Perdonaci Signore
 
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Meditazioni

Ultimo Aggiornamento: 23/02/2015 18:02
23/02/2015 18:00

96. "Crocifiggilo"


Calò un silenzio improvviso. Pilato contava su quel colpo di scena per pacificare le collere ed approfittare della compassione. Chi avreb­be potuto resistere alla subitanea apparizione di quello spettro sanguinolento? Quel capo cir­condato di spine; quel volto solcato dai colpi dello staffile, livido per gli schiaffi; quegli occhi semispenti da cui scorrevano le lacrime; quelle labbra pallide pronte ad esalare un ultimo re­spiro; quel petto ansante, dove la porpora del manto lasciava vedere orride ferite; quelle ma­ni legate, tra le quali ondeggiava una canna; tutto quell'assieme di dolori e di umiliazioni, misto di orrido e di ripugnante, eppure im­prontato di una maestà che sfolgorava su tutti come un raggio di sole che si posa sulle rovine: non era sufficiente per colpire gli spiriti e com­muovere i cuori?. Pilato s'illuse per un mo­mento che quel popolo non avrebbe più insisti­to nella sua ingiusta domanda. Anche i mem­bri del Sinedrio temettero in un cambiamento della folla; si affrettarono perciò a rompere quel silenzio con alti clamori. "Al vederlo, i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: 'Croci­figgilo, crocifiggilo!'". Erano i soli capi che rispondevano così. La folla taceva ancora, e Pi­lato volle approfittare di questo silenzio per re­plicare con disprezzo e stizza: "Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna col­pa". A questo punto la folla si riebbe dal suo stupore e, imbeccata dai capi, ricominciò i suoi urli. "Gli risposero i Giudei: 'Noi abbia­mo una legge e secondo questa legge deve mo­rire, perché si è fatto Figlio di Dio' ".


Considera. I Giudei hanno perduto ogni senso di pietà umana, perché si lasciano guidare dall'odio. Tu vigila su te stesso, per non essere mai trascinato da questo vizio.

97. "Tu non avresti nessun potere"


Udendo dai Giudei che Gesù si era dichiara­to Figlio di Dio, Pilato "ebbe ancor più paura". Entrò subito nel pretorio e si fece condurre Ge­sù. Da solo a solo lo interrogò: "'Di dove sei?'. Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allo­ra Pilato: 'Non parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?'". Il governatore che così parlava e credeva di avere pieni poteri sul Figlio di Dio, si ingannava, perché ignorava i segreti consigli della giustizia e della misericordia divina verso l'umanità. Il Signore lo volle disingannare. Ri­spose Gesù: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande". Una tale risposta, data con calma e maestà divina da uno che era legato, coronato di spine, ferito dai flagelli, agi­tò maggiormente il governatore che, non sa­pendo come proseguire, volle tentare ancora una volta di muovere a compassione la folla. "Da quel momento Pilato cercava di liberarlo".


Considera. All'udire le parole di Gesù, Pilato teme ma non risolve. Tu invece, al suono delle divine pa­role, prendi la necessaria risoluzione per osservarle.

98. "Ecco il vostro re"


Ritornò alla tribuna, ma non ebbe neppure il tempo di aprire bocca perché la gente si mise a gridare: "Se liberi costui non sei amico di Ce­sare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare". L'astuzia dei capi dei Giudei ave­va trionfato. Mentre infatti Pilato parlava se­gretamente con Gesù, essi avevano persuaso il popolo di gridare queste parole di minac­cia contro il procuratore romano, nel caso aves­se persistito nella volontà di liberare Gesù. Pi­lato, udendo che lo minacciavano, "barcollò come colpito da folgore, e per un istante non vide più nulla". Si prospettava l'accusa di opporsi a Cesare: ciò significava cadere in di­sgrazia e venire giustiziato. Indispettito, risalì immediatamente il tribunale, si fece portare Gesù, rimasto indietro fra le mani dei soldati, e, prendendo in senso ironico le parole pro­nunciate dal popolo, lo mostrò dicendo:"Ecco il vostro re!". Essi, comprendendo l'ironia, urlarono arrabbiati: "Via, via, crocifiggilo!". Disse loro Pilato: "Metterò in croce il vostro re?". Gli risposero i sommi sacerdoti: "Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare". Il procuratore comprese che era vana ogni spe­ranza di salvare Gesù. Era costretto a pronun­ciare la condanna, per non correre il rischio di inimicarsi l'imperatore.


