. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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IL PICCOLO NULLA

Ultimo Aggiornamento: 08/04/2013 21:26
31/03/2013 22:33

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stesso Sig. de Nédonchel. Ora, è Matilde che era apparsa più volte a suor Maria, e
che le aveva detto di rivolgersi a suo padre per la fondazione di Mangalore. Per
rendere più grande il merito di questo perfetto cristiano, Madre Elia non fece affatto
menzione, nella sua lettera, di questa circostanza soprannaturale; non fu che più tardi
che il Sig. de Nédonchel la conobbe.
Nel mese di agosto 1870, dopo le nostre prime sconfitte, uno sciame di religiose
partiva da Pau per la fondazione di Mangalore. Erano in sei: Madre Elia Priora, suor
Maria di Gesù, Sottopriora, suor Maria del Salvatore, suor Stefania, suor Maria di
Gesù Crocifisso, novizia, e suor Eufrasia, conversa.
Tre religiose terziarie dell'Ordine del Carmelo, destinate alle opere esterne della
missione, facevano anche parte della piccola colonia. Mons. Maria Ephrem, Padre
Lazzaro e Padre Graziano, tutti e tre carmelitani, accompagnavano la pia carovana. La
prova non tardò a presentarsi. Al passaggio del mar Rosso, il caldo fu così forte che
due suore morirono: suor Stefania e suor Eufrasia. La stessa Madre Elia doveva alcuni
giorni dopo soccombere, prima di aver raggiunto Mangalore. La morte di queste tre
vittime era stata preannunziata da suor Maria. Dio le toglie così tutti gli appoggi
umani, per abbandonarla come senza difesa tra le mani di coloro che non
comprenderanno molto presto la sua via. Ecco la lunga lettera che ella scrive all'abate
Manaudas per fargli un resoconto di tutti gli incidenti di questo viaggio:
«La sua indegna figlia, caro Padre, viene oggi a gettarsi ai suoi piedi per raccontarle
tutto, come un bambino racconta tutto a suo Padre.
Ecco, Padre mio, ciò che è accaduto durante il viaggio. Il primo giorno, siamo stati a
Nostra Signora della Guardia, dove io ho ricevuto molte grazie. Quel giorno in quel
santuario c'era molta gente. Madre Elia non era voluta venire, le nostre suore neppure,
ma io, vi sono andata con Mons. Maria Ephrem e le suore terziarie del nostro Ordine.
Ho molto pregato per la Francia. Durante la mia preghiera, ho visto davanti a me
un'uomo: quest'uomo teneva nella sua mano una nuvola molto nera e molto fitta. Vidi
una vergine che pregava tanto perché questa nuvola cadesse altrove e non sulla
Francia. L'uomo teneva nell'altra mano una nuvola bianca; ma voleva gettare la nuvola
nera prima della bianca e diceva: Dopo essere passata attraverso terribili prove, la
Francia trionferà e sarà la sovrana dei regni.
In quello stesso santuario, vidi che i legami che mi univano a suor Stefania stavano per
essere troncati; una donna li tagliava per attaccarli ad un altro cuore. Scendendo da
Nostra Signora della Guardia, raccontai tutto a Mons. Maria Ephrem ed a Madre Elia.
Dissi ancora a Monsignore che avevo visto Nostro Signore presentargli un mazzo di
cinque rose; a causa delle spine, Monsignore non poteva toccarle; tre volte soprattutto,
si punse molto forte. Tutto ciò è avvenuto a Marsiglia. Ma siccome io ho promesso di
dirvi tutto, e anche Mons. Maria Ephrem vuole che io vi dica tutto, comincio con
questo primo giorno. La traversata del Mediterraneo è stata buonissima, sebbene noi
avessimo avuto il mal di mare; ma ciò non è niente; Madre Elia stava molto bene: ci
curava tutte. Durante tutto questo tempo, ho potuto meditare ed ho ricevuto molte
grazie.
