CAPITOLO VI.
Del sudore di sangue ed agonia patita da Gesù nell'orto
1. Ecco come il nostro amorosissimo Salvatore giunto all'orto di Getsemani volle da se stesso dar principio alla sua amara Passione con dar libertà alle passioni del timore, del tedio e della mestizia che venissero ad affliggerlo con tutti i loro tormenti: Cominciò a sentire paura, tristezza e angoscia (Mc 14, 33; Mt 26, 37). Cominciò dunque per prima a sentire un gran timor della morte e delle pene che dovea tra breve soffrire: Cominciò a sentire paura. Ma come? non era egli quello che spontaneamente si era offerto a tali patimenti? Si offerse perché egli lo volle (cf Is 53, 7). Non era egli quello che avea tanto desiderato questo tempo della sua Passione, avendo poc'anzi detto: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi? (Lc 22, 15). E poi allora come apprese tanto timore di sua morte che giunse a pregare suo Padre a liberarnelo: Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice? (Mt 26, 39).
Risponde il V. Beda e dice: Prega che passi il calice per manifestare che è veramente uomo. Egli l'amante Signore ben volea morire per noi per dimostrarci colla sua morte l'amore che ci portava; ma acciocché gli uomini non avessero pensato che egli avesse assunto un corpo fantastico - come han bestemmiato alcuni eretici - o pure che per virtù della sua divinità fosse morto senza provare alcuna pena; perciò egli fece quella preghiera al Padre non già per essere esaudito, ma per dare ad intendere a noi ch'esso moriva come uomo, e moriva afflitto da un gran timor della morte e dei dolori che doveano accompagnar la sua morte.
O Gesù amabilissimo, voi voleste prendere per voi la nostra timidezza per dare a noi il vostro coraggio nel soffrire i travagli di questa vita. Siate sempre benedetto di tanta pietà ed amore. V'amino tutti i nostri cuori quanto voi lo desiderate e quanto lo meritate.
2. Cominciò a sentire angoscia. Cominciò anche a sentire un gran tedio delle pene che gli erano apparecchiate. Quando v'è tedio anche le delizie riescono penose. Or quali angosce unite a tal tedio dovette recare a Gesù Cristo l'orrido apparato che allora se gli rappresentò alla mente di tutti i tormenti esterni ed interni che in quel resto di vita doveano fieramente cruciare il corpo e l'animia sua benedetta? Allora se gli fecero avanti distintamente tutti i dolori che dovea soffrire, tutti i scherni che aveva a ricevere dai Giudei e dai Romani: tutte le ingiustizie che gli doveano fare i giudici della sua causa: e specialmente se gli fece innanzi quella morte desolata che far dovea, abbandonato da tutti, dagli uomini e da Dio, in un mare di dolori e di disprezzi. E ciò fu che gli cagionò un tedio così amaro che l'obbligò a dimandare conforto all'Eterno suo Padre. Ah Gesù mio, vi compatisco, vi ringrazio e v'amo.
3. Gli apparve allora un angelo... a confortarlo (Lc (22, 43). Venne il conforto, ma questo, dice Beda, più gli accrebbe che alleggerì la pena. Sì, perché l'angelo lo confortò a più patire per amore dell'uomo e per la gloria del suo Padre.
Oh quanto vi apportò di affanno, amato mio Signore, questo primo combattimento! Nel progresso di vostra Passione i flagelli, le spine, i chiodi vennero divisamente a tormentarvi, ma nell'orto i dolori di tutta la vostra Passione vi assalirono tutti insieme ad affliggervi. E voi tutto accettaste per mio amore e per mio bene. Ah mio Dio, quanto mi rincresce di non avervi amato per lo passato, e di avere posposta la vostra volontà ai gusti miei maledetti! Li detesto sopra ogni male e me ne pento con tutto il cuore. Gesù mio, perdonatemi.
4. Cominciò a sentire tristezza e afflizione. Col timore e col tedio cominciò insieme a sentire Gesù una gran malinconia ed afflizione d'animo. Ma, Signor mio, voi non siete quello che ai vostri martiri avete data tanta gioia nel patire che giungevano a disprezzare i tormenti e la morte? Di S. Vincenzo, dice S. Agostino, che egli parlava con tanta allegrezza nel suo martirio che pareva che un altro patisse ed un altro parlasse. Di S. Lorenzo narrasi che bruciando sulla graticola era tanta la consolazione che godeva nell'anima che insultava il tiranno dicendogli: Serviti e mangia. E come poi voi stesso, o Gesù mio che donaste un'allegrezza sì grande ai vostri servi nel morire, vi eleggeste morendo una tanta mestizia per voi?
5. O allegrezza del paradiso, voi col vostro gaudio rallegrate il cielo e la terra, ed ora perché vi miro così afflitto e mesto? e vi sento dire che la tristezza che v'affligge è valevole a darvi
la morte? La mia anima è triste fino alla morte (Mc 14, 34). Mio Redentore, e perché? Ah già v'intendo! No, che non tanto furono i dolori della vostra Passione quanto i peccati degli uomini e fra questi i peccati miei che allora vi apportarono quella gran pena di morte.