Considera. Il timore di Cesare fa dimenticare a Pila­to il dovere della giustizia. Vigila per non lasciarti vincere dal rispetto umano a scapito dei tuoi doveri.

 

IX - CONDANNA A MORTE E VIAGGIO AL CALVARIO

99. La condanna


Con l'ultima risposta data dai Giudei a Pila­to, il popolo di Dio aveva cessato di esistere per ammissione degli stessi suoi pontefici. Ve­niva abolita la loro vecchia teocrazia. Quei fieri patrioti, che pochi giorni prima avevano decre­tato la morte di Gesù per timore che venissero i Romani a impossessarsi totalmente del lo­ro regno, domandavano ora d'essere confusi con gli altri popoli, schiavi dell'impero. Pur di sopprimere Gesù Cristo, dichiararono ufficial­mente di appartenere solamente a Cesare. Pila­to accettò questa dichiarazione e, nonostante i rimorsi di coscienza e l'intima persuasione del­l'innocenza dell'accusato e dell'odio dei Giu­dei, si piegò a pronunciare la sentenza di mor­te contro il re di Israele. Erano quasi le ore 11 del mattino e il procuratore, rivolto al Si­gnore, dal suo seggio di giudice recitò a voce alta la formula usuale: "Ibis ad crucem. Andrai alla croce". Poi, rivolto ai littori presenti, disse allo stesso modo: "Va, o littore, prepara la croce". E subito, disceso dai gradini del tribuna­le, risalì lo scalone di marmo e si ritirò nei suoi appartamenti, persuaso di aver condannato un giusto e di essere complice nella sua morte.


Considera. L'uomo doveva essere condannato, e in­vece viene condannato Gesù. Ringrazialo di cuore e promettigli riconoscenza.

100. Il titolo


Pronunciata la sentenza, Pilato consegnò Gesù nelle mani dei Giudei, abbandonandolo alla loro volontà, perché fosse crocifisso. Al­lora i soldati slegarono le mani a Gesù, gli tol­sero la canna, la clamide e la corona di spine, e gli rimisero le sue vesti, perché tutti cono­scessero bene, durante il viaggio, chi era il con­dannato a morte. Poi gli fu rimessa in capo la corona di spine, rinnovandone gli atroci strazi: "Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo con­dussero fuori per crocifiggerlo". La croce era là vicino già preparata; mancava solo il tito­lo e l'iscrizione indicante la causa della con­danna. L'ufficiale andò dal procuratore con la tavola dipinta in bianco, e gli chiese che cosa vi doveva scrivere. Pilato rispose: "Scriveteci: Gesù Nazareno, re dei Giudei". Allora l'uffi­ciale per comodità delle genti d'ogni nazione, che in quei giorni si affollavano a Gerusalem­me per la Pasqua, scrisse quelle parole in ebrai­co, greco e latino. Così tutto era pronto per il viaggio al Calvario, luogo destinato al suppli­zio dell'Uomo-Dio.


Considera. Nonostante l'odio dei nemici, il titolo dice chiaro che Gesù è re. Sottometti a Lui tutto te stesso e obbediscilo sempre.

101. La croce

Rivestito delle sue vesti, con la corona di spi­ne in capo, la corda al collo e attorno alla vita, Gesù venne condotto dov'era preparata la cro­ce, perché se la caricasse sulle spalle e la por­tasse al luogo del supplizio. Le croci erano molto pesanti, dovendo sostenere un corpo umano. Perciò il condannato non era costretto a portare la croce intera, ma solo la parte tra­sversale. La croce era composta di due pali: quello verticale raggiungeva l'altezza di circa tre metri. Gesù fu caricato del legno trasversale, a cui gli furono legate le braccia: i polsi, fissati al palo dalle corde, più tardi sarebbero stati inchiodati allo stesso punto. Il Signore non diede alcun segno di ripugnanza, anzi sembrò che non avesse mai desiderato altro nella sua vita. Vide giunto il momento di dimostrare coi fatti quanto aveva insegnato ai discepoli: era necessario che prendessero la loro croce e lo seguissero. Prese con amore e con gioia la sua croce, vedendo in essa il segno del suo trionfo e lo strumento di salvezza eterna per innumerevoli anime.