Sul mar Rosso, sono stata molto male. Un giorno, avendomi Madre Elia mandato nella
nostra cabina per riposarmi, suor Eufrasia mi raggiunse qualche istante dopo e mi dis-
se: Ho qualche cosa da comunicarti. Tu sai quanto Nostro Signore è buono. Questa
mattina, dopo la Comunione, Gesù mi ha fatto vedere i bisogni della Francia e

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dell'India; Egli domanda cinque vittime. Mi sono già offerta con suor Stefania, ed
ho l'impressione che occorrono ancora Madre Elia, la Madre Sottopriora e tu.
Sentendola parlare così, sono andata in collera con lei per il fatto che si fosse già
offerta con suor Stefania, e le dissi: Chi ti ha dato il permesso di comportarti in questo
modo? Mi rispose: Padre Lazzaro ha detto che dovevamo offrirci tutti i giorni come
vittime. In quel momento, provai qualche cosa di straordinario, e vidi che suor
Stefania, suor Eufrasia e Madre Elia erano state accettate da Gesù e che stavano per
morire. Vedendomi molto in pena, suor Eufrasia mi disse: Povera piccola, si vede bene
che sei in tentazione, poiché non puoi comprendere la nostra offerta. L'indomani, alla
stessa ora, le tre caddero ammalate. Io curavo Madre Elia, la Madre Sottopriora curava
suor Eufrasia e suor Maria del Salvatore curava suor Stefania. Andavamo dall'una
all'altra. Padre Graziano e il Padre Lazzaro erano oppressi. Padre Lazzaro si offriva al
posto di tutte; era pallido e si sarebbe detto che stava per sentirsi male. Io stessa avevo
tanta paura che nella notte mi sarei ammalata come pure suor Maria del Salvatore. Il
comandante è stato motto buono con noi, ci curava tutte. Suor Stefania è morta verso
mezzanotte. Aveva ragione di dirmi alcune ore prima, quando le raccomandavo di
pregare per madre Elia molto ammalata: Andrò a vedere Gesù prima di lei. La morte
di questa suora mi causò una grande tristezza, vedendo che le altre due stavano per
morire. Fu solo 1' indomani, dopo aver fatto il sacrificio delle tre, che la tristezza mi
lasciò per far posto alla gioia. Non vedevo l'ora, adesso, di veder morire suor Eufrasia,
perché andasse da Gesù; avrei voluto affrettare quest'ora.
Impossibile esprimervi la pena di Padre Lazzaro. Ah! Quanto gli costiamo! Il povero
padre ci disse che bisognava lasciare la nave per scendere ad Aden, dove suor Stefania
sarebbe stata seppellita alle sei. Madre Elia non sapeva che suor Stefania era morta. Le
dicevo sempre: Madre mia, se Gesù le domandasse due rose, le rifiuterebbe? e le
ridicevo sempre la stessa cosa. Madre Elia non comprendendo questa insistenza, finì
per dirmi: Povera figlia, mi ripeti sempre la stessa cosa; certamente che gliele darei.
Durante la prima notte passata ad Aden, non c'era letto per coricarsi, né acqua per be-
re. Suor Maria del Salvatore era divorata da una fortissima febbre e non c'era una
goccia d'acqua. Mi diceva: Datemi un po' d'acqua, io non ne avevo e ad Aden non c'era
una fontana per andarne a prendere. Accompagnata da una inglese, andai a cercarne in
tutte le case senza poterne trovare. Finimmo tuttavia per trovarne un poco, ma fu
presto esaurita, perché ne occorreva per bagnare la testa di suor Eufrasia. Mi misi
allora a piangere come una bambina; passai la notte accanto a nostra Madre, mentre la
Madre Sottopriora e suor Maria del Salvatore stavano accanto a suor Eufrasia. Mentre
nostra Madre dormiva, vidi un uomo che aveva il corpo tutto straziato; davanti a Lui,
c'erano due croci; mi sembrava che queste due croci fossero per madre Elia e per suor
Eufrasia; udii quest'uomo che diceva: In verità, in verità, prima che quest'anno finisca,
queste due non saranno più sulla terra, io le prenderò e me ne servirò come un balsamo
per le mie piaghe. Mi risvegliai con l'impressione che nostra Madre non avesse finito
l'anno, e lo dissi a Padre Graziano, che mi proibì di ripeterlo alle suore.