6. Egli l'Eterno Verbo quanto amava il suo Padre, tanto odiava il peccato, di cui ben conoscea la malizia: onde per togliere il peccato dal mondo e per non vedere più offeso il suo amato Padre, egli era venuto in terra e si era fatto uomo, ed aveva intrapreso a soffrire una Passione ed una morte così dolorosa. Ma vedendo poi che con tutte le sue pene pure s'aveano da commettere tanti peccati nel mondo, questo dolore, dice S. Tommaso, superò il dolore che qualsivoglia penitente ha sentito mai per le sue proprie colpe e superò qualunque pena che possa affliggere un cuore umano. La ragione è, perché tutte le pene degli uomini sempre sono mescolate con qualche sollievo, ma il dolore di Gesù fu puro dolore senza sollievo.
Ah se io v'amassi, o Gesù mio, al mirare quanto voi avete patito per me mi diventerebbero dolci tutti i dolori, tutti gli obbrobri e le molestie del mondo. Deh, concedetemi voi il vostro amore, acciocché io patisca con gusto o almeno con pazienza quel poco che mi date a soffrire. Non mi fate morire così sconoscente a tante finezze del vostro amore. Propongo nelle tribolazioni che mi occorreranno dir sempre: Gesù mio, abbraccio questa pena per amor vostro; la voglio soffrire per dar gusto a voi.
7. Nelle istorie si legge che molti penitenti essendo illuminati dalla divina luce a vedere la malizia dei loro peccati sono arrivati a morirne di puro dolore. Or quale tormento poi doveva essere al Cuore di Gesù la vista di tutti i peccati del mondo, di tutte le bestemmie, sacrilegi, disonestà e di tutte l'altre colpe che s'aveano a commettere dagli uomini dopo la sua morte, ciascuna delle quali venne allora come una fiera crudele a leccargli il Cuore colla sua propria malizia?
Onde diceva allora il nostro afflitto Signore colà agonizzando nell'orto: Dunque, o uomini, questa è la ricompensa che voi avete a rendere all'immenso amor mio? Ah se io vedessi che voi grati al mio affetto lasciaste di peccare e mi cominciaste ad amare, oh con quanta mia gioia anderei ora a morire per voi! Ma il vedere dopo tante mie pene tanti peccati, dopo tanto mio amore tanta ingratitudine, questo è quello che più mi affligge, mi fa mesto sino alla morte e mi fa sudar vivo sangue. E il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra (Lc 22, 44). Sicché al dir del Vangelista questo sudore sanguigno fu così copioso che prima bagnò tutte le vesti del Redentore e poi scorse in copia a bagnar la terra.
8. Ah mio innamorato Gesù, io non vedo in quest'orto nè flagelli nè spine nè chiodi che vi feriscano; e come vi miro tutto bagnato di sangue da capo a piedi? Dunque i peccati miei furono il torchio crudele, che allora a forza di afflizione e di mestizia spremettero tanto sangue dal vostro Cuore? Dunque io ancora fui allora uno dei vostri più crudeli carnefici, che mi aggiunsi a maggiormente cruciarvi coi peccati miei? E' certo, che se io meno avessi peccato, meno allora voi, Gesù mio, avreste patito. Quanto dunque più di piacere io m'ho preso in offendervi, tanto più d'affanno io allora accrebbi al vostro Cuore addolorato.
E come questo pensiero ora non mi fa morir di dolore, in intendere che io ho pagato l'amore
che mi avete dimostrato nella vostra Passione, con aggiungervi tristezza e pena? Io dunque ho tormentato quel Cuore così amabile ed amoroso, che mi ha tanto amato? Signore, giacché ora non ho altro mezzo da consolarvi che col dolermi di avervi offeso, sì, Gesù mio, che me ne doglio, e me ne dispiace con tutto il cuore. Datemi voi un dolor sì forte, che mi faccia piangere continuamente sino all'ultimo fiato di mia vita i disgusti che ho dato a voi, mio Dio, mio amore, mio tutto.
9. Si prostrò con la faccia a terra (Mt 26, 39). Gesù vedendosi addossato il peso di soddisfare per tutti i peccati del mondo, si buttò colla faccia a terra a pregare per gli uomini, come si vergognasse di alzare gli occhi in cielo, nel vedersi carico di tante scelleraggini.
Ah mio Redentore, io vi miro tutto affannato ed impallidito per la pena! Voi state in agonia di morte, e pregate! Entrato in agonia, pregava più intensamente (Lc 22, 43). Ditemi, per chi pregate? Ah che allora non tanto pregavate per voi, quanto per me, offerendo all'Eterno Padre le vostre potenti preghiere unite alle vostre pene, per ottenere a me misero il perdono delle mie colpe!
Egli nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà (Eb 5, 7).
Ah mio Redentore, come avete potuto tanta amare chi tanto vi offese? Come avete potuto abbracciare tante pene per me, vedendo già voi sin d'allora l'ingratitudine ch'io dovea usarvi?
