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MEDITAZIONI SULLA PASSIONE

Ultimo Aggiornamento: 05/03/2016 20:17
23/02/2015 19:58

CAPITOLO XIII.

Delle ultime parole di Gesù in croce e della sua morte

1. Dice S. Lorenzo Giustiniani che la morte di Gesù fu la più amara e dolorosa fra tutte le morti degli uomini; poiché il Redentore morì sulla croce senza alcun minimo sollievo. Negli altri pazienti la pena vien sempre mitigata da qualche pensiero almeno di consolazione; ma il dolore e la mestizia di Gesù paziente fu puro dolore, e pura mestizia senza sollievo, scrisse l'Angelico. Onde è che S. Bernardo, contemplan­do Gesù moribondo sulla croce, piange dicen­do: Caro mio Gesù, io mirandovi su questo le­gno da capo a piedi non trovo altro che dolore e mestizia.

O mio dolce Redentore, o amore dell'anima mia, e perché voleste spargere tutto il sangue?

perché sacrificare la vostra vita divina per un verme ingrato quale son io? O Gesù mio, quan­do sarà che io mi congiunga talmente a voi che non possa più separarmene e lasciare d'amarvi? Ah Signore, finché vivo su questa terra sto in pericolo di negarvi il mio amore e perdere la vostra amicizia, come ho fatto per lo passato. Deh mio carissimo Salvatore, se mai vivendo ho da patire questo gran male, per la vostra Pas­sione vi prego, fatemi morire ora che spero di stare in grazia vostra. Io v'amo e voglio sempre amarvi.

2. Si lamentava Gesù per bocca del profeta che stando moribondo sulla croce andava cer­cando chi lo consolasse ma non lo ritrovava: Ho atteso... consolatori, ma non ne ho trovati (Sal 68 21). I Giudei e i Romani, anche mentre egli stava per morire, lo malediceano e bestemmia­vano. Stavane sì Maria SS. sotto la croce affin di dargli qualche sollievo se avesse potuto; ma questa afflitta ed amante Madre, col dolore che ella soffriva per compassione delle sue pene, più affliggeva questo Figlio che tanto l'amava.

Dice S. Bernardo che le pene di Maria anda­vano tutte a più tormentare il Cuore di Gesù.

Talmentechè il Redentore, guardando Maria co­sì addolorata, sentiva trafiggersi l'anima più dai dolori della Madre che dai suoi, come la stessa B. Vergine rivelò a S. Brigida. Onde dice S. Ber­nardo: O buon Gesù, grandi dolori sopporti nel corpo, ma molto di più nel cuore per compassio­ne della Madre.

Quali affanni poi dovettero provare quei Cuo­ri innamorati di Gesù e di Maria allorché giun­se il punto in cui il Figlio prima di spirare dové licenziarsi dalla Madre! Ecco le ultime parole, colle quali Gesù si licenziò in questo mondo da Maria: Donna, ecco il tuo figlio! (Gv 19, 26), additandole Giovanni che in suo luogo lascia­vale per figlio.

O regina di dolori, i ricordi di un figlio amato che muore troppo son cari, e non partono mai dalla memoria di una madre. Ricordatevi che il vostro Figliuolo che tanto vi ha amato, in perso­na di Giovanni vi ha lasciato me peccatore per figlio. Per l'amore che portate a Gesù abbiate pietà di me. Io non vi cerco beni di terra; vedo il vostro Figlio che muore con tante pene per me; vedo voi, innocente madre mia che ancora per me sopportate tanti dolori; e vedo che io misero reo dell'inferno per li miei peccati non ho patito niente per vostro amore: voglio patire qualche cosa per voi primi che io muoia.

Questa grazia vi cerco, e vi dico con S. Bona­ventura che se vi ho offeso, è giustizia che io pa­tisca per castigo, e se vi ho servito, è ragione che io patisca per mercede. Impetratemi, o Ma­ria, una gran divozione ed una memoria conti­nua della Passione del vostro Figlio. E per quel­l'affanno che soffriste nel vederlo spirare sulla croce, ottenetemi una buona morte. Assistetemi, regina mia, in quell'ultimo punto; fatemi mori­re amando e proferendo i vostri SS. Nomi di Gesù e di Maria.

3. Vedendo Gesù che non trovava chi lo con­solasse su questa terra, alzò gli occhi e il cuore al suo Padre a dimandargli sollievo. Ma l'Eterno Padre vedendo il Figlio coperto colla veste di peccatore: « No, Figlio, disse, non ti posso con­solare or che stai soddisfacendo la mia giustizia per tutti i peccati degli uomini: conviene che ancor io ti abbandoni alle pene e ti lascia morir senza conforto ».

Ed allora fu che il nostro Salvatore, gridando a gran voce, disse: Dio mio, Dio mio, e perché voi ancora mi avete abbandonato? Gesù gridò a gran voce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai ab­bandonato (Mt 27, 46). Spiegando questo passo il B. Dionisio Cartusiano dice che Gesù proferì gridando queste parole per far intendere a tutti il gran dolore e mestizia con cui moriva. E volle egli l'amante Redentore, soggiunge S. Cipriano, morire abbandonato da ogni consolazione per dimostrare a noi l'amor suo e per tirare a sè tutto l'amor nostro.

Ah mio amato Gesù, voi vi lamentate a torto dicendo: Perché, Dio mio, mi avete abbandona­to? Perché? voi dite. E perché, io vi dirò, voi avete voluto addossarvi a pagare per noi? Non sapevate che noi meritavamo già per li peccati nostri di essere abbandonati da Dio? Con ragio­ne dunque il vostro Padre vi ha abbandonato e vi lascia morire in un mare di dolori e di ama­rezze.

Ah mio Redentore, il vostro abbandono mi affligge e mi consola: mi affligge in vedervi mo­rire con tanta pena; ma mi consola in darmi animo a sperare che per li meriti vostri io non resterò abbandonato dalla divina misericordia, come meriterei, per avervi io abbandonato tante volte per seguire i miei capricci. Fatemi in­tendere che se a voi fu così duro l'esser privo della sensibile presenza divina per breve tempo, quale sarebbe la mia pena se dovessi esser pri­vato di Dio per sempre?

Deh, per questo vostro abbandono sofferto con tanto dolore, non mi lasciate, o Gesù mio, singolarmente nel punto di mia morte! Allorché tutti mi avranno abbandonato, non mi abbando­nate voi, mio Salvatore. Ahi desolato mio Signo­re, voi siate il mio conforto nelle mie desolazio­ni. Intendo già che se vi amerò senza consola­zione, più contenterò il vostro Cuore. Ma voi sapete la mia debolezza; aiutatemi colla vostra grazia, infondetemi allora perseveranza, pazien­za e rassegnazione.