Durante quella stessa notte, nostra Madre era molto in pena, perché le era stato detto
che suor Stefania era all'ospedale. Padre Graziano, vedendola così afflitta, giudicò
meglio dirle tutta la verità; le dichiarò quindi che era morta. Nostra Madre ne fece
generosamente il sacrificio, e aggiunse che aveva meno pena nel saperla morta che di
pensarla all'ospedale separata da noi.

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Un giorno, Padre mio, prima della morte di suor Eufrasia, ero sola con lei. Le
domandai: Dove sei suor Eufrasia, giacché non mi parli? Aprì gli occhi e mi rispose
con uno sguardo celestiale: Sono con Gesù. Aggiunsi: Vuoi andare a vedere Gesù? Sì,
mi rispose subito. Le nominai ciascuna suora. Mi fece segno che erano tutte nel suo
cuore. Vidi allora, vicino a suor Eufrasia, due bimbi che offrivano un giglio tutto
bianco a un uomo che stava vicino alla testa di questa suora, e quest'uomo sembrava
tutto contento di ricevere questo giglio. Ebbi l'impressione che suor Eufrasia sarebbe
morta molto presto. Vado a trovare Padre Graziano: Padre mio, gli dico, dia presto
l'estrema unzione a suor Eufrasia; non creda al medico, sta per morire. Durante la
santa Messa, il suo letto si trovava vicino all'altare, non c'era che da aprire una porta
per arrivare fino a lei: la suora era molto agitata; rideva sempre; domandava che le si
desse Gesù! Lo domandava continuamente ma siccome non poteva inghiottire una sola
goccia d'acqua, Padre Graziano non osava farla comunicare. La sua agonia è stata
molto sofferta; il suo viso rassomigliava a quello di Gesù in croce, e sempre con la
stessa pazienza. Quando le si domandava se soffrisse molto, faceva segno di no: è
morta come una santa.
Dopo la sua morte, avevo preso il suo mal di gambe e di piedi; ero molto gonfia.
Andai sulla tomba di suor Eufrasia e le dissi: Ascolta, suor Eufrasia, io non ti ho
chiesto il tuo male, prenditi il tuo male. Subito, Padre mio, non sono stata più male, ed
ho potuto fare la cucina, tutto il tempo che siamo rimasti ad Aden. I cappuccini di
Aden sono stati molto buoni con noi; ma non posso farle conoscere tutto ciò che là è
successo. Penso che le nostre suore ve l'abbiano raccontato; le dico dunque solo ciò
che mi riguarda. Siamo state molto felici, quando abbiamo visto Mons. Maria Ephrem.
È stato così buono con noi, come un padre!
La traversata da Aden a Madras è stata buona: Madre Elia stava benissimo. La Madre
Sottopriora, suor Maria del Salvatore ed io, abbiamo avuto un po' di mal di mare.
Padre Lazzaro è venuto a trovarci a Madras. Come era impressionato vedendoci!