10. Deh fatemi parte, afflitto mio Signore, di quel dolore che voi aveste allora dei peccati miei. Ilo gli abborrisco al presente ed unisco questo mio abborrimento all'abborrimento che voi ne sentiste nell'orto. Ah mio Salvatore, non guardate i peccati miei, perché non mi basterebbe l'inferno; guardate le pene che avete patite per me!
O amore del mio Gesù, tu sei l'amore e la speranza mia. Signore, io v'amo con tutta l'anima mia e voglio sempre amarvi. Deh per i meriti di quel tedio e mestizia che patiste nell'orto datemi fervore e coraggio nelle opere di vostra gloria. Per li meriti della vostra agonia datemi conforto per resistere a tutte le tentazioni della carne e dell'inferno. Donatemi la grazia di sempre raccomandarmi a voi e di sempre replicarvi con Gesù Cristo: Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu (Mc 14, 36). Non si faccia la mia ma sempre la vostra divina volontà. Amen.
CAPITOLO VII.
Dell'amore di Gesù in soffrire tanti disprezzi nella sua Passione
1. Dice il Bellarmino che maggior pena recano agli spiriti nobili i disprezzi che i dolori del corpo. Poiché se questi affliggono la carne, quelli affliggono l'anima, la quale quanto è più nobile del corpo, tanto più sente la pena. Ma chi mai avrebbe potuto immaginarsi che il personaggio più nobile del cielo e della terra, il Figliuolo di Dio, venendo nel mondo a farsi uomo per amore degli uomini avesse avuto ad esser trattato da essi con tanti vituperi ed ingiurie, come se fosse stato l'ultimo ed il più vile di tutti gli uomini? (cf Is 53, 2-3). Asserisce S. Anselmo che Gesù Cristo volle soffrire tali e tanti disonori che non potè essere più umiliato di quel che fu nella sua Passione.
O Signore del mondo, voi siete il più grande di tutti i Re, ma avete voluto esser disprezzato
più di tutti gli uomini per insegnare a me l'amore ai disprezzi. Giacché dunque avete voi sacrificato il vostro onore per amor mio, io voglio soffrire per amor vostro ogni affronto che mi sarà fatto.
2. E qual sorta di affronti non soffrì il Redentore nella sua Passione? Egli si vide affrontato dagli stessi suoi discepoli. Uno di essi lo tradisce e lo vende per trenta danari. Un altro lo rinnega più volte protestando pubblicamente che non lo conosce ed attestando con ciò di vergognarsi d'averlo conosciuto per lo passato. Gli altri discepoli poi al vederlo preso e legato tutti fuggono e l'abbandonano: Tutti allora (i suoi discepoli), abbandonandolo, fuggirono (Mc 14, 50).
O abbandonato mio Gesù, e chi mai prenderà le vostre difese, se al principio della vostra cattura i vostri più cari si partono e v'abbandonano? Ma oh Dio che questo disonore non finì colla vostra Passione. Quante anime dopo essersi dedicate alla vostra sequela e dopo essere state da voi favorite con molte grazie e segni speciali d'amore, spinte poi da qualche passione di vile interesse o di rispetto umano o di sozzo piacere, ingrate vi lasciano? Chi si ritrova nel numero di questi ingrati, pianga e dica: Ah mio caro Gesù, perdonatemi, che io non voglio più lasciarvi; prima voglio perder la vita e mille vite che perdere la vostra grazia, o mio Dio mio amore, mio tutto.
3. Ecco come Giuda giungendo nell'orto insieme coi soldati si fa avanti, abbraccia il suo Maestro e lo bacia. Gesù permette che lo baci; ma conoscendo già il suo animo iniquo, non può trattenersi di non lagnarsi con esso di quel troppo ingiusto tradimento, con dirgli: Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? (Lc 22, 48). Indi si affollano d'intorno a Gesù quegl'insolenti ministri, gli pongono le mani sopra e lo legano come un ribaldo: Le guardie dei Giudei afferrarono Gesù e lo legarono (Gv 18, 12).
Oimè, che vedo! Un Dio legato! Da chi? Dagli uomini! da vermi da lui stesso creati! Angeli del Paradiso, che ne dite? E voi mio Gesù, come vi fate legare? Che han che fare, dice S. Bernardo, i legami degli schiavi e dei rei con voi che siete il santo dei santi, il Re dei regi e il Signor dei signori?
Ma se gli uomini vi legano, voi perché non vi sciogliete e vi liberate dai tormenti e dalla morte che questi v'apparecchiano? Ma già intendo: non sono già, o mio Signore, queste funi che vi stringono; è solo l'amore che vi tiene legato e vi costringe a patire e morire per noi. O carità, esclama S. Lorenzo Giustiniani, quanto è grande la tua forza, la sola che potè legare il Signore! O amore divino, tu solo hai potuto legare un Dio, e condurlo a morire per amore degli uomini!
