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DIO L'UOMO E IL LIBERO ARBITRIO

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2016 19:59
17/03/2016 19:57

L'indistruttibile desiderio di essere.

7. 21. Se dunque desideri sfuggire all'infelicità, ama in te questo tuo voler essere. Se infatti desidererai sempre di essere, ti avvicinerai a lui che sommamente è. E per adesso sii grato perché esisti. Quantunque infatti tu sia inferiore agli uomini felici, sei superiore a quegli esseri che non hanno neanche il desiderio della felicità. Eppure molti di essi sono apprezzati perfino dagli infelici. In verità tutte le cose, per il fatto che sono, giustamente si devono apprezzare, perché per il fatto che sono, sono buone. Infatti quanto più amerai di essere, tanto più desidererai la vita eterna e intensamente vorrai avere tali attitudini che le tue inclinazioni non siano temporali, impresse a fuoco dall'amore delle cose temporali. E le cose temporali non sono prima di essere, fuggono quando sono e quando fuggiranno non saranno. Dunque quando sono future, ancora non sono e quando sono passate, non sono più. Come dunque possono essere trattenute perché si arrestino? Per esse infatti il cominciare ad essere è muoversi al non essere. Chi ama di essere, le ritiene buone in quanto sono, ma ama ciò che è eternamente. E se si diversificava nell'amore delle cose temporali, tornerà all'uno nell'amore dell'eterno, e se si poneva nel divenire mediante l'amore delle cose che passano, si renderà immobile e avrà quiete nell'amore dell'essere che permane e conseguirà lo stesso essere che desiderava, quando temeva di non essere e non poteva avere quiete perché trascinato dall'amore delle cose che passano. Non ti dispiaccia dunque, anzi ti piaccia molto che preferisci essere, magari infelice, che non essere infelice per il motivo che non saresti affatto. Se a questo fondamento del voler essere tu aggiungi di essere sempre di più, tu ti edifichi innalzandoti a ciò che sommamente è; e così ti preserverai da ogni crollo con cui passa al non essere l'essere più basso e trascina con sé le energie di chi lo ama. Ne avverrà come risultato che chi preferisce di non essere per non essere infelice sia infelice perché non può non essere. Chi poi ama di essere più di quanto odia di essere infelice, con l'accrescere ciò che ama, escluda ciò che odia. Quando comincerà ad essere secondo fine nel proprio grado, non sarà più infelice.


Non si sceglie il nulla.

8. 22. Rifletti con quanto illogica contraddizione si dice: " Preferirei non essere che essere infelice ". Chi dice: " Preferirei questo a quello ", sceglie un qualche cosa. Il non essere invece non è un qualche cosa, ma niente. Dunque ti è assolutamente impossibile scegliere secondo ragione, se ciò che scegli non è. Ma tu dici che desideri di esistere, magari infelice, ma che non avresti dovuto desiderarlo. Che cosa dunque avresti dovuto desiderare? " Non essere piuttosto ", rispondi. Se tu avessi dovuto voler questo, esso sarebbe più perfetto, ma è impossibile che il non essere sia più perfetto. Dunque non avresti dovuto desiderare il non essere ed è più veritiero il sentimento per cui non lo desideri che la teoria per cui ritieni che avresti dovuto desiderarlo. Inoltre, quando l'uomo giunge a ciò che sceglie come oggetto di desiderio, diventa necessariamente più perfetto. Ora chi non esiste non potrà esser più perfetto. Dunque non si può assolutamente scegliere di non essere. E bisogna che non ci lasciamo scuotere dal giudizio di coloro che sotto il travaglio della infelicità si sono uccisi. Essi hanno cercato scampo dove hanno ritenuto di trovarsi meglio e, comunque l'abbiano ritenuto, non costituisce difficoltà per la nostra tesi, ovvero se hanno supposto di finire nel nulla, assai meno m'impressionerà la falsa scelta di individui che scelgono il nulla. Come potrò seguire nella scelta un tizio, il quale se gli chiedessi che sceglie, mi rispondesse: " Niente "? Infatti chi sceglie di non esistere è costretto certamente ad ammettere, anche se non vuole ammetterlo, che non ha scelto nulla.


Opinioni sentimento e desiderio di non essere.

