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Perdonaci Signore
 
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MEDITAZIONI SULLA PASSIONE

Ultimo Aggiornamento: 05/03/2016 20:17
23/02/2015 19:57

CAPITOLO IX.

Della Coronazione di Spine

1. Continuando tuttavia i soldati a flagellar crudelmente l'innocente Agnello, narrasi, che si fece avanti uno degli assistenti e, fattosi animo, disse loro: « Voi non avete ordine di uccidere quest'uomo, come pretendete di fare ». E con ciò tagliò le funi con cui stava legato il Signore. Ciò fu rivelato a S. Brigida.

Ma appena terminata la flagellazione quei bar­bari ministri istigati e corrotti con danaro dai Giudei, come asserisce S. Gio. Grisostomo, fan soffrire al Redentore una nuova specie di tormen­to. Allora i soldati del governatore condussero Ge­sù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra (Mt 27, 27-29). Ecco come i soldati lo spogliano di nuovo e, trattandolo da re di burla, gli pongono indosso una veste rossa, che altro non era che uno straccio di mantello usato dai soldati romani e chiamato clamide; gli mettono in mano una canna in segno di scettro ed un fascio di spine in testa in segno di corona.

Ah mio Gesù, ma voi non siete il vero re del­l'universo? e come ora siete divenuto re di dolore e di vitupero? Ecco dove v'ha condotto l'amore.

O mio Dio amabilissimo quando sarà quel gior­no che io mi unisca talmente a voi che niuna cosa vaglia più a separarmene ed io non possa più lasciare di amarvi? Ah Signore, che fintantochè vivo in questa terra, sto sempre in pericolo di voltarvi le spalle e negarvi il mio amore, co­me infelice ho fatto per lo passato. Deh Gesù mio, se mai vedete che io vivendo avessi a patire questa somma disgrazia, deh fatemi morire in questo punto, in cui spero di stare ingrazia vo­stra! Ve lo prego per la vostra Passione, non mi abbandonate a questo gran male. Io lo meriterei per li miei peccati, ma non lo meritate voi; sce­gliete ogni castigo per me, e non questo. No, Gesù mio, Gesù mio, non voglio vedermi più se­parato da voi.

2. Intrecciata una corona di spine, gliela pose­ro sul capo. Ben riflette il divoto Laspergio, che questo tormento delle spine fu dolorosissimo, mentre da quelle fu tutta trafitta la sacra testa del Signore, parte sensibilissima, perché dalla testa si diramano tutti i nervi e le sensazioni del cor­po; e fu ancora il tormento più lungo della sua Passione, poiché Gesù soffrì le spine sino alla morte, restando fisse le medesime dentro del ca­po. Ogni volta ch'eran toccate le spine o il capo, sempre se gli rinnovava lo spasimo.

Secondo poi il sentimento comune degli scrit­tori con S. Vincenzo Ferreri, la corona fu intrecciata di più rami di spine e fatta a modo di ce­lata o sia cappello, sì che pigliava tutta la testa e scendeva sino a mezza fronte secondo la rivela­zione fatta a S. Brigida.

E come dice S. Lorenzo Giustiniani con S. Pier Damiani erano le spine sì lunghe che giunsero anche a penetrar le cervella. E l'Agnello mansue­to lasciavasi tormentare a loro voglia senza dir parola, senza gridare, ma serrando gli occhi per lo spasimo mandava spesso allora amari sospiri come un tormentato che sta vicino alla morte, conforme fu rivelato alla B. Agata della Croce. Tanta era la copia del sangue che scorrea dalle ferite del sacro capo che nella sua faccia non si vedeva altro colore che di sangue, secondo la ri­velazione di S. Brigida. E S. Bonaventura aggiun­ge che non compariva più la bella faccia del Si­gnore, ma pareva la faccia d'un uomo scorticato.

O amore divino, esclama Salviano, io non so come chiamarti, o dolce o crudele; poiché tu sem­bri essere stato dolce insieme e crudele. Ah mio Gesù, l'amore ben vi rende dolce verso di noi, con farvi scorgere sì appassionato amante delle anime nostre: ma vi rende spietato con voi, fa­cendovi patire tormenti così acerbi. Voleste voi essere coronato di spine per ottenere a noi coro­na di gloria in cielo. Mio dolcissimo Salvatore, io spero d'esser la vostra corona in Paradiso sal­vandomi per li meriti dei vostri dolori; ivi loderò per esempre il vostro amore e le vostre miseri­cordie. Le misericordie del Signore canterò per sempre per sempre canterò (Sal 88 [89], 2).

3. Ahi spine crudeli, ingrate creature, perché così tormentate il vostro Creatore? Ma che ser­ve, dice S. Agostino, a rimproverar le spine? Elle furono innocenti stromenti: i nostri peccati, i no­stri mali pensieri furono le spine malvagie che afflissero la testa di Gesù Cristo: Cosa sono le spine, se non i peccatori?

Essendo apparso un giorno a S. Teresa Gesù coronato di spine, la santa si pose a compatirlo; ma il Signore disse: « Teresa, non mi compatire per le ferite che mi fecero le spine dei Giudei; abbimi pietà per le piaghe che mi fanno i pecca­ti dei Cristiani ».

Anima mia, tu ancora dunque tormentasti al­lora il venerando capo del tuo Redentore con tanti tuoi cattivi consensi. Riconosci e vedi quan­to è cosa cattiva e amara l'avere abbandonato il Signore tuo Dio (Gr 2, 19). Apri ora gli occhi e vedi e piangi amaramente in tutta la tua vita il male che hai fatto in voltare le spalle con tanta ingratitudine al tuo Signore e Dio.