Considera. Gesù t'insegna che devi abbracciare vo­lentieri la tua croce. Vedi se ti sottoponi ad essa come vuole il Maestro.

102. Il luttuoso corteo

Portando la sua croce, s'incamminò verso il luogo detto del Calvario, in ebraico Golgota. Carico del pesante e ingombrante legno e curvo sotto di esso, Gesù mosse lentamente i primi passi e arrivò sotto il grande arco della Torre Antonia, sulla sommità del ripido pendio, da cui poteva dominare tutta la molti­tudine. Un grido di gioia feroce uscì da quelle bocche, che tanto avevano insistito presso Pilato per­ché condannasse Gesù. Finalmente lo vedeva­no portare lo strumento del suo supplizio, ed esultavano crudelmente. Il funesto corteo si fermò regolarmente e si avviò. Precedeva il Centurione, come prescriveva la legge roma­na, seguito dalla sua compagnia, che doveva stare attorno al condannato; poi veniva Gesù, fiancheggiato da due ladroni, anch'essi con­dannati alla morte di croce. Da una parte stava l'araldo che reggeva i cartelli sui quali erano in­dicate le cause della condanna; dava fiato alla tromba per farsi largo. In coda seguivano i sa­cerdoti, gli scribi, i farisei e la folla tumultuante.

Considera. Gesù muove i primi passi sulla via del Calvario. Avvicinandoti a Lui, pensa di ascoltare le parole: "Chi vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua.

 

103. Prima caduta

Bisognava discendere per lo stesso pendio, che terminava sulla strada costeggiante il fon­do della valle del Tyropeon. Questa discesa fu molto dolorosa per Gesù. Il Maestro, già inde­bolito da tante sofferenze, si trascinava inciam­pando sui sassi. Gli urti lo facevano barcollare, fra gli scherni, il fango e le pietre che la folla lanciava contro di lui. Altre spinte gli veni­vano dalla turba circostante, che i soldati non sempre riuscivano a tenere a freno. Era facile prevedere una prossima caduta del paziente. Infatti Gesù, giunto quasi in fondo al pendio, urtato in tanti modi, estenuato dalla fatica, cadde miseramente a terra, rima­nendo sotto il peso della croce e bagnando del suo sudore, delle sue lacrime e del suo sangue la polvere della strada. Le mani, legate al palo trasversale, non gli permettevano di ripararsi e di attenuare l'urto della dolorosa caduta. Ap­parve allora così indifeso, così spossato, che si dubitava potesse continuare il cammino. Tut­tavia nessuno si mosse a compassione di lui. Dopo averlo rialzato, lo costrinsero impietosa­mente a continuare verso il supremo olocau­sto.

Considera. Gesù cade, ma non si lamenta, e ripren­de il cammine. Cerca di imitarlo in questa rassegna­zione quando, nella prova, ti sembra di non avere più la forza di sopportare.

104. La casa della Madre

La benedetta Madre di Gesù, dopo il com­movente addio dato al Figlio, lo aveva certa­mente seguito in spirito dovunque, dal cenaco­lo fino alla via del Calvario, sulla quale ora si trovava. Aveva spiritualmente assistito ai suoi singoli dolori, specie all'agonia nell'orto, al tra­dimento, alle derisioni, agli schiaffi, alle per­cosse, alla flagellazione, all'incoronazione di spine, alla condanna. Aveva ricevuto nell'ani­ma sua, in modo misterioso e come di riverbe­ro, tutte le pene che soffriva l'amato Figlio, di­venendo così, prima di ogni anima eletta, la co­pia più fedele dell'Unigenito del Padre. Non si può pensare diversamente, quando si rifletta all'unione naturale e divina che sussisteva tra Maria e Gesù. Con tutta probabilità essa fu presente anche di persona nei momenti più dolorosi della Passione, poiché aveva la sua dimora in Gerusalemme, e per il titolo di donna e di Madre non doveva esserle così difficile e pericoloso seguire Gesù. Ad ogni modo, anche stando in casa sua, poté udire il formidabile urlo dei Giudei, quando videro Gesù con la croce sulle spalle uscire dall'arco della Torre Antonia e avviarsi al supplizio. Comprendendo allora che per il suo amatissi­mo Figlio tutto era finito, si preparò a incon­trarlo lungo il tragitto per dargli un ultimo ad­dio.