8. 23. Dirò tuttavia, se ne sarò capace, il mio parere sull'argomento. Mi sembra che quando un individuo si uccide o comunque desidera di morire, non ritiene nel proprio sentimento che dopo morte non esisterà più, anche se lo ritiene per opinione. La opinione consiste infatti o nell'errore o nella verità raggiunta da chi dimostra o crede; il sentimento, al contrario, si fonda o sulla consuetudine o sulla natura. Ora è possibile che si abbiano in maniera diversa l'opinione e il sentimento. È facile conoscerlo anche dal fatto che spesso riteniamo di dover fare una cosa, mentre ci piace farne un'altra. E talora è più veritiero il sentimento che l'opinione, se questa ha origine dall'errore e il sentimento dalla natura. Ad esempio, un infermo spesso trae piacere, e con vantaggio, dall'acqua fredda, ma crede che, se la beve, gli nuocerà. Talora è più veritiera l'opinione che il sentimento, se l'infermo crede alla diagnosi del medico che l'acqua fredda è nociva, se di fatto è nociva, e tuttavia ha piacere nel berla. Talora sono tutte e due nella verità, quando ciò che è giovevole non solo è ritenuto tale ma piace anche, e talora tutte e due nell'errore, come quando ciò che è nocivo si ritiene giovevole e l'infermo non lo rifiuta liberamente. Inoltre di solito tanta forza è nel dominio e nella supremazia della ragione che una retta opinione corregge una cattiva abitudine e una cattiva opinione deprava la retta natura. Quando dunque qualcuno, credendo che egli dopo morto non ci sarà più, è spinto da intollerabili sofferenze al definitivo desiderio della morte e la incontra per libera scelta, secondo l'opinione ha l'errore della totale distruzione, ma nel sentimento il naturale desiderio di riposo. Ora ciò che è in riposo non è un nulla, anzi è anche più perfetto dell'essere in movimento. Il movimento infatti diversifica le determinazioni d'essere nel senso che una esclude l'altra. Il riposo al contrario ha la permanenza, per cui principalmente si concepisce il predicato È. Pertanto il desiderio di voler morire va inteso non nel senso che chi muore non è più, ma che raggiunge il riposo. Così, sebbene per errore crede di non esser più, per natura tuttavia desidera di essere nel riposo, cioè di essere di più. Quindi come è assolutamente impossibile che piaccia di non essere, così bisogna assolutamente non essere ingrati al proprio Creatore di ciò che si è.


Ogni cosa nel suo grado di perfezione.

9. 24. Poniamo che dica: " Non era difficile o faticoso a Dio onnipotente che tutte le cose da lui create avessero il proprio ordine senza che alcuna giungesse alla infelicità. Essendo onnipotente, non è che non l'ha potuto ed essendo buono, non ce l'ha invidiato ". Risponderò che l'armonia del creato, dalla più grande alla più piccola delle creature, si dispone con ordine così giusto che lo sviserebbe chi dicesse: " Questa cosa non dovrebbe esserci ", ed anche chi dicesse: " Questa cosa dovrebbe esser come quest'altra ". Desidera, supponiamo, che essa diventi eguale a una superiore. Ma la superiore esiste già ed ha l'essere competente sicché non è possibile aggiungergliene altro perché è perfetta. E chi obiettasse: " Anche l'inferiore dovrebbe esser come l'altra ", o vorrebbe aggiungere a quella superiore già perfetta e sarebbe privo della misura e ingiusto, oppure vorrebbe sopprimere l'inferiore e sarebbe malvagiamente invidioso. Chi dicesse: " L'inferiore non dovrebbe esistere ", sarebbe in egual modo malvagiamente invidioso perché non vorrebbe che esistesse una creatura anche se è costretto ad apprezzarne una meno perfetta. Poniamo che dica: " Non dovrebbe esserci la luna ". Eppure deve ammettere, e se lo nega è per vera ignoranza o caparbietà, che lo splendore di molto inferiore di una lucerna è nel suo genere bello, conveniente durante le tenebre della terra perché adatto agli usi della notte e a motivo di tutto questo certamente apprezzabile nei suoi limiti. Non può dunque dire ragionevolmente: " La luna non dovrebbe esserci nel mondo ", giacché comprenderebbe di dover essere deriso anche se dicesse: " Non dovrebbe esserci la lucerna ". Che se dice: " La luna non dovrebbe esserci ", ma aggiunge che la luna dovrebbe essere come vede che è il sole, non capisce che finisce per dire: " Non dovrebbe esserci la luna, ma due soli ". E sbaglia per due motivi, perché desidera aggiungere qualche cosa alla perfezione della realtà, quando desidera un altro sole, e desidera diminuire, quando vuole che sia soppressa la luna.


Provvidenza nella verità delle perfezioni.