Ah Gesù mio, no che non meritavate esser trattato da me come vi ho trattato. Ho fatto male, ho fatto errore; me ne dispiace con tutto il cuore; perdonatemi e datemi un dolore che mi faccia piangere tutta la vita i torti che vi ho fatti. Gesù mio, Gesù mio, perdonatemi, che io voglio sem­pre amarvi.

4. Poi, mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: Salve, re dei Giudei! E sputando­gli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo per­cuotevano sul capo (Mt 27. 29-30). Aggiunge S. Giovanni: E gli davano schiaffi (Gv 2, 19). Dopo che quei barbari ebbero posta sul capo di Gesù quella tormentosa corona, non bastò loro premer­cela a tutta forza colle mani, ma presero la can­na a far l'officio di martello per far entrare più ad­dentro le spine. Indi cominciarono a deriderlo come re di scherno, prima salutandolo, inginoc­chiati, re dei Giudei; e poi alzandosi gli sputava­no in faccia e lo schiaffeggiavano con grida e ri­sate di disprezzo.

Ah Gesù mio, dove siete ridotto! Chi mai allora fosse passato a caso per quel luogo ed avesse mirato Gesù Cristo così dissanguato, coperto di quello straccio rosso, con quello scettro in mano, con quella corona in testa, e così deriso e maltrat­tato da quella gentaglia, per chi mai l'avrebbe stimato, se non per l'uomo più vile e scellerato del mondo? Ecco il Figliuolo di Dio diventato allora il vitupero di Gerusalemme! O uomini, esclama qui il B. Dionisio Cartusiano, se non vo­gliamo amare Gesù Cristo perché è buono e per­ché è Dio, amiamolo almeno per tante pene che ha sofferto per noi.

Ah mio caro Redentore, ricevete un servo ri­belle che vi ha lasciato, ma che ora pentito a voi ritorna. Quando io vi fuggiva e disprezzava il vo­stro amore, voi non avete lasciato di venirmi ap­presso per tirarmi a voi; perciò non posso temere che voi mi caccerete ora che vi cerco, vi stimo e v'amo sopra ogni cosa. Fatemi conoscere quel che ho da fare per darvi gusto che io tutto lo vo­glio fare. O Dio amabilissimo, io vi voglio amare davvero e non vi voglio più disgustare. Aiutate­mi voi colla vostra grazia, non permettete che io più vi lasci.

Maria speranza mia, pregate Gesù per me. Amen.

 

CAPITOLO X.

Dell'Ecce Homo

1. Pilato vedendo il Redentore ridotto a quello stato così degno di compassione, pensò che la sua sola vista avrebbe intenerito i Giudei; onde lo menò sulla loggia, alzò la porpora e, mostrando al popolo il corpo di Gesù coperto di piaghe e lacerato, disse loro: Ecco l'uomo: Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nes­suna colpa. Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: Ecco l'uomo! (Gv 19, 4-5). Ecce Homo, co­me avesse voluto dire: Ecco l'uomo che voi mi avete accusato e che pretendeva di farsi re; io per piacere a voi, benché innocente, l'ho con­dannato ai flagelli: Ecco l'uomo, non nobile per la sovranità, ma carico di vituperio (S. Agostino). Eccolo ora ridotto in tale stato che sembra un uomo scorticato, e poco può restargli di vita. Se voi contuttociò pretendete che io lo condanni a morte, vi dico che non posso farlo, mentre non trovo ragione di condannarlo.

Ma i Giudei alla vista di Gesù così maltrattato, più s'infierirono: Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: Crocifiggilo! crocifiggilo! (Gv 19, 6). Vedendo Pilato che non si quietava­no, si lavò le mani a vista del popolo dicendo: Non sono responsabile di questo sangue, vedete­vela voi. E quelli risposero: Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli (Mt 27, 24-25).

O amato mio Salvatore, voi siete il più gran­de di tutti i re, ma ora vi vedo il più vituperato di tutti gli uomini. Se questo popolo ingrato non vi conosce, io vi conosco e vi adoro per mio vero re e Signore. Vi ringrazio, o mio Redentore, di tanti oltraggi sofferti per me; e vi prego a darmi amore ai disprezzi ed alle pene, giacché voi con tanto affetto l'avete abbracciate. Mi vergogno di aver così amato per lo passato gli onori ed i pia­ceri, che per essi son arrivato tante volte a ri­nunziare la vostra grazia e il vostro amore; me ne pento più d'ogni male. Abbraccio, Signore, tutti i dolori e ignominie che mi verranno dalle vostre mani. Donatemi voi quella rassegnazione che mi bisogna. V'amo Gesù mio, mio amore, mio tutto.

2. Ma siccome Pilato dalla loggia dimostrò Ge­sù a quel popolo, così nello stesso tempo l'Eterno Padre dal cielo presentava a noi il suo diletto Figlio con dire similmente: Ecce Homo. Ecco quest'uomo, che è l'unico mio Figliuolo da me amato quanto me stesso. Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto (Mt 17, 5). Ecco l'uomo vostro Salvatore da me promesso e da voi tanto aspettato. Ecco l'uomo più nobile di tutti gli uomini diventato l'uomo dei dolori. Eccolo, vedete a quale stato compassionevole si è ridotto per l'amore che vi ha portato e per es­sere, almeno per compassione, da voi amato. Deh miratelo ed amatelo; e se non vi muovono i suoi gran pregi, almeno vi muovano ad amarlo questi dolori e queste ignominie che egli soffrisce per voi.