Considera. Maria Santissima, più di chiunque al­tro, sente in sé riprodotta, per forza di amore, la pas­sione di Gesù. Pregala perché ti ottenga la grazia di imitarla nel compatire sinceramente il Signore.

105. L'incontro con la Madre

Aiutato dai soldati, Gesù si alzò, continuan­do lentamente e faticosamente il doloroso viag­gio. Il corteo, finita la discesa, svoltò a sinistra per una strada dritta e piana. Intanto il Salva­tore avanzava in silenzio e curvo sotto il peso, con le vesti sporche e grondanti sangue. Ad un tratto, davanti ad una porta, sorretta da alcune pie donne, Gesù vide sua Madre che pian­geva e tendeva le sue braccia materne verso di lui. Gli occhi del Figlio si incontrarono con quelli della Madre, ma soprattutto si incontra­rono il cuore e l'anima. Nessuno potrà mai dire quale dolore provassero entrambi in quel mo­mento. Esso fu tale che impedì loro di articola­re parola. La benedetta Madre, non potendo reggere alla vista dello stato in cui si trovava il Redentore, svenne tra le braccia delle pie donne. Gesù, sotto il peso di quest'altro dolo­re, dovette riprendere il cammino. Alla folla e ai carnefici non importava niente delle soffe­renze dell'uno e dell'altra.

Considera. Lo sguardo di Gesù ferisce il cuore di Maria, e lo sguardo di Maria ferisce quello di Gesù. Domanda loro che ti commuovano il cuore di com­passione per essi e di dolore per i tuoi peccati.

 

 

106. Il Cireneo


Il Calvario si faceva più vicino. A destra della strada, dove Gesù si era incontrato con sua Madre, si apre un sentiero ripido, stretto, sassoso, che sale fino alla porta Giudiziaria, la più importante della città. Era la via obbligato­ria per arrivare al luogo della crocifissione. Ge­sù appariva agli occhi di tutti, particolarmente del Centurione, così affranto e sfinito, che giu­stamente si dubitava potesse percorrere con la croce quell'erta salita. Per alleggerirlo del peso "costrinsero un tale che passava, un certo Si­mone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce". Il Salvatore poteva così camminare più speditamente, senza troppi disagi. È facile im­maginare la stizza e la rabbia del povero Cire­neo che lo seguiva, costretto dalla violenza dei soldati a portare pubblicamente un peso tanto umiliante. Solo in seguito, quando divenne cri­stiano, capì l'onore che gli era stato fatto, e al­lora probabilmente ringraziò mille volte il Si­gnore.


Considera. Chi non conosce ancora la preziosità del­la croce, la porta malvolentieri. Cerca di intenderne il prezioso dono e di apprezzarlo.

 

 

107. La pia Veronica

È tale la strettezza della via per cui sale il cor­teo, che vi possono passare appena tre o quat­tro persone insieme. La turba si trova quindi a disagio, e avanza a spintoni, costretta in tal modo a diminuire la sua attenzione verso il di­vin Redentore. È il momento opportuno per qualche anima buona, che può liberamente dimostrare compassione verso Gesù con le pa­role o con i gesti. La tradizione ci fa appunto assistere ad uno di questi atti pietosi. Una pia donna, chiamata Veronica (o Berenice), era uscita sulla soglia della sua casa, mentre passava Gesù. Vedendolo sfigurato dai dolori, fu presa da viva compassione per lui, e deside­rò asciugargli il sudore e pulirgli il volto. Senza indugio prese un largo e bianco fazzoletto e lo porse a Gesù, che lo accettò con gratitudine, se ne servì e lo restituì alla caritatevole donna. La Veronica, ritiratasi subito in casa e chiuso l'u­scio mentre passava la moltitudine, spiegò il fazzoletto per osservarlo e, con stupore e gioia, vide impresso su di esso il volto mansuetissi­mo del Signore. Lo ripose religiosamente ed uscì per seguire il Salvatore fino al Calvario.