Aveva le lacrime agli occhi: ci ha raccontato quanto avesse sofferto da quando ci
aveva lasciato. Siamo rimasti un giorno a Madras e siamo in seguito partiti per
Vellore, con Padre Lazzaro. Monsignore è rimasto a Madras con Padre Graziano per
degli affari. Abbiamo trascorso cinque giorni presso le suore del Buon Pastore; sono
state molto buone con noi. Un giorno mentre ero nella cappella, sentii una grande
tristezza pensando a suor Stefania ed a suor Eufrasia. Ero in quel momento, molto
tentata contro la Madre sottopriora e suor Maria del Salvatore; mi sembrava che esse
prendessero di me tutto a male. Madre Elia mi rimproverava molto. Allora io mi
rivolsi a Gesù e mi lamentai con Lui. Vidi un uomo che mi disse: Perché ti lamenti di
esse? Una di esse sarà presto tua madre e l'altra la tua maestra di noviziato. Quando
sentii ciò, ebbi molta pena, pensando che Madre Elia stava per morire. In effetti,
durante la notte, ella fu molto sofferente a Vellore, e pensai che il calice era molto
vicino.
Dopo ciò, Padre mio, ci siamo fermati in molti posti, prima di arrivare al Vicariato di
Monsignore; ma non è accaduto niente di particolare. Arrivando a Calcutta, una
grande processione è venuta a prendere Monsignore. Credendo che fossimo vicini alla
chiesa, siamo scese dalla vettura, cosa che ha molto stancato nostra Madre; malgrado
ciò, ella era contentissima di vedere tutti gli onori resi a Mons. Maria Ephrem. A
Calcutta, nostra Madre si mise a letto. Monsignore e il Padre Lazzaro avevano molta

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pena nel vederla sofferente; Padre Graziano anche, ma se l'aspettava perché
sapeva tutto. Monsignore era desolato di questo terzo sacrificio che il Signore stava
per domandare. Non potendo più prolungare il suo soggiorno presso di noi, parti per
Mangalore con Padre Graziano; Padre Lazzaro restò con noi a Calcutta. Il giorno della
partenza di Monsignore, ero molto tentata contro Padre Lazzaro e contro le nostre
suore. Mi recai in cappella e dissi a Gesù: È possibile, Signore, che io possa vivere con
questo Padre e con queste suore, senza nostra Madre? E piangevo molto. Il pensiero
che l'una sarebbe stata un giorno la mia Madre e l'altra la mia Maestra, mi faceva
venire molte tentazioni. Allora, Padre mio, mi addormentai; e durante il mio sonno,
vidi un uomo con due bimbi; e quest'uomo mi mostrava tutto ciò che io avevo fatto
durante la mia vita, e mi disse: Vedi, io sopporto tutto ciò per te; e tu, non vuoi
sopportare ciò per me! Sono io che le ho scelte; sono io che ho loro ispirato di farti
ciò; sono io che tengo i cuori nella mia mano e li faccio cambiare quando voglio.
Mormori sempre, perché ho fatto morire suor Stefania e suor Eufrasia, e perché voglio
che Madre Elia sia seppellita qui! Nello stesso tempo, vidi un bimbo che mi
presentava un calice e una croce molto pesanti. Il calice era pieno; mi sembrava che, in
tutta la mia vita, io non ne avessi bevuto una goccia. Quel bambino mi disse: Prima
della tua morte, occorre che lo svuoti; e morirai su questa croce; e tutti i rami ai quali
ti attaccherai, io li taglierò. Risvegliandomi, feci generosamente il sacrificio di nostra
Madre, sebbene con molto dolore. Sa, Padre mio, quanto costa a un figlio fare il
sacrificio della propria madre, e soprattutto di una madre come Madre Elia. Nostra
Madre è stata così buona per me durante la sua malattia! Il buon Dio lo permetteva,
per farmi sentire di più il sacrificio. Fu solo il giorno della sua morte che fu molto
severa con me; ma per questo, non la amavo meno, al contrario. Nel momento in cui
ella stava per spirare, Madre Sottopriora e suor Maria del Salvatore domandarono
perdono a nostra Madre, pregandola di dire loro un'ultima parola e di benedirle. Feci
come loro; nostra Madre non mi rispose: O Madre cara, le dissi, dica anche a me
un'ultima parola. Fa'tutto ciò che ti si dirà, rispose. Grazie, Madre cara, ripresi, non
dimenticherò mai queste parole! Dopo queste parole entrò in agonia, pur conservando
la sua conoscenza. Ci guardava, faceva segno a Padre Lazzaro di prendere cura delle
sue figlie. Il Padre rispose: Sì, Madre, lei Sa quanto le ami; ne avrò cura. Egli è stato
fedele alla sua promessa. Nostra Madre ha domandato di rinnovare i suoi voti; suor
Maria del Salvatore li ha pronunziati ad alta voce. Dopo questo momento, nostra
Madre restò tranquilla con Gesù. È morta come una santa. Ora, Padre mio, sono
distaccata da tutto».
