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DIO L'UOMO E IL LIBERO ARBITRIO

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2016 19:59
17/03/2016 19:59

Originario stato di mezzo.

24. 73. Turba chi riflette un po' quello che alcuni chiedono: " L'uomo si è allontanato da Dio a causa dell'insipienza, oppure è divenuto insipiente allontanandosi? ". Se risponderai che con l'insipienza si è allontanato dalla sapienza, sembrerà che sia stato insipiente prima che si allontanasse dalla sapienza, di modo che l'insipienza fu causa dell'allontanarsi. Egualmente se risponderai che è divenuto insipiente allontanandosi, chiedono se ha causato il proprio allontanamento con un atto da insipiente o da sapiente. Se l'ha fatto con atto da sapiente, ha agito secondo ragione e non ha peccato, se da insipiente, già esisteva, dicono, in lui l'insipienza, per cui è avvenuto il suo allontanamento. Non poteva infatti fare qualche cosa da insipiente senza l'insipienza. Appare da ciò che v'è uno stato di mezzo, col quale si passa dalla sapienza all'insipienza. E non si può dire di questo stato che sia stato causato da un atto da insipiente o da sapiente, giacché esso si può concepire dagli uomini durante la vita soltanto mediante i due opposti termini. Infatti nessun mortale diviene sapiente, se non passa dalla insipienza alla sapienza. Ora se il passaggio si fa con atto d'insipienza non è un passaggio. Ma è da pazzi dire così. Se poi si fa con un atto di sapienza, già esisteva nell'uomo, prima di passare alla sapienza, la sapienza. Anche questo è un assurdo. Se ne conclude che v'è uno stato di mezzo, il quale non si può dire né l'uno né l'altro e che anche il passaggio, con cui il primo uomo passò dal sommo della sapienza all'insipienza, non fu né insipiente né sapiente. Esemplificando col sonno e la veglia, non è il medesimo dormire e addormentarsi, e così l'esser desti e il destarsi, ma un certo passaggio dall'uno all'altro. La differenza. sta in questo, che questi passaggi avvengono il più delle volte senza volontà, gli altri soltanto con la volontà. Per questo li seguono giustissime retribuzioni.


Conoscenza e scelta nel primo uomo.

25. 74. Soltanto un oggetto conosciuto stimola la volontà ad agire. Ora è in potere ciò che si sceglie e ciò che si rifiuta, ma non è in potere l'oggetto, dalla cui conoscenza si è stimolati. Si deve dunque ammettere che lo spirito è stimolato dalla conoscenza di oggetti più perfetti o meno perfetti affinché il soggetto ragionevole scelga dagli uni e dagli altri ciò che vorrà e dal merito della scelta seguano o infelicità o felicità. Nel paradiso terrestre l'oggetto conosciuto è il comando di Dio da un punto di vista superiore e l'istigazione del serpente da un punto di vista inferiore. Infatti non fu in potere dell'uomo né ciò che gli veniva comandato da Dio né ciò che era suggerito dal serpente. Ma per chi è stabilito nella salvezza della sapienza è veramente dovuto a libertà ed esente dai vincoli della soggezione il non cedere agli stimoli della concupiscenza. Lo si può comprendere anche da questo, che perfino gli insipienti li superano nel passare alla sapienza, e perfino col disagio di rimaner privi della morbosa dolcezza di esiziali abitudini.


Conoscenza e scelta nel diavolo.