4. Mira o uomo, dice S. Bonaventura, quei cani che lo trascinano e l'agnello che li segue, vittima mansueta, senza opporre resistenza. Chi lo afferra, chi lo lega, chi lo strattona, chi lo percuote. Portano già legato il nostro dolce Salvatore prima alla casa d'Anna, poi a quella di Caifas, dove Gesù, interrogato dei suoi discepoli e della sua dottrina da quel maligno, rispose che egli non avea parlato in segreto ma in pubblico, e che quegli stessi che gli stavano d'intorno ben sapeano ciò che avea insegnato. Io ho parlato apertamente... ecco essi sanno che cosa ho detto (Gv 18, 20-21). Ma a tal risposta uno di quei ministri, trattandolo da temerario, gli diede una forte sguanciata: Una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù dicendo: cosi rispondi al sommo sacerdote? (ivi, 22). Qui esclama S. Grisostomo: Angeli, perché tacete? O restate attoniti di fronte a tanta pazienza?
Ah Gesù mio, come una risposta sì giusta e sì modesta meritava un affronto sì grande alla presenza di tanta gente?
L'indegno pontefice in vece di riprendere l'insolenza di quell'audace, lo loda o almeno coi segni l'approva. E voi, Signore mio, tutto soffrite per pagare gli affronti che io misero ho fatto alla divina maestà coi miei peccati. Gesù mio, ve ne ringrazio. Eterno Padre, perdonatemi per li meriti di Gesù.
5. Indi l'iniquo pontefice l'interrogò, se veramente egli era il Figliuolo di Dio: Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio (Mt 26, 63). Gesù per rispetto del nome di Dio affermò esser ciò vero; ed allora Caifas si lacerò le vesti dicendo che egli avea bestemmiato; e tutti allora gridarono che meritava la morte: E quelli risposero: E' reo di morte! (ivi, 66).
Sì, con ragione, o mio Gesù, costoro vi dichiarano reo di morte, mentre voi avete voluto addossarvi il soddisfare per me che meritava la morte eterna. Ma se colla vostra morte voi mi acquistate la vita, è giusto che la mia vita io la spenda tutta ed anche, se bisogna, la perda per voi. Sì, mio Gesù, non voglio vivere più a me, ma solo a voi ed al vostro amore. Soccorretemi voi colla vostra grazia.
6. Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono (ivi, 67). Dopo averlo pubblicato reo di morte, come uomo già addetto al suplicio e dichiarato infame, si pose quella canaglia a maltrattarlo per tutta la notte con percosse, con schiaffi, calci, con pelargli la barba ed anche con isputargli in faccia, burlandolo da falso profeta e dicendogli: Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso? (ivi, 68). Tutto predisse il nostro Redentore per Isaia: Ho presentato il dorso ai flagellatori, la faccia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi (Is 50, 6).
Riferisce il divoto Taulero, esser sentenza di S. Girolamo, che tutte le pene ed ingiurie che soffrì Gesù quella notte solamente nel giorno del giudizio finale si faranno note. S. Agostino, parlando delle ignominie patite da Gesù Cristo, dice: Se non riesce a curare la superbia questa medicina, non so cosa possa curarla. Ah Gesù mio, come voi così umile, ed io così superbo? Signore, datemi luce, fatemi conoscere chi siete voi e chi son io.
Allora gli sputarono in faccia. - Sputarono! Oh Dio, e qual maggiore affronto che l'essere ingiuriato cogli sputi? Essere sputati è tra le ingiurie più gravi, dice Origene. Dove suole sputarsi, se non nel luogo più sordido? E voi, Gesù mio, soffrite di farvi sputare in faccia? Ecco come questi iniqui vi maltrattano coi schiaffi e coi calci, vi ingiuriano, vi sputano in faccia, ne fanno di voi quel che vogliono: e voi non li minacciate, non li rimproverate? Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia (I Pt 2, 23). No, ma come un agnello innocente, umile e mansueto, tutto soffrite senza neppur lamentarvi, tutto offerendo al Padre, per ottenere a noi il perdono dei peccati nostri: Era come pecora muta di fronte a suoi tosatori, e non aprì la sua bocca (Is 53, 7).
Meditando un giorno S. Geltrude le ingiurie fatte a Gesù nella sua Passione, prese a lodarlo
e benedirlo; e il Signore talmente di ciò si compiacque, che amorosamente ne la ringraziò.
Ah mio vituperato Signore, voi siete il Re del cielo, il Figlio dell'Altissimo; non meritate già d'essere maltrattato e vilipeso, ma di essere adorato ed amato da tutte le creature. Io vi adoro, vi benedico, e ve ne ringrazio. V'amo con tutto il mio cuore. Mi pento d'avervi offeso. Aiutatemi voi, abbiate pietà di me.
7. Fatto giorno, i Giudei conducono Gesù a Pilato, per farlo condannare a morte, ma Pilato lo dichiara innocente: Non trovo nessuna colpa in quest'uomo (Lc 23, 4). E per liberarsi dagl'insulti dei Giudei che seguivano a chieder la morte del Salvatore, lo mandò ad Erode. Molto gradì Erode di vedersi condotto avanti Gesù Cristo, sperando che alla sua presenza, per liberarsi dalla morte, esso avrebbe fatto alcun prodigio di quei tanti che ne aveva inteso narrare; onde l'interrogò con più dimande.