La lettera della nuova Priora, suor Maria del Salvatore, che accompagnava questa
relazione di suor Maria di Gesù Crocifisso, ripeteva in poche parole al Sig. abate
Manaudas le peripezie del viaggio. Un'altra lettera della Madre Priora, indirizzata al
Carmelo di Pau, esprimeva i sentimenti di ammirazione di tutti per suor Maria. Madre
Maria del Salvatore conferma in questa lettera la profezia della novizia concernente la
morte delle tre vittime richieste da Gesù. Parla anche delle estasi di suor Maria e del
giudizio di Padre Graziano in proposito: Impossibile, diceva allora questo Padre, che
ciò non sia da Dio. Questa piccola pensa così poco a tutte queste cose straordinarie! È
tutta occupata nelle sue faccende di cucina. Quale devozione e quale carità per tutti! E
la Priora, dopo aver citato questa testimonianza del Padre, aggiungeva: Ora io ho più
fiducia che mai che tutto ciò che avviene in questa cara bambina, viene dal buon Dio,

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e che, malgrado la mia indegnità, io sarò testimone delle misericordie di Dio su
quest'anima. Mons. Maria Ephrem, Padre Lazzaro'°e Padre Graziano sono del mio
parere. Chi potrebbe dubitare, raccogliendo queste testimonianze, del cambiamento
che si opererà ben presto?
A Mangalore, come a Pau, suor Maria di Gesù Crocifisso ebbe a subire, da parte del
demonio, delle prove terribili, perché i tre anni di ossessione predetti dall'angelo non
erano ancora trascorsi. Le scene diaboliche, già conosciute dal letto
re, si rinnovavano ad intervalli. Il demonio si mostrava, come sempre, disobbediente,
suscettibile, collerico; spingeva la novizia a fuggire ed a ritornare nel mondo. Infine,,
le diede i supremi assalti nell'ultima settimana del giugno 1871, dopo di che la potenza
degli esorcismi l'obbligò ad uscire dal corpo della sua vittima. In una lettera indirizzata
a Mons. Saint-Guily, arciprete di Pau, Padre Lazzaro racconta queste lotte e questi
trionfi, come pure le grida sublimi emesse dalla suora, ripetizione di quelle che noi
abbiamo raccolto parlando della sua possessione a Pau. Era la fine di questa dolorosa
prova.
Ormai liberata da quelle penose ossessioni, suor Maria di Gesù Crocifisso riguadagnò
la gioia e l'edificazione del piccolo Carmelo indiano, mentre era pure ricolma di favori
soprannaturali: estasi, visioni, spirito di profezia... Le lettere della sua Priora e quelle
della sua maestra segnalano i suoi rapidi progressi nella via della perfezione. Mons.
Maria Ephrem si dichiarava egli stesso soddisfatto al massimo delle disposizioni della
novizia.
La verità tuttavia era che a quell'epoca alcuni dubbi erano già nati nello spirito dei
superiori del Carmelo riguardo alla via della novizia. Non la conoscevano ancora che
imperfettamente, essi erano stati sorpresi di questi nuovi assalti diabolici che andava
subendo; erano ancora più sbalorditi della riservatezza che, per ordine divino, ella
custodiva ormai sulle sue comunicazioni soprannaturali verso qualsiasi altro che non
fosse il suo confessore e si domandarono più volte se suor Maria di Gesù Crocifisso
non fosse nell'illusione, se non fosse il triste giocattolo del demonio e di se stessa.