25. 75. Dato che furono a disposizione dell'uomo dall'una e dall'altra parte gli oggetti, uno dal comando di Dio, l'altro dalla istigazione del serpente, si può esaminare a questo punto da chi fu suggerito al diavolo il consiglio di scegliere la ribellione, per cui doveva precipitare dalle sedi più alte. Se non fosse stato stimolato da un oggetto conosciuto, non avrebbe scelto di fare quel che ha fatto poiché se non gli fosse venuto in mente qualche cosa, non avrebbe volto l'atto del conoscere nell'azione colpevole. Da chi dunque gli venne in mente, a parte quel che gli venne in mente, di macchinare quell'impresa, per cui da angelo buono doveva divenire il diavolo?. Infatti chi vuole, vuole qualche cosa, e non può volerlo se non è stimolato o dall'esterno mediante il senso, ovvero se non gli viene in forma non manifesta. Si devono dunque distinguere i generi degli oggetti. Uno di essi è quello che deriva dalla volontà di chi istiga, come quello del diavolo, al quale consentendo l'uomo ha peccato, l'altro dalle cose sottoposte o all'atto conoscitivo dello spirito o ai sensi del corpo. Sono sottoposti all'atto conoscitivo dello spirito, eccetto l'immutabilità della Trinità che certamente non è sottoposta, ma piuttosto sovrapposta, sono dunque sottoposti all'atto conoscitivo dello spirito, prima lo stesso spirito, per cui sentiamo di vivere, poi il corpo che esso domina del quale, per compiere qualsiasi azione, muove l'organo che conviene, quando conviene. Sono poi sottoposti ai sensi tutti i sensibili.


Peccato nell'uomo e nel diavolo.

25. 76. Nella conoscenza intellettuale della somma sapienza, che certamente non è lo spirito perché è al di sopra del divenire, lo spirito conosce anche se stesso, che è nel divenire, e in certo senso viene in mente a se stesso. Ma ciò avviene con questa differenza che egli non è eguale a Dio, ma è pur un qualche cosa che può essere amato dopo Dio. È più perfetto, quando dimentica se stesso per amore di Dio immutabile, o nel confronto con lui si disprezza. Se al contrario in un confronto con se stesso si piace per imitare perversamente Dio e per voler godere del proprio dominio, diviene tanto più piccolo, quanto desidera essere più grande. Sta scritto: Inizio di ogni peccato è la superbia 20, e ancora: Inizio dell'umana superbia è distaccarsi da Dio 21. Il diavolo aggiunge alla superbia l'invidia piena di tanta malevolenza da indurlo ad istigare l'uomo alla superbia, per cui egli capiva di essere stato condannato. Ne conseguì che una pena di emendamento anziché di condanna a morte risollevò l'uomo, sicché mentre il diavolo gli si era offerto come esempio di superbia, il Signore gli si è offerto come esempio di umiltà. Per mezzo suo ci si promette la vita eterna. Quindi, dopo indicibili travagli e sventure, nel sangue di Cristo offerto in nostro riscatto, dobbiamo unirci al nostro liberatore con tanta carità ed essere a lui attratti da tanta sua clarità che gli oggetti più bassi non ci distolgano dalla visione verso l'alto. E se qualche cosa di terreno viene suggerito a questo nostro atto conoscitivo dall'appetito degli oggetti più bassi, ci richiamino l'eterna condanna e pena del diavolo.


Il ritorno a Dio.

25. 77. È tanta la bellezza della giustizia, tanto l'incanto della luce eterna, cioè della immutabile verità e sapienza che, anche nell'ipotesi che si potesse rimanere in essa per lo spazio di un sol giorno, per questo stesso motivo si dovrebbero disprezzare molto giustamente innumerevoli anni di questa vita, pieni di delizie e abbondanza di beni temporali. Infatti non è stato detto erroneamente o con scarso sentimento: Un solo giorno nei tuoi atrii è migliore di mille giorni 22. Certamente il testo si può intendere in altro senso. I mille giorni potrebbero essere intesi come il divenire del tempo, invece col termine di un solo giorno si potrebbe intendere il non divenire dell'eternità. Non so di aver tralasciato nella mia risposta, per quanto il Signore si è degnato di concedermelo, qualche argomento che lasci insoddisfatte le tue domande. Tuttavia, anche se ti viene in mente qualche cosa, il limite del libro ci costringe a metter fine e riposarci alfine da questa discussione.



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