9. 25. A questo punto forse mi potrebbe dire che non si lamenta affatto della luna perché anche se il suo splendore è così scarso non può essere infelice. Si lamenta invece non della mancanza di luce ma dell'infelicità delle anime. Ma egli rifletta attentamente che se lo splendore della luna non è infelice, quello del sole non è felice. E sebbene siano corpi celesti, sono tuttavia corpi per attinenza alla luce che si può percepire con la vista. I corpi per sé non possono essere né felici né infelici, sebbene possano essere corpi di esseri felici o infelici. Ma la similitudine derivata da quegli splendori insegna qualche cosa. Nell'osservare le diversità dei corpi, quando scorgi alcuni più splendenti, richiedi ingiustamente che i più oscuri siano eliminati o resi eguali ai più splendenti. Riferendo tutto alla perfezione dell'universo, ti è possibile constatare che se fra di loro sono più o meno splendenti, lo sono in quanto hanno tutti l'esistenza e non ti si manifesterebbe un universo perfetto se nell'apparire dei più perfetti mancassero i meno perfetti. Pensa la medesima cosa sulla differenza delle anime. Avrai modo perfino di conoscere che l'infelicità, di cui ti lamenti, serve anche ad uno scopo. Alla perfezione dell'universo infatti non devono mancare anime che son dovute divenire infelici perché hanno voluto peccare. E non si deve affermare che Dio non doveva crearle in quelle condizioni perché deve esser lodato anche se ha creato altri esseri di molto inferiori a quelle infelici.


Per ordine è creata l'anima...

9. 26. Ma sembra che comprendendo meno bene quanto è stato detto, abbia ancora una obiezione. Dice infatti: " Se anche la nostra infelicità completa la perfezione dell'universo, sarebbe mancato qualche cosa e questa perfezione nell'ipotesi che fossimo sempre felici. Quindi se l'anima incontra l'infelicità soltanto peccando, anche i nostri peccati sono necessari alla perfezione dell'universo che Dio ha creato. Come dunque punisce giustamente i peccati dal momento che se fossero mancati, il creato non avrebbe pienezza e perfezione? ". Si risponde che non i peccati o l'infelicità sono necessari alla perfezione dell'universo ma le anime in quanto anime. Se esse vogliono, peccano; se hanno peccato, divengono infelici. Se invece tolto il loro peccato, la infelicità continuasse o anche precedesse il peccato, allora con ragione si direbbe che viene alterato l'ordinato governo dell'universo. Ma a sua volta se si commette il peccato e non ci fosse l'infelicità, ugualmente l'ingiustizia demolisce l'ordine. Ma l'universo ha perfezione, quando c'è felicità per chi non pecca. Ed ugualmente l'universo ha perfezione, quando c'è infelicità per chi pecca. Ma per il fatto che non mancano le anime, le quali hanno l'infelicità se peccano e la felicità se agiscono secondo ragione, l'universo è pieno e perfetto di tutte le determinazioni dell'essere. Infatti il peccato e la pena del peccato non sono esseri determinati ma perturbazioni dell'essere, la prima volontaria, la seconda penale. Ma la volontaria, che avviene col peccato, è una perturbazione contro il fine. Le si applica dunque quella penale che la reinserisca in quel settore dell'ordine, in cui quello stato non è contro il fine e la costringa a conformarsi all'armonia dell'universo. Così la pena del peccato corregge la disarmonia del peccato.


...ma il peccato e l'infelicità...

9. 27. Ne risulta che una creatura più perfetta, se pecca, sia punita dalle creature meno perfette giacché esse sono tanto basse che possono ricevere elevazione anche dalle anime indegne e così adattarsi all'armonia dell'universo. Non v'è in una casa nulla di più degno dell'uomo e nulla di così abietto e basso che la fogna della casa. Eppure lo schiavo sorpreso in una trasgressione tale che sia giudicato degno di curare la nettezza della fogna, la rende degna con la propria indegnità. Le due cose, cioè l'indegnità del servo e la ripulitura della fogna, sono ormai congiunte e ridotte a una determinata unità, sono inserite così idoneamente nella sistemazione della casa che convengono all'insieme di essa con ordine e decoro. Ma se il servo non avesse voluto peccare, non sarebbe mancato all'organizzazione della casa un altro provvedimento per le necessarie ripuliture. Pertanto il corpo terreno è la cosa più bassa nella realtà. Eppure anche un'anima peccatrice innalza in tal maniera la carne corruttibile da offrirle la perfezione conveniente e il movimento della vita. Dunque una simile anima a causa del peccato non è idonea all'abitazione nel cielo, ma è idonea mediante la pena a quella sulla terra. Quindi, comunque sceglie, l'universo rimane bello in quanto ordinato mediante parti convenienti perché Dio ne è creatore e provvidenza. E le anime più buone finché rimangono fra le creature più basse, non le elevano con la propria infelicità, che non hanno, ma con il loro buon uso. Se poi fosse permesso alle anime peccatrici di raggiungere i luoghi più elevati, sarebbe un disordine in quanto non sono idonee ad essi perché non possono usarne bene né conferire loro una qualche elevazione.


...rientrano nell'ordine.