Erano i primi preparativi della prossima salita del monte Calvario e della crocifissione
che il divin Maestro riservava alla sua fedele sposa. Dio permise che questi dubbi
diminuissero all'approssimarsi della professione religiosa, perché egli voleva che la
fervente novizia fosse infine ammessa a pronunziare i santi voti. Ma noi li vedremo
riapparire la sera stessa della Professione, ed essi non faranno ormai che accrescersi
fino alla consumazione della tragedia del Calvario.
CAPITOLO XIII
Ritiro di suor Maria di Gesù Crocifisso prima della sua professione (3-21
novembre 1871)
Dobbiamo ora accompagnare suor Maria nel suo ritiro di venti giorni che precedette la
sua Professione religiosa. Grazie a Padre Lazzaro, suo confessore, possediamo le
rivelazioni comunicate alla novizia. I considerevoli estratti che stiamo per dare di
questo lavoro ci sembrano talmente elevati, belli e profondi, che non possiamo non
vedervi l'espressione di una dottrina dettata dal cielo a questa ignorante che sapeva
appena leggere.

98
I
«Ho visto, ella raccontava il primo giorno, un giardino a forma di cuore, questo
giardino era secco, arido. Gli alberi erano disseccati, non avevano foglie; l'erba era
bruciata. Mancavano l'acqua per dissetarsi, e l'aria per respirare. In seguito, ho visto in
lontananza Gesù, triste, sofferente, piangente, coperto di polvere, nella più grande
angoscia. Mi è sembrato che io stessa, al vederlo, fossi caduta nella tristezza, nella
sofferenza, nell'angoscia. In una parola, ho provato tutti i sentimenti, tutte le
impressioni che vedevo in Gesù. Mi sono prosternata ai suoi piedi, ed ho asciugato le
sue lacrime con le mie, mi sembrava almeno che fosse così. Dal profondo del cuore
avrei voluto asciugare la polvere dei suoi piedi e quella che lo copriva. Gesù è entrato
in questo giardino inaridito, ma non vi ha trovato ne aria, né acqua, né ombra, ed è
divenuto ancora più triste, più oppresso, più sofferente. Non vi è rimasto a lungo,
uscito quasi subito da questo giardino è entrato in un altro, accanto. In questo, ha
trovato del verde, fiori, alberi da frutto e frutti maturi. Tutti gli alberi erano verdi,
coperti da un fogliame folto e ombroso. C'erano aria ed acqua in abbondanza, la terra
era lì ben lavorata e umidificata. In questo giardino; Gesù è parso ritornare in salute, è
diventato giovane, sorridente, ed ha detto: Qui fa bel tempo: c'è aria per respirare,
acqua per dissetarsi, frutta per mangiare, ombra per riposarsi. Ed è rimasto a lungo in
questo giardino e vi stava molto bene. Non comprendendo il senso di ciò che vedevo,
mi sono rivolta a un giovane che mi guidava a Gesù, e gli ho chiesto quello che ciò
significasse. Egli mi ha detto: Il secondo giardino rappresenta l'anima fedele e umile
che riceve e conserva le acque della grazia, mentre il primo giardino, che non è
lavorato, è il simbolo delle anime orgogliose, le quali non conservano per loro l'acqua
della grazia, vittime delle loro passioni che le bruciano. L'aria che si respira nel buon
giardino è il simbolo delle aspirazioni dell'anima verso Gesù: queste aspirazioni sono
la sua vita. I fiori rappresentano le virtù dell'anima; i frutti, sono le buone opere, la
mortificazione, la penitenza, con le quali essa guadagna altre anime a Gesù. Le foglie
degli alberi raffigurano la carità con l'ombra che esse danno. La aridità e la durezza
della terra del cattivo giardino rappresentano un cuore indurito».
