Perdonaci Signore
 
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Meditazioni

Ultimo Aggiornamento: 23/02/2015 18:02
23/02/2015 17:58

71. Giuda segue Gesù

Prima di assistere a ciò che avviene dinanzi a Pilato, dobbiamo meditare sulla fine orrenda del traditore Giuda. Egli si abbandonò alla di­sperazione dopo aver assistito alla seconda adunanza del Sinedrio. Questo disgraziato Apostolo, dopo che ebbe tradito Gesù, seguì la turba dal Getsemani ad Anna, vide tutti gli strapazzi a cui fu sottoposto il Redentore, assi­stette alla sua caduta nel torrente, al primo in­terrogatorio alla presenza di Anna, allo schiaf­fo, alle negazioni di Pietro, alle domande di Caifa, alle acclamazioni di morte, agli sputi, al­le percosse, e probabilmente conobbe pure i dolorosi ed indecenti scherzi delle guardie nel resto della notte. Anch'egli, dopo una notte in­sonne, il mattino raggiunse il tribunale delle cause gravi dove poté udire ogni cosa e capire che per il Salvatore ogni speranza era ormai perduta. La vista di tutti questi maltrattamenti inflitti al Maestro precipitò Giuda nel baratro della disperazione.

Considera. Poiché segue Gesù con cattive disposizio­ni, Giuda non ne ricava alcun bene, anzi peggiora la sua situazione. Esamina la tua disposizione nel se­guire Gesù e convertiti.

72. Disperazione di Giuda

È difficile indovinare lo stato d'animo del perdido traditore dopo il misfatto. Provò sen­z'altro in modo intensissimo quel turbamento di coscienza che sente il peccatore quando commette una colpa. Seguendo Gesù maltrat­tato, trascinato, battuto, forse si illudeva che i nemici non si sarebbero determinati a uccider­lo. Sperava che il Maestro si sarebbe libera­to da solo, con uno di quei prodigi che tan­to lo avevano reso celebre. Non li aveva operati in altre circostanze, quando i nemici lo voleva­no prendere e lapidare? Perché non do­vrebbe fare altrettanto anche ora? Ma gli avve­nimenti stavano prendendo un'altra direzione. Gesù soffriva e taceva, e quando parlava face­va capire chiaramente che era giunta la sua ora e la morte gli era vicina. Non manifestava nes­suna volontà di liberarsi con un miracolo. Allo­ra Giuda conobbe l'enormità dell'atto compiu­to e si sentì come oppresso da questa cono­scenza. Il suo turbamento si mutò presto in ve­ra disperazione e credette di non meritare più perdono, né davanti agli uomini, né davanti a Dio.

Considera. Giuda dispera del perdono di Gesù, pur avendone più volte sperimentata l'infinita bontà. Non fare mai quest'ingiuria al Signore, neppure leg­germente, ma confida sempre in Lui, pentendoti dei tuoi peccati.

73. Muore impiccato


"Allora Giuda il traditore, vedendo che Ge­sù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: 'Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente'. Ma quelli dissero: 'Che ci riguarda? Veditela tu!'. Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allonta­nò...". Abbandonando frettolosamente quel luogo, discese nella valle, passò il Cedron e, quasi senza avvedersene, rifece quella via che aveva percorso il martedì precedente, quando si era recato al solitario palazzo di Cai­fa, verso Betlemme, e aveva stipulato l'orribile contratto. A un certo punto si fermò, stanco del cammino e tremendamente sconvolto nel­l'animo. Mirò un po' più in alto il monte del cattivo consiglio, più in basso il Getsema­ni, e, al di là del torrente, Gerusalemme con il suo tempio; tutto gli ricordò la sua perfidia. Rammentò gli insegnamenti e i benefici ricevu­ti da Gesù e le numerose espressioni della sua inesauribile bontà. Gli risonavano ancora all'o­recchio le ultime parole dell'orto: "Amico, per questo sei qui!". La sua ingratitudine, nei con­fronti di tanta carità, gli parve mostruosa, im­perdonabile. Lo sciagurato non volle pensare che l'umiltà e il pentimento l'avrebbero potuto ancora salvare. Gli sembrò che solo la mor­te lo avrebbe liberato da tanti rimorsi. Sconvol­to dalla disperazione fissò la corda al collo, si arrampicò su un albero, vi attaccò l'altra estre­mità del laccio, si lasciò cadere penzoloni e ri­mase strozzato. La violenza dell'atto, i movi­menti disperati dell'ultima stretta, gli ruppero le viscere, che si sparsero sul terreno.