9. 28. Dunque sebbene l'orbe terrestre sia stato assegnato alle cose materiali, tuttavia conservando, quanto è possibile, l'immagine esemplare più alta, non manca di mostrarcene copie e segni. Supponiamo dunque di vedere un individuo buono e illustre, il quale, sotto l'impulso del dovere dell'umana dignità, lascia bruciare il proprio corpo dal fuoco. Non consideriamo il fatto come pena di un peccato ma testimonianza di fortezza e di pazienza e stimiamo l'uomo nel momento in cui un'orribile consunzione distrugge le membra del suo corpo più che se non avesse sopportato tale pena perché ammiriamo che l'indole spirituale non muta col mutare del corpo. Ma quando vediamo consumarsi con tale supplizio il corpo di un bandito sanguinario, noi approviamo l'ordinamento delle leggi. Quindi tutte e due le pene elevano, ma la prima come merito della virtù, la seconda del peccato. Se dunque dopo quel tormento o anche prima vedessimo che quell'individuo degnissimo, resosi capace della vita celeste che gli si addice, viene elevato alle stelle, certamente ci allieteremmo. Ma ognuno si sentirebbe offeso nel vedere sia prima che dopo il supplizio, elevato alla dimora eterna della gloria, nel cielo, lo scellerato bandito, se persiste nella malizia del volere. Avviene così che tutte e due hanno potuto elevare le creature meno perfette, ma una soltanto le più perfette. Da ciò siamo indotti a constatare che la mortalità della carne è stata elevata tanto dal primo uomo perché la pena convenisse al peccato, quanto da Nostro Signore perché la misericordia ci liberasse dal peccato. Dunque un giusto ha potuto, perseverando nella giustizia, avere un corpo mortale. Invece un individuo iniquo, mentre rimane iniquo, non può giungere alla immortalità dei santi, intendi quella più alta e angelica, non di quegli angeli, di cui l'Apostolo ha detto: Non sapete che giudicheremo gli angeli 2, ma di quelli, di cui il Signore ha detto: Saranno eguali agli angeli di Dio 3. Coloro invece, che desiderano l'eguaglianza con gli angeli per la propria vanagloria, non vogliono essere eguali agli angeli ma gli angeli a se stessi. Pertanto, se continuano in tale volere, saranno eguagliati agli angeli prevaricatori che amano il proprio potere anziché quello di Dio onnipotente. Ad essi, destinati alla sinistra giacché non hanno cercato Dio passando per la porta dell'umiltà che il Signore Gesù Cristo ha svelato in sé e son vissuti nella superbia senza pietà per gli altri, sarà detto: Andate nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli 4.


Giusta soggezione al diavolo.

10. 29. Due sono le cause del peccato, una per spontanea determinazione, l'altra per istigazione di un altro. Penso che al caso attiene ciò che dice il Profeta: O Signore, mondami dai miei peccato occulti e perdona il tuo servo da quelli degli altri 5. Certo l'uno e l'altro sono volontari. Infatti come per spontanea determinazione un individuo non pecca illiberamente, così quando acconsente al cattivo istigatore, acconsente certamente col volere. Tuttavia è più grave non solo peccare per propria determinazione senza l'istigazione di alcuno, ma soprattutto istigare ad altri il peccato per malanimo o inganno che esser trascinato a peccare dall'istigazione di un altro. Dunque nell'uno e nell'altro peccato è stata mantenuta la giustizia del Signore nel punire. Ed anche la istigazione al peccato è stata pesata al vaglio della equità al punto che l'uomo non fu sottratto al potere dello stesso diavolo che se lo aveva assoggettato con la cattiva istigazione. Era ingiusto che non dominasse su chi aveva reso schiavo. È assolutamente impossibile infatti che la perfetta giustizia di Dio vero e sommo, la quale si estende dovunque, abbandoni senza ordinarla al fine persino la rovina di coloro che peccano. Ma l'uomo aveva meno peccato del diavolo. Gli valse dunque per riconquistare la salvezza il fatto stesso che è stato, fino alla mortalità della carne, assoggettato al principe di questo mondo, inteso come parte corruttibile e infima della realtà, cioè al principe di tutti i peccati e signore della morte. Così, sgomento nella consapevolezza della soggezione alla morte, timoroso delle molestie e della morte provenienti da bestie molto spregevoli e abiette e perfino assai piccole, incerto del futuro, ha contratto l'abito di frenare i piaceri illeciti e soprattutto reprimere la superbia poiché per sua istigazione è decaduto. Con questo solo vizio appunto si respinge la medicina della misericordia. Chi infatti ha tanto bisogno di misericordia quanto un miserabile e chi è più indegno di misericordia d'un miserabile superbo?.


Ragione teologica dell'Incarnazione.