4. Accostandosi Gesù alla morte, disse: Ho sete, Sitio (Gv 19, 28). Signore, parla Drogone Ostiense, ditemi, di che avete voi sete? Voi non nominate le pene immense che soffrite in cro­ce, e poi vi lamentate solamente della sete? La mia sete è la vostra salvezza, gli fa dire S. Ago­stino. Anime, dice Gesù, questa mia sete altro non è che il desiderio che ho della salute vostra. Egli l'amante Redentore con troppo ardore desiderava le anime nostre, epperciò anelava di dar­si tutto a noi colla sua morte. Questa fu la sua sete, scrisse S. Lorenzo Giustiniani. Dice di più S. Basilio di Seleucia, che Gesù Cristo disse aver sete per darci ad intendere che egli per l'amore che ci portava moriva con desiderio di patire per noi più di quanto avea patito: O desiderio più grande della Passione!

O Dio amabilissimo, voi perché ci amate de­siderate che noi vi desideriamo: Dio ha sete che si abbia sete di Lui, ci avverte S. Gregorio: Ah mio Signore, voi avete sete di me vilissimo ver­me, ed io non avrò sete di voi, mio Dio infinito? Deh, per li meriti di questa sete sofferta nella croce, datemi una gran sete di amarvi e di com­piacervi in tutto! Voi avete promesso di esaudir­ci in quanto vi cerchiamo: Chiedete e otterrete (Gv 16, 24). Io questo solo dono vi domando, il dono del vostro amore. Ne sono indegno, ma questa ha da essere la gloria del vostro sangue, il rendere vostro grande amante un cuore che un tempo vi ha tanto disprezzato; render tutto fuo­co di carità un peccatore tutto pieno di fango e di peccati. Molto più di questo voi avete fatto morendo per me.

O Signore infinitamente buono, io vorrei amarvi quanto voi meritate. Mi compiaccio del­l'amore che vi portano l'anime vostre innamora­te, e più dell'amore che voi portate a voi stesso; con questo unisco il misero amor mio. V'amo, o Dio eterno, v'amo, o amabile infinito. Fate che io sempre più cresca nell'amor vostro con replicarvi spesso atti di amore e con impiegar­mi a darvi gusto in ogni cosa, senza intervallo e senza riserba. Fate che io misero e piccolo qual sono, sia almeno tutto vostro.

5. Il nostro Gesù, già prossimo a spirare, con voce moribonda disse: Consummatum est (Tutto è compiuto) (Gv 19, 30). Egli, mentre proferì la predetta parola, scorse colla sua mente tutta la serie della sua vita; mirò tutte le fatiche da esso fatte, la povertà, i dolori, le ignominie sof­ferte; e tutte le offerì di nuovo all'Eterno suo Padre per la salute del mondo. Indi rivolto a noi par che replicasse: Consummatum est, come dicesse: Uomini, tutto è consumato, tutto è com­pito: è fatta la vostra Redenzione, la divina giu­stizia è soddisfatta, il paradiso è aperto.

Ecco, il tuo tempo è il tempo dell'amore (cf Ez 16, 9). E' tempo finalmente, o uomini, che voi vi rendiate ad amarmi. Amatemi dunque, amatemi, perché non ho più che fare per essere amato da voi. Cedete quel che ho fatto per ac­quistarmi il vostro amore: io per voi ho menata una vita sì tribolata, alla fine prima di morire mi son contentato di farmi dissanguare, sputare in faccia, lacerare le carni, coronare di spine, fino ad agonizzare su questo legno come già mi guardate. Che resta? Resta solo che io muoia per voi.

Sì, voglio morire: vieni, o morte, ti do licen­za, toglimi la vita per la salute delle mie peco­relle. E voi, pecorelle mie, amatemi, amatemi, perché non ho più che fare per farmi amare da voi. Tutto è compiuto, parla il B. Taulero, tutto quanto esigeva la giustizia, tutto quanto richie­deva la carità, tutto quanto c'era per manifesta­re l'amore.

Mio amato Gesù, oh potessi io ancora dire morendo: Signore, ho tutto compito, ho fatto quanto m'avete imposto, ho portata con pazien­za la mia croce, vi ho compiaciuto in tutto. Ah mio Dio, se ora dovessi morire, morirei scon­tento, perché niente di ciò potrei dirvi con veri­tà. Ma sempre io così ho da vivere ingrato all'amor vostro? Deh concedetemi la grazia di con­tentarvi negli anni di vita che mi restano, affin­ché quando mi verrà la morte, possa dirvi che almeno da questo tempo io ho adempita la vo­stra volontà. Per lo passato se vi ho offeso, la vostra morte è la speranza mia. Per l'avvenire io non voglio più tradirvi, ma da voi spero la mia perseveranza: per li meriti vostri, o Gesù Cri­sto mio, io ve la domando e la spero.

6. Ecco Gesù che alla fine sen muore. Mira­lo, anima mia, come già agonizzante sta tra gli ultimi respiri di sua vita. Mira quegli occhi mo­ribondi, la faccia impallidita, il Cuore che con languido moto va palpitando, il corpo che già si abbandona alla morte, e quell'anima bella che già sta vicina a lasciare il lacero corpo. Già s'oscura il cielo, trema la terra, si aprono i se­polcri. Oimè che orrendi segni son questi! Son segni che già muore il Fattore del mondo.

Ecco per ultimo come il nostro Redentore, dopo aver raccomandata l'anima sua benedetta al suo Eterno Padre, dando prima dall'afflitto Cuore un gran sospiro, e poi inchinando il ca­po in segno di sua ubbidienza, ed offerendo la sua morte per la salute degli uomini, finalmente, per la violenza del dolore, spira e rende lo spirito in mano del suo diletto Padre: Gesù, gri­dando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. Detto questo spirò (Lc 23, 46).

Accostati su, anima mia, a piè di quel santo altare, dove è morto già sacrificato l'Agnello di Dio per salvarti. Accostati e pensa che egli è morto per l'amore che ti ha portato. Chiedi quanto vuoi al tuo morto Signore e tutto spera. O Salvator del mondo, o Gesù mio, ecco alla fi­ne dove vi ha ridotto l'amore verso degli uomi­ni. Vi ringrazio che abbiate voluto voi, nostro Dio, perdere la vita, acciò non si perdessero le anime nostre. Vi ringrazio per tutti, ma special­mente per me. E chi più di me ha goduto il frut­to della vostra morte? Io per li meriti vostri, senza neppure saperlo, prima fui fatto figlio del­la Chiesa col battesimo; per amor di voi sono stato poi tante volte perdonato ed ho ricevute tante grazie speciali; per voi ho la speranza di morire in grazia di Dio e di venire ad amarlo in paradiso.

Amato mio Redentore, quanto vi sono obbli­gato! Nelle vostre mani trafitte raccomando la povera anima mia. Fatemi voi ben capire, quale amore sia stato l'essere un Dio morto per me. Vorrei, Signore, morire anche io per voi; ma che compenso può dare la morte di uno schiavo iniquo alla morte del suo Signore e Dio? Vor­rei almeno amarvi quanto posso; ma senza il vostro aiuto, o mio Gesù, non posso niente. Aiu­tatemi voi e, per li meriti della vostra morte, fatemi morire a tutti gli amori terreni, acciocché io ami solo voi che meritate tutto il mio amore. V'amo, bontà infinita, v'amo, mio sommo bene, e vi prego con S. Francesco: Muoia io a tutto, per gratitudine almeno al grande amore di voi che vi siete degnato morire per amor mio e per essere amato da me.

Maria, madre mia, intercedete per me. Amen.

 

CAPITOLO XIV.

Della speranza che abbiamo nella morte di Gesù Cristo

l. Gesù è l'unica speranza della nostra salu­te (salvezza): fuori di lui In nessun altro c'è sal­vezza (At 4, 12). Io sono l'unica porta, egli ci dice, e chi entrerà per me troverà certamente la vita eterna: Io sono la porta, se uno entra at­traverso di me, sarà salvo (Gv 10, 9). E qual peccatore mai avrebbe potuto sperar perdono, se Gesù non avesse per noi soddisfatta la divina giustizia col suo sangue e colla morte? Egli si addosserà la loro iniquità (Is 53, 11). Quindi ci dà coraggio l'Apostolo dicendo: Se il sangue degli irci e dei tori sacrificati toglieva negli Ebrei le macchie esteriori del corpo, acciocché potessero essere ammessi ai sacri ministeri; quanto più il sangue di Gesù Cristo, il quale per amore si è offerto a pagare per noi, toglierà dal­le anime nostre i peccati per poter servire il no­stro sommo Dio? (cf Eb 9, 13-14).

Egli l'amoroso nostro Redentore, essendo ve­nuto nel mondo non ad altro fine che a salvare i peccatori e vedendo già contro di noi scritta la sentenza di condanna per le nostre colpe, che fe­ce? Egli colla sua morte pagò la pena a noi do­vuta; e cancellando col suo sangue la scrittura della condanna, affinché la divina giustizia non cercasse più da noi la dovuta soddisfazione, l'af­fisse alla stessa croce dove morì: Annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce (Col 2, 14). Cristo... entrò una volta per sempre nel san­tuario... dopo averci ottenuto una redenzione eterna (Eb 9, 12). Ah Gesù mio, se non aveste voi trovato questo modo di ottenerci il perdono, chi avrebbe potuto trovarlo? Ebbe ragione Da­vide d'esclamare: Pubblicate, o Genti, gli studi amorosi del nostro Dio che ha usati per salvar­ci (cf Sal 9, 12). Giacché dunque, o mio dolce Salvatore, avete avuto tanto amore per me, non lasciate di usarmi pietà. Voi mi avete riscattato dalle mani di Lucifero colla vostra morte: io nelle mani vostre consegno l'anima mia, voi l'avete a salvare. Nelle tue mani affido il mio spirito, mi hai redento, Signore, Dio di verità (cf Sal 30,.6).

2. Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, ab­biamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cri­sto giusto. Egli è vittima di espiazione per i no­stri peccati (1 Gv 2, 1-2). Gesù Cristo non finì colla morte di intercedere per noi appresso l'Eterno Padre; egli anche al presente fa il no­stro avvocato e par che in cielo, come scrive S.

Paolo, non sappia far altro officio che di muove­re il Padre ad usarci misericordia: Sempre vivo per intercedere per noi (cf Eb 7, 25). E soggiun­ge l'Apostolo che il Salvatore a tal fine è asceso al cielo: Per comparire al cospetto di Dio in no­stro favore (Eb 9, 24). Siccome dalla faccia del re son discacciati i ribelli, così noi peccatori non saressimo stati più degni d'essere ammessi al co­spetto di Dio, neppure a dimandargli perdono; ma Gesù, come nostro Redentore, comparisce egli per noi alla divina presenza e, per li meriti suoi, ci ottiene la grazia da noi perduta. Vi siete accostati al mediatore Gesù e al sangue del­l'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele (cf Eb 12, 22-24). Oh quanto meglio implora a noi la divina misericordia il sangue del Redentore che non implorava il castigo con­tro di Caino il sangue d'Abele!

« La mia giustizia, disse Dio a S. Maria Mad­dalena de' Pazzi, s'è cangiata in clemenza colla vendetta presa sopra le carni innocenti di Gesù Cristo. Il sangue di questo mio Figlio non cerca da me vendetta, come il sangue d'Abele, ma solo. cerca misericordia e pietà: ed a questa voce non può la mia giustizia non restare placata: Questo sangue le liga le mani sì che non si può muovere, per così dire, a prendere quella ven­detta de' peccati che pria si prendeva ».

Non dimenticare il beneficio ricevuto dal tuo mallevadore (cf Sir 29, 30). Ah mio Gesù, era già io incapace, dopo i miei peccati, a soddisfa­re la divina giustizia, ma voi colla vostra mor­te avete voluto soddisfare per me. Or quale in­gratitudine sarebbe la mia, se di questa sì gran misericordia io mi scordassi? No, mio Reden­tore, non voglio scordamene mai: voglio sempre ringraziarvene ed esservene grato con amarvi e fare quanto posso per darvi gusto. Soccorretemi voi con quella grazia che mi avete meritata con tanti stenti. V'amo, Gesù mio, amor mio, spe­ranza mia.

3. Vieni, o mia colomba, nei forami della pietra (cf Ct 2, 13-14). O che rifugio sicuro noi troveremo sempre in questi sacri forami della pietra, cioè nelle piaghe di Gesù Cristo! I fora­mi della pietra, dice S. Pier Damiami, sono le ferite del Signore nelle quali l'anima nostra ha posto la sua fiducia. Ivi saremo liberati dalla sconfidenza per la vista dei peccati fatti; ivi tro­veremo le armi da difenderci quando saremo tentati a peccare di nuovo. Abbiate fiducia, fi­glioli, io ho vinto il mondo (Gv 16, 33). Se voi non avete forze bastanti, ci esorta il nostro Sal­vatore, a resistere agli assalti del mondo che vi offerisce i suoi piaceri, confidate in me, perché io l'ho vinto e così ancora voi vincerete. Prega­te, disse, l'Eterno Padre che per li meriti miei vi doni fortezza, ed io vi prometto che quanto voi gli cercherete in mio nome, tutto egli vi con­cederà: In verità in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà (ivi, 23). E in altro luogo ci confermò la promessa dicendo che qualunque grazia noi do­manderemo a Dio per amor suo, egli stesso che è una cosa col Padre, ce la darà: Qualunque co­sa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Pa­dre sia glorificato nel Figlio (Gv 14, 13).