Ah mio Dio e Padre del mio Redentore, io amo il vostro Figlio che patisce per amor mio, ed amo voi che con tanto amore l'avete abbandonato a tante pene per me. Deh non guardate i peccati miei, coi quali ho tante volte offeso voi e il vo­stro Figlio. Guarda il volto del tuo consacrato (Sal 83, 10): mirate il vostro Unigenito coperto di piaghe e di obbrobri per pagare i miei delitti, e per li meriti suoi perdonatemi e non permettete ch'io più v'offenda.

Il suo sangue ricada sopra di noi (Mt 27, 24). Il sangue di quest'uomo a voi sì caro, che per noi vi prega e vi domanda pietà, questo scenda sopra l'anime nostre e ci ottenga la vostra gra­zia. Odio, Signor mio, e maledico tutti i disgusti che vi ho dati e v'amo, bontà infinita, più di me stesso. Per amor di questo Figlio, datemi il vo­stro amore, che mi faccia vincere ogni passione e soffrire ogni pena per darvi gusto.

3. Uscite figlie di Sion, guardate il re Salomo­ne con la corona che gli pose sua madre nel gior­no delle scie nozze, nel giorno della gioia del suo cuore (Ct 3, 11.). Uscite, o anime redente, figlie della grazia, uscite a vedere il vostro re mansue­to, nel giorno di sua morte - giorno di sua alle­grezza, perché in esso vi fece sue spose dando per voi la vita sulla croce - coronato dall'ingrata si­nagoga, sua madre, d'una corona non già d'ono­re, ma di dolore e d'ignominia. Uscite, dice S. Bernardo, e guardate il vostro re con la corona della povertà e della miseria.

O il più bello di tutti gli uomini! O il più grande di tutti i monarchi! O il più amabile di tutti gli sposi! E come vi vedo ridotto tutto pieno di piaghe e di disprezzi? Voi siete sposo, ma sposo di sangue (cf Es 4, 25); mentre per mezzo del vostro sangue e della vostra morte avete vo­luto sposarvi colle anime nostre. Voi siete re, ma re di dolore e re d'amore, mentre a forza di tor­menti avete voluto guadagnarvi i nostri affetti.

O amantissimo sposo dell'anima mia, oh mi ricordassi io sempre di quanto avete patito per me, acciò non cessassi mai di amarvi e darvi gu­sto! Abbiate pietà di me che tanto vi costai. Per paga di tante pene per me sofferte, voi vi con­tentate che io vi ami. Si v'amo, amabile infinito, v'amo sopra ogni cosa, ma v'amo poco. Amato mio, datemi più amore, se volete essere più ama­to da me. Io desidero amarvi assai.

Io misero peccatore dovrei bruciar nell'inferno da quel primo momento in cui gravemente vi of­fesi; ma voi mi avete sopportato sino a quest'ora, perché non volete che io arda di quel fuoco in­felice, ma arda del fuoco beato del vostro amore. Questo pensiero, o Dio dell'anima mia, mi ac­cende tutto di desiderio a far quanto posso per compiacervi. Aiutatemi, Gesù mio, e giacché ave­te fatto tanto, compite l'opera, fatemi tutto vostro.

4. Ma continuando i Giudei ad insultare il preside, gridando: Via, via, crocifiggilo! Pilato disse loro: Metterò in croce il vostro re? Ed essi risposero: Non abbiamo altro re all'infuori di Ce­sare (Gv 19, 15). I mondani che amano le ric­chezze, gli onori ed i piaceri della terra, rifiutano Gesù Cristo per loro re; poiché Gesù in questa terra non fu re se non di miserie, d'ignominie e di dolori.

Ma se questi vi rifiutano, o Gesù mio, noi vi eleggiamo per unico nostro re e ci protestiamo che non abbiamo altro re se non Gesù. Sì ama­bile Salvatore, mio Re siete voi; voi siete ed avete da essere sempre l'unico mio Signore.

Ben voi siete il vero re dell'anime nostre, men­tre l'avete create e redente dalla schiavitù di Lu­cifero. Venga il tuo regno. Dominate, regnate dunque sempre nei nostri poveri cuori; essi vi servano sempre e vi ubbidiscano. Servano pure altri ai monarchi terreni colla speranza dei beni di questo mondo; noi vogliamo servire solamente a voi nostro Re afflitto e disprezzato, colla sola speranza di darvi gusto senza consolazioni terre­ne. Ci saran cari da oggi avanti i dolori e gli ob­brobri giacché voi avete voluto soffrirne tanti per nostro amore.

Deh, concedeteci la grazia d'esservi fedeli, e perciò dateci il gran dono dell'amor vostro. Se ameremo voi, ameremo ancora i dispregi e le pe­ne tanto amate da voi, ed altro non vi chiede­remo se non ciò che vi domandava il vostro fedel servo ed amante S. Giovanni della Croce: Signo­re, patire ed essere disprezzato per te; Signore, patire ed essere disprezzato per te. Madre mia Maria, intercedete per noi. Amen.

 

CAPITOLO XI.

Della condanna di Gesù Cristo e suo viaggio al Calvario

1. Seguitava Pilato a scusarsi coi Giudei che non potea condannare alla morte quell'innocen­te; ma quelli l'atterrirono con dirgli: Se liberi co­stui, non sei amico di Cesare! (Gv 19, 12). Onde il misero giudice, accecato dal timore di perdere la grazia di Cesare, dopo aver conosciuto e di­chiarato Gesù Cristo tante volte innocente, final­mente lo condannò a morir crocifisso. Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso (ivi, 16).

O amato mio Redentore, qui piange S. Bernardo, e qual delitto voi avete commesso che abbia­te ad esser giudicato a morte, e morte di croce? Ma ben intendo, ripiglia il santo, la cagione del­la vostra morte: intendo il peccato che avete fat­to. Il vostro delitto è il troppo amore che avete portato agli uomini; questo, non già Pilato, vi condanna alla morte. No che non vedo, soggiun­ge S. Bonaventura, altra giusta ragione di vostra morte, o Gesù mio, se non l'affetto eccessivo che per noi avete. Ah che un tal eccesso d'amore, ri­piglia S. Bernardo, troppo ci stringe, o innamo­rato Signore, a consacrarvi tutti gli affetti dei nostri cuori. Un tale amore reclama tutto il no­stro amore.

O mio caro Salvatore, il solo intendere che voi mi amate, dovrebbe farmi vivere scordato d'ogni cosa, per attendere solo ad amarvi e contentarvi in tutto. Se l'amore è forte come la morte (Cf Ct 8, 6), deh per li meriti vostri, Signor mio, date­mi un tale amore verso di voi che mi faccia ab­bominare tutte le affezioni terrene! Fatemi ben capire che tutto il mio bene consiste nel piacere a voi, Dio tutto bontà e tutto amore. Maledico quel tempo, in cui non v'amai. Vi ringrazio che mi date tempo d'amarvi. V'amo, Gesù mio infitamente amabile ed infinitamente amante; v'amo con tutto me stesso, e vi prometto che voglio pri­ma mille volte morire che lasciare più d'amarvi.

2. Si legge l'iniqua sentenza di morte al con­dannato Gesù; egli l'ascolta ed umilmente l'ac­cetta. Non si lagna dell'ingiustizia del giudice, non appella a Cesare come fece S. Paolo: ma tut­to mansueto e rassegnato si sottomette al decreto dell'Eterno Padre, che lo condanna alla croce per li nostri peccati: Umiliò se stesso facendosi ob­bediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2, 8). E per l'amore che porta agli uomini si con­tenta di morire per noi: Ci ha amato e ha dato se stesso per noi (Ef 5, 2).

O pietoso mio Salvatore, quanto vi ringrazio! quanto vi sono obbligato! Desidero, Gesù mio, di morire per voi, giacché voi con tanto amore avete accettata la morte per me. Ma se non mi è concesso di darvi il mio sangue e la vita per ma­no di carnefice, come han fatto i martiri, accetto almeno con rassegnazione quella morte che mi aspetta; e l'accetto nel modo e nel tempo che a voi piacerà. Da ora ve 1'offerisco in onore della vostra maestà ed in isconto dei miei peccati: e per li meriti della vostra morte vi prego a concedermi la sorte di morire amandovi ed in grazia vostra.

3. Pilato consegna l'innocente Agnello in ma­no di quei lupi a farne quel che vogliono: E ab­bandonò Gesù alla loro volontà (Lc 23, 25). I ministri l'afferrano con furia, gli tolgono di sopra quello straccio di porpora, come vien loro insi­nuato dai Giudei, e gli rimettono le sue vesti: Lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo (Mt 27, 31). E ciò lo fecero, dice S. Ambrogio, acciocché Gesù fosse riconosciuto almeno alle ve­sti, poiché la sua bella faccia era così difforma­ta dal sangue e dalle ferite che, senza le sue ve­sti, difficilmente avrebbesi potuto riconoscere per quello ch'egli era. Indi prendono due rozzi travi, ne compongono presto la croce, lunga quindici piedi, come riferisce S. Bonaventura con S. An­selmo, e l'impongono sulle spalle del Redentore.

Ma non aspettò Gesù, dice S. Tommaso da Villanova, che la croce gli fosse imposta dal car­nefice, egli da sè stese le mani, la prese avida­mente e se la pose sulle spalle impiagate. Vieni, allora disse, vieni mia cara croce; io da trentatrè anni ti sospiro e ti vo cercando; io ti abbraccio, ti stringo al mio cuore, mentre tu sei l'altare in cui voglio sacrificar la mia vita per amore delle mie pecorelle.

Ah mio Signore, come avete potuto far tanto bene a chi vi ha fatto tanto male? Oh Dio, quan­do penso che voi siete giunto a morire a forza di tormenti per ottenere a me la divina amicizia, e che io tante volte poi l'ho perduta volontaria­mente per colpa mia vorrei morirne di dolore! Quante volte voi mi avete perdonato ed io sono tornato ad offendervi? Come potrei sperar perdo­no, se non sapessi che voi siete morto per perdo­narmi? Per questa vostra morte dunque io spero il perdono e la perseveranza in amarvi.

Mi pento, mio Redentore, di avervi offeso. Per li meriti vostri perdonatemi, che io vi prometto di non darvi più disgusto. Io stimo ed amo più la vostra amicizia che tutti i beni del mondo. Deh non permettete che io l'abbia da tornare a per­dere: datemi, o Signore, ogni castigo prima che questo. Gesù mio, non vi voglio più perdere, no; voglio più presto perdere la vita; io vi voglio sempre amare.

4. Esce la giustizia coi condannati e tra questi va ancora alla morte il re del cielo, l'Unigenito di Dio carico della sua croce: Ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio (Gv 19, 17). Uscite ancora voi dal paradiso, serafini beati, e venite ad accompagnare il vostro Signo­re, che va al Calvario per essere ivi giustiziato insieme coi malfattori su di un patibolo infame.

O spettacolo orrendo! un Dio giustiziato! Ec­co quel Messia che pochi giorni avanti era stato acclamato per Salvatore del mondo e ricevuto dal popolo con applausi e benedizioni, gridandosi: Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! (Mt 21, 9); e poi vederlo andare legato, schernito e maledetto da tutti con una croce indosso a morire da ribaldo! O eccesso dell'amore divino! un Dio giustiziato per gli uomini! E si troverà uomo che non ami questo Dio!

O mio eterno amante, io tardi vi comincio ad amare: fate che nella vita che mi resta compensi il tempo perduto. Già so che quanto io fo, tutto è poco a confronto dell'amore che voi m'avete portato; ma almeno voglio amarvi con tutto il mio cuore. Troppa ingiuria io vi farei, se dopo tante finezze dividessi il mio cuore e ne dessi parte a qualche oggetto fuori di voi. lo vi consa­cro da oggi innanzi tutta la mia vita, la mia vo­lontà, la mia libertà: disponete di me come vi piace. Vi domando il paradiso per amarvi colà con tutte le mie forze. Voglio amarvi assai in que­sta vita per amarvi assai in eterno. Soccorretemi voi colla vostra grazia: per li meriti vostri ve lo domando e lo spero.

5. Immaginati, anima mia, di trovarti a ve­dere Gesù che passa in questo doloroso viaggio. Siccome un agnello è portato al macello, così l'amante Redentore è condotto alla morte (cf Is 53, 7). Sta egli così dissanguato e stanco dai tormenti che appena può reggersi in piedi per la debolezza. Miralo tutto lacero di ferite, con quel fascio di spine sulla testa, con quel pesante legno sulle spalle e con un di quei ministri che lo tira con una fune. Vedilo come va col corpo curvo, con le ginocchia tremanti, scorrendo sangue; e cammina con tanta pena che par che ad ogni passo spiri l'anima.

Dimandagli: O Agnello divino non siete ancor sazio di dolori? Se pretendete con questi di ac­quistarvi il mio amore deh cessate di più patire, che io voglio amarvi come desiderate!

No, egli ti dice, non sono io abbastanza con­tento; allora sarò contento quando mi vedrò mor­to per tuo amore. Ed ora dove vai, o Gesù mio?

Vado, risponde, a morire per te. Non m'impe­dire. Questo solo ti cerco e ti raccomando: Quan­do mi vedrai già morto sulla croce per te, ricor­dati dell'amore che ti ho portato; ricordatene ed amami.

O mio affannato Signore, quanto caro vi costò il farmi comprendere l'amore che avete avuto per me! Ma che guadagno mai poteva darvi il mio amore, che per acquistarlo avete voluto spendere il sangue e la vita? E come io poi, legato da tanto amore, ho potuto vivere tanto tempo senza amarvi, scordato del vostro affetto?

Vi ringrazio che ora mi date luce a farmi co­noscere quanto voi mi avete amato. V'amo, bon­tà infinita, sopra ogni bene. Vorrei pure sacri­ficarvi mille vite se potessi, giacché avete volu­to voi sacrificar la vostra vita divina per me. Deh concedetemi quegli aiuti per amarvi che voi mi avete meritati con tante pene! Donatemi quel santo fuoco che voi siete venuto ad accendere in terra col morire per noi. Ricordatemi sempre la vostra morte, acciò io non mi scordi più di amarvi.

6. Sulle sue spalle è il segno della sovranità (Is 9, 5). La croce appunto, dice Tertulliano, fu il nobile strumento con cui Gesù Cristo si acqui­stò tante anime. Sì, perché, morendo in quella, egli pagò la pena dei nostri peccati, e così ci ri­scattò dall'inferno e ci fece suoi: Egli portò i no­stri peccati sul suo corpo sul legno della croce (1 Pt 2, 24)

Dunque, o Gesù mio, se Dio vi caricò di tutti i peccati degli uomini - Fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti (Is 53, 6) - io coi miei pec­cati vi rendei più pesante la croce che portaste al Calvario.

Ah mio dolcissimo Salvatore, già voi vedevate allora tutte le ingiurie che io avea da farvi, e contuttociò voi non lasciaste di amarmi e di pre­pararmi tante misericordie che poi mi avete usa­te. Se dunque a voi sono stato io così caro, io vi­lissimo ed ingrato peccatore che tanto vi ho offeso, è ragione che ancora a me siate voi caro, voi, mio Dio, bellezza e bontà infinita che tanto mi avete amato. Ah che non vi avessi mai disgustato! Ora conosco, Gesù mio, il torto che vi ho fatto.

O peccati miei maledetti, che avete fatto? Voi mi avete fatto amareggiare il Cuore innamorato del mio Redentore, Cuore che mi ha tanto amato. Deh Gesù mio, perdonatemi che io mi pento di avervi disprezzato! Per l'avvenire voi avete da essere l'unico oggetto del mio amore. V'amo, o amabile infinito, con tutto il mio cuore, e risolvo di non amare altri che voi. Signore, perdona­temi e datemi il vostro amore, e niente più vi domando. Dammi solamente il tuo amore, vi dico con S. Ignazio, e la tua grazia e sono ricco a suf­ficienza.

7. Se qualcuno vuol venire dietro a me rinne­ghi se stesso... e mi segua (Mt 16, 24). Giacché dunque, o mio Redentore, voi innocente mi an­date avanti colla vostra croce e mi invitate a se­guirvi colla mia, camminate pure che io non vo­glio lasciarvi. Se per lo passato vi lasciai, con­fesso che ho fatto male: datemi ora quella che vo­lete, che io l'abbraccio qualunque sia, e con essa voglio accompagnarvi sino alla morte. Usciamo... fuori dell'accampamento, portando il suo obbro­brio (Eb 13, 13). E come possiamo, Signore, non amare per amor vostro i dolori e gli obbrobri, se voi tanto gli avete amati per la nostra salute? Ma giacché ci invitate a seguirvi, sì, vogliamo seguirvi e morire con voi, ma dateci fortezza per eseguirlo; questa fortezza vi domandiamo per li meriti vostri e la speriamo. V'amo, Gesù mio, amabilissimo, v'amo con tutta l'anima, e non vo­glio più lasciarvi. Mi basti il tempo che sono an­dato lontano da voi. Legatemi ora alla vostra cro­ce. Se io ho disprezzato il vostro amore, me ne pento con tutto il cuore: ora lo stimo sopra ogni bene.

8. Ah Gesù mio, e chi son io che mi volete per vostro seguace e mi comandate che io v'ami? e se non vi voglio amare, mi minacciate l'inferno? Ma che occorre, vi dirò con S. Agostino, minac­ciarmi le miserie eterne? E qual maggior miseria mi può succedere che non amar voi, Dio amabi­lissimo, mio Creatore, mio Redentore, mio para­diso, mio tutto? Vedo che, per giusto castigo del­le offese che vi ho fatte, meriterei di essere con­dannato a non potervi più amare; ma voi, per­ché ancora mi amate, continuate a comandarmi che io v'ami, replicandomi sempre al cuore: Ame­rai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza (Mc 12,30).

Vi ringrazio, amor mio, di questo dolce pre­cetto: e per ubbidirvi io v'amo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente mia. Mi pento di non avervi amato per lo passato. Al pre­sente eleggo ogni pena prima che vivere senza amarvi, e propongo sempre di cercarvi il vostro amore. Aiutatemi, Gesù mio, a fare sempre atti d'amore verso di voi e ad uscire da questa vita con un atto di amore, acciocché io venga ad amarvi da faccia a faccia in paradiso, dove poi v'amerò senza imperfezione e senza intervallo con tutte le mie forze per tutta l'eternità. O Madre di Dio, pregate Gesù per me. Amen.

 

CAPITOLO XII.

Della Crocifissione di Gesù

1. Eccoci alla crocifissione, all'ultimo tormen­to che diede morte a Gesù Cristo; eccoci al Cal­vario fatto teatro dell'amor divino, dove un Dio lascia la vita in un mar di dolori. Quando giunsero al luogo detto Cranio, là lo crocifissero (Lc 23, 33). Arrivato che fu il Signore a grande sten­to vivo sul monte, gli strappano la terza volta con violenza le sue vesti, attaccate alle piaghe delle sue lacere carni, e lo gittano sopra la croce. L'Agnello divino si stende su quel letto di tor­mento; presenta ai carnefici le mani e i piedi per esservi inchiodato; ed alzando gli occhi al cielo presenta al suo Eterno Padre il gran sacrificio della sua vita per la salute degli uomini. Inchio­data una mano, si ritirano i nervi; onde bisognò che a forza con funi, come fu rivelato a S. Brigi­da, stirassero l'altra mano e i piedi al luogo dei chiodi; e con ciò vennero allora a stendersi e rompersi con grande spasimo i nervi e le vene. In modo tale che se gli poteano numerare tutte fossa, come già predisse Davide: Hanno forato le mie mani e i miei piedi, possono contare tutte le mie ossa (Sal 21, 17-18).

Ah mio Gesù, da chi mai vi furono inchiodate le mani e i piedi su questo legno, se non dall'amo­re portato agli uomini? Voi col dolore delle mani trafitte voleste pagare tutti i peccati che gli uomi­ni han fatti col tatto, e col dolore dei piedi vo­leste pagare tutti i nostri passi da noi dati per andare ad offendervi. Deh amor mio crocifisso, con queste mani trafitte beneditemi! Deh inchio­date ai vostri piedi questo mio cuore ingrato, ac­ciocché io non parta più da voi, e resti sempre confitta ad amarvi questa mia volontà che tante volte si è ribellata da voi. Fate che niun'altra co­sa mi muova che il vostro amore e il desiderio di darvi gusto.

Benché vi miro appeso a questo patibolo, io vi credo per Signore del mondo, per vero Figliuolo di Dio e Salvatore degli uomini. Per pietà, Gesù mio, non mi abbandonate mai in tutta la mia vita, e specialmente nel punto della mia morte; in quelle ultime agonie e contrasti coll'inferno voi assistetemi e confortatemi a morire nel vostro amore. V'amo, amor mio crocifisso, v'amo con tutto il cuore.

2. S. Agostino dice non esservi morte più acer­ba che la morte di croce. Poiché, come riflette S. Tommaso, i crocifissi sono trafitti nelle mani e nei piedi, luoghi che per essere tutti composti di nervi, muscoli e vene sono sensibilissimi al dolo­re; e lo stesso peso del corpo che pende fa che il dolore sia continuo e sempre più si aumenti sino alla morte.

Ma i dolori di Gesù superarono tutti gli altri dolori, mentre dice l'Angelico che il corpo di Ge­sù Cristo, essendo perfettamente complessionato, era più vivace e sensibile ai dolori: corpo che gli fu adattato dallo Spirito Santo apposta per patire secondo egli predisse come attesta l'Apostolo: Un corpo mi hai preparato (Eb 10, 5). Di più dice S. Tommaso che Gesù Cristo assunse un dolore così grande che fu proporzionato a soddisfare la pena che meritavano temporalmente i peccati di tutti gli uomini. Porta il Tiepoli che nella crocifis­sione gli furono date ventotto martellate sulle ma­ni e trentasei sui piedi.