Ma Gesù, perché non volea esser liberato dalla morte, e perché quel malvagio non era degno di sue risposte, tacque e non gli risposse. Allora il re superbo gli fe' molti dispregi colla sua corte, e facendolo coprire d'una veste bianca, dichiarandolo così qual uomo ignorante e stolido, lo rimandò a Pilato. Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una veste bianca e lo rimandò a Pilato (ivi, 11). Commenta Ugon Cardinale: Schernendolo come se fosse scemo, lo rivestì di una veste bianca. E S. Bonaventura: Lo insultò come impotente, perché non fece un miracolo; come ignorante, perché non rispose una parola, come imbecille, perché non si difese.
O Sapienza eterna, o Verbo divino, quest'altra ignominia vi mancava, d'esser trattato da pazzo privo di senno! Tanto dunque vi premè la nostra salute, che voleste per amor nostro esser non solo vituperato, ma saziato di vituperi, come di voi già profetizzò Geremia: Porgerà a chi lo percuote la guancia, verrà saziato di umiliazioni (cf Lam 3, 30). E come poteste avere tanto amore per gli uomini dai quali non riceveste che ingratitudini e disprezzi? Oimè che di costoro uno son io che peggio di Erode vi ho oltraggiato.
Deh Gesù mio, non mi castigate come Erode con privarmi delle vostre voci. Erode non vi riconosceva per quello che siete, io vi confesso per mio Dio; Erode non vi amava, io vi amo più di me stesso. Deh non mi negate le voci delle vostre ispirazioni, come io meriterei, per le offese che vi ho fatte. Dite quel che volete da me, che io colla vostra grazia tutto lo voglio fare.
8. Ricondotto che fu Gesù a Pilato, il preside lo propose al popolo per intendere chi volessero liberato in quella Pasqua, Gesù o Barabba omicida. Ma il popolo gridò: Non costui, ma Barabba! (Gv 18, 40). Allora disse Pilato: Che farò dunque di Gesù? Risposero: Sia crocifisso! (Mt 27, 22). Ma che male ha fatto questo innocente? Pilato ripigliò. E quelli replicarono: Sia crocifisso! Ma oh Dio, che anche al presente la maggior parte degli uomini seguitano a dire: Non costui, ma Barabba! Preferendo a Gesù Cristo un piacere di senso, un punto di onore, uno sfogo di sdegno.
Ah mio Signore, ben sapete voi che un tempo vi ho fatto la stessa ingiuria, quando vi ho posposto ai miei gusti maledetti! Gesù mio, perdonatemi, che io mi pento del passato, e da oggi avanti voglio preferirvi ad ogni cosa. Io vi stimo, io v'amo più d'ogni bene; e voglio prima mille volte morire, che lasciarvi. Datemi la santa perseveranza, datemi il vostro amore.
9. Appresso si parlerà degli altri obbrobri che ricevè Gesù Cristo, sino a morire finalmente in una croce: Si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia (Eb 12, 2). Ma intanto consideriamo che del nostro Redentore ben si avverò ciò che ne predisse il Salmista, che egli nella sua Passione dovea divenire l'obbrobrio degli uomini e il rifiuto della plebe: lo sono verme, non uomo, infamia degli uomini e rifiuto del mio popolo (Sal 21, 7). Sino a morire svergognato, giustiziato per mano di carnefice in un patibolo, come un malfattore in mezzo a due malfattori: E' stato annoverato tra gli empi (Is 53, 12).
O Signore il più alto, esclama S. Bernardo, diventato il più basso tra gli uomini! O eccelso diventato vile! O gloria degli angeli diventato l'obbrobrio degli uomini.
10. O grazia! o forza dell'amore di un Dio! siegue a dire S. Bernardo. Così dunque il sommo Signore di tutti è diventato il più vilipeso di tutti! E chi mai, soggiunge il santo, ha ciò operato? Tutto l'ha fatto l'amore che Dio porta agli uomini, per dimostrare quanto egli ci ama, e per insegnarci col suo esempio a soffrire con pace i disprezzi e le ingiurie. Cristo patì per voi, scrisse S. Pietro, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme (1 Pt 2, 21). S. Eleazaro richiesto dalla sua sposa, come facesse a sopportare con tanta pace le tante ingiurie che gli erano fatte, rispose: « Io mi rivolgo a mirare Gesù disprezzato, e dico che i miei affronti son niente a rispetto di quelli ch'egli, essendo mio Dio, ha voluto tollerare per me ».
Ah Gesù mio, ed io come a vista di un Dio così disonorato per amor mio non so soffrire un minimo disprezzo per vostro amore? Peccatore e superbo! E donde, mio Signore, può venirmi questa superbia? Deh per li meriti dei vostri disprezzi sofferti, datemi la grazia di soffrire con pazienza e con allegrezza gli affronti e le ingiurie.
Propongo da ogg'innanzi col vostro aiuto di non più risentirmi, e di ricevere con gioia tutti gli obbrobri che mi saran fatti. Altri disprezzi meriterei io che ho disprezzata la vostra maestà divina, e m'ho meritati i disprezzi dell'inferno. E troppo voi, amato mio Redentore, dolci ed amabili mi avete renduti gli affronti, con avere abbracciati tanti dispregi per mio amore. Propongo di più per darvi gusto di beneficar quanto posso chi mi disprezza; almeno di dirne bene e pregare per esso. E da ora vi prego a colmare di grazie tutti coloro dai quali io ho ricevuta qualche ingiuria. V'amo bontà infinita e voglio sempre amarvi quanto posso Amen.
CAPITOLO VIII.
Sopra la flagellazione di Gesù Cristo
1. Entriamo nel pretorio di Pilato fatto un giorno orrendo teatro dell'ignominie e dei dolori di Gesù; vediamo quanto fu ingiusto, ignominioso e crudele il supplicio ivi dato al Salvatore del mondo. - Vedendo Pilato che i Giudei continuavano a tumultuare contro Gesù, egli, l'ingiustissimo giudice, lo condannò ad esser flagellato: Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare (Gv 19, 1). Pensò l'iniquo giudice con questo barbaro modo di guadagnarsi la compassione dei nemici e così liberarlo dalla morte: Lo castigherò severamente, disse, e poi lo rilascerò (Lc 23, 22). Era la flagellazione castigo solo degli schiavi. Dunque, dice S. Bernardo, il nostro amoroso Redentore volle prender la forma non solamente di servo per soggettarsi all'altrui volontà, ma anche di servo malvagio per esser castigato coi flagelli e così pagare la pena meritata dall'uomo fatto già servo del peccato.
O Figliuolo di Dio, o grande amante dell'anima mia, come voi Signore d'infinita maestà avete potuto tanto amare un oggetto sì vile ed ingrato come sono io, che vi siate sottoposto a tante pene per liberare me dalla pena dovuta? Un Dio flagellato! Fa più maraviglia un Dio soffrire una minima percossa, che se fossero distrutti tutti gli uomini e tutti gli angeli. Ah Gesù mio, perdonatemi le offese che vi ho fatte e poi castigatemi come vi piace. Ma basta solo che io vi ami e voi mi amiate, e poi mi contento di patire tutte le pene che volete.
2. Giunto che fu al pretorio l'amabile nostro Salvatore, come fu rivelato a S. Brigida al comando dei ministri egli stesso si spogliò delle vesti, abbracciò la colonna, e poi vi applicò le mani per esservi legato. Oh Dio, già si dà principio al crudele tormento! O angeli del cielo, venite ad assistere a questo doloroso spettacolo; e se non vi è permesso di liberare il vostro re dal barbaro strazio che gli preparano gli uomini, almeno venite a piangere per compassione.
E tu, anima mia, immaginati di trovarti presente a questa orrenda carneficina del tuo amato Redentore. Guardalo come sta egli, il tuo afflitto Gesù, col capo dimesso, guardando la terra e tutto verecondo per lo rossore aspetta quel gran tormento. Ecco che quei barbari come tanti cani arrabbiati già si avventano coi flagelli sopra l'innocente agnello. Vedi là chi batte il petto, chi percuote le spalle, chi ferisce i fianchi e chi le gambe; anche la sacra testa e la sua bella faccia non vanno esenti dalle percosse. Oimè già scorre quel sangue divino da tutte le parti; già di sangue sono pieni i flagelli, le mani dei carnefici, la colonna e la terra. Piange S. Pier Damiani: Viene ferito e dilaniato per tutto il corpo dai flagelli: ora colpiscono le spalle, ora le gambe: alle ferite aggiungono ferite e piaghe alle piaghe appena aperte.
Ah crudeli, con chi ve la pigliate? Fermate, fermate: sappiate che avete errato. Quest'uomo che voi tormentate egli è innocente, è santo: io sono il reo; a me, a me che ho peccato toccano i flagelli ed i tormenti. Ma voi non mi sentite. - Eterno Padre, e come voi potete soffrire questa grande ingiustizia? come potete vedere il vostro Figlio diletto così patire e non soccorrerlo? che delitto egli ha mai commesso che meriti un castigo così vergognoso e così fiero?
3. Per l'iniquità del mio popolo lo percossi (cf Is 53, 8). Io ben so, dice l'Eterno Padre, che questo mio Figlio è innocente, ma poiché egli si è offerto a soddisfare la mia giustizia per tutti i peccati degli uomini, conviene che io così l'abbandoni al furore dei suoi nemici. Dunque, o adorato mio Salvatore, voi per pagare i nostri delitti, e specialmente i peccati d'impurità - che è il peccato più comune degli uomini - avete voluto che fossero lacerate le vostre carni purissime? E chi non esclamerà con S. Bernardo: O ineffabile amore del Figlio di Dio per i peccatori!
Ah Signor mio flagellato, vi ringrazio di tanto amore, e mi addoloro che anche io coi miei peccati mi sono aggiunto a flagellarvi. Odio, Gesù mio, tutti quei piaceri malvagi che vi han costato tanto dolore. Oh da quanti anni dovrei bruciar nell'inferno! Ma voi perché mi avete aspettato finora con tanta pazienza? Mi avete sopportato, acciocch'io vinto finalmente da tante finezze d'amore, mi rendessi ad amarvi con lasciare il peccato.
Amato mio Redentore, non voglio no più resistere al vostro affetto; io voglio amarvi quanto posso per l'avvenire. Ma voi già sapete la mia debolezza, sapete i tradimenti che vi ho fatti. Staccatemi voi da tutte le affezioni terrene che mi impediscono l'esser tutto vostro. Ricordatemi spesso l'amore che mi avete portato, e l'obbligo che ho di amarvi. In voi ripongo tutte le mie speranze, mio Dio, mio amore, mio tutto.
4. Piange S. Bonaventura: Scorreva già da per tutto quel sangue divino; già quel sacro corpo era divenuto tutto una piaga; ma quei cani stizzati non cessavano di aggiungere ferite a ferite, come predisse il Profeta (cf Sal 68, 27). Sicché le sferze non solo impiagavano tutto il corpo, ma ne portavano seco anche i pezzi per aria, e talmente furono aperte quelle sacre carni che si poteano contare l’ossa. Dice Cornelio a Lapide, che in questo tormento Gesù Cristo naturalmente dovea morire, ma egli colla sua virtù divina volle riserbarsi in vita, affine di soffrire pene maggiori per nostro amore. E prima lo disse S. Lorenzo Giustiniani: Sarebbe certamente morto, ma volle restare in vita per soffrire dolori più grandi.
Ah! mio Signore amantissimo, voi siete degno di un amore infinito. Voi avete tanto patito, acciocch'io v'amassi. Non permettete che io, invece d'amarvi, abbia da offendervi più e disgustarvi. Deh quale inferno a parte sarebbe per me, se io dopo aver conosciuto l'amore che mi avete portato, misero mi dannassi, con disprezzare un Dio vilipeso, schiaffeggiato e flagellato per me! E che inoltre dopo averlo io offeso tante volte mi ha perdonato con tanta pietà! Ah Gesù mio, non lo permettete no. Oh Dio, che l'amore e la pazienza che avete avuta per me sarebbe colà nell'inferno un altro inferno per me più tormentoso.
5. Troppo crudele fu questo tormento della flagellazione al nostro Redentore, poiché per prima molti furono i ministri che lo flagellarono: giusta la rivelazione fatta a S. Maria Maddalena de' Pazzi furono non meno di sessanta. Or questi istigati dai demoni e più dai sacerdoti, i quali temevano che Pilato dopo quel castigo volesse liberare il Signore, come già si era protestato dicendo: Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò (Lc 23, 22), si posero coi flagelli a privarlo di vita.
Convengono poi gli autori con S. Bonaventura che essi scelsero a questo officio gli stromenti più fieri, in modo che ogni colpo fe' piaga, come asserisce S. Anselmo, e che le battiture giunsero a più migliaia, flagellando, come scrive il p. Crasset, non già all'usanza degli Ebrei, per i quali il Signore proibì che si passasse il numero di quaranta colpi: Non superino il numero di quaranta colpi, affinché il tuo fratello non resti ignominiosamente ferito davanti ai tuoi occhi (cf Dt 25, 3); ma alla maniera dei Romani, che non avea misura.
Quindi riferisce Giuseppe ebreo - il quale visse poco dopo nostro Signore - che Gesù fu lacerato in tal modo nella flagellazione che giungevano ad apparirvi scoperte le ossa delle coste; come fu anche rivelato a S. Brigida dalla SS. Vergine, la quale disse: Io, che ero presente, vidi il suo corpo talmente devastato dai flagelli, che si vedevano le ossa delle costole; ma la cosa più crudele era vedere che, ad ogni levata dei flagelli, le carni restavano squarciate.
A S. Teresa apparve Gesù flagellato: onde la santa volle che gli fosse dipinto appunto come l'avea veduto, e disse al pittore che nel gomito sinistro avesse espresso uno squarcio di carne appesa; ma dimandando poi il pittore in qual forma dovea dipingerlo, egli si rivoltò al quadro e trovò lo squarcio già formato.
Ah mio Gesù amato e adorato, quanto avete patito per amor mio! Deh non sian perduti per me tanti dolori e tanto sangue!
6. Ma dalle sole Scritture ben si argomenta quanto fu spietata la flagellazione di Gesù Cristo. E perché mai Pilato dopo la flagellazione lo dimostrò al popolo dicendo: Ecce homo, se non perché il nostro Salvatore era ridotto ad una figura sì compassionevole che Pilato con solo farlo mirare credette di muoverne a compassione gli stessi suoi nemici, sicché non ne chiedessero più la morte?
Perché mai nel viaggio che Gesù poi fece al Calvario, le donne giudee lo seguitavano con lagrime e con lamenti? Lo seguiva una grande folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui (Lc 23, 27). Forse perché quelle donne l'amavano o lo credevano innocente? No, le donne per lo più seguono i sentimenti dei loro mariti, e perciò anch'elle lo stimavano reo; ma perché Gesù dopo la flagellazione faceva una vista sì orrida e sì pietosa che muoveva a piangere anche coloro che l'odiavano, perciò le donne piangevano e sospiravano. Perché ancora in questo viaggio i Giudei gli tolsero la croce da sulle spalle e la diedero a portare al Cireneo - secondo l'opinione più probabile e come si ricava chiaramente da S. Matteo e da S. Luca: E gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù (Lc 23, 26) - forse perché essi ne aveano pietà e voleano alleggerirgli la pena?
No, che quegl'iniqui l'odiavano e cercavano affligerlo quanto più poteano. Ma, come dice il B. Dionisio Cartusiano Temevano che morisse durante il cammino. Vedendo che nostro Signore dopo la flagellazione era rimasto dissanguato e così sfinito di forze che quasi non potea più reggersi in piedi ed andava cadendo per via sotto la croce e camminando andava, per dir così, ad ogni passo spirando l'anima; perciò affin di portarlo vivo sul Calvario, e vederlo morto in croce, come essi aveano preteso acciocché restasse per sempre infamato il suo nome: Strappiamolo, essi diceano, come predisse il profeta, dalla terra dei viventi; il suo nome non sia più ricordato (Gr 11, 19): a questo fine costrinsero il Cireneo a portar la croce.
Ah Signore, grande è il mio contento nell'intendere quanto mi avete amato, e che ora voi conservate per me lo stesso amore, che mi portavate allora nel tempo della vostra Passione! Ma quanto è il mio dolore in pensare di avere offeso un Dio così buono! Per lo merito della vostra flagellazione, Gesù mio, vi cerco il perdono. Mi pento sopra ogni male di avervi offeso e propongo prima morire che più offendervi. Perdonatemi tutti i torti che vi ho fatti, e datemi la grazia di amarvi sempre nell'avvenire.
7. Il profeta Isaia più chiaramente di tutti ci rappresentò lo stato compassionevole, in cui previde ridotto il nostro Redentore. Disse egli che la sua santissima carne nella Passione doveva divenire non solo impiagata, ma tutta franta e stritolata: E' stato piagato per le nostre iniquità, stritolato per i nostri delitti (cf Is 53, 5). Poiché, siegue a dire il profeta, il suo Eterno Padre per dare alla sua giustizia una maggior soddisfazione e per far comprendere agli uomini la deformità del peccato, non si contentò se non vide il Figlio pestato e consumato dai flagelli: Il Signore volle pestarlo con i dolori (ivi, 10): in modo che il corpo benedetto di Gesù dovette diventare come un corpo di un lebbroso, tutto piaghe da capo a piedi: Lo giudicammo come un lebbroso, e percosso da Dio (ivi, 4).
Ecco dunque, o mio lacerato Signore, a quale stato vi hanno ridotto le nostre iniquità. O buon Gesù, noi abbiamo peccato e tu paghi? (S. Bernardo). Sia sempre benedetta la vostra immensa carità, e siate amato come meritate da tutti i peccatori, e specialmente da me che più degli altri vi ho disprezzato.
8. Apparve un giorno Gesù flagellato a Suor Vittoria Angelini e dimostrandole il suo corpo tutto ferito: “Queste piaghe, le disse, Vittoria, tutte ti chiedono amore”. Amiamo lo sposo, dice l'innamorato S. Agostino, e quanto più deforme ci viene dato, tanto più bello e amabile è diventato per la sposa.
Sì, mio dolce Salvatore, io ti vedo tutto pieno di piaghe: guardo la tua bella faccia, ma oh Dio, che non apparisce più vaga, ma orrida ed annerita dal sangue, dalle lividure e dagli sputi! Non ha apparenza né belleza, lo abbiamo veduto e non aveva sembianza (cf Is 53, 2). Ma quanto più difformato vi vedo, o mio Signore, tanto più bello ed amabile mi comparite. E qual'altri son questi, se non segni della tenerezza dell'amore che voi mi portate?
V'amo, Gesù impiagato e lacerato per me. Vorrei vedermi anche io lacerato per voi, come tanti martiri che hanno avuta questa sorte. Ma se non posso ora offerirvi ferite e sangue, vi offerisco almeno tutte le pene che mi accaderanno a soffrire. Vi offerisco il mio cuore, con questo voglio amarvi più teneramente che posso. E chi mai deve amare con più tenerezza l'anima mia, se non un Dio flagellato e dissanguato per me? V'amo, o Dio d'amore; v'amo, bontà infinita; v'amo, amor mio, mio tutto; v'amo e non voglio mai cessar di dire in questa vita e nell'altra, io v'amo, io v'amo, io v'amo. Amen.