. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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IL PICCOLO NULLA

Ultimo Aggiornamento: 08/04/2013 21:26
31/03/2013 22:34

121
O voi tutte che soffrite, venite a Maria...
La vostra salvezza e la vostra vita sono ai
piedi di Maria.
O voi che lavorate in questo monastero, Maria conta i vostri passi e i vostri sudori; dite
voi a voi stesse: ai piedi di Maria, ho ritrovato la vita!
Voi che abitate in questo monastero, Maria vi dice: Figlia mia, ti ho scelta tra die-
cimila: tra diecimila, ti metterò nel mio tempio!... Non avrai mai fame, non avrai mai
sete. Ti do il cibo, la carne, il sangue, dell'Innocente!
Non dite che sono orfana: ho Maria per Madre e Dio per Padre! Felice figlia! Dite che
ai piedi di Maria, ho ritrovato la vita!».
Tutta preoccupata dei bisogni della Chiesa e della salvezza della Francia, suor Maria si
offrì per fare, secondo questa intenzione, la cucina per sei mesi consecutivi, giacché
questo lavoro era per lei un vero martirio a causa della sua cattiva salute. Il Superiore
le aveva permesso di mettere in esecuzione questo pio proposito, il Signore lo accettò
a sua volta, mentre le inviava sofferenze tanto violente quanto straordinarie. Dopo
lunghe ore passate in queste torture, cadde in una dolce estasi ed esclamò: «Dio mi
visita... Egli è qui... È con me... Come accade che il Signore si abbassi? È dolce
pensare a Gesù ma più dolce fare la sua volontà.
"Desidero che quelli che mi circondano non abbiano altro bene che l'Altissimo...
Siamo gelose della gloria dell'Altissimo...
Signore Gesù, diceva un'altra volta nel coro, davanti al santo Sacramento, che debbo
fare per amarti?" Una voce le rispose: Servi il prossimo e mi servirai; ama il prossimo
e mi servirai. È da questo che riconoscerò che mi ami veramente».
Incoraggiando una suora molto provata, le diceva che, fintanto che avrebbe avuto
fiducia in Dio, fintanto che sarebbe stata umile e aperta verso i suoi superiori, il buon
Dio l'avrebbe protetta. Parlò poi dell'umiltà:
«Oggi, la santità, non è la preghiera, né le visioni, né le rivelazioni, né la scienza del
parlare bene, né i cilici, né le penitenze, è la regola vissuta e l'umiltà.
Il Signore ha detto: È il secolo in cui il serpente ha preso le ali, ed è per questo che sto
per purificare la terra! Chi potrà dunque essere salvato? Colui che domanda l'umiltà e
che la pratica.
L'umiltà è la pace!... L'anima umile è regina. È sempre felice. Nella lotta, nella
sofferenza, si umilia, crede di meritare di più, domanda ancora di più, è sempre in pa-
ce... L'orgoglio dà il turbamento. Il cuore umile è il vaso, il calice che contiene Dio!...
Il Signore dice: un'anima umile, veramente umile, farà più miracoli degli antichi
profeti.
In cielo, gli alberi più belli sono quelli che hanno più peccato, ma si sono serviti delle
loro miserie come un concime che circonda il piede.
Se tu vedi, aggiunse rivolgendosi alla Priora, giovani suore, novizie avide di restare in
preghiera al di fuori di quello che è di regola, falle occupare nei lavori più umili».
Diceva, il 19 aprile 1874, la domenica del Buon Pastore: «Se una novizia fa dei
miracoli e non si sottomette, o se ha portato un milione e in seguito ne voglia disporre
o soltanto attaccarsi ad una immaginetta, Madre Teresa dice: Rimandatela con ciò che
ha portato.
Colui che non ha dato la sua volontà a Dio non gli ha dato niente.
Quando si è dato qualche cosa a Dio, non bisogna riprenderla. Siete uscite nude dal
seno di vostra madre e ritornerete nude nel seno della terra.

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Quando Dio vi ha create, eravate nude, e
se volete ritornare nel seno di Dio, siate
nude, non abbiate alcuna proprietà. Se voi avete qualche cosa, non entrerete, ma re-
sterete fuori. Non occorre neppure la proprietà di una immagine, di una penna». Ri-
prese ben presto: «Margherita Alacoque dice: Se i figli della terra comprendessero che
le umiliazioni, che tutto sulla terra è come un lampo che passa!... Se potessi avere un
rimpianto, sarebbe di non aver fatto di più».
Sempre in estasi, ella aggiunse: «Beati tutti quelli che lavorano alla fondazione!...».`
«Il Signore mi ha promesso che i miei giorni saranno brevi!... Mi ha detto il giorno e il
mese in cui mi verrà a cercare, ed a che ora, e quanti giorni ho ancora da vivere».
Il giorno della festa della santa Trinità di quello stesso anno (1874), ebbe una visione e
delle comunicazioni soprannaturali, che Dio l'obbligò a sottomettere al Superiore.
Dettò ciò che segue:
«Sto per dire, Padre mio, ciò che mi è stato ordinato di far sapere. Questa mattina,
prima della messa, mi sentivo presa, atterrata, senza sapere perché, da una potenza
nemica che mi perseguitava; il mio cuore si innalza verso Dio più che mai e grido:
Signore, è possibile che abbandoniate la mia anima? Mio Dio, spero in te!
Immediatamente, mi sono vista davanti a Dio. Lui, su un'alta montagna, molto alta, ed
io, in una fossa profonda. Mi sentivo le gambe rotte, le braccia tagliate ed ero quasi
cieca; potevo appena guardare davanti a me. Vedo allora una luce che l'immaginazione
dell'uomo non può raffigurarsi, né comprendere. È un fuoco ed un refrigerio. Sento
che è Dio. Non ho alcun dubbio che non sia Dio; dico tra me, è Dio e comincio a
gridare: Mio Dio, tirami dall'abisso in cui sono, tirami dall'abisso!
E dicevo in me stessa: da dove viene questa luce? È Gesù? È il Padre? È lo Spirito
Santo? Sentii una voce dire: Considerate un piatto di olio. L'olio, da solo, non può
accendersi; se vi mettete il fuoco dentro, si accende tutto in una volta e non dura; ma
se metti uno stoppino tra l'olio e il fuoco, allora l'olio, lo stoppino e il fuoco fanno un
tutt'uno e producono la luce. L'olio, è l'immagine di Dio Padre; lo stoppino, è
l'immagine di Dio Figlio; lo stoppino, c'è perché il fuoco non bruci tutto d'un colpo
l'olio: è Gesù che impedisce alla collera di Dio di scoppiare, che concilia l'uomo con
Dio; e il fuoco, è lo Spirito Santo Dio, che fa conoscere Dio all'uomo, che lo riscalda,
gli dà la luce e la vita. La luce attira l'uomo a Dio, e nello stesso tempo gli mostra Dio.
Considera se l'olio solo può bastare, se l'olio con il fuoco senza lo stoppino può restare
e se lo stoppino può accendersi senza fuoco. Così, ciò vuol dire che l'uno non può sus-
sistere senza l'altro. Guardo e vedo questa fiamma ardente che non brucia come il
fuoco della terra. Il corpo ne è arso e nello stesso tempo rinfrescato; vi si sta senza
essere bruciato e vi si gode. Mi è stato fatto un discorso magnifico sull'olio, un
sermone magnifico sullo stoppino ed un discorso magnifico sul fuoco, ma è
impossibile ripeterli, e ciò che dico non mi soddisfa... Mi sono stati fatti parecchi
paragoni che la mia intelligenza non può ripetere, è troppo piccola. lo l'ho compreso in
fondo al mio cuore».
È così che Dio aveva istruito fin dall'infanzia suor Maria, che non fu capace di leggere,
e solamente negli ultimi anni della sua vita, altro che il libro `l'Angelo custode', a
grossi caratteri.
Era tutta contenta in giardino, durante la stagione dei frutti, vedendo che i meli ne
erano carichi, il che ricordava una parola di Nostro Signore.