Anima mia, mira il tuo Signore, mira la tua vita che pende da quel legno: La tua vita sarà co­me appesa davanti a te (cf Dt 28, 66). Vedilo come sopra quel patibolo doloroso, appeso a quei crudeli uncini, non trova sito nè riposo. Ora si appoggia sulle mani, ora su i piedi, ma dove si appoggia cresce lo spasimo. Va egli girando l'ad­dolorato capo ora da una parte, ora da un'altra; se l'abbandona sul petto, le mani col peso ven­gono a più squarciarsi; se l'abbassa sulle spalle, le spalle vengono trafitte dalle spine; se l'appog­gia sulla croce, le spine entrano più addentro alla testa. Ah Gesù mio, e che morte amara è questa che fate!

Redentor mio crocifisso, io vi adoro su questo trono d'ignominie e di pene. Leggo su questa croce scritto che voi siete re: Gesù il Nazareno, il re dei Giudei (Gv 19, 19). Ma fuori di questo titolo di scherno, qual contrassegno mai voi di­mostrate di re? Ah che queste mani inchiodate, questo capo spinoso, questo trono di dolore, que­ste carni lacerate, vi fan ben conoscere per re, ma re d'amore. Mi accosto dunque umiliato ed intenerito a baciare i vostri sacri piedi trafitti per amor mio, mi abbraccio a questa croce, in cui fatto voi vittima d'amore voleste per me sacrifi­carvi alla divina giustizia: Fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2, 8).

O felice ubbidienza che ottenne a noi il per­dono dei peccati! E che ne sarebbe di me, o mio Salvatore, se voi non aveste pagato per me? Vi ringrazio, amor mio, e, per li meriti di questa sublime ubbidienza, vi prego di concedermi la grazia di ubbidire in tutto alla divina volontà. Desidero il paradiso solo per amarvi sempre e con tutte le mie forze.

3. Ecco il re del cielo, che pendente da quel patibolo già sen va morendo. Domandiamogli pure col profeta: Ditemi, Gesù mio, che son que­ste piaghe in mezzo alle vostre mani? (cf Zc 13, 6). Risponde per Gesù Ruperto abbate: Sono il monumento della carità, il prezzo della reden­zione. Sono segni, dice il Redentore, del grande amore che vi porto; sono il prezzo col quale io vi libero dalle mani dei nemici e dalla morte eterna.

Ama dunque, o anima fedele, ama il tuo Dio che tanto ti ha amato, e se mai tu dubiti del suo amore, guarda, dice S. Tommaso da Villanova, guarda quella croce, quei dolori e quella morte acerba che egli per te ha patito, chè tali testi­moni ben ti faranno sapere quanto t'ama il tuo Redentore: Testimone la croce, testimoni i dolori, testimone la morte atroce che ha sofferto. Sog­giunge S. Bernardo, che grida la croce, grida ogni piaga di Gesù ch'esso ci ama con vero amore.

O Gesù mio, come vi vedo addolorato e mesto! Ah che troppo ne avete ragione in pensare che voi tanto soffrite sino a morire di spasimo su questo legno, e che poi tante poche anime han­no da amarvi! Oh Dio, al presente quanti cuori, anche a voi consacrati, o non v'amano o v'ama­no troppo poco!

Ah belle fiamme d'amore, voi che consumaste la vita di un Dio sulla croce, deh consumate an­cor me, consumate tutti gli affetti disordinati che vivono nel mio cuore, e fate che io viva arden­do e sospirando solo per quel mio amante Si­gnore che volle, consumato dai tormenti, finir la vita per amor mio sopra di un patibolo infame! Amato mio Gesù, io voglio sempre amarvi e voi solo, solo, solo voglio amare, mio amore, mio Dio, mio tutto.

4. I tuoi occhi vedranno il tuo maestro (Is 30, 20). Fu promesso agli uomini di vedere coi pro­pri occhi il loro divin Maestro. Tutta la vita di Gesù fu un continuo esempio e scuola di perfe­zione, ma non altrove meglio che sulla cattedra della croce egli ci insegnò le sue più belle virtù. Ivi, oh come bene ci ammaestrò nella pazienza, specialmente in tempo di infermità; poiché sulla croce Gesù infermo soffrì con somma pazienza i dolori della sua amarissima morte. Ivi col suo esempio ci insegnò un'esatta ubbidienza ai divini precetti, una perfetta rassegnazione alla volontà di Dio, e soprattutto ci insegnò come si deve amare. Il P. Paolo Segneri iuniore scrisse ad una sua penitente che ai piedi del Crocifisso avesse scritte queste parole: Ecco come si ama.

Ecco come si ama, pare che ci dica a tutti lo stesso Redentore dalla croce, allorché noi per non soffrire qualche molestia abbandoniamo le opere di suo gusto, e talvolta giungiamo a rinunziare anche alla sua grazia ed al suo amore. Egli ci ha amati sino alla morte, e non scese dalla croce se non dopo di avervi lasciata la vita.

Ah Gesù mio, voi mi avete amato sino alla morte: sino alla morte voglio amarvi ancor io! Per lo passato io vi ho offeso e tradito più volte. Signor mio, vendicatevi meco, ma con vendetta di pietà e di amore; datemi un tal dolore dei miei peccati che mi faccia vivere sempre addolorato ed afflitto per la pena di avervi offeso. Io mi protesto di voler patire ogni male per l'avvenire prima che disgustarvi. E qual maggior male po­trebbe avvenirmi che disgustare voi, mio Dio, mio Redentore, mia speranza, mio tesoro, mio tutto?

5. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me. Questo diceva per indicare di quale morte doveva morire (Gv 12, 32-33). Disse Gesù Cristo, che allorché sarebbe stato innalzato in croce, egli coi meriti suoi, col suo esempio e colla forza del suo amore, si avrebbe tirati gli affetti di tutte l'anime. Lo stesso scrisse S. Pier Damiani: Appena il Signore fu appeso alla croce, attirò tutti a sé con il suo ardente amore, com­menta Cornelio a Lapide. E chi mai, aggiunge Cornelio, non amerà Gesù che muore per nostro amore? Mirate, o anime redente, ci esorta la santa Chiesa, mirate il vostro Redentore su quel­la croce, dove tutta la sua figura spira amore ed invita ad amarlo: il capo inchinato per darci il bacio di pace, le braccia stese ad abbracciarci, il Cuore aperto ad amarci (S. Agostino).

Ah mio Gesù diletto, come l'anima mia pote­va esser sì cara agli occhi vostri, vedendo le in­giurie che voi da me avevate a ricevere? Voi per cattivarvi il mio affetto voleste darmi le di­mostrazioni più estreme d'amore.

Venite voi, flagelli, voi, spine, chiodi e croce che tormentaste le sacre carni del mio Signore, venite a ferirmi il cuore. Ricordatemi sempre che tutto il bene che ho ricevuto e che spero, tutto mi è pervenuto dai meriti della sua Pas­sione. O maestro d'amore, gli altri insegnano colla voce, ma voi su questo letto di morte in­segnate col patire; gli altri insegnano per inte­resse, voi per affetto, altra mercede non chie­dendo che la mia salute. Salvatemi, amor mio, e il salvarmi sia il donarmi la grazia che io sem­pre v'ami e vi contenti. L'amare voi è la sa­lute mia.

6. Mentre stava Gesù morendo sopra la cro­ce, gli uomini non cessavano di tormentarlo coi rimproveri e scherni. Altri gli dicevano: Ha sal­vato gli altri, non può salvare se stesso. Altri: Se è il re d'Israele, scenda ora dalla croce (cf Mt 27, 42). E Gesù, mentre questi l'ingiuriano, che fa dalla croce? Prega forse l'Eterno Padre che li punisca? No, egli lo prega che li perdoni: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34). Sì, dice S. Tommaso, a dimo­strare il suo immenso amore che avea per gli uomini, il Redentore domandò a Dio il perdono per gli stessi suoi crocifissori. Lo domandò e l'ot­tenne; sicché quelli poi, dopo averlo veduto mor­to, si pentirono del lor peccato: Se ne tornavano percuotendosi il petto (Lc 23, 48).

Ah mio caro Salvatore, eccomi ai vostri pie­di: io sono stato uno dei vostri più ingrati persecutori: pregate voi anche per me il vostro Pa­dre che mi perdoni. E' vero che i Giudei e i car­nefici non sapeano crocifiggendovi quel che si facevano; ma io ben sapeva che peccando offen­deva un Dio crocifisso e morto per me. Ma il vostro sangue e la vostra morte anche per me han meritata la divina misericordia. Io non pos­so diffidare di esser perdonato, vedendovi mo­rire per ottenere a me il perdono. Ah mio dolce Redentore, deh miratemi con uno di quei sguar­di amorosi con cui mi rimiraste morendo per me sulla croce; miratemi e perdonatemi tutte le in­gratitudini che ho usate al vostro amore.

Mi pento, o Gesù mio, d'avervi disprezzato. V'amo con tutto il cuore; ed a vista del vostro esempio, perché v'amo, amo ancora tutti coloro che mi hanno offeso. Desidero ad essi tutto il bene e propongo servirli e soccorrerli quanto posso per amor di voi, mio Signore, che voleste morire per me che vi ho tanto offeso.

7. Memento mei (ricordati di me) vi disse, o Gesù mio, il buon ladrone, e fu consolato con sentirsi dire da voi: Oggi sarai con me nel para­diso (Lc 23, 42-43). Memento mei, vi dico an­cor io: ricordatevi, Signore, che io sono una di quelle pecorelle, per cui voi deste la vita. Con­solate ancora me facendomi sentire che mi per­donate con darmi un gran dolore dei peccati miei.

O gran sacerdote che sacrificate voi stesso per amor delle vostre creature, abbiate pietà di me. Io vi sacrifico da oggi innanzi la mia volontà, i miei sensi, le mie soddisfazioni e tutti i miei desideri. Io credo che voi, mio Dio, siete morto crocifisso per me. Scorra, vi prego, anche sopra di me il vostro sangue divino: egli mi lavi dai miei peccati. Egli mi accenda di santo amore e mi faccia tutto vostro. Io v'amo, o Gesù mio, e desidero morire crocifisso per voi che siete mor­to crocifisso per me.

Eterno Padre, io vi ho offeso; ma ecco il vo­stro Figlio che, appeso a questo legno, vi soddi­sfa per me col sacrificio che vi offerisce della sua vita divina. Io vi offerisco i meriti suoi che son tutti miei, mentre egli a me gli ha donati; e per amor di questo Figlio vi prego ad aver pietà di me. La pietà maggiore che da voi dimando è che mi doniate la vostra grazia che io infelice tante volte volontariamente ho disprezzata. Mi pento di avervi oltraggiato e v'amo, v'amo, mio Dio, mio tutto; e per darvi gusto son pronto a patire ogni obbrobrio, ogni dolore, ogni miseria, ogni morte.


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