Considera. Giuda richiama alla mente la propria in­gratitudine per meglio decidersi alla disperazione. Riflettendo che sei un ingrato, decidi al contrario di pentirti, abbandonandoti alla bontà di Dio.

74. Il campo del vasaio


Come sarebbero stati usati i denari gettati da Giuda nel tempio? I sacerdoti li avevano rifiu­tati. Quando però li videro sparsi sul pavimen­to e seppero che il loro possessore si era tolto violentemente la vita, ordinarono di raccoglier­li e dissero: "Non è lecito metterli nel tesoro, perché sono prezzo di sangue". Tennero quindi consiglio per decidere l'uso a cui dove­vano destinarsi". E, tenuto consiglio, com­prarono con essi il Campo del vasaio per la se­poltura degli stranieri. Perciò quel campo fu denominato Campo di sangue fino al giorno d'oggi„. Si avverava così la profezia del profeta Gere­mia che molti anni prima aveva affermato: "E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli d'Israele avevano mercan­teggiato, e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore".


Considera. Il prezzo del sangue di Gesù mette scru­polo ai Giudei, i quali però non ne sentono alcuno nel procurargli la morte. L'ipocrisia finge sempre delicatezza nelle cose piccole, per meglio nascondersi quando commette gravi danni.

 

75. Davanti a Pilato


Mentre Giuda si abbandonava al suo gesto disperato, Gesù, con le mani legate, con le ca­tene al collo e in mezzo alla turba rumorosa e insultante, veniva condotto dal governatore romano di tutta la Giudea. Pilato era stato avvisato dell'arrivo dell'augusto prigioniero. Quando giunsero al pretorio "era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non conta­minarsi e poter mangiare la Pasqua". Il go­vernatore non poté fermarsi al solito luogo del­le sentenze, ma fu costretto ad uscire e, facen­dosi avanti, si fermò vicino a Gesù. "Uscì dun­que Pilato verso di loro e domandò: 'Che accu­sa portate contro quest'uomo?'. Gli risposero: 'Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato'. Allora Pilato disse loro: 'Prende­telo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!'. Gli risposero i Giudei: 'A noi non è consentito mettere a morte nessuno'. Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire". Continuando poi nelle accuse dissero: "Abbiamo trovato co­stui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re".


Considera. Gli ingiusti accusatori vogliono essere creduti senza prove. Hai anche tu questa pretesa, quando devi riferire i difetti del tuo prossimo?

76. "Io sono re"


Udendo le ultime parole dei Giudei "Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Ge­sù... che comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: 'Tu sei il re dei Giudei?'. Gesù rispose: 'Dici questo da te oppure altri te lo hanno detto sul mio conto?'. Pilato rispose: 'Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?'. Rispose Gesù: 'Il mio regno non è di questo mondo; se il mio re­gno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi conse­gnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quag­giù'Allora Pilato gli disse: 'Dunque tu sei re?'. Rispose Gesù: 'Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo; per rendere testimonianza alla ve­rità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia vo­ce'. Gli dice Pilato: 'Che cos'è la verità?'». E senza aspettare la risposta, si mosse per usci­re dal pretorio.


Considera. Gesù è veramente il re di tutti, ma i ne­mici della verità si rifiutano di assoggettarsi a Lui. Tu, invece, sii amante del vero e sempre sottoposto al dominio di Gesù.