10. 30. Ne è avvenuto che il Verbo di Dio, mediante il quale tutto è stato fatto e da cui è costituita tutta la felicità degli angeli, ha esteso la propria clemenza fino alla nostra infelicità, è divenuto carne e ha abitato in mezzo a noi. Così l'uomo, senza essere reso eguale agli angeli, avrebbe potuto mangiare il pane degli angeli, se lo stesso pane degli angeli si fosse degnato di eguagliarsi agli uomini. Non è disceso fra noi per abbandonare gli angeli, ma tutto per essi e insieme tutto per noi, cibando quelli nell'interiorità mediante l'essenza divina e insegnando a noi nell'esteriorità mediante l'essenza umana, ci rende idonei con la fede a cibarci egualmente mediante l'apparenza sensibile. La creatura pensante si ciba del Verbo come del suo migliore cibo. L'anima umana è pensante, ma era trattenuta dalla catena della morte per la pena del peccato ed era ridotta a tale imperfezione che si sforzava di pensare gli intelligibili mediante l'esperienza dalle cose sensibili. Pertanto il cibo della creatura pensante è divenuto visibile, non mediante trasformazione della propria natura ma mediante assunzione della nostra per richiamare a sé invisibile esseri che seguono le cose visibili. Così l'anima trovò umile nell'esteriorità colui che aveva abbandonato insuperbendosi nella interiorità. Doveva imitare la sua umiltà visibile e tornare all'altezza invisibile.


Giusto riscatto del diavolo.

10. 31.E il Verbo di Dio, unico figlio di Dio, assunto l'uomo, assoggettò anche all'uomo il diavolo che ebbe sempre soggetto alle proprie leggi. Non gli ha sottratto qualche cosa dominandolo con la forza, ma l'ha vinto con legge di giustizia. Ora il diavolo, ingannata la donna e fatto cadere mediante la donna l'uomo, reclamava alle leggi della morte, sia pur con maligno desiderio di nuocere, ma con legittimo diritto, tutta la discendenza del primo uomo come peccatrice. Quindi il suo potere avrebbe dovuto durare fino a quando non faceva morire il giusto, nel quale non poté riscontrare motivo che lo rendesse degno di morte, non solo perché è stato ucciso senza aver commesso delitto, ma anche perché è nato senza concupiscenza. Ad essa aveva fatto soggiacere gli uomini, che aveva fatto prigionieri, in maniera da trattenere, sia pure con malvagio desiderio di dominare e tuttavia con legittimo diritto di possedere, come frutti del proprio albero, gli uomini che dovevano nascere dalla concupiscenza. Con piena giustizia dunque è costretto a lasciar liberi i credenti in colui che con somma ingiustizia egli ha fatto morire, sicché per il fatto che muoiono nel tempo, paghino ciò che dovevano e per il fatto che vivono per sempre, vivano in lui che ha pagato ciò che non doveva. Il diavolo poi avrebbe avuto con sé compagni in una perpetua condanna coloro che aveva istigato alla continuità nella ribellione. Avvenne così che l'uomo non fu sottratto al diavolo con la forza perché anche egli non l'aveva preso prigioniero con la forza ma con l'istigazione. E l'uomo che giustamente è stato umiliato di più ad essere schiavo di colui, a cui aveva acconsentito per il male, giustamente era liberato da colui, a cui aveva acconsentito per il bene perché di meno aveva peccato l'uomo col consentire che il diavolo, con la malvagia istigazione.


Anime che peccano ed anime che non peccano.

11. 32. Dio dunque ha creato tutti gli esseri, e non solo quelli che avrebbero continuato nella virtù e giustizia, ma anche quelli che avrebbero peccato, non perché peccassero ma perché avessero conferito armonia all'universo, sia che avessero voluto peccare o non peccare. Se infatti alla realtà mancassero anime che raggiungono fra tutte le creature la perfezione dell'ordine sicché se avessero voluto peccare, s'indebolirebbe e crollerebbe l'universo, verrebbe a mancare un grande principio al creato. Mancherebbe appunto quel principio, senza di cui sarebbe turbata l'invariabile armonia delle cose. Esse sono le ottime sante e altissime creature dei poteri celesti e sopracelesti, ai quali soltanto Dio comanda e cui l'universo è soggetto. Senza la loro funzione di perfetta giustizia non può sussistere l'universo. Egualmente mancherebbe moltissimo, se mancassero anime, le quali, sia che pecchino, sia che non pecchino, nulla sarebbe tolto all'ordine dell'universo. Vi sono infatti delle anime ragionevoli, differenti dalle superiori per funzione, ma eguali per natura. Sotto di esse vi sono ancora molti gradi inferiori, comunque degni di lode, di cose create da Dio sommo.


I gradi di perfezione nelle anime.

11. 33.Di funzione più alta è dunque quell'essere, il quale non solo se non esistesse, ma anche se peccasse, renderebbe meno perfetto l'ordine dell'universo. Di funzione inferiore è quello che soltanto se non esistesse e non se peccasse, l'universo subirebbe una imperfezione. Al primo è stato dato il potere di contenere nella propria funzione tutto ciò che non può mancare all'ordine delle cose. Esso non persiste nell'ordinato volere perché ha ricevuto questa funzione, ma l'ha ricevuta perché è stato previsto da chi gliela ha data che avrebbe perseverato. E non per propria supremazia contiene tutto, ma unendosi alla supremazia e ubbidendo con assoluta dedizione all'ordine di colui che è principio, ordinatore e fondamento di tutte le cose. Anche all'anima inferiore è data, se non pecca, la potente funzione di contenere tutto, non da sola tuttavia ma con quella superiore perché è stato previsto che peccherà. Gli esseri spirituali infatti hanno fra di sé congiungimento senza accrescimento e separazione senza diminuzione. Dunque l'essenza superiore non è agevolata nel compimento della sua azione, quando le si congiunge la inferiore, né l'azione gli diventa più difficile se l'altra abbandona la propria funzione col peccato. Le creature spirituali possono unirsi o separarsi secondo concordia o discordanza delle disposizioni e non secondo spazio e tempo, sebbene alcune hanno un proprio corpo.


Anime superiori e inferiori.

11. 34. L'anima ordinata dopo il peccato nei corpi inferiori e mortali domina il proprio corpo non certo arbitrariamente, ma come permettono le leggi dell'universo. Comunque tale anima non è meno perfetta di un corpo celeste, sebbene ad esso siano soggetti i corpi terreni. La veste cenciosa di uno schiavo condannato è molto inferiore alla veste di uno schiavo meritevole e avuto in grande onore dal padrone, ma lo schiavo è migliore di qualsiasi veste preziosa perché è uomo. L'anima superiore dunque si unisce a Dio e in un corpo celeste con potenza angelica eleva e dirige anche il corpo terrestre come gli ordina colui, di cui ineffabilmente intuisce il volere. La inferiore invece appesantita da membra mortali regge all'interno il corpo stesso, da cui è gravata e tuttavia lo eleva quanto può. Quanto ai corpi che le sono vicini all'esterno, può modificarli all'esterno con azione molto più debole.


Il peccato e il non peccato nell'ordine.

12. 35. Se ne conclude che non sarebbe mancata alla infima creatura corporea l'armonia più conveniente, anche se l'anima inferiore non avesse voluto peccare. Infatti l'anima che può reggere il tutto, regge anche la parte, ma non necessariamente quella che può il meno, può anche il più. Un bravo medico sana efficacemente anche la scabbia, ma non necessariamente chi provvede con vantaggio a uno scabbioso, può provvedere a tutta la salute umana. E se si ha la dimostrazione valida dell'evidenza che era necessaria l'esistenza di una creatura che mai ha peccato e mai peccherà, la medesima dimostrazione ci svela anche che essa rifugge liberamente dal peccato e che non è costretta a non peccare, ma lo fa di propria scelta. Ma poniamo che peccasse. Non ha peccato tuttavia come Dio ha previsto che non avrebbe peccato. Comunque se anche essa peccasse, basterebbe a reggere l'universo la grandezza dell'ineffabile potere di Dio. Egli dando a ciascuno secondo convenienza e merito, non permette che in tutto il suo dominio vi sia qualche cosa di deforme e sconveniente. Infatti da un lato, se ogni creatura angelica si fosse ribellata ai suoi ordini col peccato, egli mediante la sua potenza reggerebbe il tutto con assoluta convenienza e bontà, senza i poteri angelici creati a questo scopo. Nell'ipotesi non invidierebbe alla creatura spirituale l'esistenza perché ha prodotto con tanta larghezza di bontà anche la creatura fisica molto inferiore agli esseri spirituali che hanno peccato. Di conseguenza non v'è alcuno, il quale osservando con intelligenza il cielo, la terra e tutti gli esseri visibili prodotti nei loro generi secondo misura, forma e ordine, pensi che vi sia un altro artefice del tutto fuor di Dio e non confessi che egli si deve onorare con lodi ineffabili. Dall'altro lato non c'è migliore ordinamento della realtà che quello, in cui il potere angelico per superiorità di natura e per bontà del volere eccelle nel governo dell'universo. Ma anche se tutti gli angeli avessero peccato, non produrrebbero impotenza nel Creatore degli angeli a reggere il proprio dominio. Infatti né la sua bontà mancherebbe per una certa qual noia, né la sua onnipotenza per qualche difficoltà di crearne altri da porre nelle sedi che i precedenti avessero abbandonato col peccato. Ed anche se la creatura spirituale in qualsiasi numero fosse condannata perché lo merita, non potrebbe limitare l'ordine che con giustizia e convenienza accoglie tutti i dannati. Quindi, da qualunque parte si volti la nostra considerazione, scopre di dover lodare Dio creatore ottimo e ordinatore giustissimo di tutti gli esseri.


12. 36. Infine, per lasciare la contemplazione dell'armonia delle cose a coloro che per dono di Dio possono vedere e per non tentare di convincere con parole quelli che non possono a intuire l'ineffabile, tuttavia con attenzione a certe persone o ciarliere o deboli o cavillose, svolgiamo l'importante argomento con poche parole.


Bontà degli esseri.

13. 36. Ogni natura, che può divenire meno buona, è buona ed ogni natura corrompendosi diviene meno buona. Difatti o non le nuoce la corruzione, e allora non si corrompe, o se si corrompe, le nuoce la corruzione e se nuoce, fa diminuire un po' del suo bene e la rende meno buona. Che se la priva di ogni bene, quanto di essa rimane non potrà più corrompersi. Non vi sarà appunto il bene, con la cui sottrazione la corruzione può nuocere. E la natura, cui la corruzione non può nuocere, non si corrompe. Ora una natura che non si corrompe è incorruttibile, vi sarà quindi una natura resa incorruttibile dalla corruzione. Ma è un'assurdità il dirlo. Pertanto è assolutamente vero che ogni natura, in quanto natura, è buona. Se è incorruttibile, è più perfetta di una corruttibile. Se poi è corruttibile, giacché corrompendosi diviene meno buona, senza dubbio è buona. Ora ogni natura o è corruttibile o incorruttibile. Quindi ogni natura è buona. Intendo per natura quel che si suol dire esseità. Dunque ogni esseità o è Dio o è da Dio perché ogni bene o è Dio o è da Dio.


Dio si loda anche nel biasimo...

13. 37. Stabiliti validamente questi principi come premesse della nostra dimostrazione, segui ciò che sto per dire. La natura ragionevole, creata con il libero arbitrio del volere, se persiste nel godere il sommo bene non diveniente, è senza dubbio da lodarsi. Si deve lodare anche quella che tende a persistere. Ma quella che non persiste in lui e non vuole impegnarsi a persistere si deve biasimare, ma solo in relazione al fatto che non è in lui e non si adopera ad esservi. Se dunque si deve lodare la natura ragionevole che è stata creata, non v'è dubbio che si deve lodare chi l'ha creata, e se è biasimata, non v'è dubbio che il suo Creatore si deve lodare per questo stesso biasimo. Se la biasimiamo appunto perché non vuol godere del bene sommo e non diveniente, cioè del suo Creatore, lui senza dubbio noi lo lodiamo. Quanto gran bene è dunque e quanto si deve esaltare e onorare in modo ineffabile da tutte le lingue e anche da tutti i pensieri Dio creatore di tutte le cose perché senza la lode dovutagli noi non possiamo essere né lodati né biasimati. Infatti è possibile biasimarci per il fatto che non persistiamo in lui soltanto perché il persistere in lui è grande, sommo e primo nostro bene. E questo soltanto perché egli è il bene ineffabile. Dunque non si può trovar nulla nei nostri peccati per biasimarlo perché è assurdo il biasimo per i nostri peccati se egli non è lodato.


...meritato dall'essere imperfetto.

13. 38. E cosa dire che nelle stesse cose biasimate si biasima soltanto l'imperfezione? Ma non si biasima l'imperfezione di qualche cosa, se non si loda la natura della cosa stessa. Infatti o è secondo natura ciò che biasimi e allora non è imperfezione e tu piuttosto devi correggerti per imparare a biasimare ragionevolmente, anziché l'oggetto che non ragionevolmente biasimi; ovvero, se è imperfezione, perché si possa biasimare ragionevolmente, è necessario che sia contro la natura della cosa. Ogni imperfezione, per il fatto stesso che è imperfezione, è contro la natura. Se non offende la natura, non è imperfezione, ma se è imperfezione appunto perché offende, è imperfezione perché è contro la natura. Che se una natura si corrompe non per propria imperfezione ma di altri, si biasima ingiustamente. Bisogna ricercare se la natura, dalla cui imperfezione ha potuto esserne corrotta un'altra, non sia già corrotta per una propria imperfezione. E che cos'è essere imperfetti se non esser corrotti da una imperfezione? Ora una natura che non è imperfetta è esente da imperfezione, ma ha certamente imperfezione quella, dalla cui imperfezione è corrotta un'altra natura. Per prima dunque è imperfetta e per prima è corrotta dalla propria imperfezione la natura, dalla cui imperfezione può esserne corrotta un'altra. Se ne conclude che ogni imperfezione è contro la natura della cosa di cui è imperfezione. Ora in ogni essere è biasimata soltanto l'imperfezione ed è imperfezione appunto perché è contro la natura della cosa di cui è imperfezione. Dunque ragionevolmente si biasima soltanto l'imperfezione di una cosa, la cui natura è lodata. Nell'imperfezione disapprovi ragionevolmente soltanto che rende imperfetto ciò che approvi nella natura.


Ci si corrompe con la propria imperfezione.

14. 39. Si deve esaminare anche se è vero che una natura è corrotta dalla imperfezione di un'altra senza una propria imperfezione. Se infatti la natura, che sopravviene con la propria imperfezione per corromperne un'altra, non trova in essa nulla di corruttibile, non la corrompe. Se ve lo trova, ne compie la corruzione con l'imperfezione che vi trova. Se una natura più potente non vuole essere corrotta da una più debole, non viene corrotta, ma se lo vuole è corrotta prima dalla propria imperfezione che da quella dell'altra. Allo stesso modo se una eguale non vuole essere corrotta da una eguale, non può esserlo. Infatti qualsiasi natura che sopravviene con la propria imperfezione ad un'altra senza imperfezione per corromperla, per il fatto stesso della propria imperfezione non sopravviene eguale ma più debole. Nel caso che una natura più potente corrompa una più debole, la corruzione avviene o per imperfezione d'entrambi, se avviene per inordinato desiderio d'entrambi, ovvero per imperfezione della più potente se è di tanto prestigio di natura che, per quanto imperfetta, è più perfetta della più debole che corrompe. Nessuno infatti potrà biasimare ragionevolmente i frutti del suolo perché gli uomini non ne usano bene e corrotti dalla propria imperfezione li corrompono abusandone a scopo di lussuria. Tuttavia è da pazzi dubitare che la natura dell'uomo, anche imperfetta, sia più nobile e potente dei prodotti della terra, sebbene non imperfetti.


Corruzione non dovuta a imperfezione.

14. 40. Può anche avvenire che una natura più potente ne corrompa una meno perfetta e che avvenga senza loro imperfezione perché sì dice imperfezione ciò che è degno di biasimo. Chi oserebbe biasimare un individuo, magari frugale, che cerca nei prodotti della terra soltanto il sostentamento, o gli stessi prodotti che, usati come cibo, si corrompono? Questa abitualmente neanche si dice corruzione perché di solito corruzione è concetto di imperfezione. È possibile inoltre osservare nella realtà quanto segue. Spesso una natura più perfetta ne corrompe una meno perfetta indipendentemente dalla esigenza di soddisfare un proprio bisogno, talora per punire secondo giustizia una colpa, come nella massima enunziata dall'Apostolo: Se qualcuno corromperà il tempio di Dio, Dio corromperà lui 6; talora in base all'ordinamento delle cose divenienti che si susseguono per le leggi convenienti date all'universo secondo il rango delle singole parti. Se infatti il sole con lo splendore rovina gli occhi di un tale, perché incapace di sopportar la luce, dato il limite della loro capacità, non si deve pensare che esso li trasforma per colmare una carenza della propria luce o che lo fa per imperfezione, o che si devono biasimare gli occhi perché hanno ubbidito alla persona nell'aprirsi contro luce o alla luce per esser rovinati. Dunque fra tutte le corruzioni soltanto quella dovuta a imperfezione si biasima ragionevolmente. Le altre neanche si possono dire corruzioni, o per lo meno non possono essere biasimevoli perché non sono dovute a imperfezione. Si crede infatti che il termine vituperazione etimologicamente deriva dal concetto che essa è preparata, cioè adatta e dovuta al solo vizio.


Biasimo dell'imperfezione e lode dell'essere.

14. 41. L'imperfezione, come avevo cominciato a dire, è male soltanto perché si oppone alla natura di quella cosa, di cui è imperfezione. Ne deriva con evidenza che questa medesima cosa, di cui si biasima l'imperfezione, è buona di natura. In definitiva dobbiamo ammettere che il biasimo stesso dell'imperfezione è lode delle nature, intendi di quelle le cui imperfezioni si biasimano. E poiché l'imperfezione si oppone alla natura, tanto si aggiunge al male delle imperfezioni quanto si sottrae all'interezza delle nature. Quando dunque biasimi una imperfezione, lodi certamente la cosa di cui desideri l'interezza. E certamente la desideri della natura. La natura perfetta infatti non solo non è degna di biasimo, ma di lode nel suo genere. Tu vedi che manca qualche cosa alla perfezione della natura e la chiami imperfezione, mostrando che la natura la vuoi perché col biasimo della sua imperfezione mostri di volerla perfetta.


Dalla volontà libera dipendono bene e male (15, 42 - 22, 65)



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