. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

IL PICCOLO NULLA

Ultimo Aggiornamento: 08/04/2013 21:26
31/03/2013 22:33

107
Ma era chiaro che non erano affatto
quelli i discorsi che avevano sperato,
tanto che una delle suore non poté impedirsi di farne indirettamente il rilievo:
L'angioletto, disse, non è così gentile come a Fau. L'angioletto non viene tanto spesso
e non resta così a lungo come l'aveva promesso. «A che pro? Replicò l'estatica. Avete
fatto ciò che io vi ho detto? Cominciate col fare ciò che vi ho detto, ed allora verrò più
spesso. Ma, l'avete fatto? Siete state fedeli a quanto vi avevo prescritto?».
Malgrado tutto, rivolse loro ancora qualche raccomandazione sull'unione dei cuori e
sulla carità. Aveva poi ripreso, dopo alcuni istanti il "Cantico dell'Amore", quando il
suono della campana, che indicava la fine della ricreazione, venne a mettere termine a
questi trasporti.
Quale era dunque l'ultima impressione lasciata da questa giornata nel cuore delle
religiose? Sarebbe penoso constatare che il ricordo delle grazie ricevute il mattino
spariva in questo momento, in alcune fra loro, sotto una di quelle emozioni che non si
osa confessare né definire a se stesse, perché sono, in definitiva fatte di speranze
deluse e di amor proprio frustrato. È necessario aggiungere che tali sentimenti, se non
sono efficacemente combattuti, operano sempre, quasi a nostra insaputa, una
rivoluzione nelle nostre disposizioni più segrete, finché si traducono ben presto nei
nostri pubblici giudizi? Diciamolo qui una volta per tutte, non vogliamo giudicare
nessuno, non sospettiamo le intenzioni di nessuno, lasciando a Dio solo la cura di
sondare le viscere e i cuori, la cura anche di discernere le più impercettibili cause degli
effetti più lontani. Tuttavia, dovevamo per amore di verità constatare che, fin dalla fine
di questa giornata, le lacrime di consolazione si erano subito asciugate, e che alla gioia
si erano mescolati altri sentimenti.
Per ben comprendere il seguito di questa storia, è necessario ricordare qui alcuni fatti
precedenti alla professione. Quando era a Pau si è già visto con quale completa fiducia
suor Maria di Gesù Crocifisso si apriva, con tutte le sue disposizioni interiori, alla sua
eccellente Maestra, Madre Elia. Questa aveva un'anima troppo elevata e un senso
troppo scrupoloso della sua carica, per usurpare il compito del confessore. Tuttavia,
Dio, facilitava alla novizia questa apertura di cuore, perché ebbe sempre accanto a lei
una guida sperimentata e sicura, che poté aiutarla nei suoi stati d'animo così cangianti
e qualche volta così difficili.
A Mangalore, i disegni della Provvidenza non furono più gli stessi. Dio non volle più
per la suora che una direzione, quella del suo confessore. Tuttavia, il vescovo, era
autorizzato a domandare tutto ciò che avesse giudicato utile o necessario per formarsi
un concetto nei riguardi della novizia. Ma la Madre Priora e la Maestra non dovevano
più conoscere altro che le cose riguardanti la Regola e la vita esteriore, senza penetrare
nel santuario intimo della sua anima. Questo è pienamente conforme alle Costituzioni
delle Figlie di santa Teresa, nelle quali, al capitolo XIV, art. 4 leggiamo: "Viene detto
che le novizie renderanno conto alla loro Maestra e le altre religiose alla Priora
dell'orazione mentale e del profitto che in essa fanno, questo deve farsi in modo che
ciò proceda dalla volontà di quelle che devono farlo, conoscendo il grande profitto che
esse ne riceveranno piuttosto che esservi costrette: perciò noi proibiamo alle priore e
alle maestre delle novizie di obbligare molto le religiose su questo punto".
Manifestando la sua volontà a suor Maria di Gesù Crocifisso, Dio seguiva dunque
nello spirito e nella lettera le Costituzioni approvate dalla santa Chiesa.

108
La novizia ricevette per la prima volta
comunicazione di questa volontà divina il
22 luglio 1871. Poi non passò forse neppure una settimana che lo stesso avvertimento
le fu ripetuto: Dì tutto al tuo confessore e a Monsignore, se questo è necessario. Non
dire niente a nessun altro. Man mano che quest'ordine diveniva più formale, la novizia
vedeva aumentare la sua ripugnanza per tutte queste aperture; sentiva a volte perfino
l'impossibilità tisica di tradurre ciò che avveniva in lei.
D'altra parte aveva avuto cura di sottoporre al suo confessore queste comunicazioni
soprannaturali, come pure le disposizioni che le accompagnavano. Padre Lazzaro
aveva approvato tutto. Conformandosi a questa decisione, ormai suor Maria agiva
dunque con tranquillità di coscienza. Lo stesso Monsignore, informato di tutto, aveva
dato la medesima risposta, dopo averla maturata e valutata davanti a Dio: Se Nostro
Signore non lo vuole, aveva detto il 7 novembre alla novizia, ti proibisco di dire
alcunché. E di nuovo, il 18 novembre, come si è visto prima: Credevo che fòsse il
demonio a non volere che tu ti aprissi alla Madre Priora e alla Maestra; ma oggi, vedo
bene che è il buon Dio. Si poteva desiderare una dichiarazione più esplicita?
Ecco a che punto erano le cose al momento della professione, il 21 novembre. Le
Costituzioni autorizzavano suor Maria di Gesù Crocifisso a non svelare alle sue
Superiore i segreti della sua anima. D'altra parte, Nostro Signore le proibiva di rivelarli
loro. Infine, per ben assicurarsi che non fosse vittima di una illusione, sempre
possibile in questa delicata materia, aveva sottomesso la proibizione di Nostro Signore
al suo confessore e al suo vescovo, i quali entrambi l'avevano approvata. Chiarito
questo punto, continuiamo il nostro racconto.
Il 22 novembre, l'indomani della professione, suor Maria di Gesù Crocifisso, sempre
in estasi, si intratteneva di nuovo con la comunità riunita nella sala della ricreazione.
Le suore, come la vigilia, si lamentavano con "l'angelo" della rarità delle sue visite:
Avete fatto quello che vi ho detto a Pau? replicava ancora "l'angelo". Se voi l'aveste
fatto, io verrei più spesso. Nel corso della conversazione, una delle Madri supplicò la
suora di volere ormai essere molto docile e rendere conto della sua vita interiore. La
risposta, lo si pensa bene, fu quella dei giorni precedenti: «Nostro Signore, ripeté la
suora, mi comanda di non farlo che col mio confessore; mi comandi di dirlo per
obbedienza e lo farò. Sarò sicura allora che quest'ordine viene da Dio. Senza questo, io
sono obbligata ad ascoltare e seguire ciò che mi dice Nostro Signore».
Le Madri addussero le Costituzioni in senso contrario; e siccome la discussione
minacciava di prolungarsi la Priora concluse: Tutto ciò viene dal diavolo. Domanderò
a Monsignore ciò che devo fare. «Ve lo dirò senz'altro per obbedienza, concluse da
parte sua l'estatica, ma vi prevengo che ogni parola porterà il turbamento nella
comunità».
Nel corso dello stesso giorno, la giovane professa, le cui stimmate stavano per
riaprirsi, dovette mettersi a letto. Le superiore si prodigarono al suo capezzale con la
più grande carità, assicurandola che esse avrebbero visto in lei la persona stessa di
Nostro Signore e che l'avrebbero curata come faceva una volta Madre Elia. Alla vista
di queste buone disposizioni suor Maria di Gesù Crocifisso si sentì interiormente
spinta a ricordare il veto di Nostro Signore riguardante la direzione della sua anima.
Ma piuttosto, ella non aveva ancora finito queste parole, che la Madre Priora
vivacemente replicò: Oh! È opera del demonio; tutto ciò viene dal demonio. Ci
sembra, oggi, molto evidente, che la giovane religiosa restava strettamente

109
nel suo diritto. Tuttavia Dio permise, nel
compimento dei suoi disegni futuri, che i
suoi superiori ne giudicassero diversamente. Alcuni anni più tardi, una di esse, alla
quale le sue alte virtù acquistarono la venerazione di tutta la comunità, rimpiangerà
amaramente questa decisione; ella non cesserà di rimproverarsi la sua insistenza
presso la povera novizia, quando non avrebbe dovuto che inchinarsi davanti alla
volontà divina, tanto supremamente superiore a tutti i nostri umani giudizi. Questa è
tuttavia la condotta di Dio, che prova i santi con i santi; permette allora che gli spiriti
più chiaroveggenti siano improvvisamente avvolti da tenebre, e che le volontà meglio
intenzionate si impegnino in un falso cammino, che si ostinano ormai a prendere per
quello buono.
La decisione delle superiore era ora irrevocabile. La manifestazione delle stimmate, il
23, il 24 e il 25 novembre, non vi poté cambiare niente. Il 26 Padre Graziano, venuto
da Jeppoo su espresso ordine di Monsignore, dichiara a sua volta a suor Maria di Gesù
Crocifisso che è un'illusa. Al suo rientro a Mangalore, il 1 ° dicembre, il vescovo, da
parte sua, è assalito dai suoi antichi dubbi; egli si persuade di nuovo che la risoluzione
di non aprirsi né alla Priora, né alla Maestra delle novizie, proceda da un animo
cattivo, e finisce per esplicitare ciò alla suora, il 5 dicembre: Tutte le sante, le disse,
hanno dato l'ésempio di dire tutto alla Priora e alla Maestra. Se fosse stato lo spirito di
Dio, avrebbe loro parlato. Non l'ha fatto. Ed è questo che mi fa ancor più dubitare che
sia lo spirito del demonio.
Si vede quanto queste dichiarazioni differiscano da quelle del 18 e 19 novembre.
Quindici giorni sono bastati per rovesciare convinzioni che sembravano dover essere
incrollabili; e, cosa sorprendente, la stessa disposizione che prima era stata approvata
come proveniente da Dio, serve ora a condannare la via dell'estatica. Come spiegarsi
un simile cambiamento in un uomo giustamente stimato per la sua moderazione e per
la sua pietà? Noi pensiamo che non si può spiegare senza uno speciale permesso della
Provvidenza, che voleva disporre alla sua serva la prova più crudele: quella di vedersi
misconosciuta e riprovata dai suoi amici e dai suoi.
Ma siamo già sul cammino del Calvario. Quasi per collaborare al completo
spogliamento della sua anima, la generosa vittima domanda a Nostro Signore di essere
liberata dalle stimmate e dalle estasi. Questa grazia le è accordata il 30 novembre. Ma
Dio voleva ancora che il suo ultimo appoggio, nelle Indie, le fosse tolto. Il 12
dicembre, il Padre Lazzaro riceveva la sua obbedienza per un altro posto della
missione; lasciava definitivamente Mangalore il 21 gennaio 1872. Suor Maria di Gesù
Crocifisso accettò questo sacrificio con il più eroico spirito di fede. Dopo avere
ascoltato gli ultimi consigli dal suo confessore, dopo averne ricevuto una volta di più
la raccomandazione di non svelare la sua vita interiore che al suo vescovo, se costui lo
domandasse, ella gli rispose semplicemente: «Ora, Padre mio, non si preoccupi di
me... Dimostriamo a Nostro Signore che lo amiamo al di sopra di tutto».
Mentre si consumava questo sacrificio, Dio preparava interiormente la sua serva a
nuove prove che stavano per assalirla: Credi, le disse il 15 dicembre, di essere la sola a
soffrire? Io soffro più di te; porto il peso di tutti i vostri peccati. Voglio che tu non stia
un istante senza soffrire; e se non ci fosse nessuno che ti facesse soffrire, cambierei le
pietre, la terra in uomini per farti soffrire. Voglio che tu soffra sempre. La notte di
Natale 1871, la sua amica del cielo, Matilde de Nédonchel venne anche a confortarla:
Fra alcuni giorni, le disse, ritornerò per dirti ciò che il Signore ti destina; fatti

110
coraggio. Pronunciando queste parole,
lasciò cadere sulla giovane suora uno
sguardo di profonda commiserazione. «Effettivamente, raccontava più tardi costei, a
partire da quella notte, cominciai a passare di croce in croce, di prova in prova». Non
si smetteva di ripeterle che era una illusa; il suo "angioletto" così ascoltato, così
venerato un tempo, non era più che uno spirito delle tenebre; le sue estasi non
venivano da Dio; le sue visioni non erano che il frutto della sua immaginazione
orientale; le sue stimmate, ferite naturali fatte col coltello.
La sua dolce resistenza di fronte a queste suggestioni fu qualificata durezza, al punto
che, il 6 gennaio 1872, si ritenne di doverla esorcizzare. Suor Maria sopportò questa
umiliazione in ginocchio, in un atteggiamento modesto e in una fervorosa preghiera.
Essendo l'esorcismo, a giudizio degli esorcisti, rimasto senza effetto, si fece di nuovo
ricorso alle esortazioni, alle suppliche, alle minacce dei castighi divini, se ella si
ostinava nella sua cattiva strada. Le religiose erano tuttavia costrette a riconoscere che,
nella vita quotidiana, la novizia si mostrava molto normale, molto generosa, molto
devota.
Le prime settimane del 1872 trascorsero per suor Maria di Gesù Crocifisso nella
pratica di queste virtù e in queste torture morali. Tuttavia questo non era ancora, si può
dire, che un assaggio e come fosse un noviziato delle prove. Dio che conosce la
debolezza umana e i trattamenti che essa esige, perfino nella persona dei santi, sa
meravigliosamente graduare la dose delle sofferenze. È solo dopo aver portato il calice
alle loro labbra ed averne fatto loro assaporare lentamente l'amarezza, che infine
ingiunge loro di berlo fino alla feccia.
Nel mese di febbraio, Mons. Maria Ephrem informava ufficialmente il Carmelo di
Mangalore che suor Maria di Gesù Crocifisso era nell'illusione; per conseguenza tutto
ciò che la aveva fino a quel momento riguardato come soprannaturale, era il frutto
della sua immaginazione orientale o opera del demonio.
Il 22 aprile, faceva pervenire a Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, al Rev. Abate
Manaudas, superiore del Seminario Maggiore di Bayonne, al Rev. Inchauspe, su-
periore del Carmelo di Bayonne, ecc.... un lungo rapporto, nel quale era motivata la
sua condanna delle vie soprannaturali di suor Maria di Gesù Crocifisso. Questi uomini
eminenti, è vero, o non modificarono i loro primi sentimenti o si chiusero in un
prudente riserbo. Ma attorno al Carmelo di Mangalore dove si esercitava la legittima
influenza di Mons. Maria Ephrem la sua decisione fece cadere le ultime esitazioni. Si
premeva più che mai la giovane suora per ottenere da lei una sconfessione del suo
passato e la promessa di una apertura fiduciosa. Le si ripetè che la sua professione
religiosa non era valida. Le fu proibito di entrare nel coro con le altre suore; si ritenne
di doverla allontanare dalla sacra Mensa; si sperava perfino che una diminuzione di
cibo avrebbe finito per ridurre quella che si riteneva un'ostinazione irriducibile della
volontà ed eccessiva esaltazione dell'immaginazione. Per questo scopo fu sottomessa a
un tipo di dieta, che non diede tuttavia alcun risultato.
Dà parte sua il demonio, non tardò a rientrare direttamente in scena. Dopo la partenza
di Padre Lazzaro, incalzata da continue vessazioni senza consigliere, senza direttore,
senza appoggio, suor Maria di Gesù Crocifisso doveva essere una preda facile per il
nemico mortale della "piccola araba" e del "piccolo nulla". Fin dal mese di febbraio le
ossessioni diaboliche ricominciarono, con gli stessi sintomi, le stesse tentazioni, gli
stessi impulsi irresistibili.

111
Il Lunedì di Pasqua, Matilde de
Nédonchel le apparve e le disse: Sorella
mia, parti; è volontà di Dio che tu parta;" ti annuncio che farai il prossimo Natale nella
tua sede; ma non vi starai a lungo; il Signore ha dei disegni su di te... (D'ora in poi) il
Signore ti abbandonerà sempre più a te stessa; ma quando sarai al tuo luogo d'origine,
allora lo Spirito di Dio ti dirigerà di nuovo. In tale attesa, sarai abbandonata a te stessa,
ma la pace resterà infondo alla tua anima... Fatti coraggio, ti ripeto di nuovo che, per
Natale, sarai nella tua culla.
Queste parole, discrete e velate: tu sarai abbandonata a te stessa, il Signore ti lascerà
sempre più da sola, significano verosimilmente che suor Maria di Gesù Crocifisso era
o sarebbe stata di nuovo ossessionata. Ci si ricorda, effettivamente, che durante i tre
primi anni di ossessione era quella una delle espressioni di cui lei si serviva per
indicare l'azione del demonio in lei. D'altra parte, era naturale che Matilde di
Nédonchel si adattasse al suo linguaggio.
Le Carmelitane di Mangalore, loro, non si ingannavano. Vedendo i suoi eccessi di
collera violenta i suoi formali atti di disobbedienza, le sue moltiplicate tentazioni per
fuggire, le sue minacce di causare scandalo ritirandosi presso i protestanti o i pagani
dei dintorni, tutte quelle scene, infine che la prima ossessione aveva reso loro fin
troppo familiari, non fecero fatica a riconoscere colui dal quale esse provenivano. Una
di loro, la maestra delle novizie, scriveva: "Ci siamo allora accorte che lei era sotto
l'influsso dello spirito tentatore .1132 Un po' più tardi," la stessa maestra delle novizie
affermava che la condotta della suora durante questo periodo rassomigliava a quella
che aveva preceduto la liberazione del 30 giugno 1871; e questa testimonianza era
confermata da quella della stessa Priora.
A sua volta Padre Lazzaro, istruito da questi atti, nel suo ritiro di Mahé, vi riconosceva
chiaramente "l'orgoglio, l'impazienza, la collera, la disobbedienza, l'insubordinazione"
che Satana aveva manifestato nel corso dell'ultima possessione e non esitava a
dichiarare che la suora era di nuovo ossessa.
Benché il Signore non le desse la chiara visione del suo stato, suor Maria di Gesù
Crocifisso si rendeva conto che una forza estranea si fosse impadronita di lei e la
costringesse a fare tale azioni reprensibili. Non appena finiva l'attacco dell'ossessione,
allorché le si faceva presente lo scandalo della sua condotta, dichiarava, umiliandosi
«di non poter resistere a un influsso maligno che le faceva fare questi errori, suo
malgrado». 3° In una lettera del 26 luglio 1872, la sua maestra diceva ancora: "Lei
spiegherebbe così tutte le collere e le disobbedienze; e infine tutto ciò che in lei è
reprensibile non deriverebbe mai da una sua colpa; ma lei è spinta da una strana
potenza; è sempre la stessa tattica".
Ciò che finiva per sconcertare i suoi superiori è che, in mezzo a queste tempeste,
provocate appositamente per gettare il turbamento nella sua anima, suor Maria di Gesù
Crocifisso conservava una pace inalterabile, secondo la predizione di Matilde di
Nédonchel. È permesso credere che Dio le riservasse questo insigne favore perché ella
non perdesse ogni luce dentro così folte tenebre e perché il demonio non riuscisse a
gettarla nella disperazione. Raccontava, alcuni mesi più tardi, che un suo superiore
venne un giorno a rimproverarla. «E siccome sentivo questa pace, lei continuava, gli
dissi che mi sembrava di capire che se fossi morta in quel momento, sarei andata
diritta in cielo. Allora egli mi sgridò fortemente e mi disse che ero nell'illusione, che la

112
mia anima si perdeva, che ero ostinata,
ecc... Ora, ancora aggiungeva, niente di
tutto ciò riusciva a turbarmi».
Inoltre, in mezzo a questi stati umilianti, suor Maria di Gesù Crocifisso, non cessava di
godere grazie straordinarie: visite delle sue protettrici dal cielo, Madre Elia e Matilde
di Nédonchel, profezie, conoscenza dei cuori, visioni di avvenimenti lontani, ecc...
Pertanto, il dramma che si svolgeva fra queste diverse peripezie, toccava il suo
culmine. Dio le preparava a suo modo, facendovi concorrere la malizia di Satana. Si sa
già che il demonio cercava una cosa sola: fare mandare via la suora dal suo monastero,
o, meglio ancora, provocare qualche scandalo da attribuire a lei, facendole violare la
clausura, al fine di respingerla definitivamente nel mondo, fuori dalla sua vocazione e
dalla sua via. È bene ricordare che a questo scopo esso aveva moltiplicato, da quattro
anni, i tentativi di fuga.
Fin dal mese di febbraio, questa ossessione ridivenne irresistibile. «Sentivo, racconterà
più tardi la suora, sentivo sempre qualcosa spingermi ad andarmene: combattevo tanto
quanto potevo per fare atti contrari e per restare: impossibile. (Ogni momento) dicevo
che volevo andarmene ora a Gerusalemme, ora ad Alessandria, ora nel deserto o
altrove, senza aver voglia di andare in un posto piuttosto che in un altro». "Alcuni
giorni fa, diceva la maestra delle novizie in una lettera del 5 giugno 1872, lei (suor
Maria di Gesù Crocifisso) scrisse a Monsignore, che era a Canomore; gli diceva che
non poteva più restare al convento: che d'altra parte di uscire non se ne fa alcuno
scrupolo". "A questo punto, aggiungeva la maestra, lei faceva allusione a ciò che le era
stato detto, che la sua professione poteva proprio non essere valida", cosa che si finì
per darglielo come certo.
Si pensa proprio che le suggestioni diaboliche trovassero un appoggio in questa
dichiarazione relativa all'invalidità dei voti. Il suo nemico ne prendeva occasione per
persuaderla che non doveva restare nel monastero.
Tuttavia questa convinzione non era che un accessorio. Di preferenza il demonio agiva
direttamente sulla suora per mezzo di una ossessione irresistibile. E non stava tardando
ad arrivare al suo scopo.
Il sabato 3 agosto, mentre ella era più che mai animata da questi sentimenti, la spinta
irresistibile ad andarsene era ancor più violenta, benché nel fondo della sua anima la
suora continuasse a godere di una grande pace. Si era appena confessata. Non
trovando più i suoi effetti personali dietro il paravento che le serviva da cella, si
diresse verso la porta di uscita, la quale in quel momento, restava aperta a motivo degli
operai. Una suora si trovava vicino alla porta per sorvegliare l'andirivieni. Ella le
disse: «Sorella mia, vado a domandare alle Terziarie di alloggiarmi». Dio permise che
questa suora non dicesse una parola né facesse un gesto per trattenerla. Sempre con la
stessa calma, la giovane religiosa varcò la porta che, in questa casa provvisoria
separava le carmelitane dalle Terziarie e arrivò da queste ultime, e dichiara la sua
intenzione di sistemarsi l'indomani come domestica presso i protestanti o i pagani.
Tuttavia a quelli che ben presto si presentarono per ricondurla, ella si abbandonò senza
la minima resistenza e rientrò così in convento. Siccome le si rimproverava vivamente
questo nuovo scandalo, lei si contenta di annoverarlo "nel numero delle tentazioni".
Così dunque suor Maria di Gesù Crocifisso non esita un istante a declinare la re-
sponsabilità di questo gesto. Rientrata al Carmelo di Pau, dirà qualche mese dopo alla
Priora: «Sento un grande rincrescimento, una grande confusione, alla vista delle mie

113
iniquità passate; esse sono più numerose
dei grani di sabbia del mare e delle gocce
d'acqua dell'oceano; spero tuttavia nella misericordia del Signore, che è infinita. Ma
quando penso che ho oltrepassato la clausura del Carmelo di Mangalore per fuggire,
non posso averne rimorso; al contrario, ringrazio il Signore mille volte di ciò e non
posso fare altro. Tuttavia, ciò mi sembrava una grande colpa e mi dispiace di aver dato
questo scandalo e questa occasione di turbamento; ma ero spinta a farlo mio malgrado.
Sento che, nelle stesse disposizioni in cui ero, lo rifarei. Chi può comprendere ciò? Si
direbbe che sono folle o una cattiva religiosa se mi si sentisse. Tuttavia, davanti a Dio,
non posso pensare diversamente... Qui, sì, se varcassi la clausura, riterrei di fare un
peccato mortale molto grave, anche se fossi nelle stesse disposizioni, nello stesso stato
e se mi si trattasse alla stessa maniera di Mangalore. Il buon Dio sa perché; ciò basta».
Verso la fine della sua vita, il 26 gennaio 1877 scriveva ancora alla sua anziana
maestra, divenuta Priora del Carmelo di Mangalore: «Sappiate che è Dio che ha
permesso tutto questo. E quando mi dicevate che io non facevo che minacce per
l'avvenire, credete, cara Madre, che io lo facevo mio malgrado, e che ne ho sofferto
più che nessun altro. Ho molto pregato perché queste cose non accadessero. Un giorno
Nostro Signore vi dirà quanto il mio cuore ha sofferto e quante cose ho detto mio
malgrado.
Quando mi avete detto un giorno: infelice creatura, avete rotto la clausura! Che cosa vi
ho risposto? Madre mia, sento in fondo all'anima la gioia: ho portato a compimento la
parola di Dio per arrivare ai suoi fini. E allora non comprendevo niente; solamente,
mio malgrado, avevo questo sentimento...».
Pensiamo che non vi sia niente da aggiungere a queste spiegazioni di un'anima della
quale tutta questa storia dimostra la straordinaria franchezza, di un'anima che aveva
una tale intelligenza della malizia del peccato, che avrebbe pianto amaramente le sue
più piccole dimenticanze.
Possiamo solamente tentare di apprezzare questi fatti con più rigore teologico. Poiché
ella è fuggita sotto il colpo di una spinta strana e irresistibile, suor Maria di Gesù
Crocifisso non era libera. Non essendo libera non era colpevole. Poggiando su queste
dichiarazioni formali, non esitiamo a scagionare completamente la sua responsabilità e
pensiamo che in quella occasione non commise neppure peccato veniale.
Solo Satana è responsabile di ciò che egli operava in lei e lei malgrado. La suora era
ossessionata e la violazione materiale della clausura deve essere riferita unicamente a
questa ossessione diabolica. La suora ha sofferto violenza e non ha fatto che subire
passivamente una azione che legava la sua libertà." Ma, perfino in questa ossessione,
Dio le accordava una straordinaria tranquillità di coscienza, garanzia che questi
avvenimenti si compivano in vista di disegni superiori.
Da quanto precede, resta soltanto da riconoscere che li c'è il dito di Dio: resta soltanto
da proclamare che le vie del Signore sono impenetrabili e che, con un comportamento
estremamente efficace, Egli sa, fare concorrere a loro insaputa, tutte le creature al
compimento dei suoi disegni. Se il Carmelo di Mangalore avesse perseverato nelle sue
disposizioni iniziali nei riguardi di suor Maria di Gesù Crocifisso, non avrebbe mai
acconsentito a privarsene. Dio voleva tuttavia che ella ritornasse a Pau e che, da Pau,
passasse a Betlemme, dove aveva ancora da lavorare e da soffrire. Per raggiungere
questo scopo, Egli permise, a poco a poco, gli avvenimenti che abbiamo appena
raccontato; e infine, per condurre a soluzione questo dramma, che si svolgeva da più di

114
sei mesi, Egli permise questa infrazione
alla regola della clausura, gravemente
colpevole secondo le apparenze, in cui purtuttavia lo sguardo di suor Maria di Gesù
Crocifisso, esaminandosi alcuni mesi dopo, in presenza di Dio, nel raccoglimento del
ritiro, non riusciva a discernere la più leggera colpevolezza.
Non cessando, come abbiamo detto, la suora di sollecitare la sua partenza, i suoi
superiori non pensarono più che a favorirla. Erano decisi a mandarla dovunque la si
volesse ben ricevere, a condizione, tuttavia, che non fosse a Pau. Ora, dopo i tentativi
infruttuosi fatti da diverse parti, furono costretti ad inviarla al Carmelo di Pau, culla
della sua vita religiosa, realizzando così, senza saperlo, la profezia di Matilde de
Nédonchel. Proprio in quell'epoca, un'altra carmelitana di Mangalore doveva rientrare
pure a Pau. Le si affidò la giovane suora.
Partite da Mangalore, il 23 settembre 1872, le due viaggiatrici arrivarono a Pau il 5
novembre, secondo anniversario della morte di Madre Elia, dopo una traversata in cui
la carità di suor Maria di Gesù Crocifisso trovò molte occasioni di esercitarsi sulle
anime e sui corpi.
Pau era il porto tranquillo dopo i pericoli delle tempeste e degli scogli. Ecco con quale
ardore, quale umiltà e quale poesia messi insieme, suor Maria di Gesù Crocifisso
esprimeva, al suo ritorno, la sua riconoscenza verso il Signore: «Signore, sono come il
piccolissimo pulcino che il nibbio ha acchiappato; esso lo ha becchettato sulla testa,
l'ha quasi schiacciato, ma il povero piccolo si è rifugiato sotto l'ala di sua madre per
essere al sicuro. Anche io sono stata nell'angoscia, nella tristezza, nel dolore. Le mie
ossa si sono slogate; il midollo delle mie ossa si è inacidito dentro di me; la mia carne
è stata stritolata... Ho rivolto lo sguardo verso il Padre mio, ed egli mi ha guardata, e
questo sguardo mi ha guarita; il midollo delle ossa che era inacidito, è diventato dolce
come lo zucchero; le mie ossa si sono consolidate e sono diventate come se avessi
quindici anni; la mia carne è trasalita per l'allegrezza come pure tutto il mio essere.
Sono corsa verso il mio Padre e il mio Re; ed il mio Re è venuto pure verso di me; ed
io vi stavo come il piccolo pulcino sotto l'ala di sua madre. E guardavo i miei nemici
attraverso le penne dell'ala del mio Padre e mio Re, senza niente temere; ero al
sicuro».
Come riepilogo di questo racconto, noi citeremo il rientro in Francia di Padre Lazzaro,
verso la metà del marzo 1873.
Il giovedì santo dello stesso anno, a Mangalore, moriva improvvisamente Mons. Maria
Ephrem, secondo la profezia di suor Maria di Gesù Crocifisso, la quale aveva
annunziato molte volte che Monsignore non avrebbe visto la fine dell'anno in cui
Padre Lazzaro sarebbe stato rimandato in Francia. Il 3 maggio, la giovane suora vide
tra le fiamme del Purgatorio l'anima del vescovo, che esclamò con un vivo sentimento
di rincrescimento: Ho peccato contro la gloria di Dio. Il desiderio del vescovo sarebbe
stato di fare sapere a tutto l'Ordine che si era ingannato condannando i percorsi
soprannaturali della novizia. Ma, per il momento, costei non poteva che pregare per
l'anima del suo Padre, e lo faceva con tutto il fervore della sua carità. A Betlemme,
ove la seguiremo adesso, Dio le manifestò che l'anima di Monsignore sarebbe stata
liberata alla prima messa celebrata nel nuovo Carmelo. La suora scongiurò i suoi
superiori di affrettare i lavori e fu abbastanza lieta di vedere quest'anima salire in cielo
il 21 novembre 1876.

115
CAPITOLO XV
Dal ritorno di suor Maria di Gesù Crocifisso al Carmelo di Pau fino alla sua
partenza per Betlemme (5 novembre 1872 - 25 agosto 1875)
Il 5 novembre 1872, meno di un anno dopo la sua professione, suor Maria di Gesù
Crocifisso rientrò al Carmelo di Pau. Vi ritornava in qualità di suora conversa, avendo
Dio voluto che Lo glorificasse nelle più umili mansioni. Ecco come si esprimeva nei
primi giorni del suo arrivo: «Da quando ho lasciato Mangalore, diceva, ho sentito una
pace, una tranquillità che non riesco ad esprimere, malgrado le fatiche del viaggio.
Non desidero niente, non domando niente, neppure croci: quando ne ho avuto, non ne
ho saputo approfittare; ora nient'altro che Gesù, la sua volontà e il silenzio». La lunga
privazione della Comunione le aveva dato una fame ancora più grande di questo pane
del cielo: «Se almeno, a Mangalore, diceva, avessi ricevuto Gesù nel mio cuore in
mezzo alle mie grandi pene, avrei avuto con me la forza di Dio; ma ne ero priva.
Tuttavia, conservavo, in fondo alla mia anima, una grande pace, malgrado tutto ciò
che mi si diceva. Fu soltanto quando Mons. Maria Ephrem mi accusò di mettere la
divisione nella comunità che ebbi un grande dispiacere. Andai a gettarmi ai piedi di
Gesù e piansi molto, molto. Mi sembrava che Gesù piangesse con me, per causa mia, e
gli dissi: Signore, perché piangi? Sei potentissimo, puoi liberarmi. Mi rispose: Molto
presto. Anche Madre Elia venne a confermare questa promessa di Gesù. Non sono qui
per lungo tempo. Oh! Se il Signore potesse cambiare la sua parola! Non desidero più
che il silenzio e la morte per non offendere Dio».
Il 19 novembre ella diceva: «Tutta la mattinata ero tormentata a proposito di padre
Lazzaro, perché amo molto la sua anima; avrei voluto che fosse un gran santo.
Pregavo il Signore e gli dicevo: Signore, custodisci quest'anima, dalle la rassegna-
zione, la forza, tutto ciò di cui egli ha bisogno: che non ti offenda. Dio mio, te lo affido
completamente: compi su di lui i tuoi disegni, custodiscilo. E una voce interiore mi ha
risposto: Anima di poca fede! ed ho compreso che Dio avrebbe vegliato su di lui, e
tutta la mia pena è scomparsa».
Durante il suo ritiro annuale, prima della festa di Natale, Dio la favorì di molte visioni
piene di dottrina. Annotiamo almeno questa: «Provavo, diceva, un grande desiderio di
Dio; lo cercavo con tutte le forze della mia anima; mi univo a tutta la creazione perché
lo lodasse con me; ero come un bambino che corre, che corre dietro a suo padre.
Infine, Gesù si è mostrato ed ho visto lo splendore della sua maestà. Impossibile dire
la gioia della mia anima: era il paradiso in terra. Mi è venuta l'idea di domandargli
molte cose; ma anzitutto, l'ho accarezzato e gli ho detto ogni sorta di cose del mio
cuore per commuoverlo; ho fatto come il bambino che vuole ottenere qualcosa da suo
padre e che comincia con mille carezze. L'ho pregato per le anime del Purgatorio:
Gesù allora è diventato più luminoso ed ho visto uscire dalle sue mani dei raggi di
luce, delle grazie che cadevano su queste povere anime. Pareva che Gesù avesse un
gran bisogno di espanderle e che le desse con molta celerità e molta abbondanza.
Ho pregato, in seguito, per i peccatori, e Gesù faceva la stessa cosa come per le anime
del Purgatorio. Quale gioia nel vedere quest'amore, questa misericordia del Signore!
Ma quando ho voluto pregarlo per i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i raggi che
scendevano dalle sue mani sono risaliti e tutto è sparito. E il mio cuore è caduto in una
tristezza, in una angoscia terribile, perché io sono nel numero delle religiose; ho
sospirato, sono scoppiata in singhiozzi. Ogni volta che penso a ciò che ho visto, non

116
posso impedirmi di piangere. Quanto
siamo colpevoli, noi che dovremmo
essere la consolazione di Gesù!»
Il 28 febbraio 1873, ella lottava contro Satana. Invano lo colpiva con ogni specie di
armi. I colpi più grandi non lo ferivano neppure. Sfinita dalla fatica, si rivolge al Si-
gnore: «Dio mio, come fare? Esclamò. Ho agito secondo le tue istruzioni; ho impie-
gato tutte le armi, anche le più potenti, per atterrare il demonio e non ne sono potuta
venire a capo». Gesù le rispose: Non hai impiegato tutte le armi; ti resta ancora di ser-
virti di una piccola ascia alla quale non hai fatto attenzione. Tocca Satana in fronte con
quest'ascia ed egli cadrà; e così parlando, il Signore le mostrò questo piccolo stru-
mento. La suora lo afferrò e andò diritto verso il suo nemico. E in effetti, appena ella
l'ebbe toccato in fronte con quest'ascia, esso cadde come morto. Meravigliata di questo
risultato tanto inatteso, quanto miracoloso disse: «Signore, quale è questa piccola ascia
la cui virtù è così grande?». Il Salvatore le rispose: L la piccola ascia dell'umiltà.
Il 25 marzo, durante l'orazione mentale, le sembrò di udire una voce che diceva: Dio è
nascosto come il seme nel frutto, come il seme nella mela. Apri una mela e troverai
cinque chicchi nel mezzo. Dio è nascosto così nel cuore dell'uomo. Vi è nascosto con i
misteri della Passione, raffigurati dai cinque semi. Dio ha sofferto ed è necessario che
l'uomo soffra, che lo voglia o non lo voglia. Se soffre per amore, in unione con Dio,
soffrirà meno e guadagnerà dei meriti. I cinque semi che sono infondo al suo cuore
germineranno e produrranno frutti abbondanti; ma, se egli respinge la prova, soffrirà di
più, senza guadagnare alcun merito.
«Ed ho aperto una mela e vi ho trovato in mezzo cinque piccoli scomparti che
formavano una stella, e dentro vi si trovavano i semi.
Durante l'orazione, ho visto una bella mela, essa è diventata marcia sotto i miei occhi;
e quando è stata completamente fradicia, i semi del cuore della mela, sono germinati:
sono spuntati cinque alberi. Il chicco più basso ha prodotto l'albero più alto, il chicco
che seguiva ha prodotto un albero un po' più piccolo e i tre chicchi più in alto hanno
prodotto alberi ancora più piccoli. Le cinque radici di questi alberi erano talmente
unite ed intrecciate, da formare una sola radice, e così si sostenevano le une con le
altre.
L' albero più alto portava frutti maturi, che si immergevano in acqua, e quest'acqua
bagnava la radice che nutriva gli altri alberi; quest'albero più alto si chiama l'albero
dell'amore.
Il secondo, un po' più piccolo, portava frutti che pendevano dalla parte della terra e
pareva volesse offrirli; quest'albero è quello della carità.
Il terzo non sembrava che si appoggiasse a terra e le sue radici pareva che fossero
nell'aria e si sarebbe detto che stesse per cadere: quest'albero è quello dell'abbandono.
Il quarto era tutto spoglio come gli alberi durante l'inverno ma, nello stesso tempo, era
pieno di vita: quest'albero è quello della povertà.
Il quinto era verde e coperto di frutti ma questi frutti erano in basso e come nascosti e
non si vedevano: quest'albero è quello dell'umiltà.
Ho visto in seguito altri cinque alberi. Il primo portava un frutto corposo e solido al
vedersi, ma marcio e come fosse pieno di fumo all'interno: questo è l'amore di sé e di
tutto ciò che è sulla terra, il che indurisce talmente il frutto che finisce per imputridirsi.

117
Il secondo aveva i rami elevati e nessuno
poteva raggiungerli per cogliere il frutto;
questo frutto, del resto, era raro e macchiato per la malattia: è l'avarizia che ha paura di
spogliarsi, se dona; il che fa sì che il frutto si guasti e cada.
Il terzo aveva le radici profondamente radicate; ed è l'attaccamento alle cose create.
Il quarto sembrava coperto di foglie e di frutti e molto bello: sono le ricchezze, frutti
che marciscono alla minima nevicata, o al più piccolo freddo.
Il quinto portava molti frutti, tanto che essi nascondevano le foglie: è l'orgoglio, che
appare ricchissimo agli occhi degli uomini ma il minimo soffio di vento, la più piccola
contrarietà, fa cadere questo frutto e quelli che lo vogliono mangiare lo trovano
amaro».
Il Giovedì santo, diceva a Gesù: «Signore, conservami sempre nel tuo amore, come il
bambino è custodito nelle viscere di sua madre. Là non ha bisogno di niente, né per
mangiare, né per bere è al riparo da ogni pericolo; con sua madre, egli ha tutto. E
anch'io, Signore, se tu mi conservi nel tuo amore, non mancherò di niente. Non
desidero altro che essere tua; non voglio mai allontanarmi da te. Come il bambino
comincia ad essere fragile e misero non appena esce dal seno di sua madre, anch'io
sarei infelice se uscissi da te. Custodiscimi, Signore, dentro di te, Custodiscimi nelle
viscere del tuo amore».
La mattina del Venerdì santo, ella soffrì tutti i tormenti della Passione. All'ora di
pranzo, fece uno sforzo su se stessa per recarsi a refettorio. Posò il suo pezzo di pane
davanti a sé, per terra, secondo l'usanza del Carmelo in questo santo giorno, e,
sentendosi meglio, si disponeva a prenderlo, allorquando, tutto a un tratto, vide il
Signore passare e penetrarla di grazia e di consolazione: «Non ha fatto che passare
come un lampo, disse, e, passando, il suo vestito ha toccato il pane, che si è mosso ed
ha quasi trasalito alla presenza del Signore».
Il giorno santo di Pasqua, pregò il Salvatore per un'anima infedele, implorando:
«Signore, esaudiscici in favore di quest'anima! Come avviene, o Signore, che essa sia
sempre più malata, malgrado tante preghiere, mentre tu hai promesso di esaudire le
richieste che ti si rivolgono?» L'adorabile Maestro si degnò di risponderle: La grazia
rassomiglia alla medicina. Se il malato è grave e il male è al cuore, tutti i rimedi non
fanno che irritare la piaga e renderla più mortale. Se quest'anima avesse un po' di
umiltà, le preghiere le gioverebbero; avrebbe un po' di luce e di .forza, ma siccome il
suo cuore si irrigidisce contro il rimedio, le preghiere fatte per lei non servono che ad
immergerla sempre più nell'accecamento.
E Gesù aggiunse: Come puoi pregarmi sempre per lei, mentre essa non è occupata, da
parte sua, che a sporcare e strappare il tuo vestito? «Signore, le rispose suor Maria, ella
non sa quello che fa. Hai detto tu stesso sulla croce: "Padre mio, perdona loro; perché
non sanno quello che fanno". Ed anche io ti dico: Ella non sa quello che fa: perdonale,
Signore».
Il 18 maggio, in estasi, ella non sentiva niente, non comprendeva niente nell'eccesso
delle consolazioni celesti. L'indomani, facendo, per obbedienza, il resoconto di quella
giornata di grazie, diceva: «Comunicandomi, mi sentivo trasportata dall'amore di Dio.
L' amore mi spingeva a qualche cosa, e non sapevo a che. Mi rivolsi allo Spirito Santo
e gli gridai: Illuminami, tu hai dato la luce agli apostoli, agli ignoranti! Io sono un
niente, illuminami! Voglio solo ciò che Gesù vuole. Mi vedo, tutt'a un tratto in una
notte profonda, in mezzo a buchi, a bestie che mi mordono; le tenebre mi impediscono

118
di scorgere i buchi e le bestie. Invoco Dio
e la luce dello Spirito Santo. Compare un
raggio per guidarmi e, in questo raggio, vedo, in un batter d'occhio, tutta la mia vita di
peccato; e avrei avuto il coraggio, se fosse stato necessario, di confessarli davanti al
mondo intero. Contemporaneamente, mi sentivo infiammata d'amore e il mio cuore si
scioglieva come un cero davanti ad un braciere; e ho gridato a Dio: Signore, basta, non
ne posso più!
Ed ho visto davanti a me una colomba, e sopra la colomba, un calice che traboccava,
come se all'interno del calice ci fosse una sorgente; e ciò che traboccava dal calice,
bagnava la colomba e la lavava. Ed una voce è venuta fuori da questa mirabile luce ed
ha detto: Se vuoi cercarmi, conoscermi e seguirmi, invoca la luce, lo Spirito Santo che
ha illuminato i miei discepoli e che illumina tutte le genti che lo invocano. In verità, in
verità, ve lo dico in verità: chiunque invocherà lo Spirito Santo, mi cercherà e mi
troverà, e mi troverà tramite lo Spirito Santo. La sua coscienza sarà delicata come il
fiore dei campi. Se è un padre o una madre di famiglia, la pace sarà nella sua famiglia
e il suo cuore sarà in pace in questo mondo e nell'altro: non morirà nelle tenebre, ma
nella pace. Desidero ardentemente che i sacerdoti dicano ogni mese una messa in
onore dello Spirito Santo. Chiunque la dirà o l'ascolterà sarà onorato dallo Spirito
Santo stesso; avrà la luce, avrà la pace. Guarirà gli ammalati, sveglierà quelli che
dormono. Ed io ho detto: Signore, che posso fare io? Nessuno mi crederà! E la voce
mi ha risposto: Quando sarà venuto il momento, farò tutto io stesso, e tu non vi
entrerai per niente.
Tutto è sparito e il mio cuore è rimasto acceso d'amore».
Già, a Mangalore, durante il ritiro della sua professione, questo culto dello Spirito
Santo le era stato raccomandato in una maniera tutta speciale. Questa stessa
raccomandazione le fu rinnovata molto spesso fino alla sua morte.
Durante il suo noviziato, una colomba le aveva insegnato questa invocazione, che ella
dopo ripeteva molto spesso:
Spirito Santo, ispirami; Amore di Dio, consumami; Nel vero cammino, conducimi.
Maria, Madre mia, guardami; Con Gesù, benedicimi; Da ogni male, da ogni illusione,
Da ogni pericolo, preservami.
Il 20 maggio diceva: «Avant'ieri avevo una grazia così grande, che ero come fuori di
me stessa; tutta la giornata lottavo contro il sonno (l'estasi); mi sembrava di essere
quasi pronta a lasciarmi stritolare in mille pezzi, a lasciarmi dilaniare, arrostire; avrei
voluto soffrire tutto per amore di Dio. Mi offrivo a Dio per la Chiesa, per la Francia, e
per soffrire tutto ciò che Dio avrebbe voluto. Oggi non riesco ad avere nemmeno un
buon pensiero, sono secca come un pezzo di legno posto davanti ad un fuoco ardente,
senza esservi gettato: esso non brucia, non fa che seccare di più. A Mangalore mi è
stato detto che ciò che accadeva in me era il frutto della mia immaginazione e vedo per
esperienza che oggi non posso immaginare niente, non posso riflettere. Dio solo è in
noi il maestro. Fa ciò che vuole e quando lo vuole».
Il 26 maggio di quel 1873, aveva visto la Francia come un campo bagnato dalla
pioggia, illuminato e riscaldato dal sole; ma la terra era coperta da erbacce fra le quali
di tanto in tanto ve ne erano alcune buone. Ho detto a Gesù: «Signore, perché lasci
queste cattive erbe?» e il divin Maestro mi ha risposto: Perché le buone sono ancora
molto deboli e hanno le loro radici legate con le cattive. Se strappo le cattive, le buone
saranno danneggiate e avvizziranno. Quando le buone saranno più forti, strapperò tutto

119
ciò che c'è di cattivo. Ora, la pace è
costruita sulla sabbia; più tardi, la
stabilizzerò sulla salda roccia e niente potrà rimuoverla. La Francia è al centro del mio
cuore.
Nelle sue frequenti estasi cantava, in certi momenti, in una maniera incantevole.
Invitava la creazione a cantare con lei; parlava dell'ingratitudine dell'uomo, della bontà
di Dio, della lunghezza dell'esilio: «Cieli, esclamava, benedite il Signore; terra,
benedite il Signore! Salve, salve, albero benedetto, che ci dai il frutto della vita! Dal
profondo di questa terra il mio cuore geme, il mio cuore sospira. Chi mi darà le ali per
volare verso il mio Amato? Salve, salve, albero benedetto, è da te che ricevo il frutto
della vita! Vedo sulle tue foglie queste parole scritte: Non temete niente; il tuo verde
mi dice: Sperate; i tuoi rami mi dicono: Carità; e la tua ombra: Umiltà. Salve, salve,
albero benedetto; trovo in te il frutto della vita! Dal profondo di questa terra il mio
cuore geme, il mio cuore sospira. Oh! Chi mi darà le ali per volare verso il mio
Amato? Salve, salve, albero della vita; tu porti il frutto della vita! Sotto la tua ombra,
voglio gemere; ai tuoi piedi, voglio morire!
Oh mio Dio, quanto l'uomo è ingrato verso il suo Creatore! Tu così buono, mio Dio! O
ingratitudine delle creature!
Oh mio Dio, il mio cuore è troppo piccolo: io vorrei un cuore più grande dell'universo
per amarti! Oh amore!»
A quell'epoca, si cominciava a notare in lei uno dei fenomeni più straordinari delle
estasi, la lievitazione, con la quale il corpo dell'estatica si solleva da terra, come se non
fosse più sottomesso alle leggi della gravità.
Il 22 giugno 1873 la si trovò per la prima volta sulla cima di un tiglio molto alto; si
dondolava senza appoggio e cantava l'Amore. La Priora la fece scendere con la sola
parola obbedienza. Ma una alpargata restò appesa al ramo che la portava. E quando,
ritornata in sé, ella volle calzarsi, fu grande la sua sorpresa nel vedere accanto a lei
delle alpargate nuove. Reclamate le vecchie, ne ritrovò una, ma cercò inutilmente
l'altra. Un giorno tuttavia, la scorse sulla cima del tiglio. Si può giudicare la sua sor-
presa! Siccome domandava la ragione di un fatto così strano, si cercò di dare una
spiegazione qualunque, senza lasciarle nemmeno supporre la verità.
Qualche tempo dopo, vide durante la preghiera, una terrazza rotonda, divisa in pa-
recchi cerchi. Il primo era piantato a rose, le cui foglie rappresentavano la carità e le
spine, la vigilanza. Il secondo era coperto di viti; l'uva di queste viti simboleggiava
l'amore e le foglie simboleggiavano la dolcezza. Si vedeva nel terzo del frumento, che
rappresentava la fiducia e la speranza. Il centro di questo cerchio era coperto di
violette, raffigurazione della vera umiltà.
«Ho innalzato, disse, un trono in mezzo a questo cerchio, ed ho fatto sedere Gesù su
questo trono. Ed una sorgente è zampillata da sotto i piedi di Gesù e l'acqua di questa
sorgente diceva: Tutto passa, tutto scorre come l'acqua. Accanto al trono, ho piantato
delle viole del pensiero e dell'edera. Le "pensées" significavano: Non pensate che a
Gesù; e l'edera: Non vi unite che a Gesù».
«Signore Gesù, pianta tutte queste virtù nel mio cuore, e falle crescere con la tua
potenza».
Nei primi giorni di questo mese di giugno, aveva detto, tutta radiosa e come fuori di
sé: «Questa mattina, dopo la santa Comunione, ho rinnovato la mia professione tra

120
le mani di Gesù; tenevo le mani giunte in
quelle di Maria, Maria aveva le sue in
quelle di Gesù e le mani di Gesù erano in quelle del Padre eterno. Ho rimesso la mia
volontà in Dio, in presenza della Santa Trinità, davanti agli angeli, davanti ai santi e
davanti a tutte le creature. Ho detto a Gesù: Signore, tu me la hai data ed io te la rendo,
ti dò la mia volontà irrevocabilmente. Scrivilo nel tuo cuore, nel libro della vita, e non
ne sia mai cancellato. Non restituirmi mai la mia volontà, essa non è più mia; se vedi
che ho la disgrazia di volerla riprendere, toglimi la vita in quello stesso istante. Voglio
la tua volontà attraverso tutto, attraverso la sofferenza, le prove, le persecuzioni, le
tribolazioni di ogni specie; mi offro di andare all'inferno per la tua volontà. Mi offro di
passare attraverso quanto ho sofferto a Mangalore, se ciò è per tua volontà; protesto
che non voglio niente altro che la tua volontà, per la vita, per la morte e per tutta
l'eternità».
«Madre mia, diceva un altro giorno, in estasi, alla Priora, tutti dormono! E Dio così
buono, così grande, così degno di lode, lo si dimentica, nessuno pensa a Lui! La natura
lo loda; il cielo, le stelle, gli alberi, le erbe, tutto lo loda. Anche l'uomo, conoscendo i
suoi benefici, dovrebbe lodarlo, ed egli dorme! Andiamo, andiamo a svegliare
l'universo! Andiamo a lodare Dio, a cantare le sue lodi! Il mondo dorme, il mondo
dorme, andiamo a svegliarlo, andiamo a svegliare la città!». Ella piangeva,
singhiozzava ripetendo: «Gesù non è conosciuto, Gesù non è amato. Lui così pieno di
bontà, Lui che ha fatto tutto per l'uomo!».
Il Signore le domandò per la Chiesa una serie di processioni attorno al giardino, in
ginocchio, con il dorso carico di un enorme sacco di cenere. Avendo i superiori ap-
provato questa volontà del cielo, ella andò fino al limite di questa terribile penitenza,
malgrado le sue gambe insanguinate, malgrado il sudore che scorreva dal suo viso.
A parecchie riprese, press'a poco nello stesso periodo, ella risalì sul tiglio. L'Agnello
l'attirava, diceva in estasi, per spiegare questa ascensione, e si elevava fino alla cima
dell'albero. Un giorno esitò

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]
Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:57. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com