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L'anno precedente, era stato convenuto
che questi meli, sarebbero stati abbattuti
perché non facevano frutti e nuocevano al prato. Erano stati segnati per essere
asportati, e si cominciava già questo lavoro, un giorno, durante l'orazione, Nostro
Signore disse alla sua piccola serva: Dì alla tua Madre che quest'anno non si abbatta
alcun albero, bisogna conservarli. Si lasciarono dunque gli alberi, che diedero più
frutti dei peri, al contrario degli anni precedenti.
La considerazione del suo nulla e della potenza di Dio la incantava: « II pensiero che
io sono niente mi fa trasalire!» diceva.
«Vedo tutto, contemplo tutto, e vedo tutto come un niente... La mia anima vagante
guarda il cielo, la terra...; ammira l'opera dell'Altissimo; ma per lei, tutto è nulla! ...
vedo in ogni paese tante piante differenti! Guardo il mare e tutto ciò che esso
racchiude... La bellezza dell'uomo è incomparabile!
Ciò che è nel mare è così bello! Tutto glorifica Dio e tutto è contento di Dio! Non c'è
che l'uomo che non glorifica Dio e che non è contento!... O uomo, sii felice di tutto,
perché il tuo tesoro è l'Altissimo. Liberati da tutto ciò che è terreno; annientati nel
vedere che sei così debole. Sii fiero di avere un Dio così grande!...
O uomo, non amare ciò che è stato creato più di Colui che l'ha creato, perché il tuo
amore allora si cambierà in tenebre; ama Colui che ha creato tutte le cose e il tuo
amore si cambierà in luce!».
Figlia mia, le diceva il Signore in un'altra estasi, chi non ha dato la sua volontà a Gesù,
non ha fatto niente. Quando si presenta qualche cosa di penoso che ripugna e lo si fa
ugualmente è una prova che si è data la propria volontà a Gesù. Ora, noi siamo in un
tempo, in un secolo di tenebre, lo spirito è cieco, non sa ciò che vuole... Non c'è che
l'obbedienza che ci possa salvare. Quanti sacerdoti e religiose cadranno, perché non
hanno dato la loro volontà a Gesù...
Ho visto una clarissa, il Signore mi ha detto: Vedi, mi è sempre così gradita, perché
agisce sempre per obbedienza.
«Non temere di lasciare la preghiera per servire i malati, diceva un giorno ad una
giovane suora infermiera; se è una cosa che si può aspettare fino all'indomani, al-
lora aspetta; ma se è necessario in quel momento non significa lasciare la preghiera,
significa lasciare Dio per Dio, lasciare l'amore per l'amore!... Quando tu curi le
ammalate, cura Dio in loro; fa' per tutte le stesse cose. Non bisogna avere più piacere a
dare cure alle une o alle altre, con il pensiero che una è più santa di un'altra. E se tu hai
curato perfettamente, per amore di Dio, un'anima in stato di peccato mortale, avrai più
merito che se tu avessi curato una santa».
La Priora del Carmelo di Pau,4° sebbene debole di salute e spessissimo sofferente,
poteva seguire tuttavia la comunità; ma da qualche tempo, il suo stato si era aggravato
ed era trattenuta in infermeria, il che meravigliava le suore, avendo la veggente
promesso che il buon Dio le avrebbe dato a lungo ancora abbastanza salute per
assolvere i doveri della sua carica. Giacché il male peggiorava, la suora si decise a
farle sapere la causa di questo cambiamento. Le disse che il Signore non era contento,
perché le suore erano riuscite, con le loro pressanti insistenze, a farle lasciare il
mantello del coro, che lei usava, per prenderne un'altro più leggero; effettivamente si
constatò che dal giorno in cui mise questo mantello un po' differente degli altri, era
stata più sofferente. La Priora, tutta contenta dell'avvertimento, fece ritirare il mantello