II
«Nostro Signore era davanti a me. lo lo vedevo, volevo andare verso di Lui e non lo
potevo. Gesù mi sembrava tenero come il fiore dei campi, che appassisce non appena
lo si tocchi. Facevo un passo verso di Lui, e mi fermavo; non avevo quasi le gambe;
sembrava che rientrassero nel mio corpo come delle sbarre di ferro: esse non potevano
reggermi. Mi è sembrato tuttavia di essere andata un poco avanti e ho detto: Signore,
sono avanzata un po' verso di te; tu sei davanti a me, i miei occhi ti vedono, le mie
orecchie ti sentono, dammi un po' di forza per arrivare fino a te. Nello stesso tempo,
ho invocato lo Spirito Santo per ottenere la forza. Mi sembrava sempre che Gesù non
fosse lontano da me. Guardavo qualche volta dietro di me, e ogni volta che guardavo
così, provocavo delle piaghe nel corpo di Gesù. Ed ho chiesto: Che cosa è tutto
questo? Subito qualcuno mi ha preso e mi ha detto: Guarda davanti a te. Ho guardato e
mi è sembrato di vedere un giardino dove erano fiori, alberi e frutti. Davanti alla porta
del giardino era acceso un grande fuoco. Per entrare nel giardino, bisognava
attraversare questo fuoco. Contemporaneamente, ho visto due persone davanti al
giardino. Una camminava con fierezza, la testa alzata; l'altra aveva la testa abbassata e
sembrava curva. La prima è entrata senza timore, con la testa sempre alzata. Tuttavia è

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penetrata nel giardino ed ha colto dei fiori e dei frutti in quantità. In seguito è
ritornata alla porta ed ha attraversato di nuovo le fiamme per uscire; ma i suoi vestiti
sono stati interamente bruciati, così come tutto ciò che portava. Era completamente
nuda. Anche la seconda persona è entrata; per attraversare il fuoco, si è molto
abbassata e il fuoco non ha preso i suoi vestiti. Una volta nel giardino, ella l'ha
percorso, ha colto molti fiori, molta frutta di ogni specie, ed è tornata alla porta del
giardino carica di fiori e di frutti; per attraversare le fiamme alla sua uscita, si è
abbassata ancora di più di quando era entrata. E le fiamme non l'hanno toccata; ed è
uscita più bella e più ricca di quando era entrata.
Ho chiesto di nuovo quello che ciò significasse, e colui che mi guidava mi ha detto: Il
fuoco è l'immagine dei fastidi, delle pene, delle angosce, delle sofferenze, `
delle
prove della vita. Il Signore li manda perché si raccolgano fiori e frutti. La pri
ma persona che è entrata nel giardino e che ne è uscita povera, triste, nuda, raffi- ;
gura coloro che si inorgogliscono nella prova: l'orgoglio, l'egoismo, l'amor proprio
fanno loro perdere tutto. La seconda persona raffigura le anime che si umiliano nella
sofferenza, nella prova. Esse si caricano di fiori e di frutti.
Il momento di off~ire al Signore i fiori ed i frutti arriva; è la morte. Le due anime si
presentano davanti al Signore. Il Signore interroga l'una e l'altra. Dice alla prima: Tu
sei entrata nel giardino; hai raccolto fiori e frutti: dove sono? Signore, risponde, il
fuoco che ho attraversato ha bruciato tutto, tutto divorato. Non ho conservato niente.
Ebbene, riprende il Signore, poiché tu non hai niente, va nel niente. Maledetta, io non
ti conosco! Il Signore si rivolge in seguito alla seconda che nasconde i suoi frutti e le
dice: E tu, che cosa hai raccolto? E costei getta subito davanti al Signore ciò che
teneva nascosto; e, abbassando la testa, risponde: Sei tu che mi hai guidato e che hai
raccolto questi frutti. E il Signore risponde: Entra e riposati e godi delle gioie del
Signore».
