vedendo intorno a sé una gran folla, comandò di recarsi di là del mare.


Due sconosciuti chiedono di seguire Gesù.


23. 54. Prosegue Matteo: Avvicinandosi a lui uno scriba gli disse: " Maestro, ti seguirò dovunque tu andrai ", fino alle parole: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti 240. Simile a quella di Matteo è la narrazione di Luca, ma è collocata dopo molte altre vicende: lo scrittore non precisa l'ordine cronologico ma si comporta come uno che richiami alla memoria i fatti, non saprei se aggiungendo cose in antecedenza omesse o anticipando cose avvenute dopo quelle che riferisce. Dice così: Mentre camminavano per la strada un tale gli disse: " Ti seguirò ovunque andrai " 241. E Gesù diede a lui la stessa identica risposta riportata da Matteo. E se Matteo dice che il fatto avvenne dopo il comando dato dal Signore di recarsi di là del mare 242, mentre Luca lo colloca durante il cammino lungo la strada 243, le narrazioni non sono in contrasto fra loro: essi certamente dovettero percorrere della strada per andare in riva al lago. Inoltre, nei riguardi di colui che chiese di potersi prima recare a dar sepoltura a suo padre, i racconti di Matteo e di Luca convengono in pieno 244. E se Matteo pose prima le parole di colui che avanzava la richiesta a motivo di suo padre e poi la risposta del Signore, che gli diceva di seguirlo, mentre Luca pose prima il comando che gli rivolse il Signore di seguirlo e, dopo il comando, la richiesta di quell'uomo, son cose che non toccano affatto il contenuto dell'affermazione. Luca ci riferisce anche di un altro che disse a Gesù: Signore, ti seguirò, ma permettimi di andare prima a casa per accomiatarmi dai parenti 245; della qual cosa nulla dice Matteo. Successivamente Luca passa a un episodio differente, non curandosi di ciò che cronologicamente era avvenuto subito dopo. Dice: Dopo ciò il Signore designò altri settantadue discepoli 246. Questo avvenne, evidentemente, dopo ciò, ma non risulta con chiarezza quanto tempo sia intercorso prima di quel che fece qui il Signore. In questo periodo accadde quanto aggiunge Matteo, il quale nel suo racconto segue l'ordine cronologico. Egli scrive così:


La traversata del lago in tempesta.


24. 55. Salito nella barca, lo seguirono i suoi discepoli. Ed ecco si sollevò nel mare una gran tempesta, fino a: Venne nella sua città 247. I due avvenimenti che Matteo narra uno dopo l'altro, cioè della bonaccia che sopraggiunse dopo che Gesù, destato dal sonno, ebbe comandato ai venti, e di quegli invasati da un demonio feroce i quali spezzando le catene erano soliti rifugiarsi nel deserto, sono raccontati in forma su per giù identica da Marco e da Luca 248. Alcune espressioni, è vero, suonano alquanto diversamente nel racconto dei singoli evangelisti ma non differiscono nella sostanza. Così, ad esempio, scrive Matteo: Perché siete così paurosi, uomini di poca fede? 249 Marco invece: Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede? 250 Egli parlava della fede perfetta, magari come un granellino di senapa, in riferimento al quale Matteo poté dire: Uomini di poca fede. Che se Luca scrive essere stato detto dal Signore: Dov'è la vostra fede?, è perché tutt'e tre le cose egli poté dire: Perché siete così paurosi? Dov'è la vostra fede, o uomini di poca fede?, di modo che uno ne riporta una e un altro un'altra. Riguardo poi alle parole che [i discepoli] dissero per destarlo, Matteo scrive: Signore, salvaci! siamo perduti;Marco: Maestro, non t'interessa che andiamo perduti?; Luca: Maestro, andiamo perduti 251. Unico e uguale è il significato: essi vogliono destare il Signore ed essere da lui salvati. Né occorre indagare quali precise parole, fra quelle riferite, siano state rivolte a Cristo. Che serve infatti sapere se i discepoli dissero, magari in parte, le parole riferite dagli evangelisti ovvero altre non riferite da loro ma contenenti la stessa verità oggettiva? Inoltre, poté anche accadere che, essendo in molti a svegliarlo gridando insieme, tutte le parole evangeliche furono pronunciate di fatto, le une da alcuni le altre da altri. Parimenti è di ciò che dissero quando la tempesta fu sedata. Secondo Matteo: Chi è costui, perché gli obbediscano i venti e il mare? 252 Secondo Marco: Chi pensate che sia costui, se gli obbediscono il vento e il mare? 253 Secondo Luca: Chi pensate che sia costui, se comanda ai venti e al mare e gli obbediscono? 254 Chi non vede subito che si tratta di un identico pensiero? È infatti esattamente lo stesso, dire: Chi pensate che sia costui?e: Chi è mai costui? E se non è detto egli comanda, lo si deve logicamente sottintendere perché, quando si obbedisce, si obbedisce a uno che comanda.


24. 56. Riguardo a coloro che erano tormentati da quella legione di demoni cui fu concesso d'entrare nei porci, Matteo scrive che erano due, mentre Marco e Luca parlano di una sola persona 255. Dovrai intendere che uno dei due era un personaggio più noto e più celebre e quindi per lui soprattutto la contrada era rattristata e si preoccupava moltissimo della sua liberazione. Volendo sottolineare questa preminenza, due degli evangelisti ritennero opportuno menzionare una sola persona, cioè colui riguardo al quale la fama dell'avvenimento si era diffusa più ampiamente e con maggiori ripercussioni. Né presentano difficoltà le parole che, secondo i diversi evangelisti, sarebbero state pronunziate dai demoni, potendosi ridurre tutte ad un'unica affermazione o interpretando il testo nel senso che tutte quante furono di fatto pronunziate. Nessuna difficoltà il fatto che in Matteo i demoni parlano al singolare mentre negli altri due evangelisti al plurale. Difatti anche secondo costoro, interrogato del suo nome, il demonio rispose che erano una legione, e cioè in molti. Né sono in contrasto fra loro Marco e Luca, sebbene Marco scriva che la mandria dei porci stava alle falde del monte mentre Luca li colloca sul monte. Era infatti così numerosa quella mandria di porci che una parte doveva stare in cima al monte mentre un'altra ai lati del monte. Precisa infatti Marco che quei porci erano duemila.



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