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dall'infermeria. Subito, ella assicura, ho
sentito un benessere, uno star meglio
straordinario. O santa Povertà, quanto sei benefica!
Nel corso del mese di luglio 1874, suor Maria di Gesù Crocifisso parlava della Rev.
Madre Sant'Ilarione, Fondatrice e Priora delle carmelitane di Marsiglia, morta il 6
luglio di quello stesso anno. Ella diceva di aver visto questa venerata Madre andare
direttamente in cielo, solamente passando per le fiamme del Purgatorio. Aveva
chiesto: «Com'è che sei andata così direttamente in cielo?» La venerata Madre le ri-
spose: Sì è perché non ho mai mancato alla carità ed ho praticato la regola.
Tutto il tempo che trascorse fino alla sua partenza per Betlemme, non fu che, per così
dire, una serie ininterrotta di estasi, di canti rapiti, di avvertimenti celesti. Per
descrivere la sua felicità nel suo stile immaginifico e pieno di grazia, ella diceva che
era in vacanza ma che, ben presto, occorreva tornare in pensione.
Stiamo per citare ora i due avvenimenti che si svolsero durante il suo soggiorno a Pau
ed ai quali ella ebbe una così larga parte: vogliamo parlare della fondazione del
Carmelo di Betlemme e dell'approvazione della Congregazione dei Preti del Sacro
Cuore di Gesù di Bétharram.
Appena di ritorno a Pau, suor Maria di Gesù Crocifisso dichiarò alla Madre Priora che
Gesù la chiamava a Betlemme per morirvi, contrariamente al desiderio che ella
avrebbe avuto di restare a Pau dove si trovava così felice. Affermò perfino, in pa-
recchie circostanze, che, prima di tre anni, sarebbe stata a Betlemme. I Superiori non
attribuirono grande importanza a questa profezia ma la suora insisteva, dicendo che
Gesù voleva assolutamente un Carmelo a Betlemme. Un giorno in cui il Signore rin-
novava alla suora l'assicurazione di questa fondazione, la veggente gli disse con santa
audacia: «Per prova che questa fondazione di Betlemme si farà e che io andrò a
morirvi, fai prendere radice a questa foglia di geranio quasi secca»; e parlando così,
affondò in un vaso di terra la foglia che aveva in mano. Il segno richiesto fu accordato
e poco dopo, si vedeva elevarsi da questa foglia un magnifico geranio.
Ma quale sarà l'eletta da Dio per quest`opera? Doveva essere la signorina Dartigaux,
figlia unica di un Presidente della Corte di Pau e nipote, per parte di sua madre, del
conte di Saint-Cricq, ministro di Carlo X e pari di Francia. Questa signorina, di una
eminente pietà, disponeva di un patrimonio considerevole, che dispensava in opere
buone. Davanti al santissimo Sacramento, senza esservi sollecitata da nessuno,
promise a Dio di realizzare la fondazione del Carmelo di Betlemme, se il suo
confessore l'avesse approvata.
Un Carmelo a Betlemme non era una impresa ordinaria... Un Carmelo a Betlemme, in
permanente immolazione per il trionfo della Chiesa e per la salvezza della Francia.
Bisognava attendersi grandissimi ostacoli...
Anzitutto, una domanda doveva essere indirizzata alla Santa Sede dal vescovo di
Bayonne, Mons. Lacroix, un uomo di Dio, un apostolo, dottore per la sua scienza,
pastore per la sua bontà. Egli venerava la signorina Dartigaux e la sua amica del
Carmelo, suor Maria di Gesù Crocifisso. Ma era anche la prudenza in persona e, sa-
pendo bene che Roma era contraria allo stabilirsi di suore di clausura in Terra Santa,
rifiutava di prestarsi ad una procedura del tutto inutile ai suoi occhi.
Tuttavia giudicava che i segni dall'Alto divenivano sempre più manifesti e decise di
passare ai fatti; si cominciava, poi si indietreggiava e, al momento segnato come
decisivo, tutto fu abbandonato. La signorina Dartigaux, degna emula della pia

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carmelitana, sua amica, era pronta:
accorse, cadde in ginocchio davanti al
vescovo, nel parlatorio del Carmelo di Pau: Monsignore, gli disse, questo progetto o
viene da Dio o no; se non è volontà di Dio, la Santa Sede lo respingerà, sempre
lodando una così pia intenzione, ma se viene da Dio, può lei resistergli? Nello stesso
istante, la supplica venne firmata e spedita; e, malgrado le opposizioni più
considerevoli e più energiche, Pio IX, il grande Pio IX, di santa memoria, decretò con
la sua propria autorità la fondazione di un monastero di Carmelitane a Betlemme.
Ma bisogna assicurare il servizio religioso della nuova fondazione. Chi sarebbe stato
l'eletto dal Signore?
Ai piedi dei Pirenei, in un angolo delle nostre montagne, un sacerdote aveva fondato
una piccola Società, sotto la dicitura del Sacro Cuore. Figlio della povertà, nato
nell'ultima capanna di un borgo sperduto nel paese basco, pastore ancora a quindici
anni, più tardi sacerdote, Direttore e Superiore del Grande Seminario, infine fondatore
di una famiglia religiosa, Michel Garicoits era sempre rimasto umile di cuore, come di
nascita; aveva conservato la semplicità di un fanciullo. Il divin Pargolo del Presepe;
ecco l'ideale che lo aveva affascinato. E suor Maria di Gesù Crocifisso a ridire alla sua
nobile amica: «Gesù vuole Bétharram a Betlemme».
L'abate Manaudas, del quale è già stata fatta menzione in questo racconto, era morto
durante la Quaresima del 1874. Questo venerabile ecclesiastico apparve a suor Maria e
la incaricò di parlare a Mons. Vescovo di Bayonne dell'approvazione a Roma
dell'Istituto dei Preti del Sacro Cuore di Bétharram. La suora accompagnò questa
comunicazione di dettagli così precisi e così intimi, che Monsignore ne fu
estremamente colpito; cedendo una volta di più alla richiesta dell'umile suora
conversa, mandò alla Città eterna un sacerdote di quest'Istituto con l'abate Bordachar.
Suor Maria aveva predetto a costoro che, una volta a Roma, non avrebbero avuto
niente da domandare e che tutto sarebbe stato loro offerto. E così avvenne. Il Rev.mo
P. Bianchi, O.P., in seguito a circostanze provvidenziali visibilmente preparate dalla
mano di Dio, offri loro i suoi servizi contro la loro attesa, e, due mesi dopo, senza una
sola iniziativa da parte loro, il breve laudativo era accordato dalla Congregazione dei
Vescovi e Regolari." Meno di tre anni dopo, Pio IX approvava questo Istituto, e, un
po' più tardi, Leone XIII gli affidava l'assistenza spirituale del Carmelo di Betlemme.
CAPITOLO XVI
Partenza di suor Maria di Gesù Crocifisso per Betlemme. Fondazione del
Carmelo di Betlemme - "L'anello dell'alleanza "
Il primo sentimento che proviamo, cominciando questo capitolo, è di una grande
riconoscenza verso Dio, e volentieri diremmo con l'apostolo san Paolo nella sua
epistola agli Efesini (1,3): Benedetto sia Dio, Padre del Signore Nostro Gesù Cristo
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo; sia benedetto
Gesù che ci ha scelti 46 per accompagnare le sue spose nel luogo della sua nascita;
perché la fondazione di Betlemme, quando la si considera in tutti i particolari, è un
vero miracolo della destra dell'Altissimo.
Il 20 agosto 1875 suor Maria di Gesù Crocifisso lasciava il Carmelo di Pau per recarsi
a Betlemme con nove sue compagne. La fondatrice del Carmelo di Betlemme, la
signorina Dartigaux, faceva parte della pia carovana. Si fece una prima sosta a Nostra
Signora di Lourdes dove suor Maria, al suo ritorno da Mangalore, aveva promesso alla

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Vergine Immacolata di ritornare, quando
sarebbe partita per Betlemme. Dopo la
Messa, fu necessario sottrarla alla venerazione della folla che si stringeva attorno a lei;
la si voleva vedere, parlarle; l'illustre autore di Nostra Signora di Lourdes, il sig.
Enrico Lasserre, domandò come insigne favore di intrattenersi con lei per cinque
minuti e uscì da questa breve conversazione illuminato e consolato. Colei che amava
chiamarsi "il piccolo nulla" era la sola a soffrire di tutte queste testimonianze di
rispetto che non si riusciva a spiegare." Da Lourdes i viaggiatori si diressero verso
Tolosa dove li attendeva la gentile ospitalità delle Serve di Maria. Qui ancora, la
piccola conversa divenne l'oggetto di una pia curiosità da parte delle buone religiose,
che gioirono nell'averla per alcune ore nella loro casa. A Montpellier, ella ebbe la
grande consolazione di rivedere Padre Lazzaro, suo confessore durante le dure prove
di Mangalore. La piccola carovana fu ricevuta a Marsiglia da due famiglie amiche
delle suore. Fin dal suo arrivo, suor Maria cominciò a operare una riconciliazione fra
due giovani sposi di questa famiglia." Rivide anche le buone suore di San Giuseppe
dell'Apparizione, presso le quali aveva passato due anni, e il sacerdote arabo che era
stato per lei un vero padre, quando ella era domestica in quella città. Infine, il 26
agosto, i viaggiatori si imbarcarono per la Palestina, dopo aver fatto il pellegrinaggio a
Nostra Signora della Guardia per raccomandare la traversata alla "Stella dei mari". Il
tempo fu loro costantemente favorevole, così bello e così sereno che il santo Sacrificio
poté essere offerto ogni giorno a bordo. Subito dopo il passaggio delle Bocche di San
Bonifacio, ci si trovava in vista di Napoli, dove la nave si fermò per alcune ore e i
viaggiatori poterono ammirare il magnifico spettacolo che si offriva ai loro occhi,
mentre una piacevole musica si faceva sentire. Solo suor Maria sembrava insensibile a
questi suoni armoniosi, essendo interamente assorbita da un'altra musica, la musica
formata dalle note del mare, del cielo, delle colline e delle montagne: «Quanto è bello,
lei diceva, e come Dio che ha fatto tutte queste meraviglie, deve essere infinitamente
più bello! Signore, Dio degli eserciti, quanto sei grande! Signore, Dio degli eserciti,
quanto sei potente!». La sua influenza su tutto l'equipaggio era irresistibile. Dal
comandante ai semplici marinai, tutti si sentivano dominati dalla sua presenza, senza
comprenderne il perché. Vedendola passare sul ponte con la maestà di una regina, si
inchinavano rispettosamente. Quando non c'era, domandavano sue notizie con una
certa ansietà, temendo che stesse male, e non si sentivano pienamente rassicurati se
non quando la vedevano ricomparire. Suor Maria non perdeva il suo tempo; diceva ad
ognuno una sua parola, con una grazia e una dignità che incantavano; predicava a
quegli uomini la necessità della preghiera e il nulla di tutto ciò che passa, e sempre era
ascoltata col più grande rispetto. Completamente dimentica di sé per non occuparsi
che degli altri, aveva l'occhio a tutto, pensava a tutto, prendeva tutto; dopo aver servito
gli altri, non pensava ancora a se stessa; le si doveva ricordare che aveva un corpo,
perché si occupasse di dargli il necessario. Andava dall'una all'altra delle sue
compagne con un sorriso celestiale, incoraggiando l'una, presentando il cibo all'altra,
simile ad una madre che si prodiga per i suoi figli.
Fra i passeggeri si trovavano due disgraziate giovani, vittime sfortunate del vizio.
All'inizio della traversata si sarebbe detto che la vista dell'abito religioso delle
carmelitane le aveva un poco intimidite, ma questo timore scomparve ben presto e non
si sentivano più che le risa sataniche di queste fanciulle perdute. In certi momenti, suor
Maria non si tratteneva; gli ardori di un santo zelo le facevano mandare dei sospiri e

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pronunziare parole di fuoco contro queste
infelici; domandava con le lacrime a
Nostro Signore di mandare a queste anime sviate una prova che le obbligasse a
rinunciare ad uno stato così deplorevole; si elevava con forza contro la tirannia del
demonio e la bruttezza del peccato; ma subito, rientrando in se stessa, diceva:
«Signore Gesù, ti rendo grazie di avermi preservato dal male, di avermi custodita
come la pupilla del tuo occhio! Ahimè, senza la tua mano potente, io sarei forse caduta
più in basso di queste infelici! Custodiscimi, Signore; ho paura di me stessa,
custodiscici tutti».
Il 3 settembre, la nave si trovava nel porto di Alessandria per una sosta di tre giorni. In
questa città suor Maria aveva sofferto il martirio per la sua fede, all'età di tredici anni;
là era stata gettata in un luogo deserto dal suo uccisore, là era stata raccolta da una
misteriosa religiosa che la guarì, le annunciò tutto ciò che le doveva accadere più tardi
e non la lasciò se non quando fu ristabilita. Sebbene la disposizione dei luoghi fosse
interamente cambiata, la suora poté indicare il posto dove era stata curata e che
primitivamente era una sconosciuta grotta. 1 suoi fortunati compagni pregarono su
questo posto benedetto, ringraziando Dio dei miracoli di cui questa bambina
privilegiata era stata oggetto, e ripetendo nel fondo del loro cuore questa parola del
salmista: Mirabilis Deus in sanctis suis.
Il 6 settembre, si sbarcava a Giaffa. Il vice console di questa città, in nome del governo
francese, e il Rev. P. Guido, direttore di Casa Nova, mandato dal Custode di Terra
Santa, erano venuti ad accogliere la piccola colonia sulla nave, arrogandosi il favore di
condurla a terra. Appena sbarcata, essa fu accolta dai Rev. PP. Francescani, che
l'accompagnarono nella loro cappella per cantarvi il Te Deum di ringraziamento. La
sera di questo stesso giorno, si raggiungeva Ramleh, dove le viaggiatrici furono
salutate presso i RR. PE Francescani al grido di viva le Figlie di santa Teresa!
L'indomani prendevano la strada di Gerusalemme, per arrivare nella Città Santa due
ore prima di notte.
Era il 7 settembre, anniversario del martirio di suor Maria di Gesù Crocifisso ad
Alessandria. Per la terza volta, faceva questo pellegrinaggio; ma quanto quest'ultimo
viaggio differiva dai due primi! Ella non era allora che una fanciulla povera e
sconosciuta, alla quale nessuno prestava attenzione; oggi è una figlia di santa Teresa;
porta sulla fronte la corona delle Spose di Gesù e la corona della sofferenza. Con quale
commozione, passando non lontano dal villaggio di San Giovanni, i viaggiatori
avevano ripetuto il cantico della Vergine Maria, il Magnificat, applicandolo alla
piccola suora conversa, che pure l'aveva recitato senza sospettare queste riflessioni!
Quest'umile religiosa, come la sua divina Madre Maria, non aveva motivo di
glorificare il Signore? Quante anime ricondotte da lei alla verità e alla virtù! Quante
altre, sospinte dai suoi esempi ancor più che dalle sue parole, nella vita religiosa, nella
vita sacerdotale, e perfino nel mondo! La sua anima non era rapita di gioia in Dio suo
Salvatore? Cosa voleva ella, che cosa ha sempre voluto, se non Dio e Dio solo? La
volontà di Dio è stata il suo cibo; è rimasta fedele al suo Dio in mezzo alle prove più
dure, non ha mai avuto sete che di sofferenze; ed ecco che Dio, per ricompensarla fin
da quaggiù, la riempiva di una esultanza tale da non poterla contenere; bisognava che
la riversasse su tutti quelli che l'avvicinavano. Quale era la causa di questa gioia? Ah!
è che il Signore aveva guardato l'umiltà della sua piccola serva; Egli, aveva realizzato
su di lei i suoi disegni; e per mezzo di lei, poiché era un nulla agli occhi di se stessa,

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aveva operato cose meravigliose. Ed ora,
veniva a Betlemme a fondare il Carmelo;
veniva a morire a Betlemme, dove la preghiera dei suoi genitori l'aveva ottenuta dalla
santissima Vergine.
Tre giorni furono dedicati alla visita dei principali santuari di Gerusalemme. Le pie
pellegrine erano desolate nel vedere la maggior parte di questi luoghi così santi tra le
mani dei Turchi e di scismatici. Visitando il Cenacolo, dove i Mussulmani avevano
innalzato una moschea, il viso di suor Maria, che era tutto raggiante di gioia celeste,
divenne pallido e disfatto; i suoi occhi avevano una espressione di dolore infinito:
«Dissi a Gesù, raccontava più tardi, come, Signore, puoi permettere simili cose, visto
che sei Dio? Ah! è troppo! Se fossi Gesù, giammai sopporterei una tale profanazione!
Ma ben presto domandai perdono a Gesù, aggiungendo: Signore, abbi pietà di me,
scusa il mio ardire, il mio amore per te mi ha fatto mandare questo grido. Se fossi
Gesù, farei come te, la prenderei con pazienza, perché avrei nel mio cuore la tua
infinita bontà. Ahimè! Signore, in quante anime più abominevoli ancora di questo
Cenacolo, sei costretto a discendere! Comprendo la profanazione di questo santo
luogo pensando a tutte le comunioni indegne e sacrileghe nella tua santa Chiesa!».
Fin dall'indomani del loro arrivo nella Città Santa, i viaggiatori si erano recati al
Patriarcato. Grande fu la loro sorpresa nel vedere l'umile suora conversa parlare al
Patriarca con l'abbandono e la semplicità di un bimbo che ritrova suo padre. Siccome
essi al ritorno a Casa Nova le esprimevano la loro meraviglia, rispose loro: «Ma io ho
visto tanto tempo fa Mons. Patriarca, Nostro Signore me lo ha mostrato anni fa,
perfino quando era vivo colui che c'era prima di lui; mi aveva detto allora: Egli sarà un
giorno tuo Padre. Io l'ho subito riconosciuto non appena l'ho visto».
La piccola carovana era arrivata a Gerusalemme la vigilia della natività di Maria, ed
essa ne ripartiva la vigilia del santo Nome di Maria, per recarsi a Betlemme. La
nascente comunità non vedeva l'ora di installarsi in questa piccola città benedetta. Si
comprendono la sua gioia e le sue pie emozioni allorquando essa poté inginocchiarsi
nella grotta della Natività di Nostro Signore, che era il culmine dei suoi desideri.
Il 24 settembre, tutto era pronto per ricevere le suore nella casa provvisoria che esse
dovevano occupare per un anno. L'installazione fu splendida; il Patriarca di
Gerusalemme presiedeva la cerimonia; il console di Gerusalemme, il vice-console di
Giaffa vi rappresentavano la Francia; i principali capifamiglia di Betlemme
assistevano; il Rev.mo Padre Custode di Terra Santa aveva mandato Padre Guido, e
Padre Alfonso Maria Ratisbonne uno dei suoi sacerdoti. Le carmelitane scesero
processionalmente nella Grotta e l'abate Bordachars° pronunziò, davanti all'imponente
e numerosa assemblea, il mirabile discorso del quale riportiamo una parte:
Monsignore, mancano quasi quattro giorni, per completare un anno dal momento in
cui, essendo stato scelto, malgrado la mia indegnità, come messaggero della
provvidenza e come avvocato della bella e santa opera del Carmelo di Betlemme,
avevo la gioia di deporre a Roma, ai piedi di Sua santità, le generose aspirazioni del
Carmelo di Pau e i voti ardenti di Mons. Lacroix, nostro venerabilissimo vescovo di
Bayonne.
Profondamente penetrato e convinto, dominato dal sentimento intimo della verità e
della santità della nostra missione, benedetta e confermata dalla obbedienza, noi, con
rispetto, ma senza timore, stavamo per annunciare al Vicario di Cristo, che una pia
comunità, avvertita e sollecitata dall'Alto, noi lo crediamo, e sostenuta dalle larghe

129
liberalità di una degna emula delle Sante
Paola ed Eustochio, s'implorava il favore
di porre, in nome della Chiesa e della Francia, nei luoghi dove nacque la sorgente della
vita, un coro di vergini sante destinate, come gli angeli del cielo, i pastori ed i re magi,
ad onorare con un culto locale e permanente la culla del Salvatore Gesù, unico vero Re
del cielo e della terra, ed a fare scendere, con le loro preghiere e le loro austerità
claustrali, le misericordie di Dio sulla Chiesa e sulle società moderne, così
crudelmente turbate, agitate, provate e núnacciate dappertutto, nel nostro triste secolo.
La causa che noi avevamo il compito di sostenere era pia, grande e bella!... E tuttavia,
avemmo le nostre ore di contraddizioni e di angoscia, grazie a Dio, brevi e rapide. La
grande anima di Pio IX, illuminata da quei lumi superiori che fanno la gloria del suo
pontificato e la consolazione e la speranza del mondo, aveva senza dubbio presentito il
divino dell'opera proposta; e, fin dal primo esposto della nostra pia missione, essa era
immediatamente favorita da tutta la sua più efficace protezione, e dalle sue più care e
più potenti simpatie.
Così, poco dopo l'arrivo delle vostre gentili e benevole lettere di accettazione,
Monsignore, la nostra cara opera era solennemente approvata. Due eminenti cardinali
se ne dichiaravano i protettori speciali; il governo della Francia cattolica l'appoggiava
con tutto il suo credito, e le benedizioni particolari del nostro santo e venerato Pio IX
coronavano tutto ciò che il cielo e la terra sembravano moltiplicare e accumulare di
aiuti e di simpatie per questa fondazione, alla vigilia ancora sconosciuta, e
improvvisamente per tutti e dappertutto già tanto amata.
Ed è così, Monsignore, che in questa stalla, in nome del nostro venerabile vescovo di
Bayonne, e con la pia Fondatrice qui presente, il Rev. Padre Estrate ed io, abbiamo la
gioia di porre sotto la vostra santa e paterna protezione queste vergini cristiane,
lampade viventi di fervore e di pietà, santo ex-voto della Chiesa e della Francia,
vittime espiatorie che si offrono spontaneamente per obbedienza a Gesù, Re del tempo
e dell'eternità, per le mani di Maria, in riparazione dell'ingratitudine e delle empietà
del mondo...
Dopo questo discorso, ascoltato da tutta l'assemblea con la più religiosa attenzione e la
più viva emozione, Mons. Patriarca si alzò, e con alcune parole ispirate alla più
paterna benevolenza, dichiarò di accettare con riconoscenza questo dono della Francia
e di Roma, e che, se queste suore avrebbero cambiato di giurisdizione, esse non
avrebbero cambiato padre. Dopo di che, mettendosi in ginocchio davanti alla grotta,
intonò il veni Creator. Quando questo canto terminò, la processione procedette
lentamente verso il convento provvisorio. Tutta Betlemme era presente, formando due
immense ali al suo passaggio, piena di rispetto, di silenzio, di simpatia. Giunto alla
casa, il Patriarca la benedisse, come pure la piccola cappella. Celebrò in seguito la
santa messa, dopo la quale impose la clausura: il Carmelo di Betlemme era fondato.
Suor Maria di Gesù Crocifisso, rientrata da Mangalore a Pau il 5 novembre 1872, si
trovava nel Carmelo di Betlemme il 24 settembre 1875. Aveva avuto dunque ragione
di dichiarare che non sarebbe rimasta neanche tre anni a Pau, dopo il suo ritorno dalle
Indie.
Bisognava ora comprare il terreno per il futuro convento e tracciare il piano del
monastero. Per questo, come in precedenza, il Signore Gesù aveva promesso, più volte
alla sua santa Sposa che avrebbe fatto tutto lui. Attendevano con impazienza, ma con
completa fiducia, la realizzazione delle promesse divine. La fanciulla benedetta aveva

130
detto a diverse riprese, a Pau, nelle sue
estasi e nel suo stato ordinario, che il
convento sarebbe stato costruito su una collina che Gesù avrebbe indicato; e aveva
perfino mostrato la posizione di questa collina in relazione alla Grotta; anche l'abate
Bordachar, quando fu sui luoghi, la riconobbe prima che suor Maria gliela avesse
indicata, da parte di Dio. Nostro Signore aveva detto alla sua piccola serva che
avrebbe voluto che il monastero fosse costruito su quella collina e le aveva indicato il
punto preciso della futura cappella. Aveva perfino aggiunto che la sua santa Madre vi
si era riposata lì alcuni istanti, quando andava a Betlemme per metterlo al mondo.`
Si trattava dunque di comprare questo terreno il più presto possibile. L'anima di questa
impresa, come delle precedenti, fu l'abate Bordachar. Egli si intese immediatamente, a
questo scopo, con il Rev. P. Curato di Betlemme. Ma, l'indomani, quest'ultimo ci
faceva sapere che la collina aveva un grandissimo numero di proprietari, fra i quali si
contavano perfino dei Turchi e degli scismatici, e che sarebbe stato difficilissimo
comprarla. Tuttavia cominciò a fare degli approcci in questo senso con il proprietario
della parte superiore del terreno. Costui, con grande meraviglia del Padre Curato,
promise di vendere. Si fissò il prezzo; ma l'indomani, il proprietario fece delle
difficoltà, a seguito delle quali fu deciso che si sarebbe rimandato l'acquisto. Queste
difficoltà scossero la nostra fiducia: Non è forse vero, dicemmo a suor Maria, che
Gesù aveva promesso di disporre il cuore dei venditori di modo che questi uomini
sarebbero venuti essi stessi ad offrire il terreno? «Sì, ella rispose, ciò è vero e ciò è
scritto, la suora segretaria ne può far fede. Ma non abbiate paura di niente, la parola di
Gesù si realizzerà come sempre e queste difficoltà non serviranno che a rendere la
cosa più mirabile». Ci ritirammo edificati, ma non convinti. Alcuni giorni dopo, il
proprietario recalcitrante domandava di registrare il contratto al prezzo che era stato
dapprima convenuto. Le altre parti di terreno furono comprate in circostanze analoghe,
di modo che bisognerebbe essere ciechi per non vedervi il dito di Dio. Aggiungiamo
che Nostro Signore realizzò parallelamente la seconda parte delle sue promesse,
indicando egli stesso la disposizione e le dimensioni del futuro monastero. A
Gerusalemme, questo piano fu mostrato a suor Maria di Gesù Crocifisso fin dal suo
arrivo; ed a Betlemme, altre tre volte. A seguito di queste indicazioni, l'abate
Bordachar ne fece il disegno: il convento doveva avere la forma di una stella, della
quale la cappella e le dipendenze sarebbero stati come raggi allungati.
Quattro giorni dopo l'installazione nella casa provvisoria, suor Maria di Gesù
Crocifisso ebbe una lunga estasi riguardo al futuro Carmelo. Noi ne abbiamo estratto i
seguenti passaggi:
«Voi non sapete ciò che il Signore ha appena fatto. Oh! quanto è mirabile! Egli ha
domandato a tutto, perfino alla parte bestiale che è in noi, se essa ha abbastanza
pascolo, e la bestia sì ha gridato: Signore, preferisco il cammino del Carmelo, perché è
dolce e facile.
Egli ha destinato la nostra casa là (e indicava col dito il lato dove si trova la collina di
David). Egli è il nostro solo dominatore... Ho visto, aggiungeva, tutto ciò che il
Signore ha fatto; non ha mai fatto una cosa simile! Non la comprendo!... Ho visto il
monastero: esso forma una stella e il coro è un sole che annuncia la felicità! Quanto
siamo ciechi, noi! Perfino alle bestie, il Signore domanda se esse sono contente, ed
esse dicono: siamo abbastanza nutrite, abbiamo abbastanza. Ho appena visto tutto ciò.
Perché non posso morire d'amore! Prendi la mia vita, Signore; i miei occhi hanno visto

131
tutto, ho visto i sentieri che tu mi hai
tracciato. Basta, Signore, prendi la mia
vita, ho visto tutto ciò che mi hai destinato. Basta, perché io ho gran paura della mia
debolezza!».
Il 18 ottobre, ella vedeva ancora il nuovo monastero e diceva: «È la casa della gioia, il
Signore l'ha promesso.
Il Signore ha anche promesso di essere sempre il capo. Non soltanto per un anno, ma
fino alla fine. Terrà sempre la casa sotto la sua mano, e guai alla pecorella che non
sarà fedele!...
Che cosa è l'uomo riguardo al suo Creatore? Perché l'uomo è cattivo? Ammiriamo la
pazienza di Dio! Oh! sì, mille anni passano come un giorno. Ma noi siamo creati per
amare il nostro Creatore e non per assecondare il nostro desiderio... Tanto più faremo
la nostra volontà, tanto più bruceremo in Purgatorio, forse dieci anni per un solo gesto,
secondo la sua gravità... Che serve all'uomo guadagnare l'universo, se viene a perdere
la sua anima?
Vedo molte religiose, professe da venti anni, che escono dai loro conventi... Il nemico
ha ora molta potenza. Tutte quelle che hanno la radice marcia cadranno; è il momento,
è la giustizia di Dio! Non crediate che un albero cada di colpo; né un religioso, o una
religiosa cadano di colpo senza che vi sia stato da tempo qualcosa di marcio; il guasto
procede radice per radice.
L'anima è come una lampada, la si fa vivere con gli atti di rinunzia... e senza tali atti,
essa muore, soffoca.
Vorrei una lingua purificata dal fuoco per dire tutto ciò che ho visto... È il momento in
cui gli alberi stanno per cadere. Ve ne sono che hanno le foglie gialle, ma la radice è
buona; altri, sacerdoti, religiose, sembrano buoni e cadranno, perché la radice è
cattiva. Vi sono degli uomini di mondo che sembrano cattivi, ma che hanno il fondo
buono: essi prenderanno il posto degli altri...
Non bisogna ricevere spiriti ribelli, fastidiosi: essi nuocciono molto nei monasteri.
Questi spiriti realizzeranno molto meglio la loro salvezza nel mondo». Suor Maria si
era adoperata in tutti i modi, malgrado le sue sofferenze, per i lavori di messa a punto
della casa provvisoria. Nessuno avrebbe pensato, vedendola così attiva e così spesso
sorridente, che camminava a fatica. La Priora l'aveva incaricata, per alcuni giorni, di
dare gli ordini necessari agli operai; costoro erano felici di obbedirle, e l'influsso della
sua santità non aveva tardato a farsi sentire. C'era fra loro un povero giovane, che
aveva avuto la disgrazia di apostatare tre volte, per abbracciare la religione di
Maometto. Il suo sguardo era feroce; il suono della sua voce spaventava. Suo padre,
che gli era accanto, piangeva in silenzio; giudicava il male irrimediabile; già
quest'uomo era fidanzato a una maomettana. Suor Maria aveva visto tutto con un
colpo d'occhio. Si trattava di tirar fuori un'anima dal profondo abisso nel quale era
volontariamente caduta; parlò a questo giovane; gli parlò del suo Dio, dei suoi
impegni, della sua apostasia, con tanta bontà e forza, che quell'infelice aprì il suo
cuore alla suora; confessò il suo crimine e, nello stesso tempo, il rimorso che lo
straziava; promise di pregare. La religiosa pregò da parte sua. Alcuni giorni dopo,
questo giovane, vinto dalla grazia, faceva la sua abiura, si confessava e comunicava,
col viso raggiante di gioia e di riconoscenza.
Il 7 novembre di quello stesso anno, suor Maria riferiva, in questi termini, una visione
che aveva avuto durante la messa:

132
«Mi è parso di vedere davanti a me, Dio
nella sua maestà, su una montagna; il suo
braccio destro era appoggiato su un ulivo. Era tutto luce, e la sua luce e il suo chiarore
davano su un campo di frumento maturo, ed io vedevo che il frumento era maturo a
causa della sua luce, del suo fuoco e del suo chiarore. Gli ulivi anche erano coperti da
questa luce e la loro luce era verde, mescolata di bianco. È qualche cosa che non si
può esprimere né tanto meno immaginare. Un bimbo è venuto fuori da questa luce e
mi ha offerto nove olive, dicendo: Dio vuole che ne mangia nove ad ogni pasto col tuo
pane secco; le mangerai completamente amare, come appena raccolte da quest'albero,
e questo, per nove giorni. Poi, per dodici giorni, ne mangerai altre nove per ogni pasto,
ma le prenderai da come le mangi le altre. Poi, terminerai questa quarantena di
digiuno, col pane secco, come l'hai cominciata». Essendole stata permessa tale cosa,
ella così fece.
Il 19 dicembre, con trasporti indicibili, diceva che gli angeli erano venuti a prendere il
portiere (della casa provvisoria), che era morto l'antivigilia, e lo avevano rimesso tra le
braccia del suo Creatore; non smetteva di ripetere: «Quanto sono felice di averlo
conosciuto! Era un uomo retto, ha molto sofferto, è stato disprezzato; ma ora, quale
gioia nel cielo! Invece i ricchi sono onorati; essi godono per alcuni anni sulla terra, ma
dopo, vanno per cento anni e più in Purgatorio, dove ogni ora è più lunga di un giorno!
Dio ama l'uomo retto, e anche se commettesse molte iniquità, Egli gli darebbe la luce
per convertirsi; ma (egli) non può tollerare, l'uomo ipocrita; e quand'anche esso avesse
ogni apparenza di santità, non sarà gradito a Dio come l'uomo retto, pur in mezzo alle
sue imperfezioni».
Le suore di San Giuseppe stabilite a Betlemme non mancarono di venire ad augurare il
benvenuto alla nuova Comunità. Una di esse, che aveva fatto il noviziato nella sua
Congregazione a Marsiglia nello stesso periodo di suor Maria, le disse: Quando sono
stata mandata a Betlemme, ero dispiaciuta, giacché avevo una grande ripugnanza per
andare in missione; ma subito, mi sono ricordata che tu mi ave!,
vi allora detto
che io un giorno vi sarei andata, ed ho obbedito di buon grado.
Suor Maria di Gesù Crocifisso, come tutte le vittime scelte da Dio, aveva passato la
sua vita in mezzo a prove inaudite, così come abbiamo visto; ma a Betlemme, le sue
angosce, i suoi tormenti e il suo martirio dovevano andare crescendo, fino alla sua
ultima immolazione. Ciò che rattristava soprattutto la sua anima era la visione
soprannaturale dei delitti che coprivano la terra e i lamenti di Nostro Signore che
avevano un'eco nel suo cuore.
A questo proposito citiamo alcune righe delle note scritte nella prima settimana di
Quaresima del 1876:
«Nostro Signore teneva nelle sue mani un mucchio di fuoco; guardava la Francia con
un senso di compassione e di amore; il fuoco scivolava e cadeva dalle sue dita, era sul
punto di cadere interamente; ma il Signore diceva e ripeteva: Domanda perdono,
domanda perdono! Povera Francia, aggiungeva, povera Francia, se lo sapesse, se lo
comprendesse, e soprattutto se lo volesse! Dio l'ama tanto!».
Durante l'ottava di Nostra Signora del Monte Carmelo, in quello stesso anno, suor
Maria domandava a Nostro Signore, riguardo alla Francia, perché permette
va che si scacciassero i buoni, mentre restavano i cattivi. Il Signore le rispose che ! era
lui stesso a permettere questo. Ecco, aggiungeva, un paragone che mi ha fatto: «Vedi
questa bella terrazza, vi sono ogni specie di frutti e di fiori; ma vi vengono degli insetti

133
e ogni specie di bestie; essi pizzicano i
fiori e la malattia si attacca agli alberi.
Allora il Signore dice: Io sradicherò tutti questi alberi. Ed ha comandato ai suoi angeli
di sradicare tutti questi alberi».
Il 31 agosto, dopo parecchie estasi nelle quali suor Maria parlava delle disgrazie
future, comunicava alla maestra delle novizie` una angoscia che aveva provato per tre
giorni, riguardo al nuovo monastero: «Ho sentito dire (soprannaturalmente) che vi è
molta agitazione da queste parti e che tutti hanno paura. Si dice che il nostro mona-
stero sarebbe ottimo per una caserma, e, vedete la mia debolezza, mi sono turbata.
Pensavo: Come! Il buon Dio mi aveva fatto vedere questo posto, come prima ti avevo
detto, e mi ero dinuovo ingannata? E mi dicevo: No, no, Dio mi ha fatto vedere tutto
questo... E pensandolo, sento una voce dirmi: Perché ti turbi? Sì, sarà una caserma. A
queste parole, cado nell'angoscia e nel turbamento: Come, dico, la Fondatrice ha fatto
tanti sacrifici per fare una caserma, invece di una casa di Dio? Ero in preda ad una
angoscia inesprimibile, e, per tre giorni, sono rimasta con una pena mortale. Credo che
Gesù dovesse ben ridere di me. Ho fatto tutto ciò che ho potuto per distrarmi; ma
sempre avevo un verme roditore nella testa e nel cuore; ero divorata da tristezza
pensando che la casa sarebbe stata venduta e che al suo posto sarebbe stato messo
altro. Oh! quali tre giorni! Ecco che dopo, nella mia pena, Dio ha avuto pietà di me; ho
dormito (estasi) ed ho sognato moltitudini di bambini; non erano bambini, ma angeli.
Ve ne era uno su ogni pietra, e suonavano una melodia ciascuno, e con un tono così
celeste! Mi sembrava che si preparasse qualcosa di magnifico; il mio cuore era
consolato, e dicevo: È meglio per tanto, che la casa sia per questi bambini al nostro
posto, che per dei soldati! E una nuvola verde li copriva da ogni parte, come per
proteggerli... Nello stesso tempo, vidi nuvole, tempeste, pioggia di ogni cosa cadere
sulla terra e niente arrivava in questa casa. Mi dicevo tra me e me: Questi bambini
portano felicità alla nostra casa; essa è tranquilla, perché essi l'abitano. E, in mezzo a
quella tempesta, vidi dei bimbi scrivere su ogni pietra dicendo: La pace e la felicità
agli uomini di buona volontà! Nello stesso momento, in mezzo al prato, vidi scritto in
lettere d'oro: Il nome di Dio cancella i peccati del mondo e rende il cuore dell'uomo
gioioso, ebbro di felicità! E sento una voce che mi rivolge dei rimproveri, dicendo:
Anima di poca fede! Desidero una caserma di soldati che preghino e salvino le anime.
A queste parole, sono stata ricolma di gioia e di pace: tanto la pena era stata grande,
tanto lo è stata la gioia».
Questo stesso anno 1876 fu segnato per la serva di Dio da una grazia straordi-
naria che il Salvatore accorda solo alle anime elette. Intendiamo parlare di quella
unione fra Gesù e l'anima, di quella donazione reciproca, totale e perfetta, di quel-
l'irrevocabile contratto di amore, intercorso fra Dio e la creatura, che i mistici hanno
l'abitudine di indicare sotto il nome di matrimonio spirituale. Si può dire che tutta la
vita di suor Maria di Gesù Crocifisso, non era stata che una lunga preparazione a
questo favore privilegiato. La quaresima di quell'anno ne fu la preparazione
immediata. La corona di spine riapparve attorno alla testa della fervente carmelitana;
le sue stimmate si riaprirono nel cuore, alle mani ed ai piedi. Poi, quando il divino
Sposo giudicò che la sua fidanzata fosse sufficientemente ornata di questi gioielli della
sofferenza e dell'amore, egli l'elevò alla dignità di sposa di unione sacramentale, come
aveva fatto tre secoli prima per la serafica Teresa. Ascoltiamo questo prodigio dalla
bocca stessa della felice privilegiata in estasi. Invisibili messaggeri le offrivano la

134
scelta tra il lasciare la terra senza
indugio, oppure vivere ancora qualche
tempo in mezzo a prove raffigurate da una foresta selvaggia.
«I bimbi dicono: Se tu attraversi la foresta, cadrai. Se andrai subito da Gesù, il Signore
ti darà ciò che desideri: questo è ora il momento della decisione.
Ma se io vado via ora, non avrò niente da offrire al mio Dio. Avrò il tempo di godere e
non avrò il tempo di soffrire! Che c'osa c'è di più gradito a Dio? Dite al mio Dio che io
voglio ciò che gli è più gradito: accetto doppi tormenti perché l'Olivo doni la luce al
Roseto!
Tuttavia, se dovessi fare una caduta e offendere Gesù, presto, voglio andare da Lui.
Ma, se Egli promette di custodirmi, accetto tutti i tormenti...
Voglio le due cose, mio Dio!
Il Signore mi disse: Figlia mia, te ne offro la scelta.
Ed io dissi: Maestro mio, te ne lascio la scelta!... So che sceglierai il meglio! Accetto
tutti i tormenti per un tuo piccolo sguardo».
Ella ascolta e dice: «No, no, non mi tentate. Lascio la scelta al mio Dio! Felice l'anima
che si affida al Signore!
Che importa di camminare nella cenere ardente! Ebbene, se devo diventare cieca,
preferisco la cecità che avere gli occhi e non vedere il mio Dio...; non mi tentare... Due
esseri si contrastano in me... Uno vuole prendere la difesa del mio Ulivo e del mio
Roseto, e l'altro vorrebbe andare via... Ma, Signore, non li ascoltare, non mi
pronuncerò mai.
La madre conosce ciò che è meglio per il figlio, ma il figlio può conoscere il meglio
per se?
Io ho più che padre e madre, ho il mio Creatore che mi avvolge!... Mangerò il pane
che mi darà.
Vedi, Dio mio, l'uno inclina per restare, e l'altro vorrebbe andare via... Io non sono
padrona né dell'uno né dell'altro, ma del tuo beneplacito!
Se le mie ossa dovessero essere rotte, se la mia carne dovesse cadere a brandelli, che
importa se il mio Dio ne ha piacere?... Ciò che il mio Maestro vorrà da me, io lo
voglio... Mi domandate se sono contenta?... Domandate al prigioniero se preferisce

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