III
«Ho visto una montagna alta, ma molto scoscesa. Dal lato opposto a quello dove ero
io, ho visto un sole luminoso, molto luminoso e mi sembrava che questo sole salisse
lentamente da quel lato della montagna. Arrivato alla cima, ha attraversato la sommità
ed è disceso lentamente, molto lentamente, dal lato della montagna dove mi trovavo
io. Man mano che discendeva, illuminando e riscaldando questo lato, un tappeto di
verde e di fiori si formava dappertutto dove giungevano i suoi raggi. Ha così percorso
tutta la montagna, dalla cima ai piedi, lasciando una fascia di verde dovunque
passasse. Giunto ai piedi della montagna, ha allargato i suoi raggi, e il verde appariva
ovunque esso giungeva. Si è avvicinato a me ed io mi sono vista come coperta di
verde sotto l'influsso dei suoi raggi».
IV
«Un giovane mi mostrò l'uomo giusto e l'uomo ingrato. L'anima dell'uomo giusto è
bellissima, ma il suo corpo sempre soffre. Lavora e vive nella pena e nell'angoscia; ha
da sopportare ogni specie di mali e di persecuzioni; e, in mezzo a tutto ciò, non pensa
a sé, ma pensa a Dio che vive in lui. Tutto quello che fa, lo fa per Dio e non per sé; si
dimentica interamente. Dimentica il suo corpo, la sua salute, il suo benessere, per non
pensare che a Dio. Giunge alla fine della sua vita, muore ed è portato in Dio; ma
quando egli è in Dio, non sembra più un uomo, ma un Dio. Ed allora la sua carne, che
ha maltrattato, gli rende omaggio e lo ringrazia di averla trattata in quel modo. I suoi

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capelli, le sue ossa, i suoi occhi, le sue
orecchie, i suoi piedi, le sue mani sono
fieri di appartenergli, di essere stati a suo servizio, e vengono a rendergli omaggio e lo
ringraziano di averli trattati così come ha fatto. Tuttavia tutte queste lodi, sebbene
rivolte all'uomo, ritornano a Dio. La terra si compiace di averlo portato, di essere stata
calpestata da lui quando camminava; gli animali si reputano felici di essere stati
immolati per lui e di essere diventati sua carne. Gli alberi si rallegrano di aver portato
dei frutti da assimilare alla sua carne; le case, di averlo alloggiato; il sole, la luna e le
stelle, di averlo illuminato. Le nuvole, la pioggia, le sorgenti, il mare, i pesci rendono
omaggio a quest'uomo ed essi sono felici di averlo servito.
L'uomo ingrato, durante la sua vita, pensa a ben trattare il suo corpo, accordandogli
tutto ciò che è buono, dolce, delicato. E, in mezzo a tutto ciò, quest'uomo non pensa a
Dio, non pensa che a se stesso, alle soddisfazioni, alle grandezze, alle ricchezze, ai
godimenti. Se egli potesse essere re del cielo e della terra, se potesse detronizzare Dio
per farsi Dio lui stesso, lo farebbe. Non pensa che riceve tutto da Dio, che è Dio che
gli ha dato tutto. E quest'uomo che sembra voler assorbire il mondo intero, vede
arrivare la sua fine. E muore. Mi è parso che i suoi capelli lo detestassero e che i suoi
occhi, le sue orecchie, i suoi piedi, le sue mani, le sue unghie, tutto il suo corpo lo
detestasse, e che fossero vergognosi e furiosi di averlo servito, di essergli appartenuti;
se avessero potuto maledire il tempo in cui sono stati con lui, lo avrebbero fatto. La
terra e vergognosa e furiosa di essere stata da lui calpestata, e lo maledice. Gli alberi
sono furiosi contro di lui e fremono di rabbia per aver portato dei frutti da convertirsi
in suo nutrimento. