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Perdonaci Signore
 
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MEDITAZIONI SULLA PASSIONE

Ultimo Aggiornamento: 05/03/2016 20:17
23/02/2015 19:55

CAPITOLO II

Gesù volle assai patire per noi, affine di farci intendere il grande amor che ci porta

1. Due cose, scrisse Cicerone, fan conoscere un amante, il beneficare l'amato e il patire per l'amato; e questo è il segno più grande d'un vero amore. Iddio ben già avea dimostrato il suo amo­re all'uomo con tanti benefici a lui dispensati; ma il beneficare solamente l'uomo, dice S. Pier Grisologo, egli stimò esser troppo poco al suo amore, se non avesse trovato il modo di dimo­strargli quanto l'amava anche col patire e morire per esso, come fece pigliando carne umana. E qual modo più atto potea Dio trovare per pale­sarci l'amore immenso che ha per noi che col far­si uomo e patire per noi? Dio non aveva altro mo­do per manifestarci il suo amore, scrive a tal pro­posito S. Gregorio Nazianzeno.

Amato mio Gesù, troppo voi avete stentato per dichiararmi il vostro affetto e per innamorarmi della vostra bontà. Troppo dunque sarebbe il tor­to che vi farei, se vi amassi poco o amassi altra cosa che voi.

2. Ah, che in farsi da noi vedere un Dio im­piagato, crocifisso e moribondo, ben egli ci diede, dice Cornelio a Lapide, il segno più grande del­l'amor che ci porta. E prima di lui disse S. Ber­nardo che Gesù nella sua Passione ci diè a cono­scere che il suo affetto verso di noi non potea esser maggiore di quel che era. Scrive l'Aposto­lo che quando Gesù Cristo volle morire per la nostra salute, apparve allora dove giungea l'amore di un Dio verso noi misere creature: Si sono ma­nifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini (Tt 3, 4).

Ah mio innamorato Signore, intendo già che tutte le vostre piaghe mi parlano dell'amore che mi portate! E chi mai, a tanti contrassegni della vostra carità, potrà resistere a non amarvi? Avea ragione di dir S. Teresa, o amabilissimo Gesù, che chi non v'ama dà segno che non vi conosce.

3. Ben potea Gesù Cristo ottenerci la salu­te (salvezza) senza patire e col menare in terra una vita dolce e deliziosa; ma no, dice S. Paolo: In cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce (Eb 12, 2). Ricusò egli le ric­chezze, le delizie, gli onori terreni, e si elesse una vita povera ed una morte piena di dolori e di obbrobri. E perché? Non bastava forse che egli avesse supplicato l'Eterno Padre a perdonare l'uo­mo con una semplice preghiera, la quale essendo d'infinito valore era sufficiente a salvare il mondo ed infiniti mondi? E perché mai volle poi eleg­gersi tante pene con una morte così crudele che ben dice un autore che per puro dolore l'anima di Gesù si separò dal corpo? A che tanta spesa per redimere l'uomo?

Risponde S. Gio. Grisostomo: Bastava sì una preghiera di Gesù per redimerci, ma non bastava per dimostrarci l'amore che questo Dio ci porta: Ciò che bastava per la Redenzione non bastava per l'amore. E lo conferma S. Tommaso dicendo: Cristo, patendo per amore, offrì a Dio più di quan­to esigesse la riparazione dell'offesa fatta dal ge­nere umano. Perché Gesù ci amava assai, voleva assai esser amato da noi; e perciò fece quanto po­tè anche col patire per conciliarsi il nostro amore e per farci intendere che esso non avea quasi più che fare per farsi amare da noi. Dice S. Bernar­do, Egli prese molto a patire per molto obbligare l'uomo ad amarlo.

4. E qual prova maggiore di affetto, disse lo stesso nostro Salvatore, può dimostrare un aman­te verso la persona amata che dar la vita per suo amore? Nessuno ha un amore più grande di que­sto: dare la vita per i propri amici (Gv 15, 13). Ma voi, o amantissimo Gesù, dice S. Bernardo, avete fatto più di questo, mentre avete voluto dar la vita per noi non amici, ma vostri nemici e ri­belli. E questo è ciò che avvertì l'Apostolo, quando scrisse: Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5, 8).

Dunque, Gesù, voi per me vostro nemico avete voluto morire, ed io potrò resistere a tanto amo­re? Eccomi, giacché voi con tanta premura desi­derate che io vi ami, io v'amo sopra ogni cosa, discaccio da me ogni altro amore e solo voi vo­glio amare.

5. Dice S. Gio. Grisostomo che il fine princi­pale ch'ebbe Gesù nella sua Passione fu di pale­sarci il suo amore e così tirarsi i nostri cuori colla memoria dei mali per noi sofferti. Aggiun­ge S. Tommaso che noi per mezzo della Passione di Gesù conosciamo la grandezza dell'amore che Dio porta all'uomo. E prima lo disse S. Giov.: da questo abbiamo conosciuto l'amore di Dio: egli ha dato la sua vita per noi (Gv 3, 16).

Ah, Gesù mio, o Agnello immacolato sacrifi­cato sulla croce per me, non sia perduto quanto avete patito per me; deh conseguite in me il fine di tante vostre pene! Legatemi tutto colle dolci catene del vostro amore, acciocchè non vi lasci e non mi divida più da voi. Gesù dolcissimo, non permettere che io mi separi da te; non permettere che io mi separi da te.

6. Riferisce S. Luca che parlando Mosè ed Elia sul monte Tabor della Passione di Gesù Cristo, la chiamavano un eccesso (cf Lc 9, 31). Sì, dice S. Bonaventura, con ragione la Passione di Gesù fu chiamata un eccesso, poiché fu un eccesso di do­lore ed un eccesso d'amore: Che altro ancora c'era da patire e non lo patì? Il suo eccesso d'amo­re raggiunse il massimo. E come no? La divina legge non altro impone agli uomini, se non che amino il prossimo come loro stessi; ma Gesù ha amato gli uomini più che se stesso: dice S. Cirillo.

Dunque, amato mio Redentore, vi dirò con S. Agostino, voi siete giunto ad amarmi più di voi stesso, mentre per salvare me avete voluto per­dere la vostra vita divina, vita infinitamente più preziosa delle vite di tutti gli uomini e di tutti gli angeli insieme: Hai amato me più di te, poi­ché hai voluto morire per me.

7. O Dio infinito, esclama Guerrico abbate, voi per amor dell'uomo, s'è lecito dirlo, siete di­venuto prodigo di voi stesso. E come no? sog­giunge, giacché non solo avete voluto donare i

vostri beni, ma anche voi stesso per ricuperare l'uomo perduto? O prodigio, o eccesso d'amore degno solo d'una bontà infinita! E chi mai, dice S. Tommaso da Villanova, potrà, Signore, nep­pure da lungi intendere l'immensità del vostro amore nell'avere tanto amato noi miseri vermi che per noi abbiate voluto morire e morire in cro­ce? Ah che questo amore, conclude il medesimo santo, eccede ogni misura, ogni intelligenza.

8. E' cosa dolce il vedersi alcuno amato da qualche gran personaggio, tanto più se quegli può sollevarlo ad una gran fortuna. Or quanto più dolce e caro dev'essere a noi il vederci amati da Dio che può sollevarci ad una fortuna eterna? Nell'antica legge potea l'uomo dubitare se Dio l'amasse con tenero amore; ma dopo averlo ve­duto su d'un patibolo versar sangue e morire, co­me noi possiamo più dubitare se egli ci ama con tutta la tenerezza ed affetto? Anima mia, deh mi­ra il tuo Gesù che pende da quella croce tutto impiagato; ecco come per quelle ferite egli ben ti dimostra l'amore del suo Cuore innamorato. At­traverso le lacerazioni del corpo si rendono ma­nifesti i segreti del cuore, parla S. Bernardo.

Caro mio Gesù, m'affligge sì il vedervi morire con tanti affanni su questo legno d'obbrobrio, ma troppo mi consola e m'innamora di voi il cono­scere per mezzo di queste piaghe l'amore che mi portate. Serafini del cielo, che ve ne pare della carità del mio Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me? (Gal 2, 20).

9. Dice S. Paolo che i Gentili sentendo predi­care Gesù crocifisso per amore degli uomini, la stimavano una pazzia da non potersi credere: Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giu­dei, stoltezza per i pagani (1Cor 1, 23). E come è possibile, dicono essi, credere che un Dio on­nipotente, il quale non ha bisogno d'alcuno per essere felicissimo qual è, abbia voluto per salva­re gli uomini farsi uomo e morire in croce? Que­sto sarebbe lo stesso, diceano, che credere un Dio divenuto pazzo per amore degli uomini. E con ciò ricusavano di crederlo.

Ma questa grand'opera della Redenzione che le genti stimavano e chiamavano pazzia, noi sap­piamo per fede che Gesù l'ha intrapresa e termi­nata. Abbiamo veduto dice S. Lorenzo Giustinia­ni, la sapienza eterna, l'Unigenito di Dio, divenu­to, per dir così, impazzito per l'amore eccessivo che porta agli uomini. Sì, perché non sembra che una pazzia d'amore, soggiunge Ugon cardinale, aver voluto un Dio morire per l'uomo.

10. Il B. Giacopone, uomo che nel secolo era stato letterato poi rendutosi francescano, parea diventato matto per l'amore che portava a Gesù Cristo. Un giorno gli apparve Gesù e gli disse: « Giacopone, perché fai queste pazzie? » - « Per­ché le fo? rispose, perché voi me le avete inse­gnate. Se io son pazzo, disse, voi siete stato più pazzo di me in aver voluto morire per me ».

Così parimente S. Maria Maddalena de' Pazzi sollevata in estasi esclamava: Oh Dio d'amore! oh Dio d'amore! E' troppo, Gesù mio, l'amore che porti alle creature. Ed un giorno, stando pu­re fuor di sè rapita, prese un'immagine del Cro­cifisso e si pose a correre pel monasterio, gridan­do: O amore! o amore! non resterò giammai, mio Dio, di chiamarti amore. Indi rivolta alle religio­se disse: « Non sapete voi, care sorelle, che il mio Gesù altro non è che amore? anzi pazzo d'amo­re? Pazzo d'amore dico che sei, o Gesù mio, e sempre lo dirò ». E dicea che chiamando Gesù amore, avrebbe voluto essere udita da tutto il mondo, acciò da tutti fosse conosciuto ed amato l'amor di Gesù. E alcuna volta si poneva a sonar la campana, affinché venissero tutte le genti della terra, come desiderava, se fosse stato possibile, ad amare il suo Gesù.

11. Sì, mio dolce Redentore, permettetemi dir­lo, ben avea ragione questa vostra sposa di chia­marvi pazzo d'amore. E non pare una pazzia che voi abbiate voluto morire per me? morire per un verme ingrato quale son io, di cui già vedevate l'offese ed i tradimenti che io dovea farvi? Ma se voi, mio Dio, siete quasi impazzito per amor mio, come io non impazzisco per amore d'un Dio? Dopo che io vi ho veduto morto per me, come posso pensare ad altri che a voi? come posso amare altra cosa che voi? Sì, mio Signore, mio sommo bene, amabile sopra ogni bene, io v'amo più di me stesso. Vi prometto di non amare da oggi avanti altri che voi e di pensare sempre al­l'amore che voi m'avete dimostrato morendo tra tante pene per me.

12. O flagelli, o spine, o chiodi, o croce, o pia­ghe, o affanni, o morte del mio Gesù, voi troppo mi stringete ed obbligate ad amare chi tanto mi ha amato. O Verbo Incarnato, o Dio amante, l'anima mia si è innamorata di voi. Vorrei amar­vi tanto, che non trovassi altro gusto che in dar gusto a voi, dolcissimo mio Signore. Giacché voi tanto bramate l'amor mio, io mi protesto che non voglio vivere se non per voi. Voglio fare quan­to volete da me. Deh, Gesù mio, aiutatemi, fate che io vi compiaccia intieramente e sempre nel tempo e nell'eternità.

Maria, madre mia, pregate Gesù per me, acciò mi doni il suo amore, poiché altro non desidero in questa e nell'altra vita che di amare Gesù. Amen.

 

CAPITOLO III.

Gesù per nostro amore volle fin dal principio di sua vita patir le pene della sua Passione

1. Venne il Verbo divino nel mondo a prende­re carne umana per farsi amare dall'uomo, onde venne con tanta fame di patire per nostro amore che non volle perdere momento in principiare a tormentarsi, almeno coll'apprensione. Appena fu concepito nell'utero di Maria egli si rappresentò alla mente tutti i patimenti della sua Passione, e per ottenere a noi il perdono e la divina grazia, si offerì all'Eterno Padre a soddisfare per noi colle sue pene tutti i castighi dovuti ai nostri pec­cati; e fin d'allora cominciò a patire tutto ciò che poi soffrì nella sua amarissima morte.

Ah mio amorosissimo Redentore, ed io finora che ho fatto, che ho patito per voi? Se io per mil­le anni tollerassi per voi tutti i tormenti che han sofferti tutti i martiri, pure sarebbe poco a con­fronto di quel solo primo momento nel quale voi vi offeriste e cominciaste a patire per me.

2. Patirono sì bene i martiri gran dolori ed ignominie, ma le patirono solo nel tempo del lo­ro martirio. Gesù patì sempre fin dal primo istan­te del suo vivere tutte le pene della sua Passione, poiché fin dal primo momento si pose avanti gli occhi tutta l'orrida scena dei tormenti e delle in­giurie che dovea ricevere dagli uomini. Ond'egli disse per bocca del profeta: Ho sempre dinanzi la mia pena (Sal 37, 18).

Ah mio Gesù, voi per amor mio siete stato così avido di pene che avete voluto soffrirle prima del tempo, ed io sono così avido dei piaceri di questa terra? Quanti disgusti vi ho dati per con­tentare il mio corpo? Signore, per li meriti dei vostri affanni toglietemi l'affetto ai diletti terreni.

Io per amor vostro propongo di astenermi da quella soddisfazione (nominate quale).

3. Iddio per sua pietà usa con noi di non farci sapere prima del tempo destinato a patire, le pe­ne, che ci aspettano. Se ad un reo che è giusti­ziato su d'una forca gli fosse stato rivelato sin dal­l'uso di ragione, il supplicio che gli toccava, sa­rebbe stato mai egli capace di allegrezza? Se a Saul dal principio del suo regnare gli fosse stata rappresentata la spada che lo dovea trafiggere; se Giuda avesse preveduto il laccio che dovea sof­focarlo, quanto amara sarebbe stata la loro vita? Il nostro amabil Redentore sin dal primo istante del suo vivere si fece sempre presenti i flagelli, le spine, la croce, gli oltraggi della sua Passione, la morte desolata che gli aspettava. Quando mira­va le vittime che si sacrificavano nel tempio, ben sapea che tutte erano figura del sacrificio che es­so, Agnello immacolato, dovea consumare sull'al­tar della croce. Quando vedeva la città di Geru­salemme, ben sapea che ivi dovea lasciar la vita in un mar di dolori e di vituperi. Quando guar­dava la sua cara Madre, già s'immaginava di ve­derla agonizzante per lo dolore a piè della croce, vicina a sè moribondo.

Sicché, o Gesù mio, la vista orribile di tanti mali in tutta la vostra vita vi tenne sempre tor­mentato ed afflitto prima del tempo della vostra morte. E voi tutto accettaste e soffriste per mio amore.

4. La vista solamente, o mio Signore appassio­nato, di tutti i peccati del mondo, e specialmente dei miei, coi quali già prevedevate che io avea ad offendervi, fe che la vostra vita fosse più af­flitta e penosa di quante vite vi sono state e vi saranno. Ma oh Dio, ed in qual barbara legge sta scritto che un Dio ami tanto una creatura e che dopo ciò la creatura viva senza amare il suo Dio, anzi l'offenda e disgusti? Deh, Signore, fatemi conoscere la grandezza del vostro amore, acciò non vi sia più ingrato. Oh se v'amassi, mio Gesù, se v'amassi da vero, quanto dolce mi sarebbe il patire per voi!

5. A Suor Maddalena Orsini che stava da lun­go tempo con una tribulazione, apparve un gior­no Gesù in croce e l'animò a soffrirla in pace. La serva di Dio rispose: « Ma, Signore, voi solo per tre ore siete stato in croce, ma per me sono più anni che soffro questa pena ». Allora le disse rim­proverandola Gesù Cristo: « Ah ignorante, che dici? Io sin dal primo momento che stiedi in se­no di mia madre, soffrii nel Cuore quel che poi in morte tollerai sulla croce ».

Ed io, caro mio Redentore, come, a vista di tanti affanni che voi soffriste per amor mio in tutta la vostra vita, posso lagnarmi di quelle croci che voi mi inviate a patire per mio bene? Vi rin­grazio d'avermi redento con tanto amore e con tanto dolore. Voi per animarmi a soffrir con pa­zienza le pene di questa vita, avete voluto addos­sarvi tutti i nostri mali. Ah Signore, deh fatemi spesso presenti i vostri dolori, affinché io accetti e desideri sempre il patire per vostro amore.

6. Grande come il mare è la tua afflizione (cf Lam 2, 13). Come le acque del mare sono tutte salse ed amare, così la vita di Gesù fu tutta piena d'amarezze e priva d'ogni sollievo, com'egli stes­so disse a S. Margarita da Cortona. Di più, co­me nel mare si adunano tutte le acque della ter­ra, così in Gesù Cristo si unirono tutti i dolori degli uomini; ond'è che per bocca del Salmista egli disse: Salvami, o Dio: l'acqua mi giunge alla gola. Sono caduto in acque profonde e l'onda mi travolge (Sal 68 [69], 2-3). Salvatemi, o mio Dio, perché gli affanni sono entrati sin nell'intimo dell'anima mia; ed io son restato sommerso da una tempesta d'ignominie e di dolori esterni ed interni.

Ah mio caro Gesù, mio amore, mia vita, mio tutto, se io miro al di fuori il vostro sacro cor­po, io non vedo altro che piaghe. Se entro poi dentro il vostro Cuore desolato, io non trovo al­tro che amarezze ed affanni che vi fanno patire agonie di morte. Ah mio Signore, e chi altri mai che voi, perché siete una bontà infinita, poteva giungere a patir tanto e morire per una vostra creatura? Ma perché voi siete Dio, amate da Dio, con amore che non può uguagliarsi a qualunque altro amore.

7. Dice S. Bernardo: Per redimere il servo, il Padre non risparmiò il Figlio e il Figlio non ri­sparmiò se stesso. O carità infinita di Dio! Da una parte l'Eterno Padre impose a Gesù Cristo il soddisfare per tutti i peccati degli uomini: Fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti (Is 53, 6). Dall'altra Gesù per salvare gli uomini, e nel mo­do più amoroso che potesse, volle pagare sopra di sè, a tutto rigore, alla divina giustizia la pena ad essi dovuta; onde, come asserisce S. Tommaso, egli si addossò tutti i dolori e tutti gli oltraggi in sommo grado.

Che perciò Isaia lo chiamò l'uomo dei dolori ed il più dispregiato fra tutti gli uomini (cf ivi, 3). E con ragione mentre Gesù fu tormentato in tutte le membra e sensi del corpo, e più amaramente fu afflitto in tutte le potenze dell'anima, sì che le pene interne superarono immensamente i dolori esterni. Eccolo dunque lacerato, esangue, trattato da ingannatore, da mago, da pazzo, abbandonato dagli stessi amici e perseguitato finalmente da tutti, sino a finir la vita su di un infame patibolo.

8. Signore, già so quanto voi avete fatto e pa­tito per amor mio; ma voi sapete che io finora non ho fatto niente per voi. Gesù mio, aiutatemi a soffrire qualche cosa per amor vostro prima che mi giunga la morte. Io mi vergogno di compa­rirvi innanzi; ma non voglio essere più quell'in­grato che sono stato tanti anni con voi.

Voi vi siete privato di ogni piacere per me: io rinunzio per amor vostro a tutti i diletti dei sensi. Voi avete sofferti tanti dolori per me: io per voi voglio soffrire tutte le pene della mia vi­ta e della mia morte, come a voi piacerà. Voi siete stato abbandonato: io mi contento che mi abbandonino tutti, purché non m'abbandoniate voi, unico mio e sommo bene. Voi siete stato perseguitato: io accetto qualunque persecuzione. Voi finalmente siete morto per me: io voglio mo­rire per voi. Ah Gesù mio, mio tesoro, mio amo­re, mio tutto, io v'amo: datemi più amore. Amen.

 

CAPITOLO IV.

II gran desiderio che ebbe Gesù di patire e morire per nostro amore

l. Troppo tenera, amorosa ed obbligante fu quella dichiarazione che fece il nostro Redentore della sua venuta in terra, allorché disse che egli era venuto per accender nelle anime il fuoco del divino amore, e che non altro era il suo desi­derio che di vedere accesa questa santa fiamma in tutti i cuori degli uomini: Sono venuto a porta­re il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! (Lc 12, 49). Seguì poi a dire immediata­mente che egli aspettava d'esser battezzato col battesimo del suo medesimo sangue, non già per lavare i peccati suoi, mentre esso era incapace di colpa, ma per lavare i peccati nostri che egli era venuto a soddisfare colle sue pene. La Passione di Cristo è chiamata battesimo, perché veniamo purificati nel suo sangue. Ed indi l'amante nostro Gesù per farci intendere quanta era l'ardenza di questo suo desiderio di morite per noi, con trop­po dolce espressione d'amore soggiunse che egli sentiva un affanno immenso per quel tempo, in cui differivasi l'esecuzione della sua Passione, tanto era il desiderio di patire per nostro amore. Ecco le sue amorose parole: C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! (Lc 12, 50).

2. Ah Dio innamorato degli uomini, e che po­tevate più dire e fare per mettermi in necessità d'amarvi? E qual bene mai vi apportava l'amor mio, che per ottenerlo voleste morire e tanto de­sideraste la morte? Se un servo mio avesse solo desiderato morire per me, pure s'avrebbe tirato il mio amore; ed io potrò vivere senza amare con tutto il mio cuore voi, mio Re e Dio, che siete motto per me e con tanto desiderio di morire per acquistarvi il mio amore?

3. Sapendo Gesù che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi... li amò sino alla fine (Gv 13, 1). Dice S. Giovanni che Gesù chiamò ora sua l'ora della sua Passione, perché, come scrisse un divoto espositore, questo fu il tempo dal nostro Reden­tore più sospirato in sua vita; mentre allora, col patire e morire per l'uomo, egli volea fargli com­prendere l'amore immenso che gli portava. E' cara a chi ama l'ora in cui patisce per l'amato; poiché il patire per l'amato è l'opera più alta a palesar l'amore dell'amante ed a cattivarsi l'amo­re dell'amato.

Ah mio caro Gesù, dunque per dimostrarmi voi il vostro grande amore non avete voluto commet­tere ad altri che a voi l'impresa della mia Reden­zione. Tanto dunque v'importava l'amor mio che voleste tanto patire per acquistarvelo? E che più avreste voi potuto fare, se aveste dovuto guada­gnarvi l'amore del vostro divin Padre? Che avreb­be potuto più patire un servo per tirarsi l'affetto del suo signore, di quello che voi avete sofferto per essere amato da me schiavo vile ed ingrato?

4. Ma ecco il nostro amoroso Gesù già vicino ad essere sacrificato sull'altar della croce per no­stra salute (salvezza), in quella beata notte prece­dente alla sua Passione. Udiamo che dice ai suoi discepoli nell'ultima cena che fa con essi: Ho de­siderato ardentemente, dice, di mangiare questa Pasqua con voi (Lc 22, 15). S. Lorenzo Giusti­niani considerando queste parole asserisce ch'elle furono tutte voci d'amore. Come se avesse detto il nostro amante Redentore: Uomini, sappiate che questa notte, in cui si darà principio alla mia Pas­sione, questo è stato il tempo da me più sospi­rato in tutta la mia vita, perché ora, colle mie pe­ne e colla mia dura morte, vi farò conoscere quanto io v'amo, e con ciò vi obbligherò ad amar­mi col modo più forte che mi è possibile. Dice un autore che nella Passione di Gesù l'onnipo­tenza divina si uni coll'amore: l'amore cercò di amar l'uomo sin dove potesse giunger l'onnipo­tenza, e l'onnipotenza cercò di compiacere l'amo­re sin dove giunger potesse il suo desiderio.

O sommo Dio, voi mi avete dato tutto voi stesso, e come io posso poi non amarvi con tutto me stesso? Io credo, sì lo credo, che siete mor­to per me: e come v'amo sì poco che tanto spesso mi scordo di voi e di quanto avete patito per me? E perché, Signore, io ancora in pensare alla vostra Passione non resto tutto acceso del vo­stro amore e non divento tutto vostro come tante anime sante che, al considerare le vostre pene, son rimaste prede felici del vostro amore e si son date tutte a voi?

5. Diceva la sposa dei Cantici che sempreché il suo sposo la introduceva nella sacra cella della sua Passione, si vedea talmente assalita d'ogn'in­torno dell'amor divino, che tutta languendo d'amore era costretta a cercare sollievi al suo cuo­re ferito: Mi ha introdotto il re nella cella del vi­no e ha riversato in me il suo amore. Sostenetemi con aromi, soccorretemi con mele, perché vengo meno per l'amore (cf Ct 2, 4-5). E com'è possi­bile che un'anima entrando a considerare la Pas­sione di Gesù Cristo, da quei dolori é da quelle agonie, che tanto afflissero il corpo e l'anima del suo amante Signore, non resti ferita come da tan­te saette d'amore e dolcemente forzata ad amare chi tanto l'amò?

Oh Agnello immacolato, così lacero, insangui­nato e difformato come vi miro su questa croce, quanto mi comparite bello ed amabile! Sì, per­ché tutte queste piaghe che vedo in voi sono tut­ti a me segni e prove del grande amore che mi portate. Ah! che se tutti gli uomini spesso vi con­templassero in quello stato in cui foste un giorno fatto spettacolo a tutta Gerusalemme, chi potreb­be mai non restar preso dal vostro amore? Ama­to mio Signore, accettatemi ad amarvi, mentre io vi dono tutti i miei sensi e tutta la mia volontà. E come posso io negarvi niente, se voi non mi avete negato il sangue, la vita e tutto voi stesso?

6. Fu tanto il desiderio di Gesù di patire per noi, che nella notte precedente alla sua morte non solamente egli di buona voglia andò all'orto, dove già sapea che doveano venire a prenderlo i Giu­dei, ma sapendo che Giuda il traditore colla com­pagnia dei soldati era già vicino, disse ai disce­poli: Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tra­disce è vicino (Mc 14, 42). Volle egli stesso andar loro all'incontro, come venissero per condurlo non già al supplicio della morte, ma alla corona di un gran regno.

O dolce mio Salvatore, voi dunque andate in­contro alla morte con tanto desiderio di morire per la brama che avete d'essere amato da me? Ed io non avrò desiderio di morire per voi, mio Dio, per dimostrarvi l'amore che vi porto? Sì, Gesù mio morto per me, io ancor desidero di morire per voi. Ecco il sangue, la vita, tutta ve 1'offerisco. Eccomi pronto a morire per voi come e quando vi piace. Gradite questo misero sacrifi­cio che vi rende un misero peccatore, il quale pri­ma vi ha offeso, ma ora v'ama più di se stesso.

7. S. Lorenzo Giustiniani considera quel Sitio che proferì Gesù nella croce morendo, e dice che questa sete non fu sete che veniva da mancanza di umore, ma sete che nasceva dall'ardenza del­l'amore che Gesù avea per noi. Poiché con tal pa­rola volle il nostro Redentore dichiararci più che la sete del corpo il desiderio che avea di patire per noi con dimostrarci il suo amore e il desiderio insieme che avea di essere amato da noi con tan­te pene che per noi soffriva. E S. Tommaso: Con il Sitio viene manifestato il desiderio ardente del­la salvezza del genere umano.

Ah Dio innamorato, è possibile che un eccesso di tanta bontà resti senza corrispondenza? Suol dirsi che amore con amor si paga, ma il vostro amore con quale amore potrà mai pagarsi? Biso­gnerebbe che un altro Dio morisse per voi per compensar l'amore che ci avete portato in morire per noi. E poi, Signore, come mai poteste dire che le vostre delizie erano di star cogli uomini, se da essi non riceveste che ingiurie e maltrattamenti? L'amore dunque vi fè cangiare in delizie i do­lori e i vituperi sofferti per noi.

8. O Redentore amabilissimo, io non voglio più resistere alle vostre finezze: io vi dono tutto il mio amore. Voi tra tutte le cose siete ed avete da essere sempre l'unico amato dell'anima mia. Voi vi siete fatto uomo per avere una vita da da­re per me: io vorrei mille vite per sacrificarle tutte per voi. V'amo, bontà infinita, e voglio amarvi con tutte le mie forze. Voglio far quanto posso per darvi gusto. Voi innocente avete tanto patito per me: io peccatore, che ho meritato l'in­ferno, voglio patire per voi quanto volete. Aiu­tate, Gesù mio, per li meriti vostri questo mio de­siderio che voi stesso mi donate. O Dio infinito, in voi credo, in voi spero, voi amo. Maria, madre mia intercedete per me. Amen.

 

CAPITOLO V.

Amore di Gesù in lasciarci se stesso in cibo prima di andare alla morte

1. Sapendo Gesù che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi... li amò sino alla fine (Gv 13, 1). L'amantissimo nostro Redentore nell'ultima not­te di sua vita sapendo che già era giunto il tempo sospirato di morire per amor dell'uomo, non gli soffrì il cuore di abbandonarci soli in questa valle di lagrime; ma per non separarsí da noi neppur colla sua morte, volle lasciarci tutto se stesso in cibo nel Sacramento dell'altare: dandoci con ciò ad intendere, che dopo questo dono infinito non avea più che darci per dimostrarci il suo amore. Li amò sino alla fine. Spiega Cornelio a Lapide col Grisostomo e Teofilatto secondo il testo greco la parola in finem, e scrive: sino alla fine. Come volesse dire li amò con amore estremo e sommo. Gesù in questo Sacramento fè l'ultimo sforzo d'amore verso degli uomini, come dice Guerrico abbate.

E meglio ciò fu espresso dal sacro Concilio di Trento, che parlando del Sacramento dell'altare disse che il nostro Salvatore in esso cacciò fuori, per così dire, tutte le ricchezze del suo amore ver­so di noi. Aveva ragione dunque S. Tommaso l'Angelico di chiamare questo Sacramento, Sa­cramento d'amore e pegno d'amore il più grande che potea darci un Dio. E S. Bernardo lo chiamava l'amore degli amori. E S. Maria Maddalena de' Pazzi dicea che un'anima dopo essersi comu­nicata può dire consummatum est, cioè il mio Dio avendomi dato se stesso in questa comunio­ne non ha più che darmi. Un giorno questa santa dimandò ad una sua novizia a che avesse pensato dopo la comunione. Rispose quella: « All'amore di Gesù ». - « Sì, ripigliò allora la santa, quando si pensa all'amore non si può passare avanti, ma bisogna fermarsi all'amore ».

O Salvatore del mondo, e che ne pretendete dagli uomini che vi siete indotto a donar loro an­che voi stesso in cibo? E che mai vi è rimasto ora da darci dopo questo Sacramento per obbligarci ad amarvi? Ah mio Dio amantissimo, illuminate­mi a farmi conoscere qual eccesso di bontà è sta­to questo di ridurvi ad essere mio cibo nella san­ta comunione. Se voi dunque tutto a me vi siete donato, è giusto che anche io mi doni tutto a voi. Sì, Gesù mio, io tutto a voi mi dono. V'amo so­pra ogni bene e desidero di ricevervi per più amarvi. Venite dunque e venite spesso all'anima mia e fatela tutta vostra. Ah, chi potesse da vero dirvi come vi dicea l'innamorato S. Filippo Neri allorché si comunicò per viatico: « Ecco l'amor mio, ecco l'amor mio, datemi il mio amore ».

2. Chi mangia la mia carne e beve il mio san­gue dimora in me e io in lui (Gv 6, 56). Dice S. Dionisio l'Areopagita che l'amore tende sempre all'unione dell'oggetto amato. E perché il cibo si fa una stessa cosa con chi lo mangia, perciò il Signore volle ridursi in cibo, acciocché noi rice­vendolo nella santa comunione diventassimo una stessa cosa con esso: Prendete e mangiate, disse Gesù, questo è il mio corpo (Mt 26, 26), come avesse voluto dire, considera S. Gio. Grisostomo: Uomo cibati di me, acciocché di me e te si faccia una cosa. Appunto come due cere liquefatte, dice S. Cirillo Alessandrino, si uniscono insieme, così un'anima che si comunica talmente si unisce che Gesù sta in essa ed essa in Gesù.

O amato mio Redentore, esclama qui S. Lo­renzo Giustiniani, e come mai poteste arrivare ad amarci tanto che voleste talmente unirci a voi, che del vostro e del nostro cuore se ne facesse un solo cuore?

Ben dunque dicea S. Francesco di Sales par­lando della santa comunione: « Il Salvatore non può essere considerato in niuna azione nè più amoroso nè più tenero che in questa, nella quale si annichila, per così dire, e si riduce in cibo per penetrare le anime nostre ed unirsi al cuore dei suoi fedeli ». Sicché, dice S. Gio. Grisostomo, a quel Signore, in cui non ardiscono gli angeli nep­pur di fissare gli occhi, noi ci uniamo, diventan­do un solo corpo, una sola carne. Ma qual pa­store, soggiunge il santo, pasce le sue pecorelle col proprio sangue? Le stesse madri danno i lo­ro figli alle nutrici ad alimentarli; ma Gesù nel Sacramento ci alimenta col suo medesimo san­gue ed a sè ci unisce. In somma, dice il santo, egli, perché ardentemente ci amava, volle farsi nostro cibo ed una stessa cosa con noi.

O amore infinito, degno d'infinito amore! quan­do v'amerò, Gesù mio, come voi avete amato me? O cibo divino, Sacramento d'amore, quando mi tirerete tutto a voi? Voi non avete più che fare per farvi amare da me. Io voglio sempre comin­ciare ad amarvi, sempre ve lo prometto, ma non comincio mai. Voglio cominciare da oggi ad amarvi davvero, aiutatemi voi. Illuminatemi, in­fiammatemi, staccatemi dalla terra e non permet­tete che io più resista a tante finezze del vostro amore. Io v'amo con tutto il cuore, e perciò vo­glio lasciar tutto per dar gusto a voi, mia vita, mio amore, mio tutto. Voglio spesso unirmi con voi in questo Sacramento, per distaccarmi da tut­to ed amar solo voi, mio Dio. Spero alla vostra bontà di farlo col vostro aiuto.

3. Dice S. Lorenzo Giustiniani: Abbiamo ve­duto un Dio, che è la stessa sapienza, divenuto pazzo per il troppo amore portato agli uomini. E che, forse non sembra una pazzia d'amore, escla­ma S. Agostino, il darsi un Dio per alimento alle sue creature? E che più avrebbe potuto dire una creatura al suo Creatore? Parla S. Dionisio e dice che Dio per la grandezza del suo amore quasi è uscito fuori di sè, mentre è giunto da Dio a farsi uomo ed anche cibo degli uomini. - Ma, Signore, un tal eccesso non era decente alla vostra mae­stà. - Ma l'amore, risponde per Gesù S. Gio. Gri­sostomo, non va cercando ragione quando cerca di far bene e di farsi conoscere all'amato; egli va non dove gli conviene, ma dove è portato dal suo desiderio.

Ah Gesù mio, quanto mi vergogno in pensare che avendo innanzi voi, bene infinito, amabile so­pra ogni bene e così innamorato dell'anima mia, io mi son rivolto ad amare beni vili e meschini, e per questi ho lasciato voi. Deh, mio Dio, sco­pritemi sempre più le grandezze della vostra bontà, acciocché io sempre più m'innamori di voi e mi affatichi a darvi gusto. Ah mio Signore, e quale oggetto più bello, più buono, più santo, più ama­bile io posso amare fuori di voi? V'amo, bontà infinita, v'amo più di me stesso, e voglio vivere solo per amare voi che meritate tutto il mio amore.

4. Considera poi S. Paolo il tempo nel quale Gesù fè a noi questo dono del Sacramento, dono che avanza tutti gli altri doni che può fare un Dio onnipotente, come parla S. Clemente. E S. Agostino dice: Pur essendo onnipotente, non po­té dare di più. Nota l'Apostolo e dice: Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: Questo è il mio corpo, che è per voi (1 Cor. 11, 23-24). In quella stessa notte dunque in cui gli uomini pensavano a preparare a Gesù tormenti e morte, l'amante Redentore pensò a lasciar loro se stesso nel Sacramento; dandoci ad intendere che il suo amore era sì grande, che in vece di raffredarsi a tante ingiurie, allor più che mai si avanzò verso di noi.

Ah Signore amorosissimo, e come avete potuto tanto amare gli uomini che voleste rimaner con essi in terra per esser loro cibo, dopo che essi ve ne cacciavano con tanta ingratitudine?

Notisi di più il desiderio immenso che ebbe Gesù in sua vita, che arrivasse quella notte in cui avea destinato di lasciarci questo gran pegno del suo amore; mentreché in punto di istituire questo dolcissimo Sacramento disse: Ho desiderato ar­dentemente di mangiare questa Pasqua con voi (Lc 22, 1). Parole con cui ci palesò l'ardente de­siderio che egli avea di unirsi con noi nella co­munione per l'amore che ci portava, dice S. Lo­renzo Giustiniani. E lo stesso desiderio tuttavia conserva Gesù oggigiorno verso tutte l'anime che l'amano. Non si trova ape, disse egli un giorno a S. Matilde, che con tanto impeto si gitta sopra de' fiori a succhiarne il mele, quanto io per vio­lenza d'amore vengo all'anima che mi desidera.

O amante troppo amabile, a voi non restano da darmi maggiori prove per persuadermi che mi amate. Ringrazio la vostra bontà. Deh tiratemi, Gesù mio, tutto a voi: fate che io vi ami da oggi avanti con tutto il mio affetto e con tutta la te­nerezza. Basti ad altri l'amarvi con amore sola­mente appreziativo e predominante: ben so che voi ve ne contentate; ma io non mi chiamerò contento se non quando vedrò che v'amo ancora con tutta la tenerezza, più che amico, più che fratel­lo, più che padre e più che sposo. E dove mai io mi potrò trovare un amico, un fratello, un pa­dre, uno sposo che m'ami tanto quanto m'avete amato voi, Creatore, mio Redentore e mio Dio, che per amor mio avete speso il sangue e la vita, e poi vi donate tutto a me in questo sacramento d'amore? V'amo dunque, Gesù mio, con tutti gli affetti miei, v'amo più di me stesso. Aiutatemi ad amarvi e niente più vi domando.

5. Dice S. Bernardo che Dio non per altro ci amò se non per essere amato da noi. E perciò si protestò il nostro Salvatore ch'egli era venuto in terra per farsi amare: Sono venuto a portare il fuoco sulla terra (Lc 12, 49). Ed oh quali fiam­me di santo amore accende nelle anime Gesù in questo divinissimo sacramento! Diceva il V. P. D. Francesco Olimpio teatino che niuna cosa vale tanto ad infiammare i nostri cuori ad amare il sommo bene, quanto la santa comunione. Esichio chiamava Gesù nel Sacramento: Fuoco divino. E S. Caterina da Siena vide un giorno in mano di un sacerdote Gesù sacramentato in sembianza di una fornace d'amore, da cui si meravigliava co­me non ne restasse bruciato tutto il mondo.

L'altare appunto, dicea Ruperto abbate con S. Gregorio Nisseno, esser quella cella vinaria, dove l'anima sposa è inebbriata d'amore dal suo Si­gnore; talmenteché scordata della terra dolce­mente arde e languisce di santa carità. Il re mi ha introdotto nella cella del vino, dice la sposa dei Cantici, ha riversato in me il suo amore. Sostene­temi con aromi, soccorretemi con mele, perché vengo meno per l'amore (cf Ct 2, 314).

O amore del cuor mio, Santissimo Sacramento! Oh che io mi ricordassi sempre di voi, per di­menticarmi di tutto ed amar solo voi senza inter­vallo e senza riserba! Ah Gesù mio, tanto avete bussato alla porta del mio cuore, che finalmente vi siete entrato, come spero! Ma giacché vi siete entrato, cacciatene vi prego, tutti gli affetti che non tendono a voi. Impossessatevi talmente di me, che io ancora col profeta possa dirvi con ve­rità da oggi innanzi: Mio Dio, e che altro desi­dero se non voi in questa terra e nel cielo? Voi solo siete e sarete sempre l'unico Signore del mio cuore e della mia volontà; e voi solo avete da essere tutta la parte mia, tutta la mia ricchezza in questa e nell'altra vita (cf Sal 72 [73], 25-26).

6. Andate, diceva il profeta Isaia, andate pure pubblicando per tutto le invenzioni amorose del nostro Dio affin di farsi amare dagli uomini: At­tingete acqua con gioia alle sorgenti della salvez­za. In quel giorno direte: lodate il Signore, invo­cate il suo nome; manifestate tra i popoli le sue invenzioni (cf Is 12, 34). E quali invenzioni non ha ritrovate l'amore di Gesù per farsi amare da noi? Egli nella croce ha voluto aprirci nelle sue piaghe tante fonti di grazie che per riceverle ba­sta il domandarle con confidenza. E non contento di ciò ha voluto donarci tutto se stesso nel SS. Sacramento!

O uomo, dice S. Gio. Grisostomo, e perché sei così scarso e vai nel tuo amore con tanta riserba con quel Dio che senza riserba ti ha dato tutto se stesso? Ciò appunto, dice l'Angelico, ha fatto Gesù nel Sacramento dell'altare, ivi egli ci ha da­to quanto è e quanto ha. Ecco, soggiunge S. Bo­naventura, quel Dio immenso che il mondo non può capire, diventato nostro prigioniero, allorché lo riceviamo nel nostro petto nella santa Comu­nione. Onde era poi che S. Bernardo ciò consi­derando, estatico d'amore andava dicendo: Il mio Gesù ha voluto farsi ospite inseparabile del mio cuore. E giacché il mio Dio, concludea, ha voluto spendersi tutto per amor mio, è ragione, di­cea, che io tutto quanto sono m'impieghi in ser­virlo ed amarlo.

Ah mio caro Gesù, ditemi, che altro vi resta da inventare per farvi amare? Ed io avrò da con­tinuare a vivere a voi così ingrato come ho fat­to finora? Signore, non lo permettete. Voi avete detto che chi si ciba delle vostre carni nella co­munione viverà per virtù della vostra grazia. Giacché dunque non isdegnate che io vi riceva nella santa comunione, fate che l'anima mia sem­pre viva colla vera vita della grazia vostra.

Mi pento, o sommo bene, d'averla disprezzata per lo passato; ma vi ringrazio che mi date tem­po da piangere le offese che vi ho fatte, e tempo d'amarvi in questa terra. Nella vita che mi resta io voglio collocare in voi tutto l'amor mio, e vo­glio compiacervi quanto posso. Soccorretemi. Ge­sù mio, non mi abbandonate. Salvatemi per li vo­stri meriti, e la salute mia sia l'amarvi sempre in questa vita e nell'eternità.

Maria, madre mia, aiutatemi ancora voi. Amen.


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