Ah Padre Eterno, io fidato ai meriti ed a que­ste promesse di Gesù Cristo, non vi domando be­ni di terra, ma solamente la grazia vostra. E' vero che io, per l'ingiurie che vi ho fatte, non meriterei nè perdono nè grazie; ma se non le merito io, le ha meritate a me il vostro Figlio offerendo il sangue e la vita per me. Per amore dunque di questo Figlio perdonatemi. Datemi un gran dolore dei miei peccati ed un grande amo­re verso di voi. Illuminatemi a conoscere quanto è amabile la vostra bontà e quanto è l'amore che sin dall'eternità mi avete portato. Fatemi inten­dere la vostra volontà, e datemi forza di eseguir­la perfettamente. Signore, io v'amo e voglio fa­re tutto quello che volete voi.

4. Oh che grande speranza di salvarci dona a noi la morte di Gesù Cristo! Chi condannerà? Cristo Gesù che è morto... e intercede per noi? (Rm 8, 34). Chi mai è quegli che ci ha da con­dannare? dice l'Apostolo. E' quel medesimo Re­dentore che, per non condannarci alla morte eterna, ha condannato se stesso a morire crudel­mente su di una croce. Quindi ci anima S. Tom­maso da Villanova con dire: Che timore hai, peccatore, se tu vuoi lasciare il peccato? Come ti condannerà quel Signore che muore per non condannarti? Come ti caccerà, quando tu ritorni ai suoi piedi, quegli che è venuto a cercarti dal cielo quando tu lo fuggivi? Ma più ci dà animo lo stesso nostro Salvatore dicendo per Isaia: Ec­co ti tengo scritta nelle mie mani: le tue mura sono sempre davanti ai miei occhi (cf Is 49, 16). Pecorella mia, non diffidare, vedi quanto mi costi: io ti tengo scritta nelle mie mani, in queste piaghe che ho sofferte per te: queste mi ricor­dano sempre ad aiutarti e difenderti dai tuoi ne­mici; amami e confida.

Sì, Gesù mio, io v'amo, ed in voi confido. Il riscattarmi vi è costato sì caro, il salvarmi non vi costa niente. La vostra volontà è che tutti si salvino e che niuno si perda. Se i peccati miei mi spaventano, mi rincora la vostra bontà, che più desidera ella di farmi bene che io di rice­verlo. Ah mio amato Redentore, vi dirò con Giobbe: Anche se mi ucciderà, non cesserò di sperare in lui, egli sarà il mio salvatore (cf Gb 13, 15-16). Ancorché mi cacciaste, amor mio, dalla vostra faccia, io non lascerò di sperare in voi che siete il mio Salvatore. Quelle vostre pia­ghe e questo sangue troppo mi danno animo a sperare ogni bene dalla vostra misericordia. V'amo, o caro Gesù, io v'amo e spero.

5. S. Bernardo glorioso, stando una volta in­fermo, si vide avanti il tribunale di Dio, dove il demonio l'accusava dei suoi peccati e dicea che egli non meritava il paradiso. Il santo ri­spose: « E' vero che io non merito il paradiso, ma Gesù ha due meriti a questo regno, uno per essere Figlio naturale di Dio, l'altro per averse­lo acquistato colla sua morte: egli si contenta del primo, e il secondo lo cede a me; e perciò io domando e spero il paradiso ».

Lo stesso possiamo dir noi, scrivendo S. Pao­lo che Gesù Cristo a tal fine ha voluto morire consumato dai dolori, per ottenere il paradiso a tutti i peccatori pentiti e risoluti d'emendarsi: Consumato dai dolori divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono (cf Eb 5, 9). Onde soggiunge l'Apostolo: Andiamo con coraggio a combattere, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli, in cambio della gioia che gli era po­sta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia (cf Eb 12, 1-2). Andiamo con corag­gio a combattere coi nostri nemici, guardando a Gesù Cristo che coi meriti della sua Passione ci offerisce la vittoria e la corona.

Egli ha detto che è andato al cielo per appa­recchiarci il luogo: Non sia turbato il vostro cuo­re... Io vado a prepararvi un posto (Gv 14, 1-2). Egli ha detto e va dicendo al suo Padre che, mentre ci ha consegnati a lui, egli ci vuole seco in paradiso: Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io (Gv 17, 24). E qual misericordia più grande poteva­mo sperare dal Signore, dice S. Anselmo, che ad un peccatore condannato già per li suoi delitti all'inferno e che non ha come liberarsi dalle pe­ne, abbia detto l'Eterno Padre: Prendi il mio Figlio ed offeriseilo per te? E lo stesso Figlio dica: Prendi me e liberati dall'inferno?

Ah Padre mio amoroso, vi ringrazio di aver­mi dato questo Figlio per mio Salvatore; vi of­ferisco la sua morte e, per li meriti suoi, vi do­mando pietà. E ringrazio sempre voi, o mio Re­dentore, di aver dato il sangue e la vita per li­berar me dalla morte eterna. Soccorrete dunque noi servi ribelli, giacché a tanto costo ci avete redenti.

O Gesù, unica speranza mia, voi mi amate, voi siete onnipotente, fatemi santo. Se io son de­bole, datemi voi fortezza; se sono infermo per le colpe commesse, applicate voi all'anima mia una goccia del vostro sangue e sanatemi. Date­mi il vostro amore e la perseveranza finale, fa­cendomi morire in grazia vostra. Datemi il pa­radiso: io per li meriti vostri ve lo dimando e lo spero. V'amo, mio Dio amabilissimo, con tutta l'anima mia, e spero di sempre amarvi. Aiuta­te un misero peccatore che vi vuole amare.

6. Giacché abbiamo, dice l'Apostolo, questo Salvatore, che ci ha aperto il paradiso a noi un tempo chiuso dal peccato, confidiamo sempre nei suoi meriti; poiché, avendo voluto per sua bontà anche egli patire le nostre miserie, ben sa compatirci. Andiamo dunque con confidenza al trono della divina misericordia, al quale per mezzo di Gesù Cristo abbiamo l'accesso, accioc­ché ivi troviamo tutte le grazie che ci bisogna­no (cf Eb 4, 14-16). E come possiamo dubitare, soggiunge S. Paolo, che Dio, avendoci dato il suo Figlio, non ci abbia donati col Figlio tutti i suoi beni? (Rm 8, 32). Commenta Ugon Cardi­nale: Non ci negherà il meno, cioè la gloria eter­na, quel Signore ch'è giunto a darci il più, ch'è il suo medesimo Figliuolo.

Oh mio sommo bene, che vi renderò io mise­ro per un tanto dono, che mi avete fatto del vo­stro Figlio? Vi dirò con Davide: Il Signore ri­compenserà per me (cf Sal 137, 8). Signore, io non ho come ricompensarvi: il medesimo vostro Figlio solo può degnamente ringraziarvi; egli ve ne ringrazi per me. Padre mio pietosissimo, per le piaghe di Gesù vi prego a salvarmi. V'amo bontà infinita, e, perché v'amo, mi pento di avervi offeso. Dio mio, Dio mio, io voglio esse­re tutto vostro, accettatemi per amore di Gesù Cristo. Ah mio dolce Creatore, è possibile che, avendomi dato il vostro Figlio, mi negherete poi i vostri beni, la grazia vostra, il vostro amore, il vostro paradiso?

7. Asserisce S. Leone, che ci ha apportato più bene Gesù Cristo colla sua morte, che non ci recò di danno il demonio col peccato di Adamo. E ciò lo disse chiaramente l'Apostolo, allorché scrisse ai Romani: ma il dono non è come la ca­duta... Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia (Rm 5, 15, 20). Spiega Ugon Cardinale: La grazia di Cristo ha più effi­cacia del peccato. Non ha paragone, dice l'Apo­stolo, tra il peccato dell'uomo e il dono che ci fece Dio dandoci Gesù Cristo. Fu grande il de­litto d'Adamo, ma è stata molto più grande la grazia che ci ha meritata Gesù Cristo colla sua Passione. Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza (Gv 10, 10). Io son venuto nel mondo, si protestò il Salvatore, ac­ciocché gli uomini morti col peccato non solo ricevano per me la vita della grazia, ma una vi­ta più abbondante di quella, che per la colpa aveano perduta. Onde è che la santa Chiesa chiama felice la colpa che ci meritò di avere un tal Redentore.

Ecco, Dio è la mia salvezza; io confiderò, non avrò mai timore (Is 12, 2). Dunque, o Gesù mio, se voi che siete un Dio onnipotente siete ancora il mio Salvatore, che timore avrò di dannarmi? Se per lo passato vi ho offeso, me ne pento con tutto il cuore. Per l'avvenire io vi voglio servire, ubbidire ed amare; e spero fermamente che voi, mio Redentore, che avete fatto e patito tanto per la mia salute, non mi negherete alcuna grazia che mi bisognerà per salvarmi, commenta S. Bo­naventura.

Attingerete acqua dalle fonti del Salvatore. In quel giorno direte: lodate il Signore, invocate il suo nome (cf Is 12, 3-4). Le piaghe di Gesù Cri­sto son già le beate fonti da cui possiamo riceve­re tutte le grazie, se con fede lo preghiamo. Una fonte zampillerà dalla casa del Signore e irri­gherà la valle delle spine (cf GI 4, 18). La mor­te di Gesù è appunto, dice Isaia, questa fonte promessa, che ha innaffiate con acque di grazia l'anime nostre, e da spine di peccati, per li me­riti suoi, l'ha cangiate in fiori e frutti di vita eterna. Egli l'amante Redentore, ci dice S. Pao­lo, si è fatto povero in questo mondo, affinché noi, per lo merito della sua povertà diventassi­mo ricchi: Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi (2 Cor 8, 9). Noi eravamo per lo peccato ignoranti, ingiu­sti, iniqui, e schiavi dell'inferno; ma Gesù Cri­sto, dice l'Apostolo, morendo e soddisfacendo per noi, Per opera di Dio è diventato per noi sa­pienza, giustizia, santità e riscatto (cf 1 Cor 1, 30). Cioè spiega S. Bernardo: Si è fatto nostra sapienza con istruirci, nostra giustizia con perdo­narci, nostra santità col suo esempio, e nostro riscatto colla sua Passione, liberandoci dalle ma­ni di Lucifero. In somma, dice S. Paolo che i me­riti di Gesù Cristo ci hanno arricchiti di tutti i beni, sì che non ci manca più niente per poter ricevere tutte le grazie (cf 1 Cor 1, 5, 7).

O Gesù mio, Gesù mio, e che belle speranze mi dà la vostra Passione! Amato mio Signore, quanto vi debbo! Oh non vi avessi mai offeso! Perdonatemi tutte le ingiurie che vi ho fatte; infiammatemi tutto del vostro amore, e salvatemi in eterno. E come posso temere di non rice­vere il perdono, la salute (salvezza) e tutte le grazie da un Dio onnipotente, che mi ha dato tutto il suo sangue? Ah Gesù mio, speranza mia, voi, per non perdere me, avete voluto perdere la vita; io non voglio perdere voi, bene infinito. Se vi ho perduto per lo passato, me ne pento; per l'avvenire non vi voglio perdere più; voi m'avete da aiutare, acciocché io più non vi per­da. Signore, io v'amo, e voglio sempre amarvi.

Maria, dopo Gesù, voi siete la speranza mia; dite al vostro Figlio che voi mi proteggete, e sarò salvo. Amen, così sia.

 

CAPITOLO XV.

Dell'amore dell'Eterno Padre in averci donato il suo Figliuolo

1. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (Gv 3, 16). A tal segno, disse Gesù Cristo, Dio ha amato il mondo, che gli ha donato il suo medesimo ed unico Figlio. Tre co­se dobbiamo considerare in questo dono: chi è quello che dona, che cosa dona, e con quale amore la dona. Già si sa che quanto è più nobi­le il donatore, tanto è più stimabile il dono. Se alcuno riceve un fiore da un monarca, stimerà egli quel fiore più che un tesoro. Or quanto dob­biamo stimar noi questo dono, che ci viene dalle mani di un Dio? E che cosa esso ci ha donato? il suo proprio Figlio. Non fu contento l'amore di questo Dio in averci donati tanti beni su que­sta terra, se non quando arrivò a donarci tutto se stesso nella persona del Verbo incarnato: Non un servo, non un angelo, ma il proprio Figlio ci ha donato, dice S. Gio. Grisostomo. Quindi esclama esultando la santa Chiesa: O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà: per riscattare lo schiavo, hai sacrificato tuo Figlio! (Exultet).

O Dio infinito, come avete potuto degnarvi di usar con noi una pietà sì ammirabile? Chi mai potrà capire un eccesso sì grande, che voi per riscattare lo schiavo abbiate voluto donarci l'uni­co vostro Figlio? Ah mio benignissimo Signore, giacché voi mi avete donato il meglio che avete, è ragione che io vi dia il più che posso. Voi de­siderate da me il mio amore: io non altro desidero da voi che l'amor vostro. Eccovi il mio misero cuore, tutto lo consacro ad amarvi. Usci­te voi creature tutte dal cuor mio, date luogo al mio Dio, che merita e vuole possederlo tutto, e senza compagni. V'amo, o Dio d'amore, v'amo sopra ogni cosa; e solo voi voglio amare, mio Creatore, mio tesoro, mio tutto.

2. Dio ci ha donato il Figlio, e perché? Per solo amore. Pilato per timore umano diede Gesù ai Giudei: L'abbandonò alla loro volontà (Lc 23, 25). Ma l'Eterno Padre diede a noi il suo Figliuolo per l'amore che ci portò: Lo ha dato per tutti noi (Rm 8, 22). Dice S. Tommaso, che L'amore ha il carattere di primo dono. Quando ci è fatto un dono, il primo dono che riceviamo è dell'amore che il donante ci offerisce in quella cosa che dona; poiché, riflette l'Angelico, l'uni­ca ragione di ogni dono gratuito è l'amore; al­trimenti quando si dona per altro fine che di puro affetto, il dono perde la ragione di vero dono. Il dono che ci fè l'Eterno Padre del suo Figlio fu vero dono, tutto gratuito e senza alcun nostro merito; che perciò si dice essersi fatta l'Incarnazione del Verbo per opera dello Spiri­to Santo, cioè per solo amore, come parla il medesimo santo Dottore: Dal massimo dell'amo­re divino proviene che il Figlio di Dio si fece uomo.

Ma non solo per puro amore Iddio ci donò questo suo Figlio, ma ce lo donò con amore im­menso. Ciò appunto volle significar Gesù, di­cendo: Così Dio amò il mondo. La parola così, dice S. Gio. Grisostomo, significa la grandezza dell'amore col quale Dio ci fe' questo gran do­no. E qual maggiore amore potea un Dio dimo­strarci, che condannare alla morte il suo Figlio innocente per salvar noi miseri peccatori? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi (Rm 8, 32). Se l'Eterno Pa­dre fosse stato capace di pena, qual pena avreb­be mai provata, allorché si vide indotto dalla sua giustizia a condannare quel Figlio amato quanto se stesso, a morire con una morte così crudele tra tante ignominie? Volle egli farlo morire con­sumato dai tormenti e dai dolori, dice Isaia (cf 53, 10). Immaginatevi dunque di vedere l'Eterno Pa­dre con Gesù morto in braccio, che ci dica: Uo­mini, questo è il Figlio mio diletto, in cui ho trovato tutte le mie compiacenze (cf Mt 17, 5). Ecco come ho voluto vederlo maltrattato per le vostre scelleraggini (cf Is 53, 8). Ecco come l'ho condannato a morte su questa croce, afflitto, ab­bandonato ancora da me che tanto l'amo. Que­sto l'ho fatto acciocché voi mi amiate.

O bontà infinita! O misericordia infinita! O amore infinito! O Dio dell'anima mia, giacché voleste morto per me l'oggetto più caro del vo­stro cuore, io vi offerisco per me il gran sacrifi­cio che vi fe' di se stesso questo vostro Figlio; e per i meriti suoi vi prego a donarmi il perdo­no dei peccati, il vostro amore, il vostro para­diso. Son grandi queste grazie che vi domando, ma è più grande l'offerta che vi presento. Per amore di Gesù Cristo, Padre mio, perdonatemi e salvatemi. Se vi ho offeso per lo passato, me ne pento sopra ogni male. Ora io vi stimo, ed amo sopra ogni bene.

3. Ah chi mai se non un Dio d'infinito amo­re poteva amarci sino a questo segno? Scrive S. Paolo: Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che era­vamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cri­sto (Ef 2, 4-5). Chiama l'Apostolo troppo amore quest'amore che dimostrò Iddio, in donare agli uomini per mezzo della morte del Figlio la vita della grazia da essi perduta per li loro peccati. Ma non fu troppo quest'amore a Dio che è lo stesso amore: Dio è amore (1 Gv 4, 16). Dice S. Giovanni che in ciò volle egli farci vedere do­ve giungeva la grandezza dell'amore di un Dio verso di noi, in mandare il suo Figlio nel mondo ad ottenerci colla sua morte il perdono e la vita eterna: In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui (1 Gv 4, 9).

Eravamo noi morti per la colpa alla vita della grazia, e Gesù colla sua morte ci ha ritornati in vita. Eravamo noi miserabili, deformi ed abbo­minevoli; ma Dio per mezzo di Gesù Cristo ci ha renduti graziosi e cari agli occhi suoi divi­ni (cf Ef 1, 6). Onde S. Gio. Grisostomo sog­giunge che se vi fosse un povero lebbroso tutto lacero e deforme, ed alcuno gli sanasse il corpo dalla lebbra, e di più lo rendesse bello e ricco, quale obbligazione egli non conserverebbe a questo suo benefattore? Or quanto più siamo noi tenuti a Dio, poiché essendo le anime no­stre deformi ed odiose per le colpe commesse,

egli per mezzo di Gesù Cristo non solo le ha li­berate dai peccati, ma di più le ha rendute belle ed amabili? Ci ha benedetti con ogni benedizio­ne spirituale nei cieli, in Cristo (Ef 1, 3). Com­menta Cornelio a Lapide: Ci ha beneficati con ogni sorta di doni spirituali. Il benedire di Dio è beneficare; l'Eterno Padre dunque, dandoci Ge­sù Cristo, ci ha colmati di tutti i doni, non già terreni nel corpo, ma spirituali nell'anima. Nei cieli, donandoci col Figlio una vita celeste in que­sto mondo ed una celeste gloria nell'altro.

Beneditemi dunque e beneficatemi, o Dio ama­tissimo, e il beneficio sia tirarmi tutto al vostro amore: Tirami con le corde del tuo amore. Fate che l'amore che mi avete portato mi innamori della vostra bontà. Voi meritate un amore infi­nito; io v'amo coll'amore che posso, v'amo so­pra ogni cosa, v'amo più di me stesso. Vi dono tutta la mia volontà; e questa è la grazia che vi cerco: fatemi da oggi avanti vivere ed operare tutto secondo la vostra volontà divina, con cui voi altro non volete che il mio bene e la mia eterna salute.

4. Il mio Signore, dicea la sacra Sposa, mi ha portata nella cella del vino, cioè mi ha posti avanti gli occhi tutti i benefici che mi ha fatti per indurmi ad amarlo (cf Ct 2, 4). Dice un au­tore che Dio affin di acquistarsi l'amor nostro ci ha spedito contro, per così dire, un esercito di grazie e d'amore. Ma il donarci Gesù Cristo, di­ce Ugon cardinale, fu poi la saetta riserbata pre­detta da Isaia: Mi pose come saetta scelta, mi serbò nella sua faretra (cf Is 49, 2). Sicome il cacciatore, dice Ugone, tien riserbata la saetta migliore per l'ultimo colpo a fermare la fiera, così Dio, fra tutti i suoi benefici, tenne riserba­to Gesù, sino che venne il tempo della grazia, ed allora lo mandò come per ultimo colpo a fe­rire d'amore i cuori degli uomini. Da questa saetta ferito, parla S. Gio. Grisostomo, dicea S. Pietro al suo Maestro: Signore, voi ben sapete che io vi amo (cf Gv 21, 15).

Ah mio Dio, io mi vedo circondato da ogni par­te dalle finezze del vostro amore. Ancor io v'amo, e se io v'amo, so che ancora voi mi ama­te. Ma chi mai potrà privarmi del vostro amore? Solo il peccato. Ma da questo mostro d'inferno voi per la vostra misericordia me ne avete a li­berare. Io mi contento di ogni male, della mor­te più crudele, anche di essere distrutto prima che offendervi con peccato mortale. Ma voi sa­pete già le mie cadute passate, sapete la mia debolezza; aiutatemi, Dio mio, per amore di Gesù Cristo. Non disprezzare l'opera delle tue mani (cf Sal 137, 8). Son fattura delle vostre mani, voi mi avete creato, non mi disprezzate. Se merito di essere abbandonato per le mie col­pe, merito non però che mi abbiate misericor­dia per amore di Gesù Cristo, che vi ha sacrifi­cata la vita per la mia salute (salvezza). Io vi offerisco i meriti suoi, che son tutti miei; e per questo io vi domando e spero da voi la santa perseveranza con una buona morte, e frattanto la grazia di vivere la vita che mi resta tutta a gloria vostra. Basta quanto vi ho offeso; ora me ne pento con tutto il cuore, e voglio amarvi quanto posso. Non voglio più resistere al vo­stro amore: tutto a voi mi rendo. Datemi la gra­zia vostra e il vostro amore, e fatene di me quel che volete. Mio Dio, io v'amo, e voglio e diman­do di sempre amarvi. Esauditemi per li meriti di Gesù Cristo. Madre mia Maria, pregate Dio per me. Amen, così sia.

 

CAPITOLO XVI.

Dell'amore del Figlio di Dio in aver voluto morire per noi

1. Ecco il tuo tempo, tempo dell'amore... E sei diventata di una bellezza straordinaria (cf Ez 16, 8, 13). Quanto dobbiamo al Signore noi Cristiani, che ci ha fatti nascere dopo la venuta di Gesù Cristo! Il tempo nostro non è più tempo di timore, come era quello degli Ebrei, ma tem­po di amore, avendo veduto un Dio morto per la nostra salute (salvezza) e per essere amato da noi. E' di fede, che Gesù ci ha amati, e per no­stro amore si è dato alla morte: Cristo ci ha ama­ti e ha dato se stesso per noi (cf Ef 5, 2). E chi mai avrebbe potuto far morire un Dio onnipo­tente, se egli stesso volontariamente non avesse voluto dar la vita per noi? Io offro la mia vita... Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso (Gv 10, 17-18). Perciò nota S. Giovanni che Gesù nella sua morte ci diede l'ultima prova che potea darci del suo amore: Dopo aver amato i suoi... li amò sino alla fine (Gv 13, 1). Gesù nelle sua morte, dice un divoto autore, ci diede il segno più grande del suo amore, dopo cui non gli restò che fare per dimostrarci quanto ci amava.

Amato mio Redentore, voi per amore vi siete donato tutto a me: io per amore mi dono tutto a voi. Voi per la mia salute (salvezza) avete da­ta la vita: io per la vostra gloria voglio morire quando e come vi piace. Voi non avete avuto più che fare per acquistarvi il mio amore: ma io ingrato vi ho cambiato per niente.

Gesù mio, me ne pento con tutto il cuore, per­donatemi voi per la vostra Passione; ed in se­gno del perdono datemi l'aiuto per amarvi. Io sento in me, per vostra grazia, un gran deside­rio di amarvi, e risolvo d'esser tutto vostro; ma vedo la mia fiacchezza e vedo i tradimenti che vi ho fatti; voi solo potete soccorrermi e ren­dermi fedele. Aiutatemi, amor mio; fate che io v'ami e niente più vi domando.

2. Dice il B. Dionisio Cartusiano che la Pas­sione di Gesù Cristo fu chiamata un eccesso: Chiamavano il suo eccesso quello che avrebbe dovuto portare a compimento in Gerusalemme, perché fu un eccesso di pietà e d'amore. Oh Dio! e qual fedele potrebbe vivere senza amar Gesù Cristo, se spesso meditasse la sua Passione? Le piaghe di Gesù, dice S. Bonaventura, perché son piaghe d'amore, son dardi e fiamme che feriscono i cuori più duri ed accendono le anime più gelate.

Il B. Errico Susone un giorno, per imprimersi maggiormente nel cuore l'amore verso Gesù ap­passionato, prese un ferro tagliente e si scolpì a caratteri di ferite sopra del petto il nome del suo amato Signore; e stando così bagnato di san­gue se ne andò poi alla Chiesa, e prostrato avan­ti il Crocefisso gli disse: « O Signore, unico amo­re dell'anima mia, rimirate il mio desiderio: io avrei voluto scrivervi più dentro al mio cuore, ma non posso. Voi che potete il tutto, supplite quello che manca alle mie forze, e nel più pro­fondo del mio cuore imprimete il vostro nome adorato sì che non si possa cancellare in esso nè il vostro nome nè il vostro amore ».

Il mio diletto è candido e rubicondo, scelto tra migliaia (cf Ct 5, 10). O Gesù mio, voi siete tutto candido per la vostra illibata innocenza; ma state poi su questa croce tutto rubicondo di piaghe sofferte per me. Io vi eleggo per unico oggetto del mio amore. E chi voglio amare, se non amo voi? Quale oggetto fra tutti io posso trovare più amabile di voi, mio Redentore, mio Dio, mio tutto? V'amo, o Signore amabilissimo, v'amo sopra ogni cosa. Fate voi ch'io vi ami con tutto il mio affetto e senza riserba.

3. Se conoscessi il mistero della croce! Disse S. Andrea al tiranno! O tiranno, ei volle dire, se tu intendessi l'amore che ti ha portato Gesù Cristo in voler morire su di una croce per sal­varti, tu lasceresti tutti i tuoi beni e speranze terrene, per darti tutto all'amore di questo tuo Salvatore. Lo stesso dee dirsi a quei fedeli che credono bensì la Passione di Gesù, ma poi non ci pensano.

Ah che se tutti gli uomini pensassero all'amo­re che Gesù Cristo ci ha dimostrato nella sua morte, chi mai potrebbe non amarlo? Egli, l'ama­to Redentore, dice l'Apostolo, a questo fine è morto per noi: acciocché coll'amore dimostratoci nella sua morte si facesse padrone dei nostri cuo­ri: Per questo Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. Sia che moriamo, sia che viviamo siamo dunque del Signore (Rm 8, 19, 18). O dunque moriamo o vi­viamo è giusto che siamo tutti di Gesù che a tanto costo ci ha salvati. Oh chi potesse dire come dicea l'innamorato S. Ignazio martire che eb­be la sorte di dar la vita per Gesù Cristo. Venga­no sopra di me le fiamme, le croci, le fiere e tutti i tormenti, purché io faccia acquisto e mi goda Gesù Cristo mio.