Considera. La Veronica, come premio della sua com­passione, ricevette in dono l'immagine del Volto Santo. Meditando le pene del Signore, sforzati di imprimerle nel tuo cuore.


108. Alla Porta Giudiziaria

Tutto questo era avvenuto molto rapidamen­te, e gli stessi soldati se ne accorsero a cose fat­te. Si indispettirono, giudicando sconveniente un gesto di compassione e di bontà verso quel­l'uomo, ritenuto un pubblico seduttore e già condannato a morte. Pensarono allora di trat­tarlo con maggiore brutalità, quasi per punirlo del pietoso atto da lui volentieri accettato. Tol­sero la croce dalle spalle del Cireneo e la ricol­locarono su quelle di Gesù, lasciando libero Si­mone, che approfittò del momento propizio per sfuggire rapidamente agli sguardi e agli scherzi ironici di quella turba. Il corteo arrivò alla Porta Giudiziaria, dove era necessario so­stare per udire l'ultima lettura della sentenza di morte. Si era sempre fatto così anche per gli altri condannati, e non si volle certa­mente fare un'eccezione per Gesù e per i due ladroni che lo fiancheggiavano. Era quello il luogo più adatto per dare pubblicità alla con­danna. Specialmente in quel giorno, sotto la famosa porta, dovevano passare i viaggiatori prove­nienti da Damasco, da Joppe (l'attuale Tel Aviv-Giaffa), da Betlemme e da Gaza. Il corteo si fermò, e con la dovuta solennità si rilesse ad alta voce la sentenza di morte, che Gesù ascol­tò nell'atteggiamento più mansueto, mentre la folla lo scherniva e insultava.

Considera. Quando si tratta di fare un dispetto a Gesù, per i nemici ogni pretesto e ogni luogo sono buoni. Tu, al contrario, serviti volentieri di ogni motivo per ossequiarlo.

 

 

109. Seconda caduta

Terminata la breve cerimonia, si proseguì il cammino. A un certo punto la strada svolta a sinistra e, dopo un breve tratto, incomincia l'ultima salita. Prima di giungervi, Gesù si seri­ti mancare e cadde improvvisamente a terra, senza che i soldati si accorgessero in tem­po del pericolo. Invece di compassionarlo, si spazientirono e lo spronarono a rialzarsi da so­lo. Appariva chiaro che non ne aveva più le forze. Probabilmente si pentirono di aver la­sciato libero troppo presto il Cireneo ed avreb­bero volentieri caricato la croce ad un altro, se tutti i presenti non avessero preferito la morte piuttosto che portare quello strumento. Dovet­tero rassegnarsi a rialzarlo, prendendolo sotto le ascelle. Il doloroso viaggio riprese. L'addo­lorata Madre e le pie donne avrebbero volen­tieri preso la croce su di sé, se fosse stato lecito. Ma i soldati non avrebbero mai permesso che il condannato fosse sostituito da una donna, e tanto meno dalla madre.

Considera. Gesù cade la seconda volta e nessuno ha pietà di Lui. Avvicinati al Signore con fede e offriti di prestargli aiuto.

 

 

110. Le donne piangenti


Dopo pochi passi la strada svolta verso il Cal­vario, e qui un gruppo di donne caritatevoli si era fermato in attesa del passaggio di Gesù. Avevano già visto quali crudeli maltrattamenti gli erano riservati; quando il Signore si avvici­nò ed esse videro in quale stato era ridotto, fu­rono incapaci di trattenere ancora le lacrime, i singhiozzi e i lamenti, e li espressero libera­mente, nonostante la proibizione legale e il pericolo a cui si esponevano. "Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si batteva­no il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Ge­sù, voltandosi verso le donne, disse: 'Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mam­melle che non hanno allattato. Allora comince­ranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?'". Era la pri­ma ed unica volta che parlava durante il viag­gio, e per questo aveva dovuto alzare il suo ca­po coronato di spine e fissare il suo sguardo af­fettuoso, triste, velato di lacrime e di sangue, su quel gruppo di donne pietose. Le sue parole erano una profezia, di cui le donne, e una par­te dei presenti, avrebbero visto il compimento dopo pochi anni.


Considera. Gesù gradisce la compassione nei confronti dei suoi dolori, ma desidera molto di più che si tolga la causa di essi. Rifletti se, compatendo Ge­sù, ti riveli sollecito di emendarti dei peccati, causa delle sue sofferenze.

 

 

111. Terza caduta

Pronunciate le parole alle pie donne, Gesù proseguì stentatamente il viaggio e arrivò all'i­nizio dell'ultima e più erta salita, dove doveva cadere molto più malamente per la terza ed ul­tima volta. Il Calvario, nella sua forma primiti­va, senza le modificazioni apportate in seguito, era un poggio roccioso, alto pochi metri. Formava nel suo insieme una specie di pro­montorio limitato, su tre lati, da fossi di diver­sa misura. Vi si ascendeva per una strada mol­to ripida, solo da sud-est. Quando Gesù stava per incominciare quest'ultimo tratto in salita, le forze non gli ressero più e con la croce cadde pesantemente per terra. Forse i soldati lo credettero morto; ma quando videro che respi­rava ancora, pur non cessando di insultarlo, capirono che non era il caso di esigere da lui nuovi sforzi, per i pochi passi che ancora resta­vano. Lo rialzarono, e, portando di peso lui e la croce, lo trascinarono sulla cima. Il Dio della fortezza, vestito della nostra umanità, non poteva più reggersi da solo.

Considera. Gesù non ne può più, cade ma non si lamenta. Ciò t'insegna a patire e a tacere fino al com­pleto sacrificio.

 

 

X - CROCIFISSIONE

112. Preparativi

A sinistra della cima del Calvario esisteva una fossa, con una lunga pietra nel fondo. Tale pietra presentava due buchi, in ciascuno dei quali poteva passare un piede umano. Qui venivano calati i condannati e quando i loro piedi si erano infilati nei buchi, venivano assi­curati con funi al di sotto della pietra. Era una precauzione presa perché i condannati non scappassero mentre si approntavano le cose necessarie per il loro supplizio? Non lo sappia­mo con certezza. Ad ogni modo quella precau­zione non si rivelava necessaria nel caso di Ge­sù, che era arrivato lassù in uno stato di sfini­tezza estrema. Eppure la tradizione ha indicato quella fossa come il luogo dove il Salvatore fu posto, mentre i carnefici preparavano il terreno in cui piantare la croce. Nessuna crudeltà do­veva essere omessa. Il Signore, intanto, dal fondo di questa specie di prigione, udiva le gri­da dei soldati, le bestemmie dei ladroni, e il tu­multo della folla costretta dalle guardie a fermarsi più in basso.

Considera. Per tuo amore Gesù è calato in quella fossa come in una prigione. Per amore suo sappi sta­re ritirato e santamente imprigionato dai legami del dovere.

113. Le donne sul Calvario


Le pie donne, che poco prima avevano com­patito Gesù, avrebbero voluto, insieme con la Madre ed altre devote persone, essergli vicine per confortarlo, almeno con il loro pianto. Fu­rono tutte tenute a distanza e dovettero fer­marsi in gruppo separato, a mezza strada tra il Calvario e il sepolcro di Giuseppe d'Ari­matea. Ce lo fa capire il testo evangelico, che nomina alcune di queste caritatevoli donne. "Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti. Tra esse Maria di Magdala, Maria madre di Giaco­mo il minore e di Joses, e Salome, la madre dei figli di Zebedeo e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme". Ma soprattutto c'erano la sua benedetta Madre, la più addolo­rata di tutte, l'apostolo Giovanni, Giovanna di Cusa e la laboriosa Marta, che non poteva mancare in un momento così solenne in cui le anime affezionate davano a Gesù l'ultimo attestato di ammirazione e di affetto. Sebbene per la lontananza potessero vedere ben poco di quello che si stava svolgendo attorno all'adora­bile persona del Redentore, ne indovinavano facilmente le sofferenze e tutte piangevano amaramente.


Considera. La turba dei nemici è numerosa, ma il Si­gnore ha vicino la Madre e un gruppo di persone che lo amano e lo compassionano. Il tuo posto è con que­ste: sappi versare con loro lacrime di dolore.

 

 

114. La bevanda di fiele


Appena i carnefici ebbero terminato i prepa­rativi per le tre esecuzioni, e cioè i buchi per le croci, i chiodi, le corde ed altri oggetti necessa­ri, tolsero Gesù dalla fossa e lo condussero a pochi passi di distanza perché fosse spogliato. Prima di procedere a questo i Giudei ave­vano la consuetudine di offrire ai condannati una bevanda, che aveva lo scopo di stordirli, una specie di anestetico che permetteva loro di sopportare meglio i tremendi dolori della croci­fissione. Quest'atto di pietà veniva sempre compiuto da donne misericordiose, che s'inca­ricavano di preparare la bevanda e di offrirla ai giustiziati. Con Gesù si volle che l'azione pie­tosa non fosse disgiunta dalla crudeltà. Non furono la Madre o le pie donne a porgergli la bevanda, ma i soldati, sempre pronti a beffarsi del paziente. La bevanda stessa era stata alte­rata con amarissimi ingredienti. Troviamo in­fatti scritto: "E gli offrirono vino mescolato con mirra. Gli diedero da bere vino mescolato con fiele". Gesù non volle bere. "Ma egli, as­saggiatolo, non ne volle bere".Assaggian­do la bevanda, si amareggiò la bocca, e ne fu tutto disgustato; rifiutandosi di berla, respinse il sollievo che essa poteva procurare. Colui che era venuto per soffrire volontariamente per la redenzione dell'umanità, non voleva morire in uno stato di sopore e d'incoscienza. Gesù vole­va compiere il suo atto sublime con estrema lu­cidità.


Considera. La bocca divina di Gesù è amareggiata dal fiele per scontare i peccati di gola. Vigila su que­sto senso e sappi mortificarlo.

 

 

115. Spogliato dalle vesti

Il condannato alla croce doveva esservi con­fitto nudo, privo di ogni indumento. Gesù fu trattato come tutti, senza eccezione. I carne­fici afferrarono la vittima divina e la spogliaro­no con la solita loro ruvidezza, senza alcun ri­guardo alle molteplici piaghe di quel corpo im­macolato. Gli tolsero dal capo la corona di spi­ne, per rimettergliela subito dopo; gli sfilarono poi la veste esterna e quella inconsutile. Gesù apparve agli occhi dei presenti nudo, scorticato dai flagelli, con le piaghe sanguinolente, quasi tutte riaperte per lo strappo delle vesti. Il suo indumento è veramente rosso e la sua veste è aspersa di sangue, perché solo di sangue è rivestita l'assunta umanità. Egli patisce im­mensamente vedendosi così umiliato e il rosso­re verginale che si diffonde sul volto indica la sua interna afflizione. Non è necessario pensa­re che gli venisse tolta anche la cintura renale. Anche se i soldati gliela tolsero, la tradizione ci assicura che una mano pietosa gli cinse un pannolino attorno alla vita e lo ricoprì.

Considera. Gesù si assoggetta nuovamente alla tor­mentosa ignominia della spogliazione, per meritarti la veste della grazia nella vita presente e quella della gloria nella vita futura. Sii riconoscente a Lui, pro­mettendo di conservare sempre candida la veste della grazia, per meritare così quella della gloria.

 

 

116. Il supplizio della croce

Questa tremenda e feroce condanna ha origi­ne dalle sponde dell'Eufrate, dove fu usata la prima volta e da cui si diffuse in molte nazioni. Ai tempi dei Romani era conosciutissima e adoperata nei casi stabiliti dall'uso o dalla leg­ge. La forma della croce non fu sempre la stessa. Prima era un palo o tronco a cui veniva in­chiodato il colpevole per le mani e per i piedi. In seguito si aggiunse alla parte superiore del tronco una traversa, che più tardi venne al­quanto abbassata, dando origine alla croce lati­na, che lascia la parte superiore dell'asta libera per attaccarvi la sentenza di morte. Il supplizio della croce era riservato agli schiavi e ai malfat­tori della peggiore specie, e infliggeva quindi al condannato una particolare nota d'infamia, to­gliendogli quasi la dignità di uomo e privando­lo d'ogni diritto alla compassione altrui. Con­tro di lui era lecito l'insulto anche nel momento della sua agonia. Era il più crudele di tutti i supplizi e, naturalmente, il più spaventoso. La storia non ne ricorda di più atroci e la bestia umana non ne poteva concepire di peggiori. Il condannato era prima spogliato delle sue vesti, poi adagiato sul legno, con le braccia distese, tenuto fermo da lacci che paralizzavano la sua resistenza. Ciascun polso e i piedi, che veniva­no uniti, erano forati da un chiodo dalla testa larga, per evitare gli sdrucciolamenti che il pe­so del corpo avrebbe potuto produrre quando veniva innalzata la croce. La posizione del pa­ziente era intollerabile; le contorsioni e gli sfor­zi che ne seguivano potevano procurare vaste lacerazioni ai polsi e ai piedi. Egli poteva so­pravvivere più giorni, a seconda delle sofferen­ze subite in antecedenza. A volte veniva assali­to dalle belve, che ponevano termine ai suoi giorni divorandolo.

Considera. Per meglio comprendere le pene di Gesù in croce, richiama alla tua mente gli orrori del sup­plizio che è stato appena descritto. Serviti di tale co­gnizione per piangere sulla sorte di Cristo.

117. "Là crocifissero lui"

Gesù fu sottoposto ad un supplizio così cru­dele! Spogliato delle sue vesti, e condotto vici­no alla croce stesa per terra, Egli piegò il fian­co, si voltò supino, senza pronunciare un la­mento o una parola, stese le sue mani e i suoi piedi. La vittima era pronta ad immolarsi e il boia poteva adempiere il suo compito. Allora la mano destra venne appoggiata all'estremità della traversa, e un carnefice la fissò d'un col­po secco con un chiodo a quattro capi, lungo dieci centimetri, la cui vista fa ancora raccapric­ciare. Il sangue sprizzò, le dita si contrasse­ro, e dalle labbra della vittima sfuggì un gemi­to. Con un secondo colpo la mano sinistra ven­ne fissata all'altra estremità dell'asse trasver­sale. Un'orribile convulsione scoteva il suppliziato mentre si disponevano le gambe, piegate a me­tà, sul tronco dell'albero maledetto, sul quale Gesù venne issato, appena gli inchiodarono le mani. Mentre una pressione brutale teneva fer­mi i piedi al posto indicato, i martelli conficca­rono l'ultimo chiodo. Tutto il corpo si contorse in un supremo sfor­zo, cercando su quel letto funebre una posizio­ne meno dolorosa. Il petto si dilatò per aspirare l'aria, mentre la testa si rovesciò con un movi­mento convulso, che distese le braccia ed im­presse loro a vicenda una terribile scossa. Poi la convulsione fece abbassare le reni e ripiegare le ginocchia. Il cuore batteva con violenza. La bocca emetteva rantoli e singhiozzi. Grosse la­crime solcavano le guance, mentre gli occhi spalancati invocavano un po' di compassione e di sollievo. Poi seguì l'accasciamento. Il croci­fisso sembrava svenire e perdere coscienza del suo misero stato. Il capo si curvò, le lacrime si inaridirono, le membra si distesero, per quanto era possibile.

Considera. Quelle mani che ti hanno creato, quei piedi che si sono stancati per cercarti, ven­gono confitti in croce. Avvicinandoti al Salvatore, bacia con affetto quelle sante piaghe.

118. Gesù innalzato sulla croce

Abbiamo già detto che la vittima santa, appe­na gli furono fissati i polsi al legno trasversale, venne issata sul palo verticale, già sistemato in precedenza nel buco appositamente scavato. La rudezza dei carnefici procurò al Signo­re altri urti ed altri strazi. Il divino paziente fu a lungo tormentato prima che gli inchiodassero i piedi al palo fissato sul terreno. Gesù batté più volte col capo coronato di spine sul tronco principale della croce, mentre le ferite delle mani, lacerate dalla violenza dei movimenti, lasciavano scorrere rivoli di sangue. I gemiti insopprimibili del Salvatore non com­mossero il cuore degli aguzzini, intenti a fissa­re bene il corpo e a terminare la feroce esecu­zione. Quando fu tutto concluso, si permise al­la folla di avvicinarsi a contemplare comoda­mente i suppliziati. Anche il gruppo delle pie donne, con la Madre di Gesù, si avvicinò, aspettando che la turba si dileguasse per racco­gliersi attorno al Signore.


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