77. "Io non trovo in lui nessuna colpa"


Questa brusca interruzione del colloquio de­notava chiaramente che il governatore si trova­va in uno stato di angosciosa preoccupazione e in imbarazzo. Capiva che l'accusato era innocente e voleva liberarlo. "E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei... i sommi sacer­doti e la folla e disse loro: 'Io non trovo in lui nes­suna colpa'. I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse. E mentre lo accusa­vano i sommi sacerdoti e gli anziani, non ri­spondeva nulla. Allora Pilato gli disse: 'Non senti quante cose attestano contro di te?'. Pila­to lo interrogò di nuovo: 'Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!'. Ma Gesù non rispose nulla, sicché Pilato ne restò mera­vigliato. Ma essi insistevano: 'Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui' ". Il debole Pilato, fra il misterioso silenzio di Ge­sù, le escandescenze e insulse accuse dei suoi nemici, non sapeva che fare.


Considera. Pilato riconosce l'innocenza di Gesù, ma è debole nel difenderlo. Rifletti se sei zelante dell'o­nore di Gesù con le parole e con l'esempio.

 

78. Gesù mandato da Erode


Nella mente di Pilato balenò improvvisa­mente un pensiero. Era Galileo anche Gesù? Lo chiese subito ai vicini e gli fu risposto che l'accusato apparteneva proprio a quella regio­ne, non soggetta al suo dominio ma a quello di Erode. Il re della Galilea, per una felice combi­nazione, si trovava in quei giorni a Gerusalem­me. Per togliersi da quell'impiccio, Ponzio Pilato decise che Gesù fosse condotto davanti a quel re per essere da lui giudicato. "Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode, che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme". Il governatore romano credeva così di potersi liberare da ulte­riori fastidi e da ogni responsabilità; sperava inoltre di ottenere, con quest'atto di deferenza verso Erode, la cessazione della pubblica inimi­cizia esistente fra loro. In questo modo, con un'unica azione, si ripro­metteva di conquistare due vantaggi. In parte non s'ingannò, perché "in quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c'era stata inimicizia tra loro".


Considera. Per liberarsi di un dovere increscioso, Pi­lato si serve di un pretesto, sia pure fondato, e allon­tana Gesù dal suo tribunale. Vedi se non lo imiti nel cercare pretesti per esimerti dai tuoi doveri.

79. Per le vie di Gerusalemme

L'ordine di Pilato venne prontamente ese­guito. Alle guardie e ai servi che avevano cat­turato, legato e custodito Gesù, conducendolo da un tribunale all'altro, subentrarono i soldati romani, probabilmente gli stessi che avevano seguito Pilato nel sedare l'insurrezio­ne dell'isola di Ponza e dei Giudei, e che appartenevano alla legione italica. Circondato da questi soldati e dalla solita folla, Gesù lascia il pretorio e viene condotto alla re­sidenza di Erode. Passa per le vie di Gerusa­lemme con le mani legate, le vesti insudiciate, il volto pieno di rossore e tumefatto dagli schiaffi, la barba sordida di sputi. Non può asciugarsi in alcun modo, né nascondere le lacrime che gli scorrono abbondanti alla vista dell'odio di un popolo tanto beneficato, che tratta così barbaramente il suo Salvatore. Per tanta ingratitudine dovette piangere spesso nella sua Passione.

Considera. Lo stato compassionevole di Gesù nel suo viaggio da Pilato ad Erode non muove a pietù il cuo­re indurito dei nemici. Tu, invece, inginocchiati spi­ritualmente davanti a Lui, baciagli le mani legate e bagnale delle tue lacrime.

80. Silenzio misterioso


Verso le otto Gesù varcò le soglie del palazzo di Erode. Da molto tempo il re deside­rava vedere e sentir parlare il Redentore; per­tanto si rallegrò quando gli venne presentato."Alla vista di Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui".Osservandolo però ridotto in quello stato, sor­dido, pallido, sfigurato, dovette provare un senso di ribrezzo. Non si sarebbe potuto cam­biargli le vesti e presentarlo con un aspetto più decente? Dal momento che era lì, bisognava in­terrogarlo. "Lo interrogò con molte doman­de... C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza". Non è difficile immaginare che genere di do­mande rivolgesse Erode, e quali accuse ripetes­sero i Giudei; il primo interrogava per sua per­sonale curiosità, i secondi si accaloravano ripe­tendo le accuse presentate davanti a Pilato con diabolica malvagità. Tutti meritavano la mede­sima risposta: il silenzio. E Gesù la diede, per­ché sta scritto:"Ma Gesù non gli rispose nul­la". Dimostrava di sapere dinanzi a quale razza di gente si trovava: un re adultero ed omicida e una corte che adulava e plaudeva gli scandalosi. Tali persone non meritavano dav­vero di udire la voce di Gesù.


ConsideraNé i disonesti, né i calunniatori, né i cu­riosi meritano di ascoltare la voce soave di Gesù. Cerca di conoscere qual è il motivo per cui il Signore, in certi momenti, non si fa sentire e non si rivela a te.

81. Trattato da pazzo


Erode restò deluso; neppure una sillaba poté udire dalla bocca di Gesù. Era perciò molto in­dispettito e, quasi per rifarsi dell'offesa subita, ordinò che il Salvatore fosse trattato come un pazzo. La veste bianca era, a quei tempi, anche il di­stintivo dei poveri dementi; Gesù venne co­stretto ad indossarla. "Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rive­stì di una splendida veste e lo rimandò a Pila­to". Fu come un segnale di derisione uni­versale. Erode, per primo, si prese gioco del Maestro e lo derise in tutti i modi; a lui fece eco l'intera corte con gli stessi soldati. I Giudei, che non aspettavano altro, subito ne seguirono l'esem­pio e, mentre con le funi gli stringevano i polsi, il collo e la vita, lo maltrattavano come dettava loro la rabbia. Infine Erode ordinò che Gesù fosse ricondotto a Pilato. Bisognò rifare la stes­sa via in mezzo ad un popolo che andava cre­scendo di numero rispetto a questo nuovo spettacolo di scherno.


Considera. L'Eterna Sapienza è tacciata di pazzia perché non acconsente alle pretese umane. Tu, pro­strato, adora questa Sapienza, e assoggettati umil­mente ai suoi imperscrutabili giudizi.

 

82. Ritorno da Pilato


Dall'alto della Torre Antonia, residenza del governatore romano, il centurione di guar­dia vide una turba avanzare tumultuosamente attorno ad un uomo biancovestito. Quando la folla si avvicinò e ne udì gli schia­mazzi e le ingiurie, comprese immediatamente di che cosa si trattava. Corse quindi ad avverti­re Pilato, che ne fu molto meravigliato. Con finta calma uscì dalla sua abitazione e discese nel Litostroto (che significa lastricato). La folla era arrivata e Pilato credette fosse giunto il momento più opportuno per liberare Gesù. "Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le au­torità e il popolo, disse: 'Mi avete portato que­st'uomo come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trova­to in lui nessuna colpa di quello di cui lo accu­sate; e neanche Erode, infatti ce l'ha rimanda­to. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo severamente casti­gato, lo rilascerò' ". A questa proposta i Giudei tacquero, ma il loro silenzio indica­va che essa non piaceva affatto. Pilato lo capì subito, e andava escogitando in che modo po­tesse ugualmente liberare Gesù.


Considera. Pilato dichiara Gesù innocente, eppure lo vuole castigare. Sono questi i mezzi termini a cui ricorrono coloro che non vogliono compiere tutto il loro dovere: decidi, da parte tua, di evitarli sempre.

83. Gesù o Barabba?


Pilato si ricordò in tempo della consuetudine che avevano gli Ebrei, per le feste di Pasqua, di liberare un malfattore condannato a morte, chiunque egli fosse. Disponeva proprio allora di un famoso prigioniero chiamato Barabba; era stato incarcerato perché, durante una sommos­sa popolare, aveva commesso un omicidio. Il popolo cominciò appunto a chiedere al gover­natore ciò che sempre gli veniva concesso in questa particolare circostanza. Si presentò a Pi­lato l'occasione favorevole per liberare Gesù; l'astuto romano se ne volle servire, proponen­do al popolo la scelta fra i due: Barabba o il Sal­vatore. "Quindi, mentre si trovavano riuniti, Pilato disse: 'Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?'. Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia". Lasciando loro il tempo di riflettere, Pilato salì al Tribunale da cui doveva pronunciare la sentenza. Forse il popolo, davanti alla figura di Barabba sedizioso ed omicida, non avrebbe avuto difficoltà a reclamare la libertà di Gesù. Ma i capi dei Giudei, girando per la fol­la, la eccitarono a chiedere la liberazione di Ba­rabba.


Considera. La proposta di Pilato ai Giudei è quella che rivolge a se stesso il peccatore quando deve deci­dere tra il peccato e la grazia. Rifletti se hai mai fatto simile proposta e pèntiti di cuore.

84. Il messo di Procla


Durante questa breve attesa. Procla, moglie di Pilato, gli inviò un messo speciale che recava alcune tavolette plasmate di cera, sulle quali aveva scritto delle parole misteriose. Gli man­dava a dire di non impicciarsi delle cose di quel giusto, perché in sogno era stata molto turbata a causa sua. In poche parole, non doveva spor­carsi le mani in simile vicenda. Pilato rimase molto colpito dal testo di quel messaggio e crebbe in lui il desiderio di liberare Gesù ad ogni costo. "Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù". Solo una volontà energica avrebbe potuto trionfare di queste insidie, ma il governatore romano era un debole.


Considera. Dio manda a Pilato un ammonimento straordinario, perché si decida per la giustizia, ma egli non ne tiene conto. Lo imiti forse nel respingere le ispirazioni al bene?

85. "Vogliamo Barabba"


Lette le tavolette e ripresosi dalla prima impressione di sgomento, il procuratore lanciò uno sguardo alla turba e capì che era pronta a rispondere. Rivolse loro la stessa domanda. "Allora il go­vernatore domandò: 'Chi dei due volete che vi rilasci?' ". Un urlo feroce salì da quelle migliaia e migliaia di bocche. "Ma essi si mise­ro a gridare tutti insieme: 'A morte costui! Dac­ci libero Barabba!'. Questi era stato in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. Ma essi urlavano: 'Crocifiggilo! Crocifiggilo!'. Ed egli, per la terza volta, disse loro: 'Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò'. Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le lo­ro grida crescevano". Pilato non sapeva darsi ragione di questa osti­nazione della folla; per questo, temendo di es­sersi espresso male, ripeté quasi la stessa do­manda per ben tre volte. La folla, suggestiona­ta dai suoi capi, non era capace di dare altra ri­sposta. Povero popolo sempre ingannato dai sobillatori!


Considera. Fa paura l'ostinazione della turba nel chiedere la morte di Gesù. Ma fa anche spavento quel cristiano che rimane ostinato nella colpa.

86. Pilato si lava le mani


Si capiva che la folla era cocciuta nella sua in­credibile richiesta, per cui Pilato volle almeno compiere un atto pubblico che indicasse la sua innocenza nella condanna del Giusto. Parlò in segreto ad un ufficiale e gli ordinò di mandar­gli un servo con una catinella d'acqua. Fu ben presto obbedito. Pochi minuti dopo comparve un servo con l'oggetto richiesto e salì i gradini del tribunale. Il popolo sottostante era curioso di sapere dove andassero a finire quel breve si­lenzio, quel parlottare sotto voce, quel gesto del servo. Sconvolto, alterato e indispettito Pilato si ri­volse al popolo. "Pilato, visto che non ottene­va nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: 'Non sono responsabile - disse - di questo sangue; vedetevela voi!'". Uno scoppio di rabbia e di imprecazioni fu la rispo­sta di tutta la turba. "E tutto il popolo rispose: 'Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i no­stri figli'. E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, decise che la loro richiesta fosse eseguita. Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedeva­no, e abbandonò Gesù alla loro volontà". Era finita per l'innocente Gesù!


Considera. Il proclamarsi innocente e il lavarsi le mani non impediscono a Pilato di essere colpevole. Una simile dichiarazione non servirà neppure a te per liberarti da quelle colpe di cui sei responsabile da­vanti a Dio.

 

 

VII - FLAGELLAZIONE

87. Diversi modi di flagellare

La liberazione di Barabba significava la rovi­na di Gesù. Preludio ordinario dell'esecuzione capitale era la flagellazione. Questo tormen­to veniva inflitto agli schiavi per castigarli o ai condannati a morte. Non era in tutto uguale presso gli Ebrei e presso i Romani: gli Ebrei non potevano dare più di quaranta colpi al ca­stigato e solo in determinate parti del corpo; per i Romani non vi era numero fisso e poteva­no colpire dappertutto. Gli strumenti usati era­no le verghe, o le fruste, rafforzate alle estremi­tà da almeno quattro staffili. Gli esecutori di questo supplizio potevano essere i littori, o i carnefici stimati fra i più ignobili. Ad essi era affidata la flagellazione quando veniva adope­rata la frusta. La tortura era orribile e poteva recare anche la morte. Gli staffili solcavano il corpo del paziente e stracciavano la carne, tra­sportandone dei brandelli fin dai primi colpi. Se non recava la morte, lasciava però sempre il corpo tutto pesto e lacerato.

Considera. Per intendere lo strazio procurato a Gesù nella flagellazione giova richiamare alla mente gli ef­fetti che producevano gli strumenti adoperati. Ricor­dati di essi quando contempli il Signore flagellato.

88. Quello usato con Gesù


Gesù fu flagellato con la frusta, all'uso roma­no, come si sarebbe flagellato uno schiavo giu­deo. Il Salvatore fu prima condotto a nord­est del pretorio, verso una colonna fissata al terreno e recante alla sommità un anello a cui si assicurava la vittima. Pilato, sebbene a ma­lincuore, pronunciò le parole consuete: "Va, o littore, legagli le mani, velagli gli occhi e colpi­sci con vigore e precauzione". Il suo ordine fu subito eseguito, e il verginale corpo di Gesù fu prima di tutto spogliato delle sue vesti. Benda­rono poi il volto al Salvatore, gli legarono le mani e lo assicurarono alla colonna che, essen­do bassa, costringeva il paziente a stare curvo. Anche gli esecutori erano pronti, armati della frusta coi quattro staffili, ritti in piedi e dietro la vittima. Mai come in questo momento Gesù poté meglio applicare a sé le parole del profeta: "Sono torturati i miei fianchi, in me non c'è nulla di sano. Poiché io sto per cadere e ho sempre dinanzi la mia pena".


Considera. Gesù soffre l'angoscia della nudità a cau­sa dei peccati contro la purezza. Compatisci il buon Gesù e promettigli una modestia angelica.

89. Come fu eseguito


Ad un cenno del procuratore, i carnefici "co­minciarono a colpire con lentezza, spaziando i colpi sulla carne palpitante, affinché nessun posto rimanesse privo di dolore. I solchi si av­vicinavano ai solchi, prima d'incrociarsi con ar­te studiata, scotendo tutto l'organismo con spaventevole commozione. Ben presto la pelle venne strappata e tolta a brani sanguinosi, e le costole, scavate dalle acute estremità degli staffili, mostrarono le ossa". Presto Gesù apparve come lo avevano predetto i profeti: dalla pianta dei piedi fino alla sommità del capo non si trovava una parte sana, sem­brava un lebbroso, un percosso da Dio, l'ulti­mo degli uomini. Il suo corpo viene ridotto ad una sola piaga, ad una figura di sangue; il san­gue scorre abbondante in terra, intride i flagelli, le vesti, le mani, la faccia dei carnefici.


Considera. Gesù è pesto e lacerato dai flagelli per i peccati d'impurità. Mira nelle sue piaghe la malizia del peccato impuro e piangi sui dolori del Salvatore.

90. Immerso nel sangue

Una sofferenza così spaventosa sarebbe stata sufficiente a dare la morte a Gesù, se Egli stes­so, con la sua divinità, non avesse sostenu­to la debolezza della sua umanità nel momento in cui poteva soccombere. Ma questo aiuto di­vino sosteneva l'umanità solo a sopportare le pene, non a diminuirle. Esse furono immense, peggiori della morte, superiori ad ogni umana immaginazione. Quando la flagellazione ebbe termine, Gesù, privo ormai di forze, affranto, si abbandonò al suolo, rosseggiante di sangue. Allora cessarono i colpi e i flagellatori, staccan­do Gesù dalla colonna, gli slegarono le mani e lo lasciarono steso a terra, finché riprendesse un po' di forza. Non esce un lamento dalla bocca dell'Agnello Divino nel luogo del suo macello, e lascia che le piaghe, il sangue, le la­crime e l'affannoso respiro parlino dell'atrocità dei suoi dolori. Appena sembrò che si ripren­desse, gli stessi carnefici lo rialzarono da terra, gli rimisero addosso le vesti (che si bagnarono subito di sangue) e stettero ad aspettare gli or­dini del procuratore.

Considera. L'Uomo-Dio vien meno sotto i flagelli per dar forza alla tua debolezza. Inginocchiati vicino a Lui, compatiscilo e fortificati nel suo prezioso san­gue.

 

VIII - CORONAZIONE DI SPINE

91. Coronato di spine


Probabilmente Pilato, ordinata la flagellazio­ne, si assentò e lasciò l'incarico al centurione. Quando finì il castigo, non era ancora ritor­nato, e allora i soldati ebbero un'idea crudele, che si accinsero ad attuare immediatamente. Si ricordarono che Gesù aveva affermato di esse­re un re e pensarono che conveniva burlarsi di lui consegnandogli una corona, uno scettro e un manto regale. "Allora i soldati del governa­tore condussero Gesù nel pretorio e gli radu­narono attorno tutta la coorte", cioè circa cinquecento uomini. Lo spogliarono di nuovo, gli legarono le mani e gli buttarono addos­so un manto rosso. Intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, infilandogli nella mano destra una canna, che doveva simboleg­giare lo scettro. In tal modo il re dei secoli, immortale e invisibile quanto alla sua divi­nità, divenuto mortale e visibile per l'assunta umanità, coperto da una clamide, coronato di spine, con la canna in mano, è trattato come un re da burla.


Considera. A Gesù si devono ogni onore e gloria, perché è il vero re dell'universo: Riconoscendogli questo titolo, pròstrati davanti a Lui, coronato di spine, e adoralo.

92. Dolori, sangue e obbrobri

Le spine penetrarono nel capo e nella fronte; da ogni parte si vedeva scorrere vivo sangue, che discendeva per i capelli e per la barba, macchiando il viso e velando gli occhi. Aggiun­gendo ai dolori la derisione e lo scherno, i sol­dati fecero sedere Gesù sopra un pezzo di co­lonna rovesciata, che doveva significare il tro­no. Naturalmente si moveva, rotolava e faceva cadere il Salvatore, che, con le mani legate, non poteva sostenersi. Ogni caduta era oc­casione di risate da parte dei presenti, e intanto spostava la corona di spine sulla testa. I soldati si affrettavano a rialzare il caduto e a rimetter­gli a posto la corona; anzi, perché non si mo­vesse più, levandogli di mano la canna, batte­vano con questa fortemente affinché le spine penetrassero meglio e non si movessero più. Verso Gesù ogni crudeltà era lecita.

Considera. Le spine pungono e penetrano l'adorabile capo di Gesù, che in tal modo sconta tutti i peccati di pensiero. Pèntiti amaramente se con essi hai coro­nato di spine il Signore.

93. Solenne derisione

Pensarono inoltre di dare alla derisione una forma più solenne, per osservare in tutto le più minute cerimonie che si usavano nell'incoro­nazione dei re autentici. I soldati si misero in ordine di marcia e, passando davanti a Ge­sù, si inginocchiavano e fingevano, sghignaz­zando, di adorarlo, mentre gli rivolgevano il saluto e gli dicevano: Salve, re dei Giudei. Al­cuni, più abietti, per meglio attirare l'attenzio­ne dei commilitoni, pronunziate le parole di saluto, sputavano addosso a Gesù. Altri lo urtavano e gli davano degli schiaffi; altri, infine, gli toglievano la canna e lo colpiva­no violentemente al capo. Lo stesso Vange­lo ci narra tutti questi atti di crudeltà, quasi per invitarci a riflettere ai molti altri che probabil­mente mise in atto simile gentaglia. Da parte di Gesù, né una parola né un gesto d'impazienza. Si limitava a lanciare qualche sguardo compassionevole a quegli sciagurati, lasciando scorrere abbondanti lacrime mesco­late al sangue, unico segno del suo immenso dolore.

Considera. I soldati passano davanti al Signore, schernendolo e compiendo ogni sorta di crudeltà. Passando innanzi a Lui spiritualmente, proclamalo il tuo vero re, e attestagli il tuo amore.

94. L'alto piano della Galleria

Era ora che lo scherzo crudele finisse. Ricom­parve finalmente Pilato e ordinò che gli venisse condotto Gesù. Dovette in cuor suo sentire viva la compassione nel vederlo ridotto in quello sta­to miserando, ma tacque, nella speranza che la turba sarebbe rimasta commossa a quella vista, e avrebbe così desistito dal chiedere la morte di Gesù. Pilato avanzò sull'alto piano della Galle­ria, verso la tribuna che sovrasta il grande arco di entrata, e dalla quale si poteva scorgere tutta la folla sottostante. A pochi passi di distan­za lo seguiva Gesù, condotto dai soldati, quasi nudo, coperto solo da quello straccio rosso, con le mani legate che sorreggevano una canna, co­ronato di spine, sfigurato dalle piaghe e dal sangue in tutto il resto della persona. Fu in tale occasione che Egli salì e poi discese quella scala che rese santa lasciando cadere il sangue che gli usciva da tutte le ferite.

Considera. Nessun uomo, ridotto allo stato in cui si trova ora Gesù, fu mai visto salire una scala per es­sere mostrato al popolo. Nel tuo spirito accompagna Gesù e bacia quei gradini che sono imporporati del suo sangue.

 

95. "Ecce homo"


La turba, che poco o nulla aveva veduto della flagellazione, e nulla sapeva dell'incoronazio­ne di spine e degli improperi dei soldati, stava aspettando con impazienza la ricomparsa di Pilato per udire da lui la formula rituale della definitiva condanna di Gesù a morte. Final­mente la stessa turba notò il movimento che si era creato sulla terrazza, poiché i soldati veni­vano ad occupare la loggia e lo stesso governa­tore, avanzando verso la balaustra, si dispone­va a parlare. La calma si ristabilì da una estre­mità all'altra della piazza, e tutti si disposero a prestare attenzione a quello che sarebbe suc­cesso, ignari certamente dello spettacolo che veniva loro riservato. "Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: 'Ecco, io ve lo conduco fuo­ri, perché sappiate che non trovo in lui nessu­na colpa'. Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora". Termi­nato di parlare, Pilato fece avanzare verso la balaustra Gesù, prima tenuto alquanto indie­tro in modo che la folla non lo vedesse ancora. Presentandolo in quello stato compassionevo­le, disse con voce forte e commossa: "Ecce ho­mo! Ecco l'uomo".


Considera. Con le parole "Ecce homo" Pilato invita la folla a riflettere se è possibile temere ancora un uo­mo ridotto in quello stato. Ascoltando queste parole, fissa lo sguardo nel Signore e considera il suo infini­to amore.


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