O caro mio Signore, voi siete morto per acqui­stare l'anima mia; ma che ho fatto io per far ac­quisto di voi bene infinito! Ah Gesù mio, quan­te volte vi ho perduto per niente! Misero io già conosceva che perdeva la vostra grazia col mio peccato, conosceva che vi dava un gran disgusto, e pure l'ho fatto! Mi consolo che ho da fare con una bontà infinita che si scorda delle offese, allor­ché un peccatore si pente e l'ama. Sì, mio Dio, mi pento e v'amo. Deh perdonatemi voi e voi dominate da oggi innanzi in questo mio cuore ri­belle. Io a voi lo consegno: a voi mi dono tutto intieramente. Ditemi quel che volete, che io tut­to lo voglio fare. Sì, mio Signore, vi voglio ama­re, vi voglio contentare in tutto; datemi forza voi, e spero di farlo.

4. Gesù colla sua morte non ha finito di amar­ci; egli ci ama e ci va cercando collo stesso amo­re con cui venne dal cielo a cercarci ed a morire per noi.

E' celebre la finezza d'amore che dimostrò il Redentore a S. Francesco Saverio allorché viag­giando questi per mare, in una tempesta gli fu tolto da un'onda il suo Crocifisso. Arrivato poi il santo al lido, stava mesto ed anelava di ricu­perare l'immagine del suo amato Signore; ed ec­co che vide un granchio che veniva alla sua vol­ta col Crocifisso inalberato tra le sue branche. Egli allora gli andò all'incontro e con lagrime di tenerezza e d'amore lo ricevè e se lo strinse al petto.

Oh con quale amore va Gesù a quell'anima che lo cerca! Buono è il Signore... con l'anima che lo cerca (Lam 3, 25), ma a quell'anima che lo cerca con vero amore. Ma posson pensare di aver questo vero amore coloro che ricusano le croci che sono loro inviate dal Signore? Cristo non cercò di pia­cere a se stesso (Rm 15, 3). Cristo, espone Cor­nelio a Lapide, non servì la propria volontà, ma offrì tutto questo e la propria vita per la nostra salvezza. Gesù per amor nostro non cercò piace­ri terreni, ma cercò le pene e la morte con tut­tochè era innocente: e noi che cerchiamo per amore di Gesù Cristo? Si lamentava un giorno S. Pietro martire, stando in carcere per una ingiusta accusa che gli era stata fatta, e diceva: « Ma, Signore, che ho fatto io che ho da patire questa persecuzione? ». Gli rispose il Crocifisso: « Ed io che male ho fatto che ho dovuto stare su questa croce? ».

O mio caro Salvatore, diceste che male avete fatto? Ci avete troppo amati, mentre per amor nostro avete voluto tanto patire. E noi, che per li peccati nostri meritavamo l'inferno, ricusere­mo di patire quello che voi volete per nostro be­ne? Voi, Gesù mio, siete tutto amore con chi vi cerca. Io non cerco le vostre dolcezze e consola­zioni: cerco solo voi e la vostra volontà. Donate­mi il vostro amore, e poi trattatemi come vi pia­ce. Abbraccio tutte le croci che mi manderete, po­vertà, persecuzioni, infermità, dolori; liberatemi solo dal male del peccato, e poi caricatemi d'ogni altro male. Tutto sarà poco a confronto dei mali che voi avete sofferti per amor mio.

5. Dice S. Bernardo che per liberare lo schia­vo il Padre non ha perdonato al Figlio e il Figlio non ha perdonato a se stesso. E dopo un tanto amore verso gli uomini vi potrà essere uomo che non ami questo Dio sì amante? Scrisse l'Aposto­lo, che Gesù è morto per tutti noi, affinché noi vivessimo solo a lui ed al suo amore (cf 2 Cor 5, 15). Ma oimè, che la maggior parte degli uomini, dopo esser morto per essi un Dio, vivono ai pec­cati, al demonio e non a Gesù Cristo! Dicea Pla­tone che l'amore è calamita dell'amore. E Seneca replicava: Ama se vuoi essere amato. E Gesù, che morendo per gli uomini sembra che sia impazzito per nostro amore - dice S. Gregorio - come va che dopo tanti contrassegni d'amore non ha po­tuto tirarsi i nostri cuori? Come, con amarci tan­to, non è ancor giunto a farsi amare da noi?

Oh che vi amassero tutti gli uomini, Gesù mio amabilissimo! Voi siete un Dio degno di un amo­re infinito. Ma povero mio Signore, permettete­mi che così vi chiami, voi siete così amabile, voi avete fatto e patito tanto per essere amato dagli uomini, ma quanti poi son quelli che vi amano? Vedo quasi tutti gli uomini applicati ad amare chi i parenti, chi gli amici, chi le carogne, le ric­chezze, gli onori, i piaceri, e chi anche le bestie: ma quanti sono quelli che amano voi, amabile infinito? O Dio, son troppo pochi, ma fra questi pochi voglio essere io misero peccatore che un tempo anche vi ho offeso con amare il fango e partendomi da voi; ma ora v'amo e vi stimo sopra ogni bene e solo voi voglio amare. Perdona­temi, Gesù mio, e soccorretemi.

6. Dunque, o Cristiano, dicca S. Cipriano, Dio è contento di te sino a morire per acquistarsi il tuo amore, e tu non sarai contento di Dio, sì che amerai altri oggetti fuori del tuo Signore?

Ah no, mio amato Gesù, io non voglio altro amore in me che non sia per voi; io di voi son contento: rinunzio a tutti gli altri affetti, mi ba­sta solo il vostro amore. Sento che voi mi dite: Mettimi come sigillo sul tuo cuore (Ct 8, 6). Sì, Gesù mio crocifisso, io vi pongo e ponetevi an­cora voi per suggello sopra del mio cuore, accioc­ché resti chiuso ad ogni altro affetto che non ten­de a voi. Per lo passato vi ho disgustato per al­tri amori, ma al presente non ho pena che più mi affligga che il ricordarmi di aver coi miei peccati perduto il vostro amore. Per l'avvenire: chi più dal vostro amore mi dividerà? (cf Rm 6, 35).

No, mio amabilissimo Signore, dopo che mi avete fatto conoscere l'amore che mi avete porta­to, io non mi fido di vivere più senza amarvi. V'amo, amor mio crocifisso; v'amo con tutto il cuore, e vi do quest'anima mia tanto cercata ed amata da voi. Deh per li meriti della vostra mor­te, che con tanto dolore separò l'anima vostra be­nedetta dal vostro corpo, distaccatemi da ogni amore che può impedirmi l'essere tutto vostro e di amarvi con tutto il mio cuore.

Maria, speranza mia, aiutatemi voi ad amare solo il vostro dolcissimo Figlio, sì che io possa con verità sempre replicare in tutta la mia vita: L'amore mio è stato crocifisso. L'amore mio è sta­to crocifisso. Amen.

Orazione di S. Bonaventura

 

O Gesù che per me non avete perdonato a voi stesso, imprimete in me la vostra Passione, ac­ciocché io dove mi volti, miri le vostre piaghe e non trovi altro riposo che in voi e nel meditare le vostre pene. Amen.


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