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MEDITAZIONI SULLA PASSIONE

Ultimo Aggiornamento: 05/03/2016 20:17
23/02/2015 19:55

Sant’Alfonso M. De Liguori
MEDITAZIONI SULLA PASSIONE

Di Sant’Alfonso M. De Liguori del 1751
 
A cura dei Padre Redentoristi - © Editrice Bettinelli – Verona
 
L'AMORE DELL'ANIME

AVVISO AL LETTORE
Amato mio lettore, io ti promettei nel mio libro delle Glorie di Maria un altro dell'Amore di Gesù Cristo: ma poi, per cagione delle mie infermità cor­porali, dal mio direttore non mi è stato concesso di farlo. Appena m'è stato permesso il dare alla luce queste succinte Riflessioni sopra la sua Passione, nel­le quali per altro ho ristretto il fiore di ciò ch'io tenea raccolto su questa materia. Spero nulladimeno che questa mia operetta ti sia stata gradita, specialmente in aver sotto l'occhio raccolti, con ordine, i passi del­le divine Scritture circa l'amore che Gesù Cristo ci ha dimostrato nella sua morte: poiché non v'è cosa che possa più muovere un cristiano all'amore divino quanto la stessa parola di Dio che abbiamo nelle sa­cre Carte.
Amiamo dunque assai Gesù Cristo, in cui trovia­mo il nostro Salvatore, il nostro Dio, la nostra pace ed ogni nostro bene. Ti prego perciò a dare ogni giorno un'occhiata alla sua Passione, mentre in essa troverai tutti i motivi di sperare la vita eterna e di amare Iddio, dove consiste tutta la nostra salute. Tutti i santi sono stati innamorati di Gesù Cristo e della sua Passione, e per questo unico mezzo si son fatti santi. Il Padre Baldassarre Alvarez, come si legge nel­la sua Vita, dicea che niuno pensasse d'aver fatto niente, se non arriva a tenere sempre Gesù crocifisso nel cuore: e perciò la sua orazione era mettersi a piè del Crocifisso, e, meditando in lui specialmente tre cose, la povertà, il dispregio e i1 dolore, sentire la lezione che Gesù gli faceva dalla croce.
Tu ancora puoi sperare di farti santo, se in simil modo persevererai a considerare quel che il tuo Re­dentore ha fatto e patito per te. Pregalo sempre che ti doni il suo amore. E quest'amore ancora dimanda sempre alla tua Signora Maria che si chiama la Ma­dre del bell'amore. E quando lor chiederai questo gran dono, ti prego a chiederlo anche per me che ho desiderato vederti santo con questa mia piccola fa­tica. Ed io ti prometto di fare lo stesso per te, accioc­chè poi un giorno in paradiso possiamo abbracciarci in santa carità e riconoscerci per amanti di questo amabilissimo Signore, fatti ivi compagni eterni, ed eletti ad amare da faccia a faccia per sempre il no­stro Salvatore ed amore Gesù. Amen.
 
Invocazione a Gesù ed a Maria
O Salvatore del mondo, o Amore dell'anime, o Signore il più amabile fra tutti gli oggetti, voi colla vostra Passione siete venuto a guadagnarvi i nostri cuori con dimostrarci l'affetto immenso che ci portate, consumando una Redenzione che a noi apportò un mar di benedizioni, ed a voi costò un mare di pene e d'ignominie. Voi a que­sto fine principalmente avete istituito il SS. Sacra­mento dell'altare, acciocchè noi avessimo una con­tinua memoria della vostra Passione: Perché rima­nesse in noi perenne la memoria di un beneficio così grande, lasciò ai fedeli il suo corpo in cibo, dice S. Tommaso. E prima già lo disse S. Paolo: Ogni volta, infatti, che mangiate di questo pane, voi annunziate la morte del Signore (1 Cor 11, 26). Voi, con tali prodigi d'amore, già avete otte­nuto da tante anime sante che, consumate dalle fiamme della vostra carità, rinunziassero a tutti i beni della terra, per dedicarsi tutte ad amar solo voi, amabilissimo Signore. Deh fate dunque, o Gesù mio, ch'io sempre mi ricordi della vostra Passione; e ch'io ancora misero peccatore, vinto una volta al fine da tante finezze amorose, mi ren­da ad amarvi, ed a rendere col mio povero amore qualche segno di gratitudine all'amare eccessivo che voi, mio Dio e mio Salvatore, mi avete por­tato. Ricordatevi, Gesù mio, ch'io sono una di quelle vostre pecorelle, per cui salvare voi siete venuto in terra a sacrificare la vostra vita divina. Io so che voi, dopo avermi redento colla vostra morte, non avete lasciato d'amarmi, ed ora avete per me lo stesso amore che, per vostra bontà, mi portavate morendo per me. Non permettete ch'io viva più ingrato a voi, mio Dio, che tanto meri­tate d'essere amato e tanto avete fatto per essere amato da me.
E voi, o Santissima Vergine Maria, voi che ave­ste sì gran parte nella Passione del vostro Figlio, deh per li meriti dei vostri dolori impetratemi la grazia di provare un saggio di quella compassione che tanto vi afflisse nella morte di Gesù; ed otte­netemi una scintilla di quell'amore, che operò tutto il martirio del vostro Cuore addolorato. Amen.
Rapisca la mia mente, Signore Gesù, la dolce e ardente forza del tuo amore, affinché io muoia per amore tuo, come tu ti sei degnato morire per amore dell'amore mio (S. Francesco).
 
Frutti che si ricavano dal meditare la Passione di Gesù Cristo
1. L'amante dell'anime, il nostro amantissimo Redentore, dichiarò che non ebbe altro fine in ve­nire in terra a farsi uomo, che di accendere fuoco di santo amore nei cuori degli uomini: Sono ve­nuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso (Lc 12, 49). Ed oh che belle fiamme di carità ha egli accese in tante anime, specialmente colle pene che elesse di patir nella sua morte, affin di dimostrarci l'amore immenso che per noi conserva! Oh quanti cuori felici, nel­le piaghe di Gesù, come in tante fornaci d'amore, si sono talmente infiammati ad amarlo che non hanno ricusato di consacrargli i beni, la vita e tutti se stessi, superando con gran coraggio tutte le difficoltà che loro si attraversavano nell'osser­vanza della divina legge, per amore di quel Signo­re che, essendo Dio, volle tanto soffrire per loro amore! Questo fu appunto il consiglio che ci diè l'Apostolo per non mancare, e per correre spedi­tamente nella via del cielo: Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sè una così grande ostilità da parte dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d'animo (Eb 12, 3).
2. Perciò l'innamorato S. Agostino, stando a vista di Gesù impiagato sulla croce, così dolce­mente pregava: Scrivi, o mio amantissimo Salva­tore, scrivi sopra il mio cuore le tue piaghe, ac­ciocché in quelle io legga sempre il vostro dolo­re e il vostro amore; sì, perché avendo avanti gli occhi miei il gran dolore che voi, mio Dio, sof­friste per me, io soffrirò con pace tutte le pene che mai mi occorrerà di patire; ed a vista del vo­stro amore, che mi avete dichiarato sulla croce, io non amerò nè potrò amare altri che voi.
3. E da che mai i santi han preso animo e for­tezza a soffrire i tormenti, i martiri e le morti, se non dalle pene di Gesù crocifisso? S. Giuseppe da Leonessa cappuccino, vedendo che altri vole­vano legarlo con funi per un taglio doloroso nel corpo, che gli dovea dare il cerusico, egli si pre­se nelle mai il suo Crocifisso e disse: « Che funi, che funi! ecco i miei legami: questo mio Signore inchiodato per amor mio; Egli coi suoi dolori mi stringe a sopportare ogni pena per amor suo ». E così soffri il taglio senza lagnarsi, vedendo Gesù che come pecora muta di fronte ai suoi tosatori non aprì la sua bocca (Is 53, 7).
Chi mai potrà dire che patisce a torto, mirando Gesù che è schiacciato per le nostre iniquità? (ivi, 5). Chi mai potrà ricusar di ubbidire per ca­gion di qualche incomodo, essendo Gesù fattosi obbediente fino alla morte? (Fil 2, 8). Chi potrà ricusar le ignominie, vedendo Gesù trattato da pazzo, da re di burla, da ribaldo, schiaffeggiato, sputato in faccia ed appeso ad un patibolo in­fame?
4. Chi potrà poi amare altro oggetto che Gesù, vedendolo morire fra tanti dolori e disprezzi, af­fine di cattivarsi il nostro amore? Un divoto so­litario pregava Dio ad insegnargli che cosa po­tesse fare per amarlo perfettamente; gli rivelò il Signore che per giungere al suo perfetto amore non vi era esercizio più atto che meditare spesso la sua Passione. Piangeva S. Teresa e si lagnava di alcuni libri che le avevano insegnato a lasciar di meditare la Passione di Gesù Cristo, perché poteva ciò esser d'impedimento alla contempla­zione della Divinità; onde poi la santa esclama­va: « O Signore dell'anima mia, o Ben mio Gesù crocifisso, non mi ricordo mai di questa opinione, che non mi sembri di aver fatto un gran tradi­mento. Ed è possibile che voi, Signore, mi aveste ad essere impedimento a maggior bene? E donde mi vennero tutti i beni, se non da voi? ». E poi soggiunge: « Ho veduto che per contentare Dio, e perché ci faccia grazie grandi, egli vuole che passi ciò per le mani di questa umanità sacratis­sima, nella quale disse sua divina maestà di com­piacersi ».
5. Quindi diceva il P. Baldassarre Alvarez che l'ignoranza dei tesori che abbiamo in Gesù, era la rovina dei Cristiani; onde la meditazione della Passione di Gesù Cristo era la sua più diletta ed usata, meditando in Gesù specialmente tre suoi patimenti, la povertà, il dispregio, e il dolore; ed esortava i suoi penitenti a meditare spesso la Passione del Redentore, dicendo che non pensas­sero di aver fatta cosa alcuna, se non arrivassero a tener sempre fisso nel cuore Gesù crocifisso.
6. Chi vuole, insegna S. Bonaventura, crescere sempre di virtù in virtù, di grazia in grazia, me­diti sempre Gesù appassionato. Ed aggiunge che non vi è esercizio più utile per rendere un'anima santa, che considerare spesso le pene di Gesù Cristo.
7. Inoltre diceva S. Agostino che vale più una sola lagrima sparsa per memoria della Passione di Gesù, che un pellegrinaggio sino a Gerusalem­me ed un anno di digiuno in pane ed acqua. Sì, perché a tal fine il nostro amante Salvatore ha patito tanto, acciocchè vi pensassimo; poiché pen­sandovi non è possibile non infiammarsi nel di­vino amore: L'amore di Cristo ci spinge (2 Cor 5, 14). Gesù da pochi è amato, perché pochi son quelli che considerano le pene che ha patito per noi; ma chi le considera spesso, non può vivere senz'amare Gesù: L'amore di Cristo ci spinge. Si sentirà talmente stringere dal suo amore che non gli sarà possibile resistere a non amare un Dio così innamorato che tanto ha patito per farsi amare.
8. Perciò l'Apostolo dicea ch'egli non volea saper altro che Gesù e Gesù crocifisso, cioè l'amo­re ch'esso ci ha dimostrato sulla croce (cf 1 Cor 2, 2). Ed in verità, da quali libri noi meglio pos­siamo apprendere la scienza dei santi, che è la scienza di amare Dio, che da Gesù crocifisso? Il gran servo di Dio Fra Bernardo da Corlione cap­puccino non sapendo leggere, i suoi religiosi vo­leano istruirvelo; egli se n'andò a consigliare col Crocifisso, ma Gesù gli rispose dalla croce: « Che libri! che leggere! Ecco io sono il tuo libro, dove sempre puoi leggere l'amore che t'ho portato ». O gran punto da considerarsi in tutta la vita e per tutta l'eternità: un Dio morto per nostro amore! un Dio morto per nostro amore! O gran punto!
9. Un giorno S. Tommaso d'Aquino visitando S. Bonaventura gli dimandò di qual libro più si fosse servito per registrar tante belle dottrine che egli avea scritte. S. Bonaventura gli dimostrò l'immagine del Crocifisso, tutta annerita per tanti baci che 1'avea dati, dicendo: « Ecco il mio libro, da cui ricavo tutto ciò che scrivo; egli mi ha in­segnato tutto quel poco che ho saputo ». Tutti i santi in somma hanno appresa l'arte d'amare Dio dallo studio del Crocifisso. Fra Giovanni d'Alver­nia ogni volta che mirava Gesù impiagato, non poteva trattenere le lagrime. Fra Giacomo da Tu­derto, sentendo leggere la Passione del Redentore, non solo piangeva dirottamente, ma prorompeva in urli, sopraffatto dall'amore da cui sentivasi infiammato verso l'amato Signore.
10. Il P. S. Francesco in questo dolce studio del Crocifisso divenne quel gran serafino. Egli lagrimava sì continuamente nel meditare le pene di Gesù Cristo, che avea perduto quasi affatto la vista. Una volta., ritrovato che gridava piangendo, fu domandato che avesse. «E che voglio avere? rispose il santo, piango i dolori e gli af­fronti dati al mio Signore; e cresce, soggiunse, la mia pena, in vedere gli uomini ingrati che non l'amano e ne vivono scordati ». Ogni volta poi che udiva belare un agnello si sentiva ferire dal­la compassione, pensando alla morte di Gesù, Agnello immacolato, svenato sulla croce per li peccati del mondo. E perciò l'innamorato santo non sapeva esortare con maggior premura altra cosa ai suoi frati che lo spesso ricordarsi della Passione di Gesù.
11. Ecco il libro dunque, Gesù crocifisso, che se da noi ancora sarà spesso letto, noi ancora re­steremo da una parte bene ammaestrati a temere il peccato, e dall'altra infiammati ad amare un Dio così amante, leggendo in quelle piaghe la ma­lizia del peccato che ha ridotto un Dio a soffrire una morte sì amara per soddisfare la divina giu­stizia; e l'amore che ci ha palesato il Salvatore in voler tanto patire per farci intendere quanto egli ci amava.
12. Preghiamo la divina madre Maria, accioc­chè ci ottenga dal Figlio la grazia di entrare ancor noi in quelle fornaci d'amore dove ardono tanti cuori innamorati: affinché, restando ivi consumati tutti i nostri affetti terreni, possiamo ancor noi bruciare di quelle felici fiamme che rendono le anime sante in terra e beate in cielo. Amen.
 
CAPITOLO I.
Dell'amore di Gesù Cristo in voler egli soddisfare la divina giustizia per li peccati nostri
1. Narrasi nelle istorie un caso di un amore sì prodigioso che sarà l'ammirazione di tutti i seco­li. Eravi un re, signore di molti regni, il quale aveva un unico figlio sì bello, sì santo e sì amabi­le, che era l'amor del padre, il quale l'amava quanto se stesso. Or questo principino portava un grande affetto ad un suo schiavo talmente che avendo questo schiavo commesso un delitto, per cui già era stato condannato a morte, il principe si offerì esso a morire per lo schiavo: e il padre, perché era geloso della giustizia, si contentò di condannare l'amato figlio alla morte, affinché re­stasse libero lo schiavo dal meritato castigo. E così fu fatto: il figlio morì giustiziato, e restò li­berato lo schiavo.
2. Or questo caso che simile non è avvenuto mai nè mai avverrà nel mondo, sta registrato ne­gli Evangeli, dove si legge che il Figliuolo di Dio, il Signore dell'universo, essendo stato l'uomo per lo peccato condannato alla morte eterna, egli vol­le prendere carne umana e così pagare colla sua morte, la pena dovuta all'uomo: Si è immolato perché lo ha voluto egli stesso (cf Is 53, 7). E l'Eterno Padre lo fece morire in croce per salvare noi miseri peccatori: Non ha risparmiato il pro­prio figlio, ma lo ha dato per tutti noi (Rm 8, 32). Che vi pare, anima divota, di quest'amore del Fi­glio e del Padre?
3. Dunque, amato mio Redentore, voi colla vo­stra morte avete voluto sacrificarvi, per ottenere a me il perdono? E che mai vi renderò per gra­titudine? Voi troppo m'avete obbligato ad amar­vi; troppo vi sarei ingrato se io non v'amassi con tutto il mio cuore. Voi m'avete data la vo­stra vita divina: io misero peccatore qual sono vi do la vita mia sì, quella vita almeno che mi resta la voglio spendere solo in amarvi, ubbidirvi e darvi gusto.
4. Uomini, uomini amiamo questo Redentore, che essendo Dio non ha sdegnato di caricarsi dei nostri peccati per soddisfare esso colle sue pene i castighi da noi meritati: Si è caricato delle no­stre sofferenze, si è addossato i nostri dolori (Is 53, 4). Dice S. Agostino che il Signore nel crearci ci ha formati per virtù della sua potenza, ma in redimerci ci ha salvato dalla morte per mezzo dei suoi dolori.
Quanto vi debbo, o Gesù mio Salvatore! Se io dessi mille volte il sangue per voi, se spendessi mille vite, pure sarebbe poco. Oh chi pensasse spesso all'amore che voi ci avete dimostrato nel­la vostra Passione, come potrebbe amare altro che voi? Deh per quell'amore con cui ci amaste sulla croce, datemi la grazia d'amarvi con tutto il cuore. V'amo, bontà infinita, v'amo sopra ogni bene, ed altro non vi domando che il vostro san­to amore.
5. Ma come va questo? ripiglia a dir lo stesso S. Agostino. Come l'amor vostro, o Salvatore del mondo, ha potuto giungere a tal segno che io ab­bia commesso il delitto e voi ne abbiate avuto a pagar la pena? E che mai importava a voi, sog­giunge S. Bernardo, che noi ci perdessimo e fossimo castigati come già meritavamo, che abbiate voluto voi sopra le vostre carni innocenti soddi­sfare i nostri peccati? e per liberare noi dalla morte, voi Signore, abbiate voluto morire? O ope­ra che non ha avuto nè avrà mai simile! O grazia che noi non potevamo mai meritarla! O amore che non potrà mai comprendersi!
6. Predisse già Isaia che il nostro Redentore dovea esser condannato alla morte e come un agnello innocente portato al sacrificio (cf Is 53, 7). Qual meraviglia, oh Dio, doveva fare agli an­gioli il vedere il loro innocente Signore esser condotto come vittima per essere sacrificato sull'altar della croce per amore dell'uomo! E quale spavento dovette recare al cielo ed all'inferno, mirare un Dio giustiziato come un ribaldo in un patibolo d'obbrobrio per li peccati delle sue creature!
7. Cristo ci ha riscattato dalla maledizione del­la legge, diventando egli stesso maledizione per noi come sta scritto: maledetto chi pende dal le­gno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse alle genti (Gal 3, 13-14). Qui dice S. Ambrogio: Si è fatto lui maledetto sulla croce, affinché tu fossi benedetto nel Regno di Dio.
Dunque, mio caro Salvatore, voi per ottenere a me la divina benedizione vi contentaste di ab­bracciarvi il disonore di comparire sulla croce maledetto al cospetto del mondo ed abbandonato al patire anche dal vostro Eterno Padre, pena che vi fe' gridare a gran voce: Dio mio, Dio mio, per­ché mi hai abbandonato? (Mt 27, 46). Sì, com­menta Simone da Cassia, a tal fine fu Gesù ab­bandonato nei peccati da noi commessi.
O prodigio di pietà! o eccesso d'amore d'un Dio verso degli uomini! E come può trovarsi, o Gesù mio, anima che creda ciò, e non v'ami?
8. Ci ama e ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue (Ap 1, 5). Ecco dov'è giunto, o uomini, l'amore di Gesù verso di noi per la­varci dalle sozzure dei nostri peccati. Egli sve­nandosi ha voluto apprestarci un bagno di salute nel suo medesimo sangue. Offre il sangue, dice un dotto autore, che grida meglio di quello di Abele; questo infatti reclamava giustizia, il sangue di Cristo misericordia. Ma qui esclama S. Bonaven­tura: O mio Salvatore, che avete fatto? dove v'ha trasportato l'amore? che cosa avete in me veduto, che tanto di me vi ha innamorato? Perché avete voluto tanto patire per me? Chi son io che a tanto caro prezzo abbiate voluto guadagnarvi l'amor mio? Ah che tutta è stata opera del vostro amore infinito! che ne siate sempre lodato e benedetto.
9. O voi tutti che passate per la via, conside­rate e osservate se c'è un dolore simile al mio do­lore (Lam 1, 12). Considerando lo stesso Serafi­co Dottore queste parole di Geremia, come dette dal nostro Redentore mentre stava in croce mo­rendo per nostro amore, dice: Anzi, Signore, con­sidererò e osserverò se c'è un amore simile al tuo amore. E vuol dire: già vedo ed intendo, o mio appassionato Signore, quanto patite su questo le­gno infame; ma ciò che più mi stringe ad amarvi è l'intendere l'affetto che voi mi dimostrate con tanto patire, affine di essere amato da me.
10. Quello che più accendea S. Paolo ad ama­re Gesù era il pensare ch'egli non solo per tutti, ma per esso in particolare volle morire (cf Gal 2, 20). Egli mi ha amato, diceva, e per me si è dato alla morte. E così dee dire ciascuno di noi; poiché asserisce S. Giovan Grisostomo che Dio tanto ama ciascun uomo, quanto ama tutto il mondo. Sicché ciascun di noi non è men obbli­gato a Gesù Cristo per aver egli patito per tutti, che se avesse patito per lui solamente. Or se Ge­sù, fratel mio, fosse morto solo per salvare voi, lasciando gli altri nella loro original ruina, quale obbligo dovreste conservargli? Ma dovete di più intendere che maggiore obbligazione gli avete in esser morto per salvar tutti. Se egli per voi solo fosse morto, qual pena sarebbe la vostra in pen­sare che i vostri prossimi, genitori, fratelli ed amici, si avessero a dannare e che da essi aveste ad esserne dopo questa vita per sempre diviso? Se voi foste stato schiavo con tutta la vostra fa­miglia e venisse alcuno a riscattar voi solo, quan­to lo preghereste che insieme con voi riscattasse ancora i vostri genitori e fratelli? E quanto lo ringraziereste, se egli ciò facesse per contentarvi?
Dite dunque a Gesù: Ah mio dolce Redentore, questo avete fatto voi per me senza esserne da me pregato, non solo avete riscattato me dalla morte col prezzo del vostro sangue, ma ancora i miei parenti ed amici, sicché ben possa io sperare che unitamente con essi vi goderemo per sempre in paradiso. Signore, io vi ringrazio ed amo, e spero di ringraziarvene ed amarvi eternamente in quella patria beata.
11. E chi mai, dice S. Lorenzo Giustiniani, potrà spiegare l'amore che porta il Verbo divino ad ognuno di noi, mentre egli avanza l'amore d'ogni figlio alla sua madre e d'ogni madre ai suoi figli? In modo che rivelò il Signore a S. Gel­trude, che egli sarebbe pronto a morire tante volte quante sono le anime dannate, se fossero ancor capaci di redenzione.
O Gesù, o bene amabile più di ogni altro bene, perché gli uomini tanto poco vi amano? Deh fate conoscere quel che avete patito per ciascun di loro, l'amore che loro portate, il desiderio che avete d'esser da loro amato, le belle parti che per essere amato voi avete. Fatevi conoscere, o Gesù mio, e fatevi amare.
12. Io sono il buon pastore, disse il Redentore, il buon pastore offre la vita per le pecore (Gv 10, 11). Ma, Signore, dove si trovano pastori nel mondo simili a voi? Gli altri pastori danno la morte alle lor pecorelle per conservarsi la vita; voi, pastore troppo amoroso, avete voluto dar la vostra vita divina per ottenere la vita alle vostre amate pecorelle, E di queste pecorelle, o mio amabilissimo pastore, una per mia sorte son io. Qual obbligo dunque è il mio d'amarvi e di spen­dere la mia vita per voi, giacché voi per amor mio in particolare siete morto? E qual confidenza io debbo avere nel vostro sangue, sapendo che è stato sparso per pagare i peccati miei? Tu dirai in quel giorno: Ecco, Dio è la mia salvezza, io confiderò, non avrò mai timore (Is 12, 1-2). E come posso più diffidare della vostra misericor­dia, o mio Signore, guardando le vostre piaghe?
Andiamo, o peccatori, e ricorriamo a Gesù che sta su quella croce come in trono di misericor­dia. Egli ha placata la divina giustizia da noi sdegnata. Se noi abbiamo offeso Dio, egli per noi ha fatta la penitenza: basta che noi ne abbiamo pentimento.
13. Ah mio carissimo Salvatore, a che vi ha ridotto la pietà e l'amore che avete verso di me! Pecca lo schiavo, e voi, Signore, ne pagate la pe­na? Se penso dunque ai peccati miei debbo tre­mare per lo castigo che merito: ma pensando alla vostra morte ho più ragione di sperare che di te­mere. Ah sangue di Gesù, tu sei tutta la mia speranza.
14. Ma questo sangue, siccome ci dà confiden­za, così ancora ci obbliga ad esser tutti del nostro Redentore. Esclama l'Apostolo: O non sapete che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo (1Cor 6, 19-20). No che non posso, Gesù mio, senza ingiustizia, disporre più di me e delle cose mie, mentre son fatto vo­stro, avendomi voi ricomprato colla vostra morte. Il mio corpo, l'anima mia, la mia vita non è più mia, è vostra ed è tutta vostra. Voglio dunque solo in voi sperare, solo voi voglio amare, o mio Dio crocifisso e morto per me. Io non ho altro che offerirvi, se non quest'anima riscattata col vostro sangue: questa vi offerisco. Accettatemi ad amarvi che io non voglio altro che voi, mio Sal­vatore, mio Dio, mio amore, mio tutto. Per lo passato sono stato ben grato con gli uomini, solo con voi sono stato un ingrato. Al presente io v'amo; e non ho pena che più mi affligga che l'avervi disgustato. O Gesù mio, datemi confiden­za nello vostra Passione, e togliete dal mio cuore ogni affetto che non è per voi. Io voglio amare solo voi, che meritate tutto il mio amore e trop­po mi avete obbligato ad amarvi.
15. E chi mai potrà resistere a non amarvi vedendo voi, il quale siete il diletto dell'Eterno Pa­dre, che avete voluto per noi finir la vita con una morte si amara e spietata?
O Maria, o madre del bello amore, deh, per li meriti del vostro Cuore infiammato, otteneteci la grazia di vivere sol per amare il vostro Figlio, che essendo degno per sé d'un infinito amore. ha voluto a tanto costo acquistarsi l'amore di me misero peccatore.
O amore dell'anime, o Gesù mio, io v'amo, io v'amo, io v'amo. Ma v'amo troppo poco; datemi voi più amore, più fiamme che mi facciano vivere sempre ardendo del vostro amore. Io non lo me­rito, ma ben lo meritate voi, bontà infinita. Amen, così spero, così sia.

[Modificato da MARIOCAPALBO 05/03/2016 20:17]

23/02/2015 19:55

CAPITOLO II

Gesù volle assai patire per noi, affine di farci intendere il grande amor che ci porta

1. Due cose, scrisse Cicerone, fan conoscere un amante, il beneficare l'amato e il patire per l'amato; e questo è il segno più grande d'un vero amore. Iddio ben già avea dimostrato il suo amo­re all'uomo con tanti benefici a lui dispensati; ma il beneficare solamente l'uomo, dice S. Pier Grisologo, egli stimò esser troppo poco al suo amore, se non avesse trovato il modo di dimo­strargli quanto l'amava anche col patire e morire per esso, come fece pigliando carne umana. E qual modo più atto potea Dio trovare per pale­sarci l'amore immenso che ha per noi che col far­si uomo e patire per noi? Dio non aveva altro mo­do per manifestarci il suo amore, scrive a tal pro­posito S. Gregorio Nazianzeno.

Amato mio Gesù, troppo voi avete stentato per dichiararmi il vostro affetto e per innamorarmi della vostra bontà. Troppo dunque sarebbe il tor­to che vi farei, se vi amassi poco o amassi altra cosa che voi.

2. Ah, che in farsi da noi vedere un Dio im­piagato, crocifisso e moribondo, ben egli ci diede, dice Cornelio a Lapide, il segno più grande del­l'amor che ci porta. E prima di lui disse S. Ber­nardo che Gesù nella sua Passione ci diè a cono­scere che il suo affetto verso di noi non potea esser maggiore di quel che era. Scrive l'Aposto­lo che quando Gesù Cristo volle morire per la nostra salute, apparve allora dove giungea l'amore di un Dio verso noi misere creature: Si sono ma­nifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini (Tt 3, 4).

Ah mio innamorato Signore, intendo già che tutte le vostre piaghe mi parlano dell'amore che mi portate! E chi mai, a tanti contrassegni della vostra carità, potrà resistere a non amarvi? Avea ragione di dir S. Teresa, o amabilissimo Gesù, che chi non v'ama dà segno che non vi conosce.

3. Ben potea Gesù Cristo ottenerci la salu­te (salvezza) senza patire e col menare in terra una vita dolce e deliziosa; ma no, dice S. Paolo: In cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce (Eb 12, 2). Ricusò egli le ric­chezze, le delizie, gli onori terreni, e si elesse una vita povera ed una morte piena di dolori e di obbrobri. E perché? Non bastava forse che egli avesse supplicato l'Eterno Padre a perdonare l'uo­mo con una semplice preghiera, la quale essendo d'infinito valore era sufficiente a salvare il mondo ed infiniti mondi? E perché mai volle poi eleg­gersi tante pene con una morte così crudele che ben dice un autore che per puro dolore l'anima di Gesù si separò dal corpo? A che tanta spesa per redimere l'uomo?

Risponde S. Gio. Grisostomo: Bastava sì una preghiera di Gesù per redimerci, ma non bastava per dimostrarci l'amore che questo Dio ci porta: Ciò che bastava per la Redenzione non bastava per l'amore. E lo conferma S. Tommaso dicendo: Cristo, patendo per amore, offrì a Dio più di quan­to esigesse la riparazione dell'offesa fatta dal ge­nere umano. Perché Gesù ci amava assai, voleva assai esser amato da noi; e perciò fece quanto po­tè anche col patire per conciliarsi il nostro amore e per farci intendere che esso non avea quasi più che fare per farsi amare da noi. Dice S. Bernar­do, Egli prese molto a patire per molto obbligare l'uomo ad amarlo.

4. E qual prova maggiore di affetto, disse lo stesso nostro Salvatore, può dimostrare un aman­te verso la persona amata che dar la vita per suo amore? Nessuno ha un amore più grande di que­sto: dare la vita per i propri amici (Gv 15, 13). Ma voi, o amantissimo Gesù, dice S. Bernardo, avete fatto più di questo, mentre avete voluto dar la vita per noi non amici, ma vostri nemici e ri­belli. E questo è ciò che avvertì l'Apostolo, quando scrisse: Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5, 8).

Dunque, Gesù, voi per me vostro nemico avete voluto morire, ed io potrò resistere a tanto amo­re? Eccomi, giacché voi con tanta premura desi­derate che io vi ami, io v'amo sopra ogni cosa, discaccio da me ogni altro amore e solo voi vo­glio amare.

5. Dice S. Gio. Grisostomo che il fine princi­pale ch'ebbe Gesù nella sua Passione fu di pale­sarci il suo amore e così tirarsi i nostri cuori colla memoria dei mali per noi sofferti. Aggiun­ge S. Tommaso che noi per mezzo della Passione di Gesù conosciamo la grandezza dell'amore che Dio porta all'uomo. E prima lo disse S. Giov.: da questo abbiamo conosciuto l'amore di Dio: egli ha dato la sua vita per noi (Gv 3, 16).

Ah, Gesù mio, o Agnello immacolato sacrifi­cato sulla croce per me, non sia perduto quanto avete patito per me; deh conseguite in me il fine di tante vostre pene! Legatemi tutto colle dolci catene del vostro amore, acciocchè non vi lasci e non mi divida più da voi. Gesù dolcissimo, non permettere che io mi separi da te; non permettere che io mi separi da te.

6. Riferisce S. Luca che parlando Mosè ed Elia sul monte Tabor della Passione di Gesù Cristo, la chiamavano un eccesso (cf Lc 9, 31). Sì, dice S. Bonaventura, con ragione la Passione di Gesù fu chiamata un eccesso, poiché fu un eccesso di do­lore ed un eccesso d'amore: Che altro ancora c'era da patire e non lo patì? Il suo eccesso d'amo­re raggiunse il massimo. E come no? La divina legge non altro impone agli uomini, se non che amino il prossimo come loro stessi; ma Gesù ha amato gli uomini più che se stesso: dice S. Cirillo.

Dunque, amato mio Redentore, vi dirò con S. Agostino, voi siete giunto ad amarmi più di voi stesso, mentre per salvare me avete voluto per­dere la vostra vita divina, vita infinitamente più preziosa delle vite di tutti gli uomini e di tutti gli angeli insieme: Hai amato me più di te, poi­ché hai voluto morire per me.

7. O Dio infinito, esclama Guerrico abbate, voi per amor dell'uomo, s'è lecito dirlo, siete di­venuto prodigo di voi stesso. E come no? sog­giunge, giacché non solo avete voluto donare i

vostri beni, ma anche voi stesso per ricuperare l'uomo perduto? O prodigio, o eccesso d'amore degno solo d'una bontà infinita! E chi mai, dice S. Tommaso da Villanova, potrà, Signore, nep­pure da lungi intendere l'immensità del vostro amore nell'avere tanto amato noi miseri vermi che per noi abbiate voluto morire e morire in cro­ce? Ah che questo amore, conclude il medesimo santo, eccede ogni misura, ogni intelligenza.

8. E' cosa dolce il vedersi alcuno amato da qualche gran personaggio, tanto più se quegli può sollevarlo ad una gran fortuna. Or quanto più dolce e caro dev'essere a noi il vederci amati da Dio che può sollevarci ad una fortuna eterna? Nell'antica legge potea l'uomo dubitare se Dio l'amasse con tenero amore; ma dopo averlo ve­duto su d'un patibolo versar sangue e morire, co­me noi possiamo più dubitare se egli ci ama con tutta la tenerezza ed affetto? Anima mia, deh mi­ra il tuo Gesù che pende da quella croce tutto impiagato; ecco come per quelle ferite egli ben ti dimostra l'amore del suo Cuore innamorato. At­traverso le lacerazioni del corpo si rendono ma­nifesti i segreti del cuore, parla S. Bernardo.

Caro mio Gesù, m'affligge sì il vedervi morire con tanti affanni su questo legno d'obbrobrio, ma troppo mi consola e m'innamora di voi il cono­scere per mezzo di queste piaghe l'amore che mi portate. Serafini del cielo, che ve ne pare della carità del mio Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me? (Gal 2, 20).

9. Dice S. Paolo che i Gentili sentendo predi­care Gesù crocifisso per amore degli uomini, la stimavano una pazzia da non potersi credere: Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giu­dei, stoltezza per i pagani (1Cor 1, 23). E come è possibile, dicono essi, credere che un Dio on­nipotente, il quale non ha bisogno d'alcuno per essere felicissimo qual è, abbia voluto per salva­re gli uomini farsi uomo e morire in croce? Que­sto sarebbe lo stesso, diceano, che credere un Dio divenuto pazzo per amore degli uomini. E con ciò ricusavano di crederlo.

Ma questa grand'opera della Redenzione che le genti stimavano e chiamavano pazzia, noi sap­piamo per fede che Gesù l'ha intrapresa e termi­nata. Abbiamo veduto dice S. Lorenzo Giustinia­ni, la sapienza eterna, l'Unigenito di Dio, divenu­to, per dir così, impazzito per l'amore eccessivo che porta agli uomini. Sì, perché non sembra che una pazzia d'amore, soggiunge Ugon cardinale, aver voluto un Dio morire per l'uomo.

10. Il B. Giacopone, uomo che nel secolo era stato letterato poi rendutosi francescano, parea diventato matto per l'amore che portava a Gesù Cristo. Un giorno gli apparve Gesù e gli disse: « Giacopone, perché fai queste pazzie? » - « Per­ché le fo? rispose, perché voi me le avete inse­gnate. Se io son pazzo, disse, voi siete stato più pazzo di me in aver voluto morire per me ».

Così parimente S. Maria Maddalena de' Pazzi sollevata in estasi esclamava: Oh Dio d'amore! oh Dio d'amore! E' troppo, Gesù mio, l'amore che porti alle creature. Ed un giorno, stando pu­re fuor di sè rapita, prese un'immagine del Cro­cifisso e si pose a correre pel monasterio, gridan­do: O amore! o amore! non resterò giammai, mio Dio, di chiamarti amore. Indi rivolta alle religio­se disse: « Non sapete voi, care sorelle, che il mio Gesù altro non è che amore? anzi pazzo d'amo­re? Pazzo d'amore dico che sei, o Gesù mio, e sempre lo dirò ». E dicea che chiamando Gesù amore, avrebbe voluto essere udita da tutto il mondo, acciò da tutti fosse conosciuto ed amato l'amor di Gesù. E alcuna volta si poneva a sonar la campana, affinché venissero tutte le genti della terra, come desiderava, se fosse stato possibile, ad amare il suo Gesù.

11. Sì, mio dolce Redentore, permettetemi dir­lo, ben avea ragione questa vostra sposa di chia­marvi pazzo d'amore. E non pare una pazzia che voi abbiate voluto morire per me? morire per un verme ingrato quale son io, di cui già vedevate l'offese ed i tradimenti che io dovea farvi? Ma se voi, mio Dio, siete quasi impazzito per amor mio, come io non impazzisco per amore d'un Dio? Dopo che io vi ho veduto morto per me, come posso pensare ad altri che a voi? come posso amare altra cosa che voi? Sì, mio Signore, mio sommo bene, amabile sopra ogni bene, io v'amo più di me stesso. Vi prometto di non amare da oggi avanti altri che voi e di pensare sempre al­l'amore che voi m'avete dimostrato morendo tra tante pene per me.

12. O flagelli, o spine, o chiodi, o croce, o pia­ghe, o affanni, o morte del mio Gesù, voi troppo mi stringete ed obbligate ad amare chi tanto mi ha amato. O Verbo Incarnato, o Dio amante, l'anima mia si è innamorata di voi. Vorrei amar­vi tanto, che non trovassi altro gusto che in dar gusto a voi, dolcissimo mio Signore. Giacché voi tanto bramate l'amor mio, io mi protesto che non voglio vivere se non per voi. Voglio fare quan­to volete da me. Deh, Gesù mio, aiutatemi, fate che io vi compiaccia intieramente e sempre nel tempo e nell'eternità.

Maria, madre mia, pregate Gesù per me, acciò mi doni il suo amore, poiché altro non desidero in questa e nell'altra vita che di amare Gesù. Amen.

 

CAPITOLO III.

Gesù per nostro amore volle fin dal principio di sua vita patir le pene della sua Passione

1. Venne il Verbo divino nel mondo a prende­re carne umana per farsi amare dall'uomo, onde venne con tanta fame di patire per nostro amore che non volle perdere momento in principiare a tormentarsi, almeno coll'apprensione. Appena fu concepito nell'utero di Maria egli si rappresentò alla mente tutti i patimenti della sua Passione, e per ottenere a noi il perdono e la divina grazia, si offerì all'Eterno Padre a soddisfare per noi colle sue pene tutti i castighi dovuti ai nostri pec­cati; e fin d'allora cominciò a patire tutto ciò che poi soffrì nella sua amarissima morte.

Ah mio amorosissimo Redentore, ed io finora che ho fatto, che ho patito per voi? Se io per mil­le anni tollerassi per voi tutti i tormenti che han sofferti tutti i martiri, pure sarebbe poco a con­fronto di quel solo primo momento nel quale voi vi offeriste e cominciaste a patire per me.

2. Patirono sì bene i martiri gran dolori ed ignominie, ma le patirono solo nel tempo del lo­ro martirio. Gesù patì sempre fin dal primo istan­te del suo vivere tutte le pene della sua Passione, poiché fin dal primo momento si pose avanti gli occhi tutta l'orrida scena dei tormenti e delle in­giurie che dovea ricevere dagli uomini. Ond'egli disse per bocca del profeta: Ho sempre dinanzi la mia pena (Sal 37, 18).

Ah mio Gesù, voi per amor mio siete stato così avido di pene che avete voluto soffrirle prima del tempo, ed io sono così avido dei piaceri di questa terra? Quanti disgusti vi ho dati per con­tentare il mio corpo? Signore, per li meriti dei vostri affanni toglietemi l'affetto ai diletti terreni.

Io per amor vostro propongo di astenermi da quella soddisfazione (nominate quale).

3. Iddio per sua pietà usa con noi di non farci sapere prima del tempo destinato a patire, le pe­ne, che ci aspettano. Se ad un reo che è giusti­ziato su d'una forca gli fosse stato rivelato sin dal­l'uso di ragione, il supplicio che gli toccava, sa­rebbe stato mai egli capace di allegrezza? Se a Saul dal principio del suo regnare gli fosse stata rappresentata la spada che lo dovea trafiggere; se Giuda avesse preveduto il laccio che dovea sof­focarlo, quanto amara sarebbe stata la loro vita? Il nostro amabil Redentore sin dal primo istante del suo vivere si fece sempre presenti i flagelli, le spine, la croce, gli oltraggi della sua Passione, la morte desolata che gli aspettava. Quando mira­va le vittime che si sacrificavano nel tempio, ben sapea che tutte erano figura del sacrificio che es­so, Agnello immacolato, dovea consumare sull'al­tar della croce. Quando vedeva la città di Geru­salemme, ben sapea che ivi dovea lasciar la vita in un mar di dolori e di vituperi. Quando guar­dava la sua cara Madre, già s'immaginava di ve­derla agonizzante per lo dolore a piè della croce, vicina a sè moribondo.

Sicché, o Gesù mio, la vista orribile di tanti mali in tutta la vostra vita vi tenne sempre tor­mentato ed afflitto prima del tempo della vostra morte. E voi tutto accettaste e soffriste per mio amore.

4. La vista solamente, o mio Signore appassio­nato, di tutti i peccati del mondo, e specialmente dei miei, coi quali già prevedevate che io avea ad offendervi, fe che la vostra vita fosse più af­flitta e penosa di quante vite vi sono state e vi saranno. Ma oh Dio, ed in qual barbara legge sta scritto che un Dio ami tanto una creatura e che dopo ciò la creatura viva senza amare il suo Dio, anzi l'offenda e disgusti? Deh, Signore, fatemi conoscere la grandezza del vostro amore, acciò non vi sia più ingrato. Oh se v'amassi, mio Gesù, se v'amassi da vero, quanto dolce mi sarebbe il patire per voi!

5. A Suor Maddalena Orsini che stava da lun­go tempo con una tribulazione, apparve un gior­no Gesù in croce e l'animò a soffrirla in pace. La serva di Dio rispose: « Ma, Signore, voi solo per tre ore siete stato in croce, ma per me sono più anni che soffro questa pena ». Allora le disse rim­proverandola Gesù Cristo: « Ah ignorante, che dici? Io sin dal primo momento che stiedi in se­no di mia madre, soffrii nel Cuore quel che poi in morte tollerai sulla croce ».

Ed io, caro mio Redentore, come, a vista di tanti affanni che voi soffriste per amor mio in tutta la vostra vita, posso lagnarmi di quelle croci che voi mi inviate a patire per mio bene? Vi rin­grazio d'avermi redento con tanto amore e con tanto dolore. Voi per animarmi a soffrir con pa­zienza le pene di questa vita, avete voluto addos­sarvi tutti i nostri mali. Ah Signore, deh fatemi spesso presenti i vostri dolori, affinché io accetti e desideri sempre il patire per vostro amore.

6. Grande come il mare è la tua afflizione (cf Lam 2, 13). Come le acque del mare sono tutte salse ed amare, così la vita di Gesù fu tutta piena d'amarezze e priva d'ogni sollievo, com'egli stes­so disse a S. Margarita da Cortona. Di più, co­me nel mare si adunano tutte le acque della ter­ra, così in Gesù Cristo si unirono tutti i dolori degli uomini; ond'è che per bocca del Salmista egli disse: Salvami, o Dio: l'acqua mi giunge alla gola. Sono caduto in acque profonde e l'onda mi travolge (Sal 68 [69], 2-3). Salvatemi, o mio Dio, perché gli affanni sono entrati sin nell'intimo dell'anima mia; ed io son restato sommerso da una tempesta d'ignominie e di dolori esterni ed interni.

Ah mio caro Gesù, mio amore, mia vita, mio tutto, se io miro al di fuori il vostro sacro cor­po, io non vedo altro che piaghe. Se entro poi dentro il vostro Cuore desolato, io non trovo al­tro che amarezze ed affanni che vi fanno patire agonie di morte. Ah mio Signore, e chi altri mai che voi, perché siete una bontà infinita, poteva giungere a patir tanto e morire per una vostra creatura? Ma perché voi siete Dio, amate da Dio, con amore che non può uguagliarsi a qualunque altro amore.

7. Dice S. Bernardo: Per redimere il servo, il Padre non risparmiò il Figlio e il Figlio non ri­sparmiò se stesso. O carità infinita di Dio! Da una parte l'Eterno Padre impose a Gesù Cristo il soddisfare per tutti i peccati degli uomini: Fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti (Is 53, 6). Dall'altra Gesù per salvare gli uomini, e nel mo­do più amoroso che potesse, volle pagare sopra di sè, a tutto rigore, alla divina giustizia la pena ad essi dovuta; onde, come asserisce S. Tommaso, egli si addossò tutti i dolori e tutti gli oltraggi in sommo grado.

Che perciò Isaia lo chiamò l'uomo dei dolori ed il più dispregiato fra tutti gli uomini (cf ivi, 3). E con ragione mentre Gesù fu tormentato in tutte le membra e sensi del corpo, e più amaramente fu afflitto in tutte le potenze dell'anima, sì che le pene interne superarono immensamente i dolori esterni. Eccolo dunque lacerato, esangue, trattato da ingannatore, da mago, da pazzo, abbandonato dagli stessi amici e perseguitato finalmente da tutti, sino a finir la vita su di un infame patibolo.

8. Signore, già so quanto voi avete fatto e pa­tito per amor mio; ma voi sapete che io finora non ho fatto niente per voi. Gesù mio, aiutatemi a soffrire qualche cosa per amor vostro prima che mi giunga la morte. Io mi vergogno di compa­rirvi innanzi; ma non voglio essere più quell'in­grato che sono stato tanti anni con voi.

Voi vi siete privato di ogni piacere per me: io rinunzio per amor vostro a tutti i diletti dei sensi. Voi avete sofferti tanti dolori per me: io per voi voglio soffrire tutte le pene della mia vi­ta e della mia morte, come a voi piacerà. Voi siete stato abbandonato: io mi contento che mi abbandonino tutti, purché non m'abbandoniate voi, unico mio e sommo bene. Voi siete stato perseguitato: io accetto qualunque persecuzione. Voi finalmente siete morto per me: io voglio mo­rire per voi. Ah Gesù mio, mio tesoro, mio amo­re, mio tutto, io v'amo: datemi più amore. Amen.

 

CAPITOLO IV.

II gran desiderio che ebbe Gesù di patire e morire per nostro amore

l. Troppo tenera, amorosa ed obbligante fu quella dichiarazione che fece il nostro Redentore della sua venuta in terra, allorché disse che egli era venuto per accender nelle anime il fuoco del divino amore, e che non altro era il suo desi­derio che di vedere accesa questa santa fiamma in tutti i cuori degli uomini: Sono venuto a porta­re il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! (Lc 12, 49). Seguì poi a dire immediata­mente che egli aspettava d'esser battezzato col battesimo del suo medesimo sangue, non già per lavare i peccati suoi, mentre esso era incapace di colpa, ma per lavare i peccati nostri che egli era venuto a soddisfare colle sue pene. La Passione di Cristo è chiamata battesimo, perché veniamo purificati nel suo sangue. Ed indi l'amante nostro Gesù per farci intendere quanta era l'ardenza di questo suo desiderio di morite per noi, con trop­po dolce espressione d'amore soggiunse che egli sentiva un affanno immenso per quel tempo, in cui differivasi l'esecuzione della sua Passione, tanto era il desiderio di patire per nostro amore. Ecco le sue amorose parole: C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! (Lc 12, 50).

2. Ah Dio innamorato degli uomini, e che po­tevate più dire e fare per mettermi in necessità d'amarvi? E qual bene mai vi apportava l'amor mio, che per ottenerlo voleste morire e tanto de­sideraste la morte? Se un servo mio avesse solo desiderato morire per me, pure s'avrebbe tirato il mio amore; ed io potrò vivere senza amare con tutto il mio cuore voi, mio Re e Dio, che siete motto per me e con tanto desiderio di morire per acquistarvi il mio amore?

3. Sapendo Gesù che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi... li amò sino alla fine (Gv 13, 1). Dice S. Giovanni che Gesù chiamò ora sua l'ora della sua Passione, perché, come scrisse un divoto espositore, questo fu il tempo dal nostro Reden­tore più sospirato in sua vita; mentre allora, col patire e morire per l'uomo, egli volea fargli com­prendere l'amore immenso che gli portava. E' cara a chi ama l'ora in cui patisce per l'amato; poiché il patire per l'amato è l'opera più alta a palesar l'amore dell'amante ed a cattivarsi l'amo­re dell'amato.

Ah mio caro Gesù, dunque per dimostrarmi voi il vostro grande amore non avete voluto commet­tere ad altri che a voi l'impresa della mia Reden­zione. Tanto dunque v'importava l'amor mio che voleste tanto patire per acquistarvelo? E che più avreste voi potuto fare, se aveste dovuto guada­gnarvi l'amore del vostro divin Padre? Che avreb­be potuto più patire un servo per tirarsi l'affetto del suo signore, di quello che voi avete sofferto per essere amato da me schiavo vile ed ingrato?

4. Ma ecco il nostro amoroso Gesù già vicino ad essere sacrificato sull'altar della croce per no­stra salute (salvezza), in quella beata notte prece­dente alla sua Passione. Udiamo che dice ai suoi discepoli nell'ultima cena che fa con essi: Ho de­siderato ardentemente, dice, di mangiare questa Pasqua con voi (Lc 22, 15). S. Lorenzo Giusti­niani considerando queste parole asserisce ch'elle furono tutte voci d'amore. Come se avesse detto il nostro amante Redentore: Uomini, sappiate che questa notte, in cui si darà principio alla mia Pas­sione, questo è stato il tempo da me più sospi­rato in tutta la mia vita, perché ora, colle mie pe­ne e colla mia dura morte, vi farò conoscere quanto io v'amo, e con ciò vi obbligherò ad amar­mi col modo più forte che mi è possibile. Dice un autore che nella Passione di Gesù l'onnipo­tenza divina si uni coll'amore: l'amore cercò di amar l'uomo sin dove potesse giunger l'onnipo­tenza, e l'onnipotenza cercò di compiacere l'amo­re sin dove giunger potesse il suo desiderio.

O sommo Dio, voi mi avete dato tutto voi stesso, e come io posso poi non amarvi con tutto me stesso? Io credo, sì lo credo, che siete mor­to per me: e come v'amo sì poco che tanto spesso mi scordo di voi e di quanto avete patito per me? E perché, Signore, io ancora in pensare alla vostra Passione non resto tutto acceso del vo­stro amore e non divento tutto vostro come tante anime sante che, al considerare le vostre pene, son rimaste prede felici del vostro amore e si son date tutte a voi?

5. Diceva la sposa dei Cantici che sempreché il suo sposo la introduceva nella sacra cella della sua Passione, si vedea talmente assalita d'ogn'in­torno dell'amor divino, che tutta languendo d'amore era costretta a cercare sollievi al suo cuo­re ferito: Mi ha introdotto il re nella cella del vi­no e ha riversato in me il suo amore. Sostenetemi con aromi, soccorretemi con mele, perché vengo meno per l'amore (cf Ct 2, 4-5). E com'è possi­bile che un'anima entrando a considerare la Pas­sione di Gesù Cristo, da quei dolori é da quelle agonie, che tanto afflissero il corpo e l'anima del suo amante Signore, non resti ferita come da tan­te saette d'amore e dolcemente forzata ad amare chi tanto l'amò?

Oh Agnello immacolato, così lacero, insangui­nato e difformato come vi miro su questa croce, quanto mi comparite bello ed amabile! Sì, per­ché tutte queste piaghe che vedo in voi sono tut­ti a me segni e prove del grande amore che mi portate. Ah! che se tutti gli uomini spesso vi con­templassero in quello stato in cui foste un giorno fatto spettacolo a tutta Gerusalemme, chi potreb­be mai non restar preso dal vostro amore? Ama­to mio Signore, accettatemi ad amarvi, mentre io vi dono tutti i miei sensi e tutta la mia volontà. E come posso io negarvi niente, se voi non mi avete negato il sangue, la vita e tutto voi stesso?

6. Fu tanto il desiderio di Gesù di patire per noi, che nella notte precedente alla sua morte non solamente egli di buona voglia andò all'orto, dove già sapea che doveano venire a prenderlo i Giu­dei, ma sapendo che Giuda il traditore colla com­pagnia dei soldati era già vicino, disse ai disce­poli: Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tra­disce è vicino (Mc 14, 42). Volle egli stesso andar loro all'incontro, come venissero per condurlo non già al supplicio della morte, ma alla corona di un gran regno.

O dolce mio Salvatore, voi dunque andate in­contro alla morte con tanto desiderio di morire per la brama che avete d'essere amato da me? Ed io non avrò desiderio di morire per voi, mio Dio, per dimostrarvi l'amore che vi porto? Sì, Gesù mio morto per me, io ancor desidero di morire per voi. Ecco il sangue, la vita, tutta ve 1'offerisco. Eccomi pronto a morire per voi come e quando vi piace. Gradite questo misero sacrifi­cio che vi rende un misero peccatore, il quale pri­ma vi ha offeso, ma ora v'ama più di se stesso.

7. S. Lorenzo Giustiniani considera quel Sitio che proferì Gesù nella croce morendo, e dice che questa sete non fu sete che veniva da mancanza di umore, ma sete che nasceva dall'ardenza del­l'amore che Gesù avea per noi. Poiché con tal pa­rola volle il nostro Redentore dichiararci più che la sete del corpo il desiderio che avea di patire per noi con dimostrarci il suo amore e il desiderio insieme che avea di essere amato da noi con tan­te pene che per noi soffriva. E S. Tommaso: Con il Sitio viene manifestato il desiderio ardente del­la salvezza del genere umano.

Ah Dio innamorato, è possibile che un eccesso di tanta bontà resti senza corrispondenza? Suol dirsi che amore con amor si paga, ma il vostro amore con quale amore potrà mai pagarsi? Biso­gnerebbe che un altro Dio morisse per voi per compensar l'amore che ci avete portato in morire per noi. E poi, Signore, come mai poteste dire che le vostre delizie erano di star cogli uomini, se da essi non riceveste che ingiurie e maltrattamenti? L'amore dunque vi fè cangiare in delizie i do­lori e i vituperi sofferti per noi.

8. O Redentore amabilissimo, io non voglio più resistere alle vostre finezze: io vi dono tutto il mio amore. Voi tra tutte le cose siete ed avete da essere sempre l'unico amato dell'anima mia. Voi vi siete fatto uomo per avere una vita da da­re per me: io vorrei mille vite per sacrificarle tutte per voi. V'amo, bontà infinita, e voglio amarvi con tutte le mie forze. Voglio far quanto posso per darvi gusto. Voi innocente avete tanto patito per me: io peccatore, che ho meritato l'in­ferno, voglio patire per voi quanto volete. Aiu­tate, Gesù mio, per li meriti vostri questo mio de­siderio che voi stesso mi donate. O Dio infinito, in voi credo, in voi spero, voi amo. Maria, madre mia intercedete per me. Amen.

 

CAPITOLO V.

Amore di Gesù in lasciarci se stesso in cibo prima di andare alla morte

1. Sapendo Gesù che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi... li amò sino alla fine (Gv 13, 1). L'amantissimo nostro Redentore nell'ultima not­te di sua vita sapendo che già era giunto il tempo sospirato di morire per amor dell'uomo, non gli soffrì il cuore di abbandonarci soli in questa valle di lagrime; ma per non separarsí da noi neppur colla sua morte, volle lasciarci tutto se stesso in cibo nel Sacramento dell'altare: dandoci con ciò ad intendere, che dopo questo dono infinito non avea più che darci per dimostrarci il suo amore. Li amò sino alla fine. Spiega Cornelio a Lapide col Grisostomo e Teofilatto secondo il testo greco la parola in finem, e scrive: sino alla fine. Come volesse dire li amò con amore estremo e sommo. Gesù in questo Sacramento fè l'ultimo sforzo d'amore verso degli uomini, come dice Guerrico abbate.

E meglio ciò fu espresso dal sacro Concilio di Trento, che parlando del Sacramento dell'altare disse che il nostro Salvatore in esso cacciò fuori, per così dire, tutte le ricchezze del suo amore ver­so di noi. Aveva ragione dunque S. Tommaso l'Angelico di chiamare questo Sacramento, Sa­cramento d'amore e pegno d'amore il più grande che potea darci un Dio. E S. Bernardo lo chiamava l'amore degli amori. E S. Maria Maddalena de' Pazzi dicea che un'anima dopo essersi comu­nicata può dire consummatum est, cioè il mio Dio avendomi dato se stesso in questa comunio­ne non ha più che darmi. Un giorno questa santa dimandò ad una sua novizia a che avesse pensato dopo la comunione. Rispose quella: « All'amore di Gesù ». - « Sì, ripigliò allora la santa, quando si pensa all'amore non si può passare avanti, ma bisogna fermarsi all'amore ».

O Salvatore del mondo, e che ne pretendete dagli uomini che vi siete indotto a donar loro an­che voi stesso in cibo? E che mai vi è rimasto ora da darci dopo questo Sacramento per obbligarci ad amarvi? Ah mio Dio amantissimo, illuminate­mi a farmi conoscere qual eccesso di bontà è sta­to questo di ridurvi ad essere mio cibo nella san­ta comunione. Se voi dunque tutto a me vi siete donato, è giusto che anche io mi doni tutto a voi. Sì, Gesù mio, io tutto a voi mi dono. V'amo so­pra ogni bene e desidero di ricevervi per più amarvi. Venite dunque e venite spesso all'anima mia e fatela tutta vostra. Ah, chi potesse da vero dirvi come vi dicea l'innamorato S. Filippo Neri allorché si comunicò per viatico: « Ecco l'amor mio, ecco l'amor mio, datemi il mio amore ».

2. Chi mangia la mia carne e beve il mio san­gue dimora in me e io in lui (Gv 6, 56). Dice S. Dionisio l'Areopagita che l'amore tende sempre all'unione dell'oggetto amato. E perché il cibo si fa una stessa cosa con chi lo mangia, perciò il Signore volle ridursi in cibo, acciocché noi rice­vendolo nella santa comunione diventassimo una stessa cosa con esso: Prendete e mangiate, disse Gesù, questo è il mio corpo (Mt 26, 26), come avesse voluto dire, considera S. Gio. Grisostomo: Uomo cibati di me, acciocché di me e te si faccia una cosa. Appunto come due cere liquefatte, dice S. Cirillo Alessandrino, si uniscono insieme, così un'anima che si comunica talmente si unisce che Gesù sta in essa ed essa in Gesù.

O amato mio Redentore, esclama qui S. Lo­renzo Giustiniani, e come mai poteste arrivare ad amarci tanto che voleste talmente unirci a voi, che del vostro e del nostro cuore se ne facesse un solo cuore?

Ben dunque dicea S. Francesco di Sales par­lando della santa comunione: « Il Salvatore non può essere considerato in niuna azione nè più amoroso nè più tenero che in questa, nella quale si annichila, per così dire, e si riduce in cibo per penetrare le anime nostre ed unirsi al cuore dei suoi fedeli ». Sicché, dice S. Gio. Grisostomo, a quel Signore, in cui non ardiscono gli angeli nep­pur di fissare gli occhi, noi ci uniamo, diventan­do un solo corpo, una sola carne. Ma qual pa­store, soggiunge il santo, pasce le sue pecorelle col proprio sangue? Le stesse madri danno i lo­ro figli alle nutrici ad alimentarli; ma Gesù nel Sacramento ci alimenta col suo medesimo san­gue ed a sè ci unisce. In somma, dice il santo, egli, perché ardentemente ci amava, volle farsi nostro cibo ed una stessa cosa con noi.

O amore infinito, degno d'infinito amore! quan­do v'amerò, Gesù mio, come voi avete amato me? O cibo divino, Sacramento d'amore, quando mi tirerete tutto a voi? Voi non avete più che fare per farvi amare da me. Io voglio sempre comin­ciare ad amarvi, sempre ve lo prometto, ma non comincio mai. Voglio cominciare da oggi ad amarvi davvero, aiutatemi voi. Illuminatemi, in­fiammatemi, staccatemi dalla terra e non permet­tete che io più resista a tante finezze del vostro amore. Io v'amo con tutto il cuore, e perciò vo­glio lasciar tutto per dar gusto a voi, mia vita, mio amore, mio tutto. Voglio spesso unirmi con voi in questo Sacramento, per distaccarmi da tut­to ed amar solo voi, mio Dio. Spero alla vostra bontà di farlo col vostro aiuto.

3. Dice S. Lorenzo Giustiniani: Abbiamo ve­duto un Dio, che è la stessa sapienza, divenuto pazzo per il troppo amore portato agli uomini. E che, forse non sembra una pazzia d'amore, escla­ma S. Agostino, il darsi un Dio per alimento alle sue creature? E che più avrebbe potuto dire una creatura al suo Creatore? Parla S. Dionisio e dice che Dio per la grandezza del suo amore quasi è uscito fuori di sè, mentre è giunto da Dio a farsi uomo ed anche cibo degli uomini. - Ma, Signore, un tal eccesso non era decente alla vostra mae­stà. - Ma l'amore, risponde per Gesù S. Gio. Gri­sostomo, non va cercando ragione quando cerca di far bene e di farsi conoscere all'amato; egli va non dove gli conviene, ma dove è portato dal suo desiderio.

Ah Gesù mio, quanto mi vergogno in pensare che avendo innanzi voi, bene infinito, amabile so­pra ogni bene e così innamorato dell'anima mia, io mi son rivolto ad amare beni vili e meschini, e per questi ho lasciato voi. Deh, mio Dio, sco­pritemi sempre più le grandezze della vostra bontà, acciocché io sempre più m'innamori di voi e mi affatichi a darvi gusto. Ah mio Signore, e quale oggetto più bello, più buono, più santo, più ama­bile io posso amare fuori di voi? V'amo, bontà infinita, v'amo più di me stesso, e voglio vivere solo per amare voi che meritate tutto il mio amore.

4. Considera poi S. Paolo il tempo nel quale Gesù fè a noi questo dono del Sacramento, dono che avanza tutti gli altri doni che può fare un Dio onnipotente, come parla S. Clemente. E S. Agostino dice: Pur essendo onnipotente, non po­té dare di più. Nota l'Apostolo e dice: Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: Questo è il mio corpo, che è per voi (1 Cor. 11, 23-24). In quella stessa notte dunque in cui gli uomini pensavano a preparare a Gesù tormenti e morte, l'amante Redentore pensò a lasciar loro se stesso nel Sacramento; dandoci ad intendere che il suo amore era sì grande, che in vece di raffredarsi a tante ingiurie, allor più che mai si avanzò verso di noi.

Ah Signore amorosissimo, e come avete potuto tanto amare gli uomini che voleste rimaner con essi in terra per esser loro cibo, dopo che essi ve ne cacciavano con tanta ingratitudine?

Notisi di più il desiderio immenso che ebbe Gesù in sua vita, che arrivasse quella notte in cui avea destinato di lasciarci questo gran pegno del suo amore; mentreché in punto di istituire questo dolcissimo Sacramento disse: Ho desiderato ar­dentemente di mangiare questa Pasqua con voi (Lc 22, 1). Parole con cui ci palesò l'ardente de­siderio che egli avea di unirsi con noi nella co­munione per l'amore che ci portava, dice S. Lo­renzo Giustiniani. E lo stesso desiderio tuttavia conserva Gesù oggigiorno verso tutte l'anime che l'amano. Non si trova ape, disse egli un giorno a S. Matilde, che con tanto impeto si gitta sopra de' fiori a succhiarne il mele, quanto io per vio­lenza d'amore vengo all'anima che mi desidera.

O amante troppo amabile, a voi non restano da darmi maggiori prove per persuadermi che mi amate. Ringrazio la vostra bontà. Deh tiratemi, Gesù mio, tutto a voi: fate che io vi ami da oggi avanti con tutto il mio affetto e con tutta la te­nerezza. Basti ad altri l'amarvi con amore sola­mente appreziativo e predominante: ben so che voi ve ne contentate; ma io non mi chiamerò contento se non quando vedrò che v'amo ancora con tutta la tenerezza, più che amico, più che fratel­lo, più che padre e più che sposo. E dove mai io mi potrò trovare un amico, un fratello, un pa­dre, uno sposo che m'ami tanto quanto m'avete amato voi, Creatore, mio Redentore e mio Dio, che per amor mio avete speso il sangue e la vita, e poi vi donate tutto a me in questo sacramento d'amore? V'amo dunque, Gesù mio, con tutti gli affetti miei, v'amo più di me stesso. Aiutatemi ad amarvi e niente più vi domando.

5. Dice S. Bernardo che Dio non per altro ci amò se non per essere amato da noi. E perciò si protestò il nostro Salvatore ch'egli era venuto in terra per farsi amare: Sono venuto a portare il fuoco sulla terra (Lc 12, 49). Ed oh quali fiam­me di santo amore accende nelle anime Gesù in questo divinissimo sacramento! Diceva il V. P. D. Francesco Olimpio teatino che niuna cosa vale tanto ad infiammare i nostri cuori ad amare il sommo bene, quanto la santa comunione. Esichio chiamava Gesù nel Sacramento: Fuoco divino. E S. Caterina da Siena vide un giorno in mano di un sacerdote Gesù sacramentato in sembianza di una fornace d'amore, da cui si meravigliava co­me non ne restasse bruciato tutto il mondo.

L'altare appunto, dicea Ruperto abbate con S. Gregorio Nisseno, esser quella cella vinaria, dove l'anima sposa è inebbriata d'amore dal suo Si­gnore; talmenteché scordata della terra dolce­mente arde e languisce di santa carità. Il re mi ha introdotto nella cella del vino, dice la sposa dei Cantici, ha riversato in me il suo amore. Sostene­temi con aromi, soccorretemi con mele, perché vengo meno per l'amore (cf Ct 2, 314).

O amore del cuor mio, Santissimo Sacramento! Oh che io mi ricordassi sempre di voi, per di­menticarmi di tutto ed amar solo voi senza inter­vallo e senza riserba! Ah Gesù mio, tanto avete bussato alla porta del mio cuore, che finalmente vi siete entrato, come spero! Ma giacché vi siete entrato, cacciatene vi prego, tutti gli affetti che non tendono a voi. Impossessatevi talmente di me, che io ancora col profeta possa dirvi con ve­rità da oggi innanzi: Mio Dio, e che altro desi­dero se non voi in questa terra e nel cielo? Voi solo siete e sarete sempre l'unico Signore del mio cuore e della mia volontà; e voi solo avete da essere tutta la parte mia, tutta la mia ricchezza in questa e nell'altra vita (cf Sal 72 [73], 25-26).

6. Andate, diceva il profeta Isaia, andate pure pubblicando per tutto le invenzioni amorose del nostro Dio affin di farsi amare dagli uomini: At­tingete acqua con gioia alle sorgenti della salvez­za. In quel giorno direte: lodate il Signore, invo­cate il suo nome; manifestate tra i popoli le sue invenzioni (cf Is 12, 34). E quali invenzioni non ha ritrovate l'amore di Gesù per farsi amare da noi? Egli nella croce ha voluto aprirci nelle sue piaghe tante fonti di grazie che per riceverle ba­sta il domandarle con confidenza. E non contento di ciò ha voluto donarci tutto se stesso nel SS. Sacramento!

O uomo, dice S. Gio. Grisostomo, e perché sei così scarso e vai nel tuo amore con tanta riserba con quel Dio che senza riserba ti ha dato tutto se stesso? Ciò appunto, dice l'Angelico, ha fatto Gesù nel Sacramento dell'altare, ivi egli ci ha da­to quanto è e quanto ha. Ecco, soggiunge S. Bo­naventura, quel Dio immenso che il mondo non può capire, diventato nostro prigioniero, allorché lo riceviamo nel nostro petto nella santa Comu­nione. Onde era poi che S. Bernardo ciò consi­derando, estatico d'amore andava dicendo: Il mio Gesù ha voluto farsi ospite inseparabile del mio cuore. E giacché il mio Dio, concludea, ha voluto spendersi tutto per amor mio, è ragione, di­cea, che io tutto quanto sono m'impieghi in ser­virlo ed amarlo.

Ah mio caro Gesù, ditemi, che altro vi resta da inventare per farvi amare? Ed io avrò da con­tinuare a vivere a voi così ingrato come ho fat­to finora? Signore, non lo permettete. Voi avete detto che chi si ciba delle vostre carni nella co­munione viverà per virtù della vostra grazia. Giacché dunque non isdegnate che io vi riceva nella santa comunione, fate che l'anima mia sem­pre viva colla vera vita della grazia vostra.

Mi pento, o sommo bene, d'averla disprezzata per lo passato; ma vi ringrazio che mi date tem­po da piangere le offese che vi ho fatte, e tempo d'amarvi in questa terra. Nella vita che mi resta io voglio collocare in voi tutto l'amor mio, e vo­glio compiacervi quanto posso. Soccorretemi. Ge­sù mio, non mi abbandonate. Salvatemi per li vo­stri meriti, e la salute mia sia l'amarvi sempre in questa vita e nell'eternità.

Maria, madre mia, aiutatemi ancora voi. Amen.


23/02/2015 19:56

CAPITOLO VI.

Del sudore di sangue ed agonia patita da Gesù nell'orto

1. Ecco come il nostro amorosissimo Salvatore giunto all'orto di Getsemani volle da se stesso dar principio alla sua amara Passione con dar libertà alle passioni del timore, del tedio e della mesti­zia che venissero ad affliggerlo con tutti i loro tormenti: Cominciò a sentire paura, tristezza e angoscia (Mc 14, 33; Mt 26, 37). Cominciò dun­que per prima a sentire un gran timor della mor­te e delle pene che dovea tra breve soffrire: Co­minciò a sentire paura. Ma come? non era egli quello che spontaneamente si era offerto a tali patimenti? Si offerse perché egli lo volle (cf Is 53, 7). Non era egli quello che avea tanto desi­derato questo tempo della sua Passione, avendo poc'anzi detto: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi? (Lc 22, 15). E poi allora come apprese tanto timore di sua morte che giunse a pregare suo Padre a liberar­nelo: Padre mio, se è possibile, passi da me que­sto calice? (Mt 26, 39).

Risponde il V. Beda e dice: Prega che passi il calice per manifestare che è veramente uomo. Egli l'amante Signore ben volea morire per noi per dimostrarci colla sua morte l'amore che ci portava; ma acciocché gli uomini non avessero pensato che egli avesse assunto un corpo fantasti­co - come han bestemmiato alcuni eretici - o pu­re che per virtù della sua divinità fosse morto senza provare alcuna pena; perciò egli fece quella preghiera al Padre non già per essere esaudito, ma per dare ad intendere a noi ch'esso moriva come uomo, e moriva afflitto da un gran timor della morte e dei dolori che doveano accompa­gnar la sua morte.

O Gesù amabilissimo, voi voleste prendere per voi la nostra timidezza per dare a noi il vostro coraggio nel soffrire i travagli di questa vita. Siate sempre benedetto di tanta pietà ed amore. V'amino tutti i nostri cuori quanto voi lo deside­rate e quanto lo meritate.

2. Cominciò a sentire angoscia. Cominciò an­che a sentire un gran tedio delle pene che gli erano apparecchiate. Quando v'è tedio anche le delizie riescono penose. Or quali angosce unite a tal tedio dovette recare a Gesù Cristo l'orrido apparato che allora se gli rappresentò alla mente di tutti i tormenti esterni ed interni che in quel resto di vita doveano fieramente cruciare il corpo e l'animia sua benedetta? Allora se gli fe­cero avanti distintamente tutti i dolori che dovea soffrire, tutti i scherni che aveva a ricevere dai Giudei e dai Romani: tutte le ingiustizie che gli doveano fare i giudici della sua causa: e special­mente se gli fece innanzi quella morte desolata che far dovea, abbandonato da tutti, dagli uomi­ni e da Dio, in un mare di dolori e di disprezzi. E ciò fu che gli cagionò un tedio così amaro che l'obbligò a dimandare conforto all'Eterno suo Padre. Ah Gesù mio, vi compatisco, vi ringrazio e v'amo.

3. Gli apparve allora un angelo... a confor­tarlo (Lc (22, 43). Venne il conforto, ma questo, dice Beda, più gli accrebbe che alleggerì la pena. Sì, perché l'angelo lo confortò a più patire per amore dell'uomo e per la gloria del suo Padre.

Oh quanto vi apportò di affanno, amato mio Signore, questo primo combattimento! Nel pro­gresso di vostra Passione i flagelli, le spine, i chio­di vennero divisamente a tormentarvi, ma nel­l'orto i dolori di tutta la vostra Passione vi assa­lirono tutti insieme ad affliggervi. E voi tutto accettaste per mio amore e per mio bene. Ah mio Dio, quanto mi rincresce di non avervi amato per lo passato, e di avere posposta la vostra vo­lontà ai gusti miei maledetti! Li detesto sopra ogni male e me ne pento con tutto il cuore. Ge­sù mio, perdonatemi.

4. Cominciò a sentire tristezza e afflizione. Col timore e col tedio cominciò insieme a sentire Ge­sù una gran malinconia ed afflizione d'animo. Ma, Signor mio, voi non siete quello che ai vostri martiri avete data tanta gioia nel patire che giun­gevano a disprezzare i tormenti e la morte? Di S. Vincenzo, dice S. Agostino, che egli parlava con tanta allegrezza nel suo martirio che pareva che un altro patisse ed un altro parlasse. Di S. Lorenzo narrasi che bruciando sulla graticola era tanta la consolazione che godeva nell'anima che insultava il tiranno dicendogli: Serviti e mangia. E come poi voi stesso, o Gesù mio che donaste un'allegrezza sì grande ai vostri servi nel morire, vi eleggeste morendo una tanta mestizia per voi?

5. O allegrezza del paradiso, voi col vostro gaudio rallegrate il cielo e la terra, ed ora per­ché vi miro così afflitto e mesto? e vi sento dire che la tristezza che v'affligge è valevole a darvi

la morte? La mia anima è triste fino alla morte (Mc 14, 34). Mio Redentore, e perché? Ah già v'intendo! No, che non tanto furono i dolori della vostra Passione quanto i peccati degli uomini e fra questi i peccati miei che allora vi apportarono quella gran pena di morte.

6. Egli l'Eterno Verbo quanto amava il suo Padre, tanto odiava il peccato, di cui ben cono­scea la malizia: onde per togliere il peccato dal mondo e per non vedere più offeso il suo amato Padre, egli era venuto in terra e si era fatto uo­mo, ed aveva intrapreso a soffrire una Passione ed una morte così dolorosa. Ma vedendo poi che con tutte le sue pene pure s'aveano da commet­tere tanti peccati nel mondo, questo dolore, dice S. Tommaso, superò il dolore che qualsivoglia penitente ha sentito mai per le sue proprie colpe e superò qualunque pena che possa affliggere un cuore umano. La ragione è, perché tutte le pene degli uomini sempre sono mescolate con qualche sollievo, ma il dolore di Gesù fu puro dolore sen­za sollievo.

Ah se io v'amassi, o Gesù mio, al mirare quan­to voi avete patito per me mi diventerebbero dol­ci tutti i dolori, tutti gli obbrobri e le molestie del mondo. Deh, concedetemi voi il vostro amore, ac­ciocché io patisca con gusto o almeno con pazien­za quel poco che mi date a soffrire. Non mi fate morire così sconoscente a tante finezze del vostro amore. Propongo nelle tribolazioni che mi occor­reranno dir sempre: Gesù mio, abbraccio questa pena per amor vostro; la voglio soffrire per dar gusto a voi.

7. Nelle istorie si legge che molti penitenti es­sendo illuminati dalla divina luce a vedere la ma­lizia dei loro peccati sono arrivati a morirne di puro dolore. Or quale tormento poi doveva esse­re al Cuore di Gesù la vista di tutti i peccati del mondo, di tutte le bestemmie, sacrilegi, disonestà e di tutte l'altre colpe che s'aveano a commet­tere dagli uomini dopo la sua morte, ciascuna delle quali venne allora come una fiera crudele a leccargli il Cuore colla sua propria malizia?

Onde diceva allora il nostro afflitto Signore colà agonizzando nell'orto: Dunque, o uomini, questa è la ricompensa che voi avete a rendere al­l'immenso amor mio? Ah se io vedessi che voi grati al mio affetto lasciaste di peccare e mi co­minciaste ad amare, oh con quanta mia gioia an­derei ora a morire per voi! Ma il vedere dopo tante mie pene tanti peccati, dopo tanto mio amo­re tanta ingratitudine, questo è quello che più mi affligge, mi fa mesto sino alla morte e mi fa sudar vivo sangue. E il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra (Lc 22, 44). Sicché al dir del Vangelista questo sudore san­guigno fu così copioso che prima bagnò tutte le vesti del Redentore e poi scorse in copia a ba­gnar la terra.

8. Ah mio innamorato Gesù, io non vedo in quest'orto nè flagelli nè spine nè chiodi che vi feriscano; e come vi miro tutto bagnato di san­gue da capo a piedi? Dunque i peccati miei fu­rono il torchio crudele, che allora a forza di af­flizione e di mestizia spremettero tanto sangue dal vostro Cuore? Dunque io ancora fui allora uno dei vostri più crudeli carnefici, che mi ag­giunsi a maggiormente cruciarvi coi peccati miei? E' certo, che se io meno avessi peccato, meno al­lora voi, Gesù mio, avreste patito. Quanto dun­que più di piacere io m'ho preso in offendervi, tanto più d'affanno io allora accrebbi al vostro Cuore addolorato.

E come questo pensiero ora non mi fa morir di dolore, in intendere che io ho pagato l'amore

che mi avete dimostrato nella vostra Passione, con aggiungervi tristezza e pena? Io dunque ho tormentato quel Cuore così amabile ed amoroso, che mi ha tanto amato? Signore, giacché ora non ho altro mezzo da consolarvi che col dolermi di avervi offeso, sì, Gesù mio, che me ne doglio, e me ne dispiace con tutto il cuore. Datemi voi un dolor sì forte, che mi faccia piangere continua­mente sino all'ultimo fiato di mia vita i disgusti che ho dato a voi, mio Dio, mio amore, mio tutto.

9. Si prostrò con la faccia a terra (Mt 26, 39). Gesù vedendosi addossato il peso di soddisfare per tutti i peccati del mondo, si buttò colla fac­cia a terra a pregare per gli uomini, come si ver­gognasse di alzare gli occhi in cielo, nel vedersi carico di tante scelleraggini.

Ah mio Redentore, io vi miro tutto affannato ed impallidito per la pena! Voi state in agonia di morte, e pregate! Entrato in agonia, pregava più intensamente (Lc 22, 43). Ditemi, per chi pre­gate? Ah che allora non tanto pregavate per voi, quanto per me, offerendo all'Eterno Padre le vo­stre potenti preghiere unite alle vostre pene, per ottenere a me misero il perdono delle mie colpe!

Egli nei giorni della sua vita terrena offrì preghie­re e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà (Eb 5, 7).

Ah mio Redentore, come avete potuto tanta amare chi tanto vi offese? Come avete potuto ab­bracciare tante pene per me, vedendo già voi sin d'allora l'ingratitudine ch'io dovea usarvi?

10. Deh fatemi parte, afflitto mio Signore, di quel dolore che voi aveste allora dei peccati miei. Ilo gli abborrisco al presente ed unisco questo mio abborrimento all'abborrimento che voi ne sentiste nell'orto. Ah mio Salvatore, non guarda­te i peccati miei, perché non mi basterebbe l'in­ferno; guardate le pene che avete patite per me!

O amore del mio Gesù, tu sei l'amore e la speranza mia. Signore, io v'amo con tutta l'anima mia e voglio sempre amarvi. Deh per i meriti di quel tedio e mestizia che patiste nell'orto datemi fervore e coraggio nelle opere di vostra gloria. Per li meriti della vostra agonia datemi conforto per resistere a tutte le tentazioni della carne e del­l'inferno. Donatemi la grazia di sempre racco­mandarmi a voi e di sempre replicarvi con Gesù Cristo: Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu (Mc 14, 36). Non si faccia la mia ma sempre la vostra divina volontà. Amen.

 

CAPITOLO VII.

Dell'amore di Gesù in soffrire tanti disprezzi nella sua Passione

1. Dice il Bellarmino che maggior pena recano agli spiriti nobili i disprezzi che i dolori del cor­po. Poiché se questi affliggono la carne, quelli af­fliggono l'anima, la quale quanto è più nobile del corpo, tanto più sente la pena. Ma chi mai avreb­be potuto immaginarsi che il personaggio più no­bile del cielo e della terra, il Figliuolo di Dio, venendo nel mondo a farsi uomo per amore degli uomini avesse avuto ad esser trattato da essi con tanti vituperi ed ingiurie, come se fosse stato l'ul­timo ed il più vile di tutti gli uomini? (cf Is 53, 2-3). Asserisce S. Anselmo che Gesù Cristo volle soffrire tali e tanti disonori che non potè essere più umiliato di quel che fu nella sua Passione.

O Signore del mondo, voi siete il più grande di tutti i Re, ma avete voluto esser disprezzato

più di tutti gli uomini per insegnare a me l'amore ai disprezzi. Giacché dunque avete voi sacrificato il vostro onore per amor mio, io voglio soffrire per amor vostro ogni affronto che mi sarà fatto.

2. E qual sorta di affronti non soffrì il Reden­tore nella sua Passione? Egli si vide affrontato dagli stessi suoi discepoli. Uno di essi lo tradisce e lo vende per trenta danari. Un altro lo rinnega più volte protestando pubblicamente che non lo conosce ed attestando con ciò di vergognarsi d'averlo conosciuto per lo passato. Gli altri di­scepoli poi al vederlo preso e legato tutti fuggo­no e l'abbandonano: Tutti allora (i suoi discepo­li), abbandonandolo, fuggirono (Mc 14, 50).

O abbandonato mio Gesù, e chi mai prenderà le vostre difese, se al principio della vostra cat­tura i vostri più cari si partono e v'abbandonano? Ma oh Dio che questo disonore non finì colla vostra Passione. Quante anime dopo essersi de­dicate alla vostra sequela e dopo essere state da voi favorite con molte grazie e segni speciali d'amore, spinte poi da qualche passione di vile interesse o di rispetto umano o di sozzo piacere, ingrate vi lasciano? Chi si ritrova nel numero di questi ingrati, pianga e dica: Ah mio caro Gesù, perdonatemi, che io non voglio più lasciarvi; prima voglio perder la vita e mille vite che per­dere la vostra grazia, o mio Dio mio amore, mio tutto.

3. Ecco come Giuda giungendo nell'orto insie­me coi soldati si fa avanti, abbraccia il suo Mae­stro e lo bacia. Gesù permette che lo baci; ma conoscendo già il suo animo iniquo, non può trat­tenersi di non lagnarsi con esso di quel troppo ingiusto tradimento, con dirgli: Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? (Lc 22, 48). Indi si affollano d'intorno a Gesù quegl'insolen­ti ministri, gli pongono le mani sopra e lo legano come un ribaldo: Le guardie dei Giudei afferra­rono Gesù e lo legarono (Gv 18, 12).

Oimè, che vedo! Un Dio legato! Da chi? Da­gli uomini! da vermi da lui stesso creati! Angeli del Paradiso, che ne dite? E voi mio Gesù, co­me vi fate legare? Che han che fare, dice S. Ber­nardo, i legami degli schiavi e dei rei con voi che siete il santo dei santi, il Re dei regi e il Si­gnor dei signori?

Ma se gli uomini vi legano, voi perché non vi sciogliete e vi liberate dai tormenti e dalla morte che questi v'apparecchiano? Ma già intendo: non sono già, o mio Signore, queste funi che vi strin­gono; è solo l'amore che vi tiene legato e vi co­stringe a patire e morire per noi. O carità, escla­ma S. Lorenzo Giustiniani, quanto è grande la tua forza, la sola che potè legare il Signore! O amore divino, tu solo hai potuto legare un Dio, e condurlo a morire per amore degli uomini!

4. Mira o uomo, dice S. Bonaventura, quei ca­ni che lo trascinano e l'agnello che li segue, vitti­ma mansueta, senza opporre resistenza. Chi lo afferra, chi lo lega, chi lo strattona, chi lo per­cuote. Portano già legato il nostro dolce Salvato­re prima alla casa d'Anna, poi a quella di Caifas, dove Gesù, interrogato dei suoi discepoli e della sua dottrina da quel maligno, rispose che egli non avea parlato in segreto ma in pubblico, e che que­gli stessi che gli stavano d'intorno ben sapeano ciò che avea insegnato. Io ho parlato apertamen­te... ecco essi sanno che cosa ho detto (Gv 18, 20-21). Ma a tal risposta uno di quei ministri, trattandolo da temerario, gli diede una forte sguanciata: Una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù dicendo: cosi rispondi al sommo sacerdote? (ivi, 22). Qui esclama S. Grisostomo: Angeli, perché tacete? O restate attoniti di fron­te a tanta pazienza?

Ah Gesù mio, come una risposta sì giusta e sì modesta meritava un affronto sì grande alla pre­senza di tanta gente?

L'indegno pontefice in vece di riprendere l'in­solenza di quell'audace, lo loda o almeno coi se­gni l'approva. E voi, Signore mio, tutto soffrite per pagare gli affronti che io misero ho fatto alla divina maestà coi miei peccati. Gesù mio, ve ne ringrazio. Eterno Padre, perdonatemi per li me­riti di Gesù.

5. Indi l'iniquo pontefice l'interrogò, se vera­mente egli era il Figliuolo di Dio: Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cri­sto, il Figlio di Dio (Mt 26, 63). Gesù per rispet­to del nome di Dio affermò esser ciò vero; ed al­lora Caifas si lacerò le vesti dicendo che egli avea bestemmiato; e tutti allora gridarono che merita­va la morte: E quelli risposero: E' reo di morte! (ivi, 66).

Sì, con ragione, o mio Gesù, costoro vi dichia­rano reo di morte, mentre voi avete voluto addos­sarvi il soddisfare per me che meritava la morte eterna. Ma se colla vostra morte voi mi acquista­te la vita, è giusto che la mia vita io la spenda tutta ed anche, se bisogna, la perda per voi. Sì, mio Gesù, non voglio vivere più a me, ma solo a voi ed al vostro amore. Soccorretemi voi colla vostra grazia.

6. Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeg­giarono (ivi, 67). Dopo averlo pubblicato reo di morte, come uomo già addetto al suplicio e di­chiarato infame, si pose quella canaglia a mal­trattarlo per tutta la notte con percosse, con schiaffi, calci, con pelargli la barba ed anche con isputargli in faccia, burlandolo da falso pro­feta e dicendogli: Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso? (ivi, 68). Tutto predisse il nostro Redentore per Isaia: Ho presentato il dorso ai flagellatori, la faccia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi (Is 50, 6).

Riferisce il divoto Taulero, esser sentenza di S. Girolamo, che tutte le pene ed ingiurie che sof­frì Gesù quella notte solamente nel giorno del giudizio finale si faranno note. S. Agostino, par­lando delle ignominie patite da Gesù Cristo, dice: Se non riesce a curare la superbia questa medicina, non so cosa possa curarla. Ah Gesù mio, co­me voi così umile, ed io così superbo? Signore, datemi luce, fatemi conoscere chi siete voi e chi son io.

Allora gli sputarono in faccia. - Sputarono! Oh Dio, e qual maggiore affronto che l'essere ingiuria­to cogli sputi? Essere sputati è tra le ingiurie più gravi, dice Origene. Dove suole sputarsi, se non nel luogo più sordido? E voi, Gesù mio, soffrite di farvi sputare in faccia? Ecco come questi iniqui vi maltrattano coi schiaffi e coi calci, vi ingiu­riano, vi sputano in faccia, ne fanno di voi quel che vogliono: e voi non li minacciate, non li rim­proverate? Oltraggiato non rispondeva con ol­traggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia (I Pt 2, 23). No, ma come un agnello innocente, umile e mansueto, tutto soffrite sen­za neppur lamentarvi, tutto offerendo al Padre, per ottenere a noi il perdono dei peccati nostri: Era come pecora muta di fronte a suoi tosatori, e non aprì la sua bocca (Is 53, 7).

Meditando un giorno S. Geltrude le ingiurie fatte a Gesù nella sua Passione, prese a lodarlo

e benedirlo; e il Signore talmente di ciò si com­piacque, che amorosamente ne la ringraziò.

Ah mio vituperato Signore, voi siete il Re del cielo, il Figlio dell'Altissimo; non meritate già d'essere maltrattato e vilipeso, ma di essere ado­rato ed amato da tutte le creature. Io vi adoro, vi benedico, e ve ne ringrazio. V'amo con tutto il mio cuore. Mi pento d'avervi offeso. Aiutatemi voi, abbiate pietà di me.

7. Fatto giorno, i Giudei conducono Gesù a Pi­lato, per farlo condannare a morte, ma Pilato lo dichiara innocente: Non trovo nessuna colpa in quest'uomo (Lc 23, 4). E per liberarsi dagl'insul­ti dei Giudei che seguivano a chieder la morte del Salvatore, lo mandò ad Erode. Molto gradì Erode di vedersi condotto avanti Gesù Cristo, sperando che alla sua presenza, per liberarsi dal­la morte, esso avrebbe fatto alcun prodigio di quei tanti che ne aveva inteso narrare; onde l'in­terrogò con più dimande.

Ma Gesù, perché non volea esser liberato dalla morte, e perché quel malvagio non era degno di sue risposte, tacque e non gli risposse. Allora il re superbo gli fe' molti dispregi colla sua corte, e facendolo coprire d'una veste bianca, dichia­randolo così qual uomo ignorante e stolido, lo rimandò a Pilato. Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una veste bianca e lo rimandò a Pilato (ivi, 11). Commen­ta Ugon Cardinale: Schernendolo come se fosse scemo, lo rivestì di una veste bianca. E S. Bona­ventura: Lo insultò come impotente, perché non fece un miracolo; come ignorante, perché non ri­spose una parola, come imbecille, perché non si difese.

O Sapienza eterna, o Verbo divino, quest'altra ignominia vi mancava, d'esser trattato da pazzo privo di senno! Tanto dunque vi premè la nostra salute, che voleste per amor nostro esser non solo vituperato, ma saziato di vituperi, come di voi già profetizzò Geremia: Porgerà a chi lo percuote la guancia, verrà saziato di umiliazioni (cf Lam 3, 30). E come poteste avere tanto amore per gli uomini dai quali non riceveste che ingratitudini e disprezzi? Oimè che di costoro uno son io che peggio di Erode vi ho oltraggiato.

Deh Gesù mio, non mi castigate come Erode con privarmi delle vostre voci. Erode non vi ri­conosceva per quello che siete, io vi confesso per mio Dio; Erode non vi amava, io vi amo più di me stesso. Deh non mi negate le voci delle vostre ispirazioni, come io meriterei, per le offese che vi ho fatte. Dite quel che volete da me, che io colla vostra grazia tutto lo voglio fare.

8. Ricondotto che fu Gesù a Pilato, il preside lo propose al popolo per intendere chi volessero liberato in quella Pasqua, Gesù o Barabba omi­cida. Ma il popolo gridò: Non costui, ma Barab­ba! (Gv 18, 40). Allora disse Pilato: Che farò dunque di Gesù? Risposero: Sia crocifisso! (Mt 27, 22). Ma che male ha fatto questo innocente? Pilato ripigliò. E quelli replicarono: Sia crocifis­so! Ma oh Dio, che anche al presente la maggior parte degli uomini seguitano a dire: Non costui, ma Barabba! Preferendo a Gesù Cristo un piacere di senso, un punto di onore, uno sfogo di sdegno.

Ah mio Signore, ben sapete voi che un tempo vi ho fatto la stessa ingiuria, quando vi ho po­sposto ai miei gusti maledetti! Gesù mio, perdo­natemi, che io mi pento del passato, e da oggi avanti voglio preferirvi ad ogni cosa. Io vi sti­mo, io v'amo più d'ogni bene; e voglio prima mille volte morire, che lasciarvi. Datemi la san­ta perseveranza, datemi il vostro amore.

9. Appresso si parlerà degli altri obbrobri che ricevè Gesù Cristo, sino a morire finalmente in una croce: Si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia (Eb 12, 2). Ma intanto consideriamo che del nostro Redentore ben si avverò ciò che ne predisse il Salmista, che egli nella sua Passio­ne dovea divenire l'obbrobrio degli uomini e il rifiuto della plebe: lo sono verme, non uomo, in­famia degli uomini e rifiuto del mio popolo (Sal 21, 7). Sino a morire svergognato, giustiziato per mano di carnefice in un patibolo, come un mal­fattore in mezzo a due malfattori: E' stato anno­verato tra gli empi (Is 53, 12).

O Signore il più alto, esclama S. Bernardo, di­ventato il più basso tra gli uomini! O eccelso di­ventato vile! O gloria degli angeli diventato l'ob­brobrio degli uomini.

10. O grazia! o forza dell'amore di un Dio! siegue a dire S. Bernardo. Così dunque il som­mo Signore di tutti è diventato il più vilipeso di tutti! E chi mai, soggiunge il santo, ha ciò ope­rato? Tutto l'ha fatto l'amore che Dio porta agli uomini, per dimostrare quanto egli ci ama, e per insegnarci col suo esempio a soffrire con pace i disprezzi e le ingiurie. Cristo patì per voi, scrisse S. Pietro, lasciandovi un esempio, perché ne se­guiate le orme (1 Pt 2, 21). S. Eleazaro richiesto dalla sua sposa, come fa­cesse a sopportare con tanta pace le tante ingiurie che gli erano fatte, rispose: « Io mi rivolgo a mi­rare Gesù disprezzato, e dico che i miei affronti son niente a rispetto di quelli ch'egli, essendo mio Dio, ha voluto tollerare per me ».

Ah Gesù mio, ed io come a vista di un Dio così disonorato per amor mio non so soffrire un minimo disprezzo per vostro amore? Peccatore e superbo! E donde, mio Signore, può venirmi questa superbia? Deh per li meriti dei vostri di­sprezzi sofferti, datemi la grazia di soffrire con pazienza e con allegrezza gli affronti e le ingiurie.

Propongo da ogg'innanzi col vostro aiuto di non più risentirmi, e di ricevere con gioia tutti gli obbrobri che mi saran fatti. Altri disprezzi me­riterei io che ho disprezzata la vostra maestà di­vina, e m'ho meritati i disprezzi dell'inferno. E troppo voi, amato mio Redentore, dolci ed ama­bili mi avete renduti gli affronti, con avere ab­bracciati tanti dispregi per mio amore. Propon­go di più per darvi gusto di beneficar quanto pos­so chi mi disprezza; almeno di dirne bene e pregare per esso. E da ora vi prego a colmare di grazie tutti coloro dai quali io ho ricevuta qual­che ingiuria. V'amo bontà infinita e voglio sem­pre amarvi quanto posso Amen.

 

CAPITOLO VIII.

Sopra la flagellazione di Gesù Cristo

1. Entriamo nel pretorio di Pilato fatto un giorno orrendo teatro dell'ignominie e dei dolori di Gesù; vediamo quanto fu ingiusto, ignominio­so e crudele il supplicio ivi dato al Salvatore del mondo. - Vedendo Pilato che i Giudei continua­vano a tumultuare contro Gesù, egli, l'ingiustis­simo giudice, lo condannò ad esser flagellato: Al­lora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare (Gv 19, 1). Pensò l'iniquo giudice con questo bar­baro modo di guadagnarsi la compassione dei ne­mici e così liberarlo dalla morte: Lo castigherò severamente, disse, e poi lo rilascerò (Lc 23, 22). Era la flagellazione castigo solo degli schiavi. Dunque, dice S. Bernardo, il nostro amoroso Re­dentore volle prender la forma non solamente di servo per soggettarsi all'altrui volontà, ma anche di servo malvagio per esser castigato coi flagelli e così pagare la pena meritata dall'uomo fatto già servo del peccato.

O Figliuolo di Dio, o grande amante dell'ani­ma mia, come voi Signore d'infinita maestà avete potuto tanto amare un oggetto sì vile ed ingrato come sono io, che vi siate sottoposto a tante pe­ne per liberare me dalla pena dovuta? Un Dio flagellato! Fa più maraviglia un Dio soffrire una minima percossa, che se fossero distrutti tutti gli uomini e tutti gli angeli. Ah Gesù mio, perdona­temi le offese che vi ho fatte e poi castigatemi come vi piace. Ma basta solo che io vi ami e voi mi amiate, e poi mi contento di patire tutte le pene che volete.

2. Giunto che fu al pretorio l'amabile nostro Salvatore, come fu rivelato a S. Brigida al co­mando dei ministri egli stesso si spogliò delle ve­sti, abbracciò la colonna, e poi vi applicò le ma­ni per esservi legato. Oh Dio, già si dà principio al crudele tormento! O angeli del cielo, venite ad assistere a questo doloroso spettacolo; e se non vi è permesso di liberare il vostro re dal barbaro strazio che gli preparano gli uomini, al­meno venite a piangere per compassione.

E tu, anima mia, immaginati di trovarti pre­sente a questa orrenda carneficina del tuo amato Redentore. Guardalo come sta egli, il tuo afflitto Gesù, col capo dimesso, guardando la terra e tutto verecondo per lo rossore aspetta quel gran tormento. Ecco che quei barbari come tanti cani arrabbiati già si avventano coi flagelli sopra l'in­nocente agnello. Vedi là chi batte il petto, chi percuote le spalle, chi ferisce i fianchi e chi le gambe; anche la sacra testa e la sua bella faccia non vanno esenti dalle percosse. Oimè già scorre quel sangue divino da tutte le parti; già di san­gue sono pieni i flagelli, le mani dei carnefici, la colonna e la terra. Piange S. Pier Damiani: Viene ferito e dilaniato per tutto il corpo dai flagelli: ora colpiscono le spalle, ora le gambe: alle ferite aggiungono ferite e piaghe alle piaghe appena aperte.

Ah crudeli, con chi ve la pigliate? Fermate, fermate: sappiate che avete errato. Quest'uomo che voi tormentate egli è innocente, è santo: io sono il reo; a me, a me che ho peccato toccano i flagelli ed i tormenti. Ma voi non mi sentite. - Eterno Padre, e come voi potete soffrire questa grande ingiustizia? come potete vedere il vostro Figlio diletto così patire e non soccorrerlo? che delitto egli ha mai commesso che meriti un ca­stigo così vergognoso e così fiero?

3. Per l'iniquità del mio popolo lo percossi (cf Is 53, 8). Io ben so, dice l'Eterno Padre, che questo mio Figlio è innocente, ma poiché egli si è offerto a soddisfare la mia giustizia per tutti i peccati degli uomini, conviene che io così l'ab­bandoni al furore dei suoi nemici. Dunque, o ado­rato mio Salvatore, voi per pagare i nostri de­litti, e specialmente i peccati d'impurità - che è il peccato più comune degli uomini - avete volu­to che fossero lacerate le vostre carni purissime? E chi non esclamerà con S. Bernardo: O ineffa­bile amore del Figlio di Dio per i peccatori!

Ah Signor mio flagellato, vi ringrazio di tanto amore, e mi addoloro che anche io coi miei pec­cati mi sono aggiunto a flagellarvi. Odio, Gesù mio, tutti quei piaceri malvagi che vi han costa­to tanto dolore. Oh da quanti anni dovrei bru­ciar nell'inferno! Ma voi perché mi avete aspet­tato finora con tanta pazienza? Mi avete soppor­tato, acciocch'io vinto finalmente da tante finezze d'amore, mi rendessi ad amarvi con lasciare il peccato.

Amato mio Redentore, non voglio no più resi­stere al vostro affetto; io voglio amarvi quanto posso per l'avvenire. Ma voi già sapete la mia debolezza, sapete i tradimenti che vi ho fatti. Staccatemi voi da tutte le affezioni terrene che mi impediscono l'esser tutto vostro. Ricordatemi spesso l'amore che mi avete portato, e l'obbligo che ho di amarvi. In voi ripongo tutte le mie spe­ranze, mio Dio, mio amore, mio tutto.

4. Piange S. Bonaventura: Scorreva già da per tutto quel sangue divino; già quel sacro corpo era divenuto tutto una piaga; ma quei cani stiz­zati non cessavano di aggiungere ferite a ferite, come predisse il Profeta (cf Sal 68, 27). Sicché le sferze non solo impiagavano tutto il corpo, ma ne portavano seco anche i pezzi per aria, e tal­mente furono aperte quelle sacre carni che si po­teano contare l’ossa. Dice Cornelio a Lapide, che in questo tormento Gesù Cristo naturalmente do­vea morire, ma egli colla sua virtù divina volle riserbarsi in vita, affine di soffrire pene maggiori per nostro amore. E prima lo disse S. Lorenzo Giustiniani: Sarebbe certamente morto, ma volle restare in vita per soffrire dolori più grandi.

Ah! mio Signore amantissimo, voi siete degno di un amore infinito. Voi avete tanto patito, ac­ciocch'io v'amassi. Non permettete che io, invece d'amarvi, abbia da offendervi più e disgustarvi. Deh quale inferno a parte sarebbe per me, se io dopo aver conosciuto l'amore che mi avete porta­to, misero mi dannassi, con disprezzare un Dio vilipeso, schiaffeggiato e flagellato per me! E che inoltre dopo averlo io offeso tante volte mi ha perdonato con tanta pietà! Ah Gesù mio, non lo permettete no. Oh Dio, che l'amore e la pazien­za che avete avuta per me sarebbe colà nell'in­ferno un altro inferno per me più tormentoso.

5. Troppo crudele fu questo tormento della flagellazione al nostro Redentore, poiché per pri­ma molti furono i ministri che lo flagellarono: giusta la rivelazione fatta a S. Maria Maddalena de' Pazzi furono non meno di sessanta. Or que­sti istigati dai demoni e più dai sacerdoti, i quali temevano che Pilato dopo quel castigo volesse li­berare il Signore, come già si era protestato di­cendo: Lo castigherò severamente e poi lo rila­scerò (Lc 23, 22), si posero coi flagelli a privarlo di vita.

Convengono poi gli autori con S. Bonaventura che essi scelsero a questo officio gli stromenti più fieri, in modo che ogni colpo fe' piaga, come as­serisce S. Anselmo, e che le battiture giunsero a più migliaia, flagellando, come scrive il p. Cras­set, non già all'usanza degli Ebrei, per i quali il Signore proibì che si passasse il numero di qua­ranta colpi: Non superino il numero di quaranta colpi, affinché il tuo fratello non resti ignominio­samente ferito davanti ai tuoi occhi (cf Dt 25, 3); ma alla maniera dei Romani, che non avea misura.

Quindi riferisce Giuseppe ebreo - il quale vis­se poco dopo nostro Signore - che Gesù fu lace­rato in tal modo nella flagellazione che giunge­vano ad apparirvi scoperte le ossa delle coste; come fu anche rivelato a S. Brigida dalla SS. Ver­gine, la quale disse: Io, che ero presente, vidi il suo corpo talmente devastato dai flagelli, che si vedevano le ossa delle costole; ma la cosa più crudele era vedere che, ad ogni levata dei flagelli, le carni restavano squarciate.

A S. Teresa apparve Gesù flagellato: onde la santa volle che gli fosse dipinto appunto come l'avea veduto, e disse al pittore che nel gomito si­nistro avesse espresso uno squarcio di carne ap­pesa; ma dimandando poi il pittore in qual forma dovea dipingerlo, egli si rivoltò al quadro e trovò lo squarcio già formato.

Ah mio Gesù amato e adorato, quanto avete patito per amor mio! Deh non sian perduti per me tanti dolori e tanto sangue!

6. Ma dalle sole Scritture ben si argomenta quanto fu spietata la flagellazione di Gesù Cristo. E perché mai Pilato dopo la flagellazione lo dimo­strò al popolo dicendo: Ecce homo, se non per­ché il nostro Salvatore era ridotto ad una figura sì compassionevole che Pilato con solo farlo mi­rare credette di muoverne a compassione gli stes­si suoi nemici, sicché non ne chiedessero più la morte?

Perché mai nel viaggio che Gesù poi fece al Calvario, le donne giudee lo seguitavano con la­grime e con lamenti? Lo seguiva una grande folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui (Lc 23, 27). Forse per­ché quelle donne l'amavano o lo credevano inno­cente? No, le donne per lo più seguono i senti­menti dei loro mariti, e perciò anch'elle lo stima­vano reo; ma perché Gesù dopo la flagellazione faceva una vista sì orrida e sì pietosa che muo­veva a piangere anche coloro che l'odiavano, perciò le donne piangevano e sospiravano. Perché ancora in questo viaggio i Giudei gli tolsero la croce da sulle spalle e la diedero a portare al Ci­reneo - secondo l'opinione più probabile e come si ricava chiaramente da S. Matteo e da S. Luca: E gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù (Lc 23, 26) - forse perché essi ne aveano pietà e voleano alleggerirgli la pena?

No, che quegl'iniqui l'odiavano e cercavano affligerlo quanto più poteano. Ma, come dice il B. Dionisio Cartusiano Temevano che morisse du­rante il cammino. Vedendo che nostro Signore dopo la flagellazione era rimasto dissanguato e così sfinito di forze che quasi non potea più reg­gersi in piedi ed andava cadendo per via sotto la croce e camminando andava, per dir così, ad ogni passo spirando l'anima; perciò affin di portarlo vivo sul Calvario, e vederlo morto in croce, come essi aveano preteso acciocché restasse per sempre infamato il suo nome: Strappiamolo, essi diceano, come predisse il profeta, dalla terra dei viventi; il suo nome non sia più ricordato (Gr 11, 19): a questo fine costrinsero il Cireneo a portar la croce.

Ah Signore, grande è il mio contento nell'intendere quanto mi avete amato, e che ora voi conservate per me lo stesso amore, che mi por­tavate allora nel tempo della vostra Passione! Ma quanto è il mio dolore in pensare di avere offeso un Dio così buono! Per lo merito della vostra fla­gellazione, Gesù mio, vi cerco il perdono. Mi pen­to sopra ogni male di avervi offeso e propongo prima morire che più offendervi. Perdonatemi tutti i torti che vi ho fatti, e datemi la grazia di amarvi sempre nell'avvenire.

7. Il profeta Isaia più chiaramente di tutti ci rappresentò lo stato compassionevole, in cui pre­vide ridotto il nostro Redentore. Disse egli che la sua santissima carne nella Passione doveva di­venire non solo impiagata, ma tutta franta e stri­tolata: E' stato piagato per le nostre iniquità, stri­tolato per i nostri delitti (cf Is 53, 5). Poiché, siegue a dire il profeta, il suo Eterno Padre per dare alla sua giustizia una maggior soddisfazione e per far comprendere agli uomini la deformità del peccato, non si contentò se non vide il Figlio pestato e consumato dai flagelli: Il Signore volle pestarlo con i dolori (ivi, 10): in modo che il cor­po benedetto di Gesù dovette diventare come un corpo di un lebbroso, tutto piaghe da capo a piedi: Lo giudicammo come un lebbroso, e percosso da Dio (ivi, 4).

Ecco dunque, o mio lacerato Signore, a quale stato vi hanno ridotto le nostre iniquità. O buon Gesù, noi abbiamo peccato e tu paghi? (S. Ber­nardo). Sia sempre benedetta la vostra immensa carità, e siate amato come meritate da tutti i pec­catori, e specialmente da me che più degli altri vi ho disprezzato.

8. Apparve un giorno Gesù flagellato a Suor Vittoria Angelini e dimostrandole il suo corpo tutto ferito: “Queste piaghe, le disse, Vittoria, tutte ti chiedono amore”. Amiamo lo sposo, dice l'innamorato S. Agostino, e quanto più deforme ci viene dato, tanto più bello e amabile è diven­tato per la sposa.

Sì, mio dolce Salvatore, io ti vedo tutto pieno di piaghe: guardo la tua bella faccia, ma oh Dio, che non apparisce più vaga, ma orrida ed anneri­ta dal sangue, dalle lividure e dagli sputi! Non ha apparenza né belleza, lo abbiamo veduto e non aveva sembianza (cf Is 53, 2). Ma quanto più dif­formato vi vedo, o mio Signore, tanto più bello ed amabile mi comparite. E qual'altri son questi, se non segni della tenerezza dell'amore che voi mi portate?

V'amo, Gesù impiagato e lacerato per me. Vor­rei vedermi anche io lacerato per voi, come tanti martiri che hanno avuta questa sorte. Ma se non posso ora offerirvi ferite e sangue, vi offerisco al­meno tutte le pene che mi accaderanno a soffrire. Vi offerisco il mio cuore, con questo voglio amar­vi più teneramente che posso. E chi mai deve amare con più tenerezza l'anima mia, se non un Dio flagellato e dissanguato per me? V'amo, o Dio d'amore; v'amo, bontà infinita; v'amo, amor mio, mio tutto; v'amo e non voglio mai cessar di dire in questa vita e nell'altra, io v'amo, io v'amo, io v'amo. Amen.

 


23/02/2015 19:57

CAPITOLO IX.

Della Coronazione di Spine

1. Continuando tuttavia i soldati a flagellar crudelmente l'innocente Agnello, narrasi, che si fece avanti uno degli assistenti e, fattosi animo, disse loro: « Voi non avete ordine di uccidere quest'uomo, come pretendete di fare ». E con ciò tagliò le funi con cui stava legato il Signore. Ciò fu rivelato a S. Brigida.

Ma appena terminata la flagellazione quei bar­bari ministri istigati e corrotti con danaro dai Giudei, come asserisce S. Gio. Grisostomo, fan soffrire al Redentore una nuova specie di tormen­to. Allora i soldati del governatore condussero Ge­sù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra (Mt 27, 27-29). Ecco come i soldati lo spogliano di nuovo e, trattandolo da re di burla, gli pongono indosso una veste rossa, che altro non era che uno straccio di mantello usato dai soldati romani e chiamato clamide; gli mettono in mano una canna in segno di scettro ed un fascio di spine in testa in segno di corona.

Ah mio Gesù, ma voi non siete il vero re del­l'universo? e come ora siete divenuto re di dolore e di vitupero? Ecco dove v'ha condotto l'amore.

O mio Dio amabilissimo quando sarà quel gior­no che io mi unisca talmente a voi che niuna cosa vaglia più a separarmene ed io non possa più lasciare di amarvi? Ah Signore, che fintantochè vivo in questa terra, sto sempre in pericolo di voltarvi le spalle e negarvi il mio amore, co­me infelice ho fatto per lo passato. Deh Gesù mio, se mai vedete che io vivendo avessi a patire questa somma disgrazia, deh fatemi morire in questo punto, in cui spero di stare ingrazia vo­stra! Ve lo prego per la vostra Passione, non mi abbandonate a questo gran male. Io lo meriterei per li miei peccati, ma non lo meritate voi; sce­gliete ogni castigo per me, e non questo. No, Gesù mio, Gesù mio, non voglio vedermi più se­parato da voi.

2. Intrecciata una corona di spine, gliela pose­ro sul capo. Ben riflette il divoto Laspergio, che questo tormento delle spine fu dolorosissimo, mentre da quelle fu tutta trafitta la sacra testa del Signore, parte sensibilissima, perché dalla testa si diramano tutti i nervi e le sensazioni del cor­po; e fu ancora il tormento più lungo della sua Passione, poiché Gesù soffrì le spine sino alla morte, restando fisse le medesime dentro del ca­po. Ogni volta ch'eran toccate le spine o il capo, sempre se gli rinnovava lo spasimo.

Secondo poi il sentimento comune degli scrit­tori con S. Vincenzo Ferreri, la corona fu intrecciata di più rami di spine e fatta a modo di ce­lata o sia cappello, sì che pigliava tutta la testa e scendeva sino a mezza fronte secondo la rivela­zione fatta a S. Brigida.

E come dice S. Lorenzo Giustiniani con S. Pier Damiani erano le spine sì lunghe che giunsero anche a penetrar le cervella. E l'Agnello mansue­to lasciavasi tormentare a loro voglia senza dir parola, senza gridare, ma serrando gli occhi per lo spasimo mandava spesso allora amari sospiri come un tormentato che sta vicino alla morte, conforme fu rivelato alla B. Agata della Croce. Tanta era la copia del sangue che scorrea dalle ferite del sacro capo che nella sua faccia non si vedeva altro colore che di sangue, secondo la ri­velazione di S. Brigida. E S. Bonaventura aggiun­ge che non compariva più la bella faccia del Si­gnore, ma pareva la faccia d'un uomo scorticato.

O amore divino, esclama Salviano, io non so come chiamarti, o dolce o crudele; poiché tu sem­bri essere stato dolce insieme e crudele. Ah mio Gesù, l'amore ben vi rende dolce verso di noi, con farvi scorgere sì appassionato amante delle anime nostre: ma vi rende spietato con voi, fa­cendovi patire tormenti così acerbi. Voleste voi essere coronato di spine per ottenere a noi coro­na di gloria in cielo. Mio dolcissimo Salvatore, io spero d'esser la vostra corona in Paradiso sal­vandomi per li meriti dei vostri dolori; ivi loderò per esempre il vostro amore e le vostre miseri­cordie. Le misericordie del Signore canterò per sempre per sempre canterò (Sal 88 [89], 2).

3. Ahi spine crudeli, ingrate creature, perché così tormentate il vostro Creatore? Ma che ser­ve, dice S. Agostino, a rimproverar le spine? Elle furono innocenti stromenti: i nostri peccati, i no­stri mali pensieri furono le spine malvagie che afflissero la testa di Gesù Cristo: Cosa sono le spine, se non i peccatori?

Essendo apparso un giorno a S. Teresa Gesù coronato di spine, la santa si pose a compatirlo; ma il Signore disse: « Teresa, non mi compatire per le ferite che mi fecero le spine dei Giudei; abbimi pietà per le piaghe che mi fanno i pecca­ti dei Cristiani ».

Anima mia, tu ancora dunque tormentasti al­lora il venerando capo del tuo Redentore con tanti tuoi cattivi consensi. Riconosci e vedi quan­to è cosa cattiva e amara l'avere abbandonato il Signore tuo Dio (Gr 2, 19). Apri ora gli occhi e vedi e piangi amaramente in tutta la tua vita il male che hai fatto in voltare le spalle con tanta ingratitudine al tuo Signore e Dio.

Ah Gesù mio, no che non meritavate esser trattato da me come vi ho trattato. Ho fatto male, ho fatto errore; me ne dispiace con tutto il cuore; perdonatemi e datemi un dolore che mi faccia piangere tutta la vita i torti che vi ho fatti. Gesù mio, Gesù mio, perdonatemi, che io voglio sem­pre amarvi.

4. Poi, mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: Salve, re dei Giudei! E sputando­gli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo per­cuotevano sul capo (Mt 27. 29-30). Aggiunge S. Giovanni: E gli davano schiaffi (Gv 2, 19). Dopo che quei barbari ebbero posta sul capo di Gesù quella tormentosa corona, non bastò loro premer­cela a tutta forza colle mani, ma presero la can­na a far l'officio di martello per far entrare più ad­dentro le spine. Indi cominciarono a deriderlo come re di scherno, prima salutandolo, inginoc­chiati, re dei Giudei; e poi alzandosi gli sputava­no in faccia e lo schiaffeggiavano con grida e ri­sate di disprezzo.

Ah Gesù mio, dove siete ridotto! Chi mai allora fosse passato a caso per quel luogo ed avesse mirato Gesù Cristo così dissanguato, coperto di quello straccio rosso, con quello scettro in mano, con quella corona in testa, e così deriso e maltrat­tato da quella gentaglia, per chi mai l'avrebbe stimato, se non per l'uomo più vile e scellerato del mondo? Ecco il Figliuolo di Dio diventato allora il vitupero di Gerusalemme! O uomini, esclama qui il B. Dionisio Cartusiano, se non vo­gliamo amare Gesù Cristo perché è buono e per­ché è Dio, amiamolo almeno per tante pene che ha sofferto per noi.

Ah mio caro Redentore, ricevete un servo ri­belle che vi ha lasciato, ma che ora pentito a voi ritorna. Quando io vi fuggiva e disprezzava il vo­stro amore, voi non avete lasciato di venirmi ap­presso per tirarmi a voi; perciò non posso temere che voi mi caccerete ora che vi cerco, vi stimo e v'amo sopra ogni cosa. Fatemi conoscere quel che ho da fare per darvi gusto che io tutto lo vo­glio fare. O Dio amabilissimo, io vi voglio amare davvero e non vi voglio più disgustare. Aiutate­mi voi colla vostra grazia, non permettete che io più vi lasci.

Maria speranza mia, pregate Gesù per me. Amen.

 

CAPITOLO X.

Dell'Ecce Homo

1. Pilato vedendo il Redentore ridotto a quello stato così degno di compassione, pensò che la sua sola vista avrebbe intenerito i Giudei; onde lo menò sulla loggia, alzò la porpora e, mostrando al popolo il corpo di Gesù coperto di piaghe e lacerato, disse loro: Ecco l'uomo: Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nes­suna colpa. Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: Ecco l'uomo! (Gv 19, 4-5). Ecce Homo, co­me avesse voluto dire: Ecco l'uomo che voi mi avete accusato e che pretendeva di farsi re; io per piacere a voi, benché innocente, l'ho con­dannato ai flagelli: Ecco l'uomo, non nobile per la sovranità, ma carico di vituperio (S. Agostino). Eccolo ora ridotto in tale stato che sembra un uomo scorticato, e poco può restargli di vita. Se voi contuttociò pretendete che io lo condanni a morte, vi dico che non posso farlo, mentre non trovo ragione di condannarlo.

Ma i Giudei alla vista di Gesù così maltrattato, più s'infierirono: Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: Crocifiggilo! crocifiggilo! (Gv 19, 6). Vedendo Pilato che non si quietava­no, si lavò le mani a vista del popolo dicendo: Non sono responsabile di questo sangue, vedete­vela voi. E quelli risposero: Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli (Mt 27, 24-25).

O amato mio Salvatore, voi siete il più gran­de di tutti i re, ma ora vi vedo il più vituperato di tutti gli uomini. Se questo popolo ingrato non vi conosce, io vi conosco e vi adoro per mio vero re e Signore. Vi ringrazio, o mio Redentore, di tanti oltraggi sofferti per me; e vi prego a darmi amore ai disprezzi ed alle pene, giacché voi con tanto affetto l'avete abbracciate. Mi vergogno di aver così amato per lo passato gli onori ed i pia­ceri, che per essi son arrivato tante volte a ri­nunziare la vostra grazia e il vostro amore; me ne pento più d'ogni male. Abbraccio, Signore, tutti i dolori e ignominie che mi verranno dalle vostre mani. Donatemi voi quella rassegnazione che mi bisogna. V'amo Gesù mio, mio amore, mio tutto.

2. Ma siccome Pilato dalla loggia dimostrò Ge­sù a quel popolo, così nello stesso tempo l'Eterno Padre dal cielo presentava a noi il suo diletto Figlio con dire similmente: Ecce Homo. Ecco quest'uomo, che è l'unico mio Figliuolo da me amato quanto me stesso. Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto (Mt 17, 5). Ecco l'uomo vostro Salvatore da me promesso e da voi tanto aspettato. Ecco l'uomo più nobile di tutti gli uomini diventato l'uomo dei dolori. Eccolo, vedete a quale stato compassionevole si è ridotto per l'amore che vi ha portato e per es­sere, almeno per compassione, da voi amato. Deh miratelo ed amatelo; e se non vi muovono i suoi gran pregi, almeno vi muovano ad amarlo questi dolori e queste ignominie che egli soffrisce per voi.

Ah mio Dio e Padre del mio Redentore, io amo il vostro Figlio che patisce per amor mio, ed amo voi che con tanto amore l'avete abbandonato a tante pene per me. Deh non guardate i peccati miei, coi quali ho tante volte offeso voi e il vo­stro Figlio. Guarda il volto del tuo consacrato (Sal 83, 10): mirate il vostro Unigenito coperto di piaghe e di obbrobri per pagare i miei delitti, e per li meriti suoi perdonatemi e non permettete ch'io più v'offenda.

Il suo sangue ricada sopra di noi (Mt 27, 24). Il sangue di quest'uomo a voi sì caro, che per noi vi prega e vi domanda pietà, questo scenda sopra l'anime nostre e ci ottenga la vostra gra­zia. Odio, Signor mio, e maledico tutti i disgusti che vi ho dati e v'amo, bontà infinita, più di me stesso. Per amor di questo Figlio, datemi il vo­stro amore, che mi faccia vincere ogni passione e soffrire ogni pena per darvi gusto.

3. Uscite figlie di Sion, guardate il re Salomo­ne con la corona che gli pose sua madre nel gior­no delle scie nozze, nel giorno della gioia del suo cuore (Ct 3, 11.). Uscite, o anime redente, figlie della grazia, uscite a vedere il vostro re mansue­to, nel giorno di sua morte - giorno di sua alle­grezza, perché in esso vi fece sue spose dando per voi la vita sulla croce - coronato dall'ingrata si­nagoga, sua madre, d'una corona non già d'ono­re, ma di dolore e d'ignominia. Uscite, dice S. Bernardo, e guardate il vostro re con la corona della povertà e della miseria.

O il più bello di tutti gli uomini! O il più grande di tutti i monarchi! O il più amabile di tutti gli sposi! E come vi vedo ridotto tutto pieno di piaghe e di disprezzi? Voi siete sposo, ma sposo di sangue (cf Es 4, 25); mentre per mezzo del vostro sangue e della vostra morte avete vo­luto sposarvi colle anime nostre. Voi siete re, ma re di dolore e re d'amore, mentre a forza di tor­menti avete voluto guadagnarvi i nostri affetti.

O amantissimo sposo dell'anima mia, oh mi ricordassi io sempre di quanto avete patito per me, acciò non cessassi mai di amarvi e darvi gu­sto! Abbiate pietà di me che tanto vi costai. Per paga di tante pene per me sofferte, voi vi con­tentate che io vi ami. Si v'amo, amabile infinito, v'amo sopra ogni cosa, ma v'amo poco. Amato mio, datemi più amore, se volete essere più ama­to da me. Io desidero amarvi assai.

Io misero peccatore dovrei bruciar nell'inferno da quel primo momento in cui gravemente vi of­fesi; ma voi mi avete sopportato sino a quest'ora, perché non volete che io arda di quel fuoco in­felice, ma arda del fuoco beato del vostro amore. Questo pensiero, o Dio dell'anima mia, mi ac­cende tutto di desiderio a far quanto posso per compiacervi. Aiutatemi, Gesù mio, e giacché ave­te fatto tanto, compite l'opera, fatemi tutto vostro.

4. Ma continuando i Giudei ad insultare il preside, gridando: Via, via, crocifiggilo! Pilato disse loro: Metterò in croce il vostro re? Ed essi risposero: Non abbiamo altro re all'infuori di Ce­sare (Gv 19, 15). I mondani che amano le ric­chezze, gli onori ed i piaceri della terra, rifiutano Gesù Cristo per loro re; poiché Gesù in questa terra non fu re se non di miserie, d'ignominie e di dolori.

Ma se questi vi rifiutano, o Gesù mio, noi vi eleggiamo per unico nostro re e ci protestiamo che non abbiamo altro re se non Gesù. Sì ama­bile Salvatore, mio Re siete voi; voi siete ed avete da essere sempre l'unico mio Signore.

Ben voi siete il vero re dell'anime nostre, men­tre l'avete create e redente dalla schiavitù di Lu­cifero. Venga il tuo regno. Dominate, regnate dunque sempre nei nostri poveri cuori; essi vi servano sempre e vi ubbidiscano. Servano pure altri ai monarchi terreni colla speranza dei beni di questo mondo; noi vogliamo servire solamente a voi nostro Re afflitto e disprezzato, colla sola speranza di darvi gusto senza consolazioni terre­ne. Ci saran cari da oggi avanti i dolori e gli ob­brobri giacché voi avete voluto soffrirne tanti per nostro amore.

Deh, concedeteci la grazia d'esservi fedeli, e perciò dateci il gran dono dell'amor vostro. Se ameremo voi, ameremo ancora i dispregi e le pe­ne tanto amate da voi, ed altro non vi chiede­remo se non ciò che vi domandava il vostro fedel servo ed amante S. Giovanni della Croce: Signo­re, patire ed essere disprezzato per te; Signore, patire ed essere disprezzato per te. Madre mia Maria, intercedete per noi. Amen.

 

CAPITOLO XI.

Della condanna di Gesù Cristo e suo viaggio al Calvario

1. Seguitava Pilato a scusarsi coi Giudei che non potea condannare alla morte quell'innocen­te; ma quelli l'atterrirono con dirgli: Se liberi co­stui, non sei amico di Cesare! (Gv 19, 12). Onde il misero giudice, accecato dal timore di perdere la grazia di Cesare, dopo aver conosciuto e di­chiarato Gesù Cristo tante volte innocente, final­mente lo condannò a morir crocifisso. Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso (ivi, 16).

O amato mio Redentore, qui piange S. Bernardo, e qual delitto voi avete commesso che abbia­te ad esser giudicato a morte, e morte di croce? Ma ben intendo, ripiglia il santo, la cagione del­la vostra morte: intendo il peccato che avete fat­to. Il vostro delitto è il troppo amore che avete portato agli uomini; questo, non già Pilato, vi condanna alla morte. No che non vedo, soggiun­ge S. Bonaventura, altra giusta ragione di vostra morte, o Gesù mio, se non l'affetto eccessivo che per noi avete. Ah che un tal eccesso d'amore, ri­piglia S. Bernardo, troppo ci stringe, o innamo­rato Signore, a consacrarvi tutti gli affetti dei nostri cuori. Un tale amore reclama tutto il no­stro amore.

O mio caro Salvatore, il solo intendere che voi mi amate, dovrebbe farmi vivere scordato d'ogni cosa, per attendere solo ad amarvi e contentarvi in tutto. Se l'amore è forte come la morte (Cf Ct 8, 6), deh per li meriti vostri, Signor mio, date­mi un tale amore verso di voi che mi faccia ab­bominare tutte le affezioni terrene! Fatemi ben capire che tutto il mio bene consiste nel piacere a voi, Dio tutto bontà e tutto amore. Maledico quel tempo, in cui non v'amai. Vi ringrazio che mi date tempo d'amarvi. V'amo, Gesù mio infitamente amabile ed infinitamente amante; v'amo con tutto me stesso, e vi prometto che voglio pri­ma mille volte morire che lasciare più d'amarvi.

2. Si legge l'iniqua sentenza di morte al con­dannato Gesù; egli l'ascolta ed umilmente l'ac­cetta. Non si lagna dell'ingiustizia del giudice, non appella a Cesare come fece S. Paolo: ma tut­to mansueto e rassegnato si sottomette al decreto dell'Eterno Padre, che lo condanna alla croce per li nostri peccati: Umiliò se stesso facendosi ob­bediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2, 8). E per l'amore che porta agli uomini si con­tenta di morire per noi: Ci ha amato e ha dato se stesso per noi (Ef 5, 2).

O pietoso mio Salvatore, quanto vi ringrazio! quanto vi sono obbligato! Desidero, Gesù mio, di morire per voi, giacché voi con tanto amore avete accettata la morte per me. Ma se non mi è concesso di darvi il mio sangue e la vita per ma­no di carnefice, come han fatto i martiri, accetto almeno con rassegnazione quella morte che mi aspetta; e l'accetto nel modo e nel tempo che a voi piacerà. Da ora ve 1'offerisco in onore della vostra maestà ed in isconto dei miei peccati: e per li meriti della vostra morte vi prego a concedermi la sorte di morire amandovi ed in grazia vostra.

3. Pilato consegna l'innocente Agnello in ma­no di quei lupi a farne quel che vogliono: E ab­bandonò Gesù alla loro volontà (Lc 23, 25). I ministri l'afferrano con furia, gli tolgono di sopra quello straccio di porpora, come vien loro insi­nuato dai Giudei, e gli rimettono le sue vesti: Lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo (Mt 27, 31). E ciò lo fecero, dice S. Ambrogio, acciocché Gesù fosse riconosciuto almeno alle ve­sti, poiché la sua bella faccia era così difforma­ta dal sangue e dalle ferite che, senza le sue ve­sti, difficilmente avrebbesi potuto riconoscere per quello ch'egli era. Indi prendono due rozzi travi, ne compongono presto la croce, lunga quindici piedi, come riferisce S. Bonaventura con S. An­selmo, e l'impongono sulle spalle del Redentore.

Ma non aspettò Gesù, dice S. Tommaso da Villanova, che la croce gli fosse imposta dal car­nefice, egli da sè stese le mani, la prese avida­mente e se la pose sulle spalle impiagate. Vieni, allora disse, vieni mia cara croce; io da trentatrè anni ti sospiro e ti vo cercando; io ti abbraccio, ti stringo al mio cuore, mentre tu sei l'altare in cui voglio sacrificar la mia vita per amore delle mie pecorelle.

Ah mio Signore, come avete potuto far tanto bene a chi vi ha fatto tanto male? Oh Dio, quan­do penso che voi siete giunto a morire a forza di tormenti per ottenere a me la divina amicizia, e che io tante volte poi l'ho perduta volontaria­mente per colpa mia vorrei morirne di dolore! Quante volte voi mi avete perdonato ed io sono tornato ad offendervi? Come potrei sperar perdo­no, se non sapessi che voi siete morto per perdo­narmi? Per questa vostra morte dunque io spero il perdono e la perseveranza in amarvi.

Mi pento, mio Redentore, di avervi offeso. Per li meriti vostri perdonatemi, che io vi prometto di non darvi più disgusto. Io stimo ed amo più la vostra amicizia che tutti i beni del mondo. Deh non permettete che io l'abbia da tornare a per­dere: datemi, o Signore, ogni castigo prima che questo. Gesù mio, non vi voglio più perdere, no; voglio più presto perdere la vita; io vi voglio sempre amare.

4. Esce la giustizia coi condannati e tra questi va ancora alla morte il re del cielo, l'Unigenito di Dio carico della sua croce: Ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio (Gv 19, 17). Uscite ancora voi dal paradiso, serafini beati, e venite ad accompagnare il vostro Signo­re, che va al Calvario per essere ivi giustiziato insieme coi malfattori su di un patibolo infame.

O spettacolo orrendo! un Dio giustiziato! Ec­co quel Messia che pochi giorni avanti era stato acclamato per Salvatore del mondo e ricevuto dal popolo con applausi e benedizioni, gridandosi: Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! (Mt 21, 9); e poi vederlo andare legato, schernito e maledetto da tutti con una croce indosso a morire da ribaldo! O eccesso dell'amore divino! un Dio giustiziato per gli uomini! E si troverà uomo che non ami questo Dio!

O mio eterno amante, io tardi vi comincio ad amare: fate che nella vita che mi resta compensi il tempo perduto. Già so che quanto io fo, tutto è poco a confronto dell'amore che voi m'avete portato; ma almeno voglio amarvi con tutto il mio cuore. Troppa ingiuria io vi farei, se dopo tante finezze dividessi il mio cuore e ne dessi parte a qualche oggetto fuori di voi. lo vi consa­cro da oggi innanzi tutta la mia vita, la mia vo­lontà, la mia libertà: disponete di me come vi piace. Vi domando il paradiso per amarvi colà con tutte le mie forze. Voglio amarvi assai in que­sta vita per amarvi assai in eterno. Soccorretemi voi colla vostra grazia: per li meriti vostri ve lo domando e lo spero.

5. Immaginati, anima mia, di trovarti a ve­dere Gesù che passa in questo doloroso viaggio. Siccome un agnello è portato al macello, così l'amante Redentore è condotto alla morte (cf Is 53, 7). Sta egli così dissanguato e stanco dai tormenti che appena può reggersi in piedi per la debolezza. Miralo tutto lacero di ferite, con quel fascio di spine sulla testa, con quel pesante legno sulle spalle e con un di quei ministri che lo tira con una fune. Vedilo come va col corpo curvo, con le ginocchia tremanti, scorrendo sangue; e cammina con tanta pena che par che ad ogni passo spiri l'anima.

Dimandagli: O Agnello divino non siete ancor sazio di dolori? Se pretendete con questi di ac­quistarvi il mio amore deh cessate di più patire, che io voglio amarvi come desiderate!

No, egli ti dice, non sono io abbastanza con­tento; allora sarò contento quando mi vedrò mor­to per tuo amore. Ed ora dove vai, o Gesù mio?

Vado, risponde, a morire per te. Non m'impe­dire. Questo solo ti cerco e ti raccomando: Quan­do mi vedrai già morto sulla croce per te, ricor­dati dell'amore che ti ho portato; ricordatene ed amami.

O mio affannato Signore, quanto caro vi costò il farmi comprendere l'amore che avete avuto per me! Ma che guadagno mai poteva darvi il mio amore, che per acquistarlo avete voluto spendere il sangue e la vita? E come io poi, legato da tanto amore, ho potuto vivere tanto tempo senza amarvi, scordato del vostro affetto?

Vi ringrazio che ora mi date luce a farmi co­noscere quanto voi mi avete amato. V'amo, bon­tà infinita, sopra ogni bene. Vorrei pure sacri­ficarvi mille vite se potessi, giacché avete volu­to voi sacrificar la vostra vita divina per me. Deh concedetemi quegli aiuti per amarvi che voi mi avete meritati con tante pene! Donatemi quel santo fuoco che voi siete venuto ad accendere in terra col morire per noi. Ricordatemi sempre la vostra morte, acciò io non mi scordi più di amarvi.

6. Sulle sue spalle è il segno della sovranità (Is 9, 5). La croce appunto, dice Tertulliano, fu il nobile strumento con cui Gesù Cristo si acqui­stò tante anime. Sì, perché, morendo in quella, egli pagò la pena dei nostri peccati, e così ci ri­scattò dall'inferno e ci fece suoi: Egli portò i no­stri peccati sul suo corpo sul legno della croce (1 Pt 2, 24)

Dunque, o Gesù mio, se Dio vi caricò di tutti i peccati degli uomini - Fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti (Is 53, 6) - io coi miei pec­cati vi rendei più pesante la croce che portaste al Calvario.

Ah mio dolcissimo Salvatore, già voi vedevate allora tutte le ingiurie che io avea da farvi, e contuttociò voi non lasciaste di amarmi e di pre­pararmi tante misericordie che poi mi avete usa­te. Se dunque a voi sono stato io così caro, io vi­lissimo ed ingrato peccatore che tanto vi ho offeso, è ragione che ancora a me siate voi caro, voi, mio Dio, bellezza e bontà infinita che tanto mi avete amato. Ah che non vi avessi mai disgustato! Ora conosco, Gesù mio, il torto che vi ho fatto.

O peccati miei maledetti, che avete fatto? Voi mi avete fatto amareggiare il Cuore innamorato del mio Redentore, Cuore che mi ha tanto amato. Deh Gesù mio, perdonatemi che io mi pento di avervi disprezzato! Per l'avvenire voi avete da essere l'unico oggetto del mio amore. V'amo, o amabile infinito, con tutto il mio cuore, e risolvo di non amare altri che voi. Signore, perdona­temi e datemi il vostro amore, e niente più vi domando. Dammi solamente il tuo amore, vi dico con S. Ignazio, e la tua grazia e sono ricco a suf­ficienza.

7. Se qualcuno vuol venire dietro a me rinne­ghi se stesso... e mi segua (Mt 16, 24). Giacché dunque, o mio Redentore, voi innocente mi an­date avanti colla vostra croce e mi invitate a se­guirvi colla mia, camminate pure che io non vo­glio lasciarvi. Se per lo passato vi lasciai, con­fesso che ho fatto male: datemi ora quella che vo­lete, che io l'abbraccio qualunque sia, e con essa voglio accompagnarvi sino alla morte. Usciamo... fuori dell'accampamento, portando il suo obbro­brio (Eb 13, 13). E come possiamo, Signore, non amare per amor vostro i dolori e gli obbrobri, se voi tanto gli avete amati per la nostra salute? Ma giacché ci invitate a seguirvi, sì, vogliamo seguirvi e morire con voi, ma dateci fortezza per eseguirlo; questa fortezza vi domandiamo per li meriti vostri e la speriamo. V'amo, Gesù mio, amabilissimo, v'amo con tutta l'anima, e non vo­glio più lasciarvi. Mi basti il tempo che sono an­dato lontano da voi. Legatemi ora alla vostra cro­ce. Se io ho disprezzato il vostro amore, me ne pento con tutto il cuore: ora lo stimo sopra ogni bene.

8. Ah Gesù mio, e chi son io che mi volete per vostro seguace e mi comandate che io v'ami? e se non vi voglio amare, mi minacciate l'inferno? Ma che occorre, vi dirò con S. Agostino, minac­ciarmi le miserie eterne? E qual maggior miseria mi può succedere che non amar voi, Dio amabi­lissimo, mio Creatore, mio Redentore, mio para­diso, mio tutto? Vedo che, per giusto castigo del­le offese che vi ho fatte, meriterei di essere con­dannato a non potervi più amare; ma voi, per­ché ancora mi amate, continuate a comandarmi che io v'ami, replicandomi sempre al cuore: Ame­rai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza (Mc 12,30).

Vi ringrazio, amor mio, di questo dolce pre­cetto: e per ubbidirvi io v'amo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente mia. Mi pento di non avervi amato per lo passato. Al pre­sente eleggo ogni pena prima che vivere senza amarvi, e propongo sempre di cercarvi il vostro amore. Aiutatemi, Gesù mio, a fare sempre atti d'amore verso di voi e ad uscire da questa vita con un atto di amore, acciocché io venga ad amarvi da faccia a faccia in paradiso, dove poi v'amerò senza imperfezione e senza intervallo con tutte le mie forze per tutta l'eternità. O Madre di Dio, pregate Gesù per me. Amen.

 

CAPITOLO XII.

Della Crocifissione di Gesù

1. Eccoci alla crocifissione, all'ultimo tormen­to che diede morte a Gesù Cristo; eccoci al Cal­vario fatto teatro dell'amor divino, dove un Dio lascia la vita in un mar di dolori. Quando giunsero al luogo detto Cranio, là lo crocifissero (Lc 23, 33). Arrivato che fu il Signore a grande sten­to vivo sul monte, gli strappano la terza volta con violenza le sue vesti, attaccate alle piaghe delle sue lacere carni, e lo gittano sopra la croce. L'Agnello divino si stende su quel letto di tor­mento; presenta ai carnefici le mani e i piedi per esservi inchiodato; ed alzando gli occhi al cielo presenta al suo Eterno Padre il gran sacrificio della sua vita per la salute degli uomini. Inchio­data una mano, si ritirano i nervi; onde bisognò che a forza con funi, come fu rivelato a S. Brigi­da, stirassero l'altra mano e i piedi al luogo dei chiodi; e con ciò vennero allora a stendersi e rompersi con grande spasimo i nervi e le vene. In modo tale che se gli poteano numerare tutte fossa, come già predisse Davide: Hanno forato le mie mani e i miei piedi, possono contare tutte le mie ossa (Sal 21, 17-18).

Ah mio Gesù, da chi mai vi furono inchiodate le mani e i piedi su questo legno, se non dall'amo­re portato agli uomini? Voi col dolore delle mani trafitte voleste pagare tutti i peccati che gli uomi­ni han fatti col tatto, e col dolore dei piedi vo­leste pagare tutti i nostri passi da noi dati per andare ad offendervi. Deh amor mio crocifisso, con queste mani trafitte beneditemi! Deh inchio­date ai vostri piedi questo mio cuore ingrato, ac­ciocché io non parta più da voi, e resti sempre confitta ad amarvi questa mia volontà che tante volte si è ribellata da voi. Fate che niun'altra co­sa mi muova che il vostro amore e il desiderio di darvi gusto.

Benché vi miro appeso a questo patibolo, io vi credo per Signore del mondo, per vero Figliuolo di Dio e Salvatore degli uomini. Per pietà, Gesù mio, non mi abbandonate mai in tutta la mia vita, e specialmente nel punto della mia morte; in quelle ultime agonie e contrasti coll'inferno voi assistetemi e confortatemi a morire nel vostro amore. V'amo, amor mio crocifisso, v'amo con tutto il cuore.

2. S. Agostino dice non esservi morte più acer­ba che la morte di croce. Poiché, come riflette S. Tommaso, i crocifissi sono trafitti nelle mani e nei piedi, luoghi che per essere tutti composti di nervi, muscoli e vene sono sensibilissimi al dolo­re; e lo stesso peso del corpo che pende fa che il dolore sia continuo e sempre più si aumenti sino alla morte.

Ma i dolori di Gesù superarono tutti gli altri dolori, mentre dice l'Angelico che il corpo di Ge­sù Cristo, essendo perfettamente complessionato, era più vivace e sensibile ai dolori: corpo che gli fu adattato dallo Spirito Santo apposta per patire secondo egli predisse come attesta l'Apostolo: Un corpo mi hai preparato (Eb 10, 5). Di più dice S. Tommaso che Gesù Cristo assunse un dolore così grande che fu proporzionato a soddisfare la pena che meritavano temporalmente i peccati di tutti gli uomini. Porta il Tiepoli che nella crocifis­sione gli furono date ventotto martellate sulle ma­ni e trentasei sui piedi.

Anima mia, mira il tuo Signore, mira la tua vita che pende da quel legno: La tua vita sarà co­me appesa davanti a te (cf Dt 28, 66). Vedilo come sopra quel patibolo doloroso, appeso a quei crudeli uncini, non trova sito nè riposo. Ora si appoggia sulle mani, ora su i piedi, ma dove si appoggia cresce lo spasimo. Va egli girando l'ad­dolorato capo ora da una parte, ora da un'altra; se l'abbandona sul petto, le mani col peso ven­gono a più squarciarsi; se l'abbassa sulle spalle, le spalle vengono trafitte dalle spine; se l'appog­gia sulla croce, le spine entrano più addentro alla testa. Ah Gesù mio, e che morte amara è questa che fate!

Redentor mio crocifisso, io vi adoro su questo trono d'ignominie e di pene. Leggo su questa croce scritto che voi siete re: Gesù il Nazareno, il re dei Giudei (Gv 19, 19). Ma fuori di questo titolo di scherno, qual contrassegno mai voi di­mostrate di re? Ah che queste mani inchiodate, questo capo spinoso, questo trono di dolore, que­ste carni lacerate, vi fan ben conoscere per re, ma re d'amore. Mi accosto dunque umiliato ed intenerito a baciare i vostri sacri piedi trafitti per amor mio, mi abbraccio a questa croce, in cui fatto voi vittima d'amore voleste per me sacrifi­carvi alla divina giustizia: Fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2, 8).

O felice ubbidienza che ottenne a noi il per­dono dei peccati! E che ne sarebbe di me, o mio Salvatore, se voi non aveste pagato per me? Vi ringrazio, amor mio, e, per li meriti di questa sublime ubbidienza, vi prego di concedermi la grazia di ubbidire in tutto alla divina volontà. Desidero il paradiso solo per amarvi sempre e con tutte le mie forze.

3. Ecco il re del cielo, che pendente da quel patibolo già sen va morendo. Domandiamogli pure col profeta: Ditemi, Gesù mio, che son que­ste piaghe in mezzo alle vostre mani? (cf Zc 13, 6). Risponde per Gesù Ruperto abbate: Sono il monumento della carità, il prezzo della reden­zione. Sono segni, dice il Redentore, del grande amore che vi porto; sono il prezzo col quale io vi libero dalle mani dei nemici e dalla morte eterna.

Ama dunque, o anima fedele, ama il tuo Dio che tanto ti ha amato, e se mai tu dubiti del suo amore, guarda, dice S. Tommaso da Villanova, guarda quella croce, quei dolori e quella morte acerba che egli per te ha patito, chè tali testi­moni ben ti faranno sapere quanto t'ama il tuo Redentore: Testimone la croce, testimoni i dolori, testimone la morte atroce che ha sofferto. Sog­giunge S. Bernardo, che grida la croce, grida ogni piaga di Gesù ch'esso ci ama con vero amore.

O Gesù mio, come vi vedo addolorato e mesto! Ah che troppo ne avete ragione in pensare che voi tanto soffrite sino a morire di spasimo su questo legno, e che poi tante poche anime han­no da amarvi! Oh Dio, al presente quanti cuori, anche a voi consacrati, o non v'amano o v'ama­no troppo poco!

Ah belle fiamme d'amore, voi che consumaste la vita di un Dio sulla croce, deh consumate an­cor me, consumate tutti gli affetti disordinati che vivono nel mio cuore, e fate che io viva arden­do e sospirando solo per quel mio amante Si­gnore che volle, consumato dai tormenti, finir la vita per amor mio sopra di un patibolo infame! Amato mio Gesù, io voglio sempre amarvi e voi solo, solo, solo voglio amare, mio amore, mio Dio, mio tutto.

4. I tuoi occhi vedranno il tuo maestro (Is 30, 20). Fu promesso agli uomini di vedere coi pro­pri occhi il loro divin Maestro. Tutta la vita di Gesù fu un continuo esempio e scuola di perfe­zione, ma non altrove meglio che sulla cattedra della croce egli ci insegnò le sue più belle virtù. Ivi, oh come bene ci ammaestrò nella pazienza, specialmente in tempo di infermità; poiché sulla croce Gesù infermo soffrì con somma pazienza i dolori della sua amarissima morte. Ivi col suo esempio ci insegnò un'esatta ubbidienza ai divini precetti, una perfetta rassegnazione alla volontà di Dio, e soprattutto ci insegnò come si deve amare. Il P. Paolo Segneri iuniore scrisse ad una sua penitente che ai piedi del Crocifisso avesse scritte queste parole: Ecco come si ama.

Ecco come si ama, pare che ci dica a tutti lo stesso Redentore dalla croce, allorché noi per non soffrire qualche molestia abbandoniamo le opere di suo gusto, e talvolta giungiamo a rinunziare anche alla sua grazia ed al suo amore. Egli ci ha amati sino alla morte, e non scese dalla croce se non dopo di avervi lasciata la vita.

Ah Gesù mio, voi mi avete amato sino alla morte: sino alla morte voglio amarvi ancor io! Per lo passato io vi ho offeso e tradito più volte. Signor mio, vendicatevi meco, ma con vendetta di pietà e di amore; datemi un tal dolore dei miei peccati che mi faccia vivere sempre addolorato ed afflitto per la pena di avervi offeso. Io mi protesto di voler patire ogni male per l'avvenire prima che disgustarvi. E qual maggior male po­trebbe avvenirmi che disgustare voi, mio Dio, mio Redentore, mia speranza, mio tesoro, mio tutto?

5. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me. Questo diceva per indicare di quale morte doveva morire (Gv 12, 32-33). Disse Gesù Cristo, che allorché sarebbe stato innalzato in croce, egli coi meriti suoi, col suo esempio e colla forza del suo amore, si avrebbe tirati gli affetti di tutte l'anime. Lo stesso scrisse S. Pier Damiani: Appena il Signore fu appeso alla croce, attirò tutti a sé con il suo ardente amore, com­menta Cornelio a Lapide. E chi mai, aggiunge Cornelio, non amerà Gesù che muore per nostro amore? Mirate, o anime redente, ci esorta la santa Chiesa, mirate il vostro Redentore su quel­la croce, dove tutta la sua figura spira amore ed invita ad amarlo: il capo inchinato per darci il bacio di pace, le braccia stese ad abbracciarci, il Cuore aperto ad amarci (S. Agostino).

Ah mio Gesù diletto, come l'anima mia pote­va esser sì cara agli occhi vostri, vedendo le in­giurie che voi da me avevate a ricevere? Voi per cattivarvi il mio affetto voleste darmi le di­mostrazioni più estreme d'amore.

Venite voi, flagelli, voi, spine, chiodi e croce che tormentaste le sacre carni del mio Signore, venite a ferirmi il cuore. Ricordatemi sempre che tutto il bene che ho ricevuto e che spero, tutto mi è pervenuto dai meriti della sua Pas­sione. O maestro d'amore, gli altri insegnano colla voce, ma voi su questo letto di morte in­segnate col patire; gli altri insegnano per inte­resse, voi per affetto, altra mercede non chie­dendo che la mia salute. Salvatemi, amor mio, e il salvarmi sia il donarmi la grazia che io sem­pre v'ami e vi contenti. L'amare voi è la sa­lute mia.

6. Mentre stava Gesù morendo sopra la cro­ce, gli uomini non cessavano di tormentarlo coi rimproveri e scherni. Altri gli dicevano: Ha sal­vato gli altri, non può salvare se stesso. Altri: Se è il re d'Israele, scenda ora dalla croce (cf Mt 27, 42). E Gesù, mentre questi l'ingiuriano, che fa dalla croce? Prega forse l'Eterno Padre che li punisca? No, egli lo prega che li perdoni: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34). Sì, dice S. Tommaso, a dimo­strare il suo immenso amore che avea per gli uomini, il Redentore domandò a Dio il perdono per gli stessi suoi crocifissori. Lo domandò e l'ot­tenne; sicché quelli poi, dopo averlo veduto mor­to, si pentirono del lor peccato: Se ne tornavano percuotendosi il petto (Lc 23, 48).

Ah mio caro Salvatore, eccomi ai vostri pie­di: io sono stato uno dei vostri più ingrati persecutori: pregate voi anche per me il vostro Pa­dre che mi perdoni. E' vero che i Giudei e i car­nefici non sapeano crocifiggendovi quel che si facevano; ma io ben sapeva che peccando offen­deva un Dio crocifisso e morto per me. Ma il vostro sangue e la vostra morte anche per me han meritata la divina misericordia. Io non pos­so diffidare di esser perdonato, vedendovi mo­rire per ottenere a me il perdono. Ah mio dolce Redentore, deh miratemi con uno di quei sguar­di amorosi con cui mi rimiraste morendo per me sulla croce; miratemi e perdonatemi tutte le in­gratitudini che ho usate al vostro amore.

Mi pento, o Gesù mio, d'avervi disprezzato. V'amo con tutto il cuore; ed a vista del vostro esempio, perché v'amo, amo ancora tutti coloro che mi hanno offeso. Desidero ad essi tutto il bene e propongo servirli e soccorrerli quanto posso per amor di voi, mio Signore, che voleste morire per me che vi ho tanto offeso.

7. Memento mei (ricordati di me) vi disse, o Gesù mio, il buon ladrone, e fu consolato con sentirsi dire da voi: Oggi sarai con me nel para­diso (Lc 23, 42-43). Memento mei, vi dico an­cor io: ricordatevi, Signore, che io sono una di quelle pecorelle, per cui voi deste la vita. Con­solate ancora me facendomi sentire che mi per­donate con darmi un gran dolore dei peccati miei.

O gran sacerdote che sacrificate voi stesso per amor delle vostre creature, abbiate pietà di me. Io vi sacrifico da oggi innanzi la mia volontà, i miei sensi, le mie soddisfazioni e tutti i miei desideri. Io credo che voi, mio Dio, siete morto crocifisso per me. Scorra, vi prego, anche sopra di me il vostro sangue divino: egli mi lavi dai miei peccati. Egli mi accenda di santo amore e mi faccia tutto vostro. Io v'amo, o Gesù mio, e desidero morire crocifisso per voi che siete mor­to crocifisso per me.

Eterno Padre, io vi ho offeso; ma ecco il vo­stro Figlio che, appeso a questo legno, vi soddi­sfa per me col sacrificio che vi offerisce della sua vita divina. Io vi offerisco i meriti suoi che son tutti miei, mentre egli a me gli ha donati; e per amor di questo Figlio vi prego ad aver pietà di me. La pietà maggiore che da voi dimando è che mi doniate la vostra grazia che io infelice tante volte volontariamente ho disprezzata. Mi pento di avervi oltraggiato e v'amo, v'amo, mio Dio, mio tutto; e per darvi gusto son pronto a patire ogni obbrobrio, ogni dolore, ogni miseria, ogni morte.


23/02/2015 19:58

CAPITOLO XIII.

Delle ultime parole di Gesù in croce e della sua morte

1. Dice S. Lorenzo Giustiniani che la morte di Gesù fu la più amara e dolorosa fra tutte le morti degli uomini; poiché il Redentore morì sulla croce senza alcun minimo sollievo. Negli altri pazienti la pena vien sempre mitigata da qualche pensiero almeno di consolazione; ma il dolore e la mestizia di Gesù paziente fu puro dolore, e pura mestizia senza sollievo, scrisse l'Angelico. Onde è che S. Bernardo, contemplan­do Gesù moribondo sulla croce, piange dicen­do: Caro mio Gesù, io mirandovi su questo le­gno da capo a piedi non trovo altro che dolore e mestizia.

O mio dolce Redentore, o amore dell'anima mia, e perché voleste spargere tutto il sangue?

perché sacrificare la vostra vita divina per un verme ingrato quale son io? O Gesù mio, quan­do sarà che io mi congiunga talmente a voi che non possa più separarmene e lasciare d'amarvi? Ah Signore, finché vivo su questa terra sto in pericolo di negarvi il mio amore e perdere la vostra amicizia, come ho fatto per lo passato. Deh mio carissimo Salvatore, se mai vivendo ho da patire questo gran male, per la vostra Pas­sione vi prego, fatemi morire ora che spero di stare in grazia vostra. Io v'amo e voglio sempre amarvi.

2. Si lamentava Gesù per bocca del profeta che stando moribondo sulla croce andava cer­cando chi lo consolasse ma non lo ritrovava: Ho atteso... consolatori, ma non ne ho trovati (Sal 68 21). I Giudei e i Romani, anche mentre egli stava per morire, lo malediceano e bestemmia­vano. Stavane sì Maria SS. sotto la croce affin di dargli qualche sollievo se avesse potuto; ma questa afflitta ed amante Madre, col dolore che ella soffriva per compassione delle sue pene, più affliggeva questo Figlio che tanto l'amava.

Dice S. Bernardo che le pene di Maria anda­vano tutte a più tormentare il Cuore di Gesù.

Talmentechè il Redentore, guardando Maria co­sì addolorata, sentiva trafiggersi l'anima più dai dolori della Madre che dai suoi, come la stessa B. Vergine rivelò a S. Brigida. Onde dice S. Ber­nardo: O buon Gesù, grandi dolori sopporti nel corpo, ma molto di più nel cuore per compassio­ne della Madre.

Quali affanni poi dovettero provare quei Cuo­ri innamorati di Gesù e di Maria allorché giun­se il punto in cui il Figlio prima di spirare dové licenziarsi dalla Madre! Ecco le ultime parole, colle quali Gesù si licenziò in questo mondo da Maria: Donna, ecco il tuo figlio! (Gv 19, 26), additandole Giovanni che in suo luogo lascia­vale per figlio.

O regina di dolori, i ricordi di un figlio amato che muore troppo son cari, e non partono mai dalla memoria di una madre. Ricordatevi che il vostro Figliuolo che tanto vi ha amato, in perso­na di Giovanni vi ha lasciato me peccatore per figlio. Per l'amore che portate a Gesù abbiate pietà di me. Io non vi cerco beni di terra; vedo il vostro Figlio che muore con tante pene per me; vedo voi, innocente madre mia che ancora per me sopportate tanti dolori; e vedo che io misero reo dell'inferno per li miei peccati non ho patito niente per vostro amore: voglio patire qualche cosa per voi primi che io muoia.

Questa grazia vi cerco, e vi dico con S. Bona­ventura che se vi ho offeso, è giustizia che io pa­tisca per castigo, e se vi ho servito, è ragione che io patisca per mercede. Impetratemi, o Ma­ria, una gran divozione ed una memoria conti­nua della Passione del vostro Figlio. E per quel­l'affanno che soffriste nel vederlo spirare sulla croce, ottenetemi una buona morte. Assistetemi, regina mia, in quell'ultimo punto; fatemi mori­re amando e proferendo i vostri SS. Nomi di Gesù e di Maria.

3. Vedendo Gesù che non trovava chi lo con­solasse su questa terra, alzò gli occhi e il cuore al suo Padre a dimandargli sollievo. Ma l'Eterno Padre vedendo il Figlio coperto colla veste di peccatore: « No, Figlio, disse, non ti posso con­solare or che stai soddisfacendo la mia giustizia per tutti i peccati degli uomini: conviene che ancor io ti abbandoni alle pene e ti lascia morir senza conforto ».

Ed allora fu che il nostro Salvatore, gridando a gran voce, disse: Dio mio, Dio mio, e perché voi ancora mi avete abbandonato? Gesù gridò a gran voce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai ab­bandonato (Mt 27, 46). Spiegando questo passo il B. Dionisio Cartusiano dice che Gesù proferì gridando queste parole per far intendere a tutti il gran dolore e mestizia con cui moriva. E volle egli l'amante Redentore, soggiunge S. Cipriano, morire abbandonato da ogni consolazione per dimostrare a noi l'amor suo e per tirare a sè tutto l'amor nostro.

Ah mio amato Gesù, voi vi lamentate a torto dicendo: Perché, Dio mio, mi avete abbandona­to? Perché? voi dite. E perché, io vi dirò, voi avete voluto addossarvi a pagare per noi? Non sapevate che noi meritavamo già per li peccati nostri di essere abbandonati da Dio? Con ragio­ne dunque il vostro Padre vi ha abbandonato e vi lascia morire in un mare di dolori e di ama­rezze.

Ah mio Redentore, il vostro abbandono mi affligge e mi consola: mi affligge in vedervi mo­rire con tanta pena; ma mi consola in darmi animo a sperare che per li meriti vostri io non resterò abbandonato dalla divina misericordia, come meriterei, per avervi io abbandonato tante volte per seguire i miei capricci. Fatemi in­tendere che se a voi fu così duro l'esser privo della sensibile presenza divina per breve tempo, quale sarebbe la mia pena se dovessi esser pri­vato di Dio per sempre?

Deh, per questo vostro abbandono sofferto con tanto dolore, non mi lasciate, o Gesù mio, singolarmente nel punto di mia morte! Allorché tutti mi avranno abbandonato, non mi abbando­nate voi, mio Salvatore. Ahi desolato mio Signo­re, voi siate il mio conforto nelle mie desolazio­ni. Intendo già che se vi amerò senza consola­zione, più contenterò il vostro Cuore. Ma voi sapete la mia debolezza; aiutatemi colla vostra grazia, infondetemi allora perseveranza, pazien­za e rassegnazione.

4. Accostandosi Gesù alla morte, disse: Ho sete, Sitio (Gv 19, 28). Signore, parla Drogone Ostiense, ditemi, di che avete voi sete? Voi non nominate le pene immense che soffrite in cro­ce, e poi vi lamentate solamente della sete? La mia sete è la vostra salvezza, gli fa dire S. Ago­stino. Anime, dice Gesù, questa mia sete altro non è che il desiderio che ho della salute vostra. Egli l'amante Redentore con troppo ardore desiderava le anime nostre, epperciò anelava di dar­si tutto a noi colla sua morte. Questa fu la sua sete, scrisse S. Lorenzo Giustiniani. Dice di più S. Basilio di Seleucia, che Gesù Cristo disse aver sete per darci ad intendere che egli per l'amore che ci portava moriva con desiderio di patire per noi più di quanto avea patito: O desiderio più grande della Passione!

O Dio amabilissimo, voi perché ci amate de­siderate che noi vi desideriamo: Dio ha sete che si abbia sete di Lui, ci avverte S. Gregorio: Ah mio Signore, voi avete sete di me vilissimo ver­me, ed io non avrò sete di voi, mio Dio infinito? Deh, per li meriti di questa sete sofferta nella croce, datemi una gran sete di amarvi e di com­piacervi in tutto! Voi avete promesso di esaudir­ci in quanto vi cerchiamo: Chiedete e otterrete (Gv 16, 24). Io questo solo dono vi domando, il dono del vostro amore. Ne sono indegno, ma questa ha da essere la gloria del vostro sangue, il rendere vostro grande amante un cuore che un tempo vi ha tanto disprezzato; render tutto fuo­co di carità un peccatore tutto pieno di fango e di peccati. Molto più di questo voi avete fatto morendo per me.

O Signore infinitamente buono, io vorrei amarvi quanto voi meritate. Mi compiaccio del­l'amore che vi portano l'anime vostre innamora­te, e più dell'amore che voi portate a voi stesso; con questo unisco il misero amor mio. V'amo, o Dio eterno, v'amo, o amabile infinito. Fate che io sempre più cresca nell'amor vostro con replicarvi spesso atti di amore e con impiegar­mi a darvi gusto in ogni cosa, senza intervallo e senza riserba. Fate che io misero e piccolo qual sono, sia almeno tutto vostro.

5. Il nostro Gesù, già prossimo a spirare, con voce moribonda disse: Consummatum est (Tutto è compiuto) (Gv 19, 30). Egli, mentre proferì la predetta parola, scorse colla sua mente tutta la serie della sua vita; mirò tutte le fatiche da esso fatte, la povertà, i dolori, le ignominie sof­ferte; e tutte le offerì di nuovo all'Eterno suo Padre per la salute del mondo. Indi rivolto a noi par che replicasse: Consummatum est, come dicesse: Uomini, tutto è consumato, tutto è com­pito: è fatta la vostra Redenzione, la divina giu­stizia è soddisfatta, il paradiso è aperto.

Ecco, il tuo tempo è il tempo dell'amore (cf Ez 16, 9). E' tempo finalmente, o uomini, che voi vi rendiate ad amarmi. Amatemi dunque, amatemi, perché non ho più che fare per essere amato da voi. Cedete quel che ho fatto per ac­quistarmi il vostro amore: io per voi ho menata una vita sì tribolata, alla fine prima di morire mi son contentato di farmi dissanguare, sputare in faccia, lacerare le carni, coronare di spine, fino ad agonizzare su questo legno come già mi guardate. Che resta? Resta solo che io muoia per voi.

Sì, voglio morire: vieni, o morte, ti do licen­za, toglimi la vita per la salute delle mie peco­relle. E voi, pecorelle mie, amatemi, amatemi, perché non ho più che fare per farmi amare da voi. Tutto è compiuto, parla il B. Taulero, tutto quanto esigeva la giustizia, tutto quanto richie­deva la carità, tutto quanto c'era per manifesta­re l'amore.

Mio amato Gesù, oh potessi io ancora dire morendo: Signore, ho tutto compito, ho fatto quanto m'avete imposto, ho portata con pazien­za la mia croce, vi ho compiaciuto in tutto. Ah mio Dio, se ora dovessi morire, morirei scon­tento, perché niente di ciò potrei dirvi con veri­tà. Ma sempre io così ho da vivere ingrato all'amor vostro? Deh concedetemi la grazia di con­tentarvi negli anni di vita che mi restano, affin­ché quando mi verrà la morte, possa dirvi che almeno da questo tempo io ho adempita la vo­stra volontà. Per lo passato se vi ho offeso, la vostra morte è la speranza mia. Per l'avvenire io non voglio più tradirvi, ma da voi spero la mia perseveranza: per li meriti vostri, o Gesù Cri­sto mio, io ve la domando e la spero.

6. Ecco Gesù che alla fine sen muore. Mira­lo, anima mia, come già agonizzante sta tra gli ultimi respiri di sua vita. Mira quegli occhi mo­ribondi, la faccia impallidita, il Cuore che con languido moto va palpitando, il corpo che già si abbandona alla morte, e quell'anima bella che già sta vicina a lasciare il lacero corpo. Già s'oscura il cielo, trema la terra, si aprono i se­polcri. Oimè che orrendi segni son questi! Son segni che già muore il Fattore del mondo.

Ecco per ultimo come il nostro Redentore, dopo aver raccomandata l'anima sua benedetta al suo Eterno Padre, dando prima dall'afflitto Cuore un gran sospiro, e poi inchinando il ca­po in segno di sua ubbidienza, ed offerendo la sua morte per la salute degli uomini, finalmente, per la violenza del dolore, spira e rende lo spirito in mano del suo diletto Padre: Gesù, gri­dando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. Detto questo spirò (Lc 23, 46).

Accostati su, anima mia, a piè di quel santo altare, dove è morto già sacrificato l'Agnello di Dio per salvarti. Accostati e pensa che egli è morto per l'amore che ti ha portato. Chiedi quanto vuoi al tuo morto Signore e tutto spera. O Salvator del mondo, o Gesù mio, ecco alla fi­ne dove vi ha ridotto l'amore verso degli uomi­ni. Vi ringrazio che abbiate voluto voi, nostro Dio, perdere la vita, acciò non si perdessero le anime nostre. Vi ringrazio per tutti, ma special­mente per me. E chi più di me ha goduto il frut­to della vostra morte? Io per li meriti vostri, senza neppure saperlo, prima fui fatto figlio del­la Chiesa col battesimo; per amor di voi sono stato poi tante volte perdonato ed ho ricevute tante grazie speciali; per voi ho la speranza di morire in grazia di Dio e di venire ad amarlo in paradiso.

Amato mio Redentore, quanto vi sono obbli­gato! Nelle vostre mani trafitte raccomando la povera anima mia. Fatemi voi ben capire, quale amore sia stato l'essere un Dio morto per me. Vorrei, Signore, morire anche io per voi; ma che compenso può dare la morte di uno schiavo iniquo alla morte del suo Signore e Dio? Vor­rei almeno amarvi quanto posso; ma senza il vostro aiuto, o mio Gesù, non posso niente. Aiu­tatemi voi e, per li meriti della vostra morte, fatemi morire a tutti gli amori terreni, acciocché io ami solo voi che meritate tutto il mio amore. V'amo, bontà infinita, v'amo, mio sommo bene, e vi prego con S. Francesco: Muoia io a tutto, per gratitudine almeno al grande amore di voi che vi siete degnato morire per amor mio e per essere amato da me.

Maria, madre mia, intercedete per me. Amen.

 

CAPITOLO XIV.

Della speranza che abbiamo nella morte di Gesù Cristo

l. Gesù è l'unica speranza della nostra salu­te (salvezza): fuori di lui In nessun altro c'è sal­vezza (At 4, 12). Io sono l'unica porta, egli ci dice, e chi entrerà per me troverà certamente la vita eterna: Io sono la porta, se uno entra at­traverso di me, sarà salvo (Gv 10, 9). E qual peccatore mai avrebbe potuto sperar perdono, se Gesù non avesse per noi soddisfatta la divina giustizia col suo sangue e colla morte? Egli si addosserà la loro iniquità (Is 53, 11). Quindi ci dà coraggio l'Apostolo dicendo: Se il sangue degli irci e dei tori sacrificati toglieva negli Ebrei le macchie esteriori del corpo, acciocché potessero essere ammessi ai sacri ministeri; quanto più il sangue di Gesù Cristo, il quale per amore si è offerto a pagare per noi, toglierà dal­le anime nostre i peccati per poter servire il no­stro sommo Dio? (cf Eb 9, 13-14).

Egli l'amoroso nostro Redentore, essendo ve­nuto nel mondo non ad altro fine che a salvare i peccatori e vedendo già contro di noi scritta la sentenza di condanna per le nostre colpe, che fe­ce? Egli colla sua morte pagò la pena a noi do­vuta; e cancellando col suo sangue la scrittura della condanna, affinché la divina giustizia non cercasse più da noi la dovuta soddisfazione, l'af­fisse alla stessa croce dove morì: Annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce (Col 2, 14). Cristo... entrò una volta per sempre nel san­tuario... dopo averci ottenuto una redenzione eterna (Eb 9, 12). Ah Gesù mio, se non aveste voi trovato questo modo di ottenerci il perdono, chi avrebbe potuto trovarlo? Ebbe ragione Da­vide d'esclamare: Pubblicate, o Genti, gli studi amorosi del nostro Dio che ha usati per salvar­ci (cf Sal 9, 12). Giacché dunque, o mio dolce Salvatore, avete avuto tanto amore per me, non lasciate di usarmi pietà. Voi mi avete riscattato dalle mani di Lucifero colla vostra morte: io nelle mani vostre consegno l'anima mia, voi l'avete a salvare. Nelle tue mani affido il mio spirito, mi hai redento, Signore, Dio di verità (cf Sal 30,.6).

2. Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, ab­biamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cri­sto giusto. Egli è vittima di espiazione per i no­stri peccati (1 Gv 2, 1-2). Gesù Cristo non finì colla morte di intercedere per noi appresso l'Eterno Padre; egli anche al presente fa il no­stro avvocato e par che in cielo, come scrive S.

Paolo, non sappia far altro officio che di muove­re il Padre ad usarci misericordia: Sempre vivo per intercedere per noi (cf Eb 7, 25). E soggiun­ge l'Apostolo che il Salvatore a tal fine è asceso al cielo: Per comparire al cospetto di Dio in no­stro favore (Eb 9, 24). Siccome dalla faccia del re son discacciati i ribelli, così noi peccatori non saressimo stati più degni d'essere ammessi al co­spetto di Dio, neppure a dimandargli perdono; ma Gesù, come nostro Redentore, comparisce egli per noi alla divina presenza e, per li meriti suoi, ci ottiene la grazia da noi perduta. Vi siete accostati al mediatore Gesù e al sangue del­l'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele (cf Eb 12, 22-24). Oh quanto meglio implora a noi la divina misericordia il sangue del Redentore che non implorava il castigo con­tro di Caino il sangue d'Abele!

« La mia giustizia, disse Dio a S. Maria Mad­dalena de' Pazzi, s'è cangiata in clemenza colla vendetta presa sopra le carni innocenti di Gesù Cristo. Il sangue di questo mio Figlio non cerca da me vendetta, come il sangue d'Abele, ma solo. cerca misericordia e pietà: ed a questa voce non può la mia giustizia non restare placata: Questo sangue le liga le mani sì che non si può muovere, per così dire, a prendere quella ven­detta de' peccati che pria si prendeva ».

Non dimenticare il beneficio ricevuto dal tuo mallevadore (cf Sir 29, 30). Ah mio Gesù, era già io incapace, dopo i miei peccati, a soddisfa­re la divina giustizia, ma voi colla vostra mor­te avete voluto soddisfare per me. Or quale in­gratitudine sarebbe la mia, se di questa sì gran misericordia io mi scordassi? No, mio Reden­tore, non voglio scordamene mai: voglio sempre ringraziarvene ed esservene grato con amarvi e fare quanto posso per darvi gusto. Soccorretemi voi con quella grazia che mi avete meritata con tanti stenti. V'amo, Gesù mio, amor mio, spe­ranza mia.

3. Vieni, o mia colomba, nei forami della pietra (cf Ct 2, 13-14). O che rifugio sicuro noi troveremo sempre in questi sacri forami della pietra, cioè nelle piaghe di Gesù Cristo! I fora­mi della pietra, dice S. Pier Damiami, sono le ferite del Signore nelle quali l'anima nostra ha posto la sua fiducia. Ivi saremo liberati dalla sconfidenza per la vista dei peccati fatti; ivi tro­veremo le armi da difenderci quando saremo tentati a peccare di nuovo. Abbiate fiducia, fi­glioli, io ho vinto il mondo (Gv 16, 33). Se voi non avete forze bastanti, ci esorta il nostro Sal­vatore, a resistere agli assalti del mondo che vi offerisce i suoi piaceri, confidate in me, perché io l'ho vinto e così ancora voi vincerete. Prega­te, disse, l'Eterno Padre che per li meriti miei vi doni fortezza, ed io vi prometto che quanto voi gli cercherete in mio nome, tutto egli vi con­cederà: In verità in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà (ivi, 23). E in altro luogo ci confermò la promessa dicendo che qualunque grazia noi do­manderemo a Dio per amor suo, egli stesso che è una cosa col Padre, ce la darà: Qualunque co­sa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Pa­dre sia glorificato nel Figlio (Gv 14, 13).

Ah Padre Eterno, io fidato ai meriti ed a que­ste promesse di Gesù Cristo, non vi domando be­ni di terra, ma solamente la grazia vostra. E' vero che io, per l'ingiurie che vi ho fatte, non meriterei nè perdono nè grazie; ma se non le merito io, le ha meritate a me il vostro Figlio offerendo il sangue e la vita per me. Per amore dunque di questo Figlio perdonatemi. Datemi un gran dolore dei miei peccati ed un grande amo­re verso di voi. Illuminatemi a conoscere quanto è amabile la vostra bontà e quanto è l'amore che sin dall'eternità mi avete portato. Fatemi inten­dere la vostra volontà, e datemi forza di eseguir­la perfettamente. Signore, io v'amo e voglio fa­re tutto quello che volete voi.

4. Oh che grande speranza di salvarci dona a noi la morte di Gesù Cristo! Chi condannerà? Cristo Gesù che è morto... e intercede per noi? (Rm 8, 34). Chi mai è quegli che ci ha da con­dannare? dice l'Apostolo. E' quel medesimo Re­dentore che, per non condannarci alla morte eterna, ha condannato se stesso a morire crudel­mente su di una croce. Quindi ci anima S. Tom­maso da Villanova con dire: Che timore hai, peccatore, se tu vuoi lasciare il peccato? Come ti condannerà quel Signore che muore per non condannarti? Come ti caccerà, quando tu ritorni ai suoi piedi, quegli che è venuto a cercarti dal cielo quando tu lo fuggivi? Ma più ci dà animo lo stesso nostro Salvatore dicendo per Isaia: Ec­co ti tengo scritta nelle mie mani: le tue mura sono sempre davanti ai miei occhi (cf Is 49, 16). Pecorella mia, non diffidare, vedi quanto mi costi: io ti tengo scritta nelle mie mani, in queste piaghe che ho sofferte per te: queste mi ricor­dano sempre ad aiutarti e difenderti dai tuoi ne­mici; amami e confida.

Sì, Gesù mio, io v'amo, ed in voi confido. Il riscattarmi vi è costato sì caro, il salvarmi non vi costa niente. La vostra volontà è che tutti si salvino e che niuno si perda. Se i peccati miei mi spaventano, mi rincora la vostra bontà, che più desidera ella di farmi bene che io di rice­verlo. Ah mio amato Redentore, vi dirò con Giobbe: Anche se mi ucciderà, non cesserò di sperare in lui, egli sarà il mio salvatore (cf Gb 13, 15-16). Ancorché mi cacciaste, amor mio, dalla vostra faccia, io non lascerò di sperare in voi che siete il mio Salvatore. Quelle vostre pia­ghe e questo sangue troppo mi danno animo a sperare ogni bene dalla vostra misericordia. V'amo, o caro Gesù, io v'amo e spero.

5. S. Bernardo glorioso, stando una volta in­fermo, si vide avanti il tribunale di Dio, dove il demonio l'accusava dei suoi peccati e dicea che egli non meritava il paradiso. Il santo ri­spose: « E' vero che io non merito il paradiso, ma Gesù ha due meriti a questo regno, uno per essere Figlio naturale di Dio, l'altro per averse­lo acquistato colla sua morte: egli si contenta del primo, e il secondo lo cede a me; e perciò io domando e spero il paradiso ».

Lo stesso possiamo dir noi, scrivendo S. Pao­lo che Gesù Cristo a tal fine ha voluto morire consumato dai dolori, per ottenere il paradiso a tutti i peccatori pentiti e risoluti d'emendarsi: Consumato dai dolori divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono (cf Eb 5, 9). Onde soggiunge l'Apostolo: Andiamo con coraggio a combattere, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli, in cambio della gioia che gli era po­sta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia (cf Eb 12, 1-2). Andiamo con corag­gio a combattere coi nostri nemici, guardando a Gesù Cristo che coi meriti della sua Passione ci offerisce la vittoria e la corona.

Egli ha detto che è andato al cielo per appa­recchiarci il luogo: Non sia turbato il vostro cuo­re... Io vado a prepararvi un posto (Gv 14, 1-2). Egli ha detto e va dicendo al suo Padre che, mentre ci ha consegnati a lui, egli ci vuole seco in paradiso: Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io (Gv 17, 24). E qual misericordia più grande poteva­mo sperare dal Signore, dice S. Anselmo, che ad un peccatore condannato già per li suoi delitti all'inferno e che non ha come liberarsi dalle pe­ne, abbia detto l'Eterno Padre: Prendi il mio Figlio ed offeriseilo per te? E lo stesso Figlio dica: Prendi me e liberati dall'inferno?

Ah Padre mio amoroso, vi ringrazio di aver­mi dato questo Figlio per mio Salvatore; vi of­ferisco la sua morte e, per li meriti suoi, vi do­mando pietà. E ringrazio sempre voi, o mio Re­dentore, di aver dato il sangue e la vita per li­berar me dalla morte eterna. Soccorrete dunque noi servi ribelli, giacché a tanto costo ci avete redenti.

O Gesù, unica speranza mia, voi mi amate, voi siete onnipotente, fatemi santo. Se io son de­bole, datemi voi fortezza; se sono infermo per le colpe commesse, applicate voi all'anima mia una goccia del vostro sangue e sanatemi. Date­mi il vostro amore e la perseveranza finale, fa­cendomi morire in grazia vostra. Datemi il pa­radiso: io per li meriti vostri ve lo dimando e lo spero. V'amo, mio Dio amabilissimo, con tutta l'anima mia, e spero di sempre amarvi. Aiuta­te un misero peccatore che vi vuole amare.

6. Giacché abbiamo, dice l'Apostolo, questo Salvatore, che ci ha aperto il paradiso a noi un tempo chiuso dal peccato, confidiamo sempre nei suoi meriti; poiché, avendo voluto per sua bontà anche egli patire le nostre miserie, ben sa compatirci. Andiamo dunque con confidenza al trono della divina misericordia, al quale per mezzo di Gesù Cristo abbiamo l'accesso, accioc­ché ivi troviamo tutte le grazie che ci bisogna­no (cf Eb 4, 14-16). E come possiamo dubitare, soggiunge S. Paolo, che Dio, avendoci dato il suo Figlio, non ci abbia donati col Figlio tutti i suoi beni? (Rm 8, 32). Commenta Ugon Cardi­nale: Non ci negherà il meno, cioè la gloria eter­na, quel Signore ch'è giunto a darci il più, ch'è il suo medesimo Figliuolo.

Oh mio sommo bene, che vi renderò io mise­ro per un tanto dono, che mi avete fatto del vo­stro Figlio? Vi dirò con Davide: Il Signore ri­compenserà per me (cf Sal 137, 8). Signore, io non ho come ricompensarvi: il medesimo vostro Figlio solo può degnamente ringraziarvi; egli ve ne ringrazi per me. Padre mio pietosissimo, per le piaghe di Gesù vi prego a salvarmi. V'amo bontà infinita, e, perché v'amo, mi pento di avervi offeso. Dio mio, Dio mio, io voglio esse­re tutto vostro, accettatemi per amore di Gesù Cristo. Ah mio dolce Creatore, è possibile che, avendomi dato il vostro Figlio, mi negherete poi i vostri beni, la grazia vostra, il vostro amore, il vostro paradiso?

7. Asserisce S. Leone, che ci ha apportato più bene Gesù Cristo colla sua morte, che non ci recò di danno il demonio col peccato di Adamo. E ciò lo disse chiaramente l'Apostolo, allorché scrisse ai Romani: ma il dono non è come la ca­duta... Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia (Rm 5, 15, 20). Spiega Ugon Cardinale: La grazia di Cristo ha più effi­cacia del peccato. Non ha paragone, dice l'Apo­stolo, tra il peccato dell'uomo e il dono che ci fece Dio dandoci Gesù Cristo. Fu grande il de­litto d'Adamo, ma è stata molto più grande la grazia che ci ha meritata Gesù Cristo colla sua Passione. Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza (Gv 10, 10). Io son venuto nel mondo, si protestò il Salvatore, ac­ciocché gli uomini morti col peccato non solo ricevano per me la vita della grazia, ma una vi­ta più abbondante di quella, che per la colpa aveano perduta. Onde è che la santa Chiesa chiama felice la colpa che ci meritò di avere un tal Redentore.

Ecco, Dio è la mia salvezza; io confiderò, non avrò mai timore (Is 12, 2). Dunque, o Gesù mio, se voi che siete un Dio onnipotente siete ancora il mio Salvatore, che timore avrò di dannarmi? Se per lo passato vi ho offeso, me ne pento con tutto il cuore. Per l'avvenire io vi voglio servire, ubbidire ed amare; e spero fermamente che voi, mio Redentore, che avete fatto e patito tanto per la mia salute, non mi negherete alcuna grazia che mi bisognerà per salvarmi, commenta S. Bo­naventura.

Attingerete acqua dalle fonti del Salvatore. In quel giorno direte: lodate il Signore, invocate il suo nome (cf Is 12, 3-4). Le piaghe di Gesù Cri­sto son già le beate fonti da cui possiamo riceve­re tutte le grazie, se con fede lo preghiamo. Una fonte zampillerà dalla casa del Signore e irri­gherà la valle delle spine (cf GI 4, 18). La mor­te di Gesù è appunto, dice Isaia, questa fonte promessa, che ha innaffiate con acque di grazia l'anime nostre, e da spine di peccati, per li me­riti suoi, l'ha cangiate in fiori e frutti di vita eterna. Egli l'amante Redentore, ci dice S. Pao­lo, si è fatto povero in questo mondo, affinché noi, per lo merito della sua povertà diventassi­mo ricchi: Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi (2 Cor 8, 9). Noi eravamo per lo peccato ignoranti, ingiu­sti, iniqui, e schiavi dell'inferno; ma Gesù Cri­sto, dice l'Apostolo, morendo e soddisfacendo per noi, Per opera di Dio è diventato per noi sa­pienza, giustizia, santità e riscatto (cf 1 Cor 1, 30). Cioè spiega S. Bernardo: Si è fatto nostra sapienza con istruirci, nostra giustizia con perdo­narci, nostra santità col suo esempio, e nostro riscatto colla sua Passione, liberandoci dalle ma­ni di Lucifero. In somma, dice S. Paolo che i me­riti di Gesù Cristo ci hanno arricchiti di tutti i beni, sì che non ci manca più niente per poter ricevere tutte le grazie (cf 1 Cor 1, 5, 7).

O Gesù mio, Gesù mio, e che belle speranze mi dà la vostra Passione! Amato mio Signore, quanto vi debbo! Oh non vi avessi mai offeso! Perdonatemi tutte le ingiurie che vi ho fatte; infiammatemi tutto del vostro amore, e salvatemi in eterno. E come posso temere di non rice­vere il perdono, la salute (salvezza) e tutte le grazie da un Dio onnipotente, che mi ha dato tutto il suo sangue? Ah Gesù mio, speranza mia, voi, per non perdere me, avete voluto perdere la vita; io non voglio perdere voi, bene infinito. Se vi ho perduto per lo passato, me ne pento; per l'avvenire non vi voglio perdere più; voi m'avete da aiutare, acciocché io più non vi per­da. Signore, io v'amo, e voglio sempre amarvi.

Maria, dopo Gesù, voi siete la speranza mia; dite al vostro Figlio che voi mi proteggete, e sarò salvo. Amen, così sia.

 

CAPITOLO XV.

Dell'amore dell'Eterno Padre in averci donato il suo Figliuolo

1. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (Gv 3, 16). A tal segno, disse Gesù Cristo, Dio ha amato il mondo, che gli ha donato il suo medesimo ed unico Figlio. Tre co­se dobbiamo considerare in questo dono: chi è quello che dona, che cosa dona, e con quale amore la dona. Già si sa che quanto è più nobi­le il donatore, tanto è più stimabile il dono. Se alcuno riceve un fiore da un monarca, stimerà egli quel fiore più che un tesoro. Or quanto dob­biamo stimar noi questo dono, che ci viene dalle mani di un Dio? E che cosa esso ci ha donato? il suo proprio Figlio. Non fu contento l'amore di questo Dio in averci donati tanti beni su que­sta terra, se non quando arrivò a donarci tutto se stesso nella persona del Verbo incarnato: Non un servo, non un angelo, ma il proprio Figlio ci ha donato, dice S. Gio. Grisostomo. Quindi esclama esultando la santa Chiesa: O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà: per riscattare lo schiavo, hai sacrificato tuo Figlio! (Exultet).

O Dio infinito, come avete potuto degnarvi di usar con noi una pietà sì ammirabile? Chi mai potrà capire un eccesso sì grande, che voi per riscattare lo schiavo abbiate voluto donarci l'uni­co vostro Figlio? Ah mio benignissimo Signore, giacché voi mi avete donato il meglio che avete, è ragione che io vi dia il più che posso. Voi de­siderate da me il mio amore: io non altro desidero da voi che l'amor vostro. Eccovi il mio misero cuore, tutto lo consacro ad amarvi. Usci­te voi creature tutte dal cuor mio, date luogo al mio Dio, che merita e vuole possederlo tutto, e senza compagni. V'amo, o Dio d'amore, v'amo sopra ogni cosa; e solo voi voglio amare, mio Creatore, mio tesoro, mio tutto.

2. Dio ci ha donato il Figlio, e perché? Per solo amore. Pilato per timore umano diede Gesù ai Giudei: L'abbandonò alla loro volontà (Lc 23, 25). Ma l'Eterno Padre diede a noi il suo Figliuolo per l'amore che ci portò: Lo ha dato per tutti noi (Rm 8, 22). Dice S. Tommaso, che L'amore ha il carattere di primo dono. Quando ci è fatto un dono, il primo dono che riceviamo è dell'amore che il donante ci offerisce in quella cosa che dona; poiché, riflette l'Angelico, l'uni­ca ragione di ogni dono gratuito è l'amore; al­trimenti quando si dona per altro fine che di puro affetto, il dono perde la ragione di vero dono. Il dono che ci fè l'Eterno Padre del suo Figlio fu vero dono, tutto gratuito e senza alcun nostro merito; che perciò si dice essersi fatta l'Incarnazione del Verbo per opera dello Spiri­to Santo, cioè per solo amore, come parla il medesimo santo Dottore: Dal massimo dell'amo­re divino proviene che il Figlio di Dio si fece uomo.

Ma non solo per puro amore Iddio ci donò questo suo Figlio, ma ce lo donò con amore im­menso. Ciò appunto volle significar Gesù, di­cendo: Così Dio amò il mondo. La parola così, dice S. Gio. Grisostomo, significa la grandezza dell'amore col quale Dio ci fe' questo gran do­no. E qual maggiore amore potea un Dio dimo­strarci, che condannare alla morte il suo Figlio innocente per salvar noi miseri peccatori? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi (Rm 8, 32). Se l'Eterno Pa­dre fosse stato capace di pena, qual pena avreb­be mai provata, allorché si vide indotto dalla sua giustizia a condannare quel Figlio amato quanto se stesso, a morire con una morte così crudele tra tante ignominie? Volle egli farlo morire con­sumato dai tormenti e dai dolori, dice Isaia (cf 53, 10). Immaginatevi dunque di vedere l'Eterno Pa­dre con Gesù morto in braccio, che ci dica: Uo­mini, questo è il Figlio mio diletto, in cui ho trovato tutte le mie compiacenze (cf Mt 17, 5). Ecco come ho voluto vederlo maltrattato per le vostre scelleraggini (cf Is 53, 8). Ecco come l'ho condannato a morte su questa croce, afflitto, ab­bandonato ancora da me che tanto l'amo. Que­sto l'ho fatto acciocché voi mi amiate.

O bontà infinita! O misericordia infinita! O amore infinito! O Dio dell'anima mia, giacché voleste morto per me l'oggetto più caro del vo­stro cuore, io vi offerisco per me il gran sacrifi­cio che vi fe' di se stesso questo vostro Figlio; e per i meriti suoi vi prego a donarmi il perdo­no dei peccati, il vostro amore, il vostro para­diso. Son grandi queste grazie che vi domando, ma è più grande l'offerta che vi presento. Per amore di Gesù Cristo, Padre mio, perdonatemi e salvatemi. Se vi ho offeso per lo passato, me ne pento sopra ogni male. Ora io vi stimo, ed amo sopra ogni bene.

3. Ah chi mai se non un Dio d'infinito amo­re poteva amarci sino a questo segno? Scrive S. Paolo: Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che era­vamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cri­sto (Ef 2, 4-5). Chiama l'Apostolo troppo amore quest'amore che dimostrò Iddio, in donare agli uomini per mezzo della morte del Figlio la vita della grazia da essi perduta per li loro peccati. Ma non fu troppo quest'amore a Dio che è lo stesso amore: Dio è amore (1 Gv 4, 16). Dice S. Giovanni che in ciò volle egli farci vedere do­ve giungeva la grandezza dell'amore di un Dio verso di noi, in mandare il suo Figlio nel mondo ad ottenerci colla sua morte il perdono e la vita eterna: In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui (1 Gv 4, 9).

Eravamo noi morti per la colpa alla vita della grazia, e Gesù colla sua morte ci ha ritornati in vita. Eravamo noi miserabili, deformi ed abbo­minevoli; ma Dio per mezzo di Gesù Cristo ci ha renduti graziosi e cari agli occhi suoi divi­ni (cf Ef 1, 6). Onde S. Gio. Grisostomo sog­giunge che se vi fosse un povero lebbroso tutto lacero e deforme, ed alcuno gli sanasse il corpo dalla lebbra, e di più lo rendesse bello e ricco, quale obbligazione egli non conserverebbe a questo suo benefattore? Or quanto più siamo noi tenuti a Dio, poiché essendo le anime no­stre deformi ed odiose per le colpe commesse,

egli per mezzo di Gesù Cristo non solo le ha li­berate dai peccati, ma di più le ha rendute belle ed amabili? Ci ha benedetti con ogni benedizio­ne spirituale nei cieli, in Cristo (Ef 1, 3). Com­menta Cornelio a Lapide: Ci ha beneficati con ogni sorta di doni spirituali. Il benedire di Dio è beneficare; l'Eterno Padre dunque, dandoci Ge­sù Cristo, ci ha colmati di tutti i doni, non già terreni nel corpo, ma spirituali nell'anima. Nei cieli, donandoci col Figlio una vita celeste in que­sto mondo ed una celeste gloria nell'altro.

Beneditemi dunque e beneficatemi, o Dio ama­tissimo, e il beneficio sia tirarmi tutto al vostro amore: Tirami con le corde del tuo amore. Fate che l'amore che mi avete portato mi innamori della vostra bontà. Voi meritate un amore infi­nito; io v'amo coll'amore che posso, v'amo so­pra ogni cosa, v'amo più di me stesso. Vi dono tutta la mia volontà; e questa è la grazia che vi cerco: fatemi da oggi avanti vivere ed operare tutto secondo la vostra volontà divina, con cui voi altro non volete che il mio bene e la mia eterna salute.

4. Il mio Signore, dicea la sacra Sposa, mi ha portata nella cella del vino, cioè mi ha posti avanti gli occhi tutti i benefici che mi ha fatti per indurmi ad amarlo (cf Ct 2, 4). Dice un au­tore che Dio affin di acquistarsi l'amor nostro ci ha spedito contro, per così dire, un esercito di grazie e d'amore. Ma il donarci Gesù Cristo, di­ce Ugon cardinale, fu poi la saetta riserbata pre­detta da Isaia: Mi pose come saetta scelta, mi serbò nella sua faretra (cf Is 49, 2). Sicome il cacciatore, dice Ugone, tien riserbata la saetta migliore per l'ultimo colpo a fermare la fiera, così Dio, fra tutti i suoi benefici, tenne riserba­to Gesù, sino che venne il tempo della grazia, ed allora lo mandò come per ultimo colpo a fe­rire d'amore i cuori degli uomini. Da questa saetta ferito, parla S. Gio. Grisostomo, dicea S. Pietro al suo Maestro: Signore, voi ben sapete che io vi amo (cf Gv 21, 15).

Ah mio Dio, io mi vedo circondato da ogni par­te dalle finezze del vostro amore. Ancor io v'amo, e se io v'amo, so che ancora voi mi ama­te. Ma chi mai potrà privarmi del vostro amore? Solo il peccato. Ma da questo mostro d'inferno voi per la vostra misericordia me ne avete a li­berare. Io mi contento di ogni male, della mor­te più crudele, anche di essere distrutto prima che offendervi con peccato mortale. Ma voi sa­pete già le mie cadute passate, sapete la mia debolezza; aiutatemi, Dio mio, per amore di Gesù Cristo. Non disprezzare l'opera delle tue mani (cf Sal 137, 8). Son fattura delle vostre mani, voi mi avete creato, non mi disprezzate. Se merito di essere abbandonato per le mie col­pe, merito non però che mi abbiate misericor­dia per amore di Gesù Cristo, che vi ha sacrifi­cata la vita per la mia salute (salvezza). Io vi offerisco i meriti suoi, che son tutti miei; e per questo io vi domando e spero da voi la santa perseveranza con una buona morte, e frattanto la grazia di vivere la vita che mi resta tutta a gloria vostra. Basta quanto vi ho offeso; ora me ne pento con tutto il cuore, e voglio amarvi quanto posso. Non voglio più resistere al vo­stro amore: tutto a voi mi rendo. Datemi la gra­zia vostra e il vostro amore, e fatene di me quel che volete. Mio Dio, io v'amo, e voglio e diman­do di sempre amarvi. Esauditemi per li meriti di Gesù Cristo. Madre mia Maria, pregate Dio per me. Amen, così sia.

 

CAPITOLO XVI.

Dell'amore del Figlio di Dio in aver voluto morire per noi

1. Ecco il tuo tempo, tempo dell'amore... E sei diventata di una bellezza straordinaria (cf Ez 16, 8, 13). Quanto dobbiamo al Signore noi Cristiani, che ci ha fatti nascere dopo la venuta di Gesù Cristo! Il tempo nostro non è più tempo di timore, come era quello degli Ebrei, ma tem­po di amore, avendo veduto un Dio morto per la nostra salute (salvezza) e per essere amato da noi. E' di fede, che Gesù ci ha amati, e per no­stro amore si è dato alla morte: Cristo ci ha ama­ti e ha dato se stesso per noi (cf Ef 5, 2). E chi mai avrebbe potuto far morire un Dio onnipo­tente, se egli stesso volontariamente non avesse voluto dar la vita per noi? Io offro la mia vita... Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso (Gv 10, 17-18). Perciò nota S. Giovanni che Gesù nella sua morte ci diede l'ultima prova che potea darci del suo amore: Dopo aver amato i suoi... li amò sino alla fine (Gv 13, 1). Gesù nelle sua morte, dice un divoto autore, ci diede il segno più grande del suo amore, dopo cui non gli restò che fare per dimostrarci quanto ci amava.

Amato mio Redentore, voi per amore vi siete donato tutto a me: io per amore mi dono tutto a voi. Voi per la mia salute (salvezza) avete da­ta la vita: io per la vostra gloria voglio morire quando e come vi piace. Voi non avete avuto più che fare per acquistarvi il mio amore: ma io ingrato vi ho cambiato per niente.

Gesù mio, me ne pento con tutto il cuore, per­donatemi voi per la vostra Passione; ed in se­gno del perdono datemi l'aiuto per amarvi. Io sento in me, per vostra grazia, un gran deside­rio di amarvi, e risolvo d'esser tutto vostro; ma vedo la mia fiacchezza e vedo i tradimenti che vi ho fatti; voi solo potete soccorrermi e ren­dermi fedele. Aiutatemi, amor mio; fate che io v'ami e niente più vi domando.

2. Dice il B. Dionisio Cartusiano che la Pas­sione di Gesù Cristo fu chiamata un eccesso: Chiamavano il suo eccesso quello che avrebbe dovuto portare a compimento in Gerusalemme, perché fu un eccesso di pietà e d'amore. Oh Dio! e qual fedele potrebbe vivere senza amar Gesù Cristo, se spesso meditasse la sua Passione? Le piaghe di Gesù, dice S. Bonaventura, perché son piaghe d'amore, son dardi e fiamme che feriscono i cuori più duri ed accendono le anime più gelate.

Il B. Errico Susone un giorno, per imprimersi maggiormente nel cuore l'amore verso Gesù ap­passionato, prese un ferro tagliente e si scolpì a caratteri di ferite sopra del petto il nome del suo amato Signore; e stando così bagnato di san­gue se ne andò poi alla Chiesa, e prostrato avan­ti il Crocefisso gli disse: « O Signore, unico amo­re dell'anima mia, rimirate il mio desiderio: io avrei voluto scrivervi più dentro al mio cuore, ma non posso. Voi che potete il tutto, supplite quello che manca alle mie forze, e nel più pro­fondo del mio cuore imprimete il vostro nome adorato sì che non si possa cancellare in esso nè il vostro nome nè il vostro amore ».

Il mio diletto è candido e rubicondo, scelto tra migliaia (cf Ct 5, 10). O Gesù mio, voi siete tutto candido per la vostra illibata innocenza; ma state poi su questa croce tutto rubicondo di piaghe sofferte per me. Io vi eleggo per unico oggetto del mio amore. E chi voglio amare, se non amo voi? Quale oggetto fra tutti io posso trovare più amabile di voi, mio Redentore, mio Dio, mio tutto? V'amo, o Signore amabilissimo, v'amo sopra ogni cosa. Fate voi ch'io vi ami con tutto il mio affetto e senza riserba.

3. Se conoscessi il mistero della croce! Disse S. Andrea al tiranno! O tiranno, ei volle dire, se tu intendessi l'amore che ti ha portato Gesù Cristo in voler morire su di una croce per sal­varti, tu lasceresti tutti i tuoi beni e speranze terrene, per darti tutto all'amore di questo tuo Salvatore. Lo stesso dee dirsi a quei fedeli che credono bensì la Passione di Gesù, ma poi non ci pensano.

Ah che se tutti gli uomini pensassero all'amo­re che Gesù Cristo ci ha dimostrato nella sua morte, chi mai potrebbe non amarlo? Egli, l'ama­to Redentore, dice l'Apostolo, a questo fine è morto per noi: acciocché coll'amore dimostratoci nella sua morte si facesse padrone dei nostri cuo­ri: Per questo Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. Sia che moriamo, sia che viviamo siamo dunque del Signore (Rm 8, 19, 18). O dunque moriamo o vi­viamo è giusto che siamo tutti di Gesù che a tanto costo ci ha salvati. Oh chi potesse dire come dicea l'innamorato S. Ignazio martire che eb­be la sorte di dar la vita per Gesù Cristo. Venga­no sopra di me le fiamme, le croci, le fiere e tutti i tormenti, purché io faccia acquisto e mi goda Gesù Cristo mio.

O caro mio Signore, voi siete morto per acqui­stare l'anima mia; ma che ho fatto io per far ac­quisto di voi bene infinito! Ah Gesù mio, quan­te volte vi ho perduto per niente! Misero io già conosceva che perdeva la vostra grazia col mio peccato, conosceva che vi dava un gran disgusto, e pure l'ho fatto! Mi consolo che ho da fare con una bontà infinita che si scorda delle offese, allor­ché un peccatore si pente e l'ama. Sì, mio Dio, mi pento e v'amo. Deh perdonatemi voi e voi dominate da oggi innanzi in questo mio cuore ri­belle. Io a voi lo consegno: a voi mi dono tutto intieramente. Ditemi quel che volete, che io tut­to lo voglio fare. Sì, mio Signore, vi voglio ama­re, vi voglio contentare in tutto; datemi forza voi, e spero di farlo.

4. Gesù colla sua morte non ha finito di amar­ci; egli ci ama e ci va cercando collo stesso amo­re con cui venne dal cielo a cercarci ed a morire per noi.

E' celebre la finezza d'amore che dimostrò il Redentore a S. Francesco Saverio allorché viag­giando questi per mare, in una tempesta gli fu tolto da un'onda il suo Crocifisso. Arrivato poi il santo al lido, stava mesto ed anelava di ricu­perare l'immagine del suo amato Signore; ed ec­co che vide un granchio che veniva alla sua vol­ta col Crocifisso inalberato tra le sue branche. Egli allora gli andò all'incontro e con lagrime di tenerezza e d'amore lo ricevè e se lo strinse al petto.

Oh con quale amore va Gesù a quell'anima che lo cerca! Buono è il Signore... con l'anima che lo cerca (Lam 3, 25), ma a quell'anima che lo cerca con vero amore. Ma posson pensare di aver questo vero amore coloro che ricusano le croci che sono loro inviate dal Signore? Cristo non cercò di pia­cere a se stesso (Rm 15, 3). Cristo, espone Cor­nelio a Lapide, non servì la propria volontà, ma offrì tutto questo e la propria vita per la nostra salvezza. Gesù per amor nostro non cercò piace­ri terreni, ma cercò le pene e la morte con tut­tochè era innocente: e noi che cerchiamo per amore di Gesù Cristo? Si lamentava un giorno S. Pietro martire, stando in carcere per una ingiusta accusa che gli era stata fatta, e diceva: « Ma, Signore, che ho fatto io che ho da patire questa persecuzione? ». Gli rispose il Crocifisso: « Ed io che male ho fatto che ho dovuto stare su questa croce? ».

O mio caro Salvatore, diceste che male avete fatto? Ci avete troppo amati, mentre per amor nostro avete voluto tanto patire. E noi, che per li peccati nostri meritavamo l'inferno, ricusere­mo di patire quello che voi volete per nostro be­ne? Voi, Gesù mio, siete tutto amore con chi vi cerca. Io non cerco le vostre dolcezze e consola­zioni: cerco solo voi e la vostra volontà. Donate­mi il vostro amore, e poi trattatemi come vi pia­ce. Abbraccio tutte le croci che mi manderete, po­vertà, persecuzioni, infermità, dolori; liberatemi solo dal male del peccato, e poi caricatemi d'ogni altro male. Tutto sarà poco a confronto dei mali che voi avete sofferti per amor mio.

5. Dice S. Bernardo che per liberare lo schia­vo il Padre non ha perdonato al Figlio e il Figlio non ha perdonato a se stesso. E dopo un tanto amore verso gli uomini vi potrà essere uomo che non ami questo Dio sì amante? Scrisse l'Aposto­lo, che Gesù è morto per tutti noi, affinché noi vivessimo solo a lui ed al suo amore (cf 2 Cor 5, 15). Ma oimè, che la maggior parte degli uomini, dopo esser morto per essi un Dio, vivono ai pec­cati, al demonio e non a Gesù Cristo! Dicea Pla­tone che l'amore è calamita dell'amore. E Seneca replicava: Ama se vuoi essere amato. E Gesù, che morendo per gli uomini sembra che sia impazzito per nostro amore - dice S. Gregorio - come va che dopo tanti contrassegni d'amore non ha po­tuto tirarsi i nostri cuori? Come, con amarci tan­to, non è ancor giunto a farsi amare da noi?

Oh che vi amassero tutti gli uomini, Gesù mio amabilissimo! Voi siete un Dio degno di un amo­re infinito. Ma povero mio Signore, permettete­mi che così vi chiami, voi siete così amabile, voi avete fatto e patito tanto per essere amato dagli uomini, ma quanti poi son quelli che vi amano? Vedo quasi tutti gli uomini applicati ad amare chi i parenti, chi gli amici, chi le carogne, le ric­chezze, gli onori, i piaceri, e chi anche le bestie: ma quanti sono quelli che amano voi, amabile infinito? O Dio, son troppo pochi, ma fra questi pochi voglio essere io misero peccatore che un tempo anche vi ho offeso con amare il fango e partendomi da voi; ma ora v'amo e vi stimo sopra ogni bene e solo voi voglio amare. Perdona­temi, Gesù mio, e soccorretemi.

6. Dunque, o Cristiano, dicca S. Cipriano, Dio è contento di te sino a morire per acquistarsi il tuo amore, e tu non sarai contento di Dio, sì che amerai altri oggetti fuori del tuo Signore?

Ah no, mio amato Gesù, io non voglio altro amore in me che non sia per voi; io di voi son contento: rinunzio a tutti gli altri affetti, mi ba­sta solo il vostro amore. Sento che voi mi dite: Mettimi come sigillo sul tuo cuore (Ct 8, 6). Sì, Gesù mio crocifisso, io vi pongo e ponetevi an­cora voi per suggello sopra del mio cuore, accioc­ché resti chiuso ad ogni altro affetto che non ten­de a voi. Per lo passato vi ho disgustato per al­tri amori, ma al presente non ho pena che più mi affligga che il ricordarmi di aver coi miei peccati perduto il vostro amore. Per l'avvenire: chi più dal vostro amore mi dividerà? (cf Rm 6, 35).

No, mio amabilissimo Signore, dopo che mi avete fatto conoscere l'amore che mi avete porta­to, io non mi fido di vivere più senza amarvi. V'amo, amor mio crocifisso; v'amo con tutto il cuore, e vi do quest'anima mia tanto cercata ed amata da voi. Deh per li meriti della vostra mor­te, che con tanto dolore separò l'anima vostra be­nedetta dal vostro corpo, distaccatemi da ogni amore che può impedirmi l'essere tutto vostro e di amarvi con tutto il mio cuore.

Maria, speranza mia, aiutatemi voi ad amare solo il vostro dolcissimo Figlio, sì che io possa con verità sempre replicare in tutta la mia vita: L'amore mio è stato crocifisso. L'amore mio è sta­to crocifisso. Amen.

Orazione di S. Bonaventura

 

O Gesù che per me non avete perdonato a voi stesso, imprimete in me la vostra Passione, ac­ciocché io dove mi volti, miri le vostre piaghe e non trovi altro riposo che in voi e nel meditare le vostre pene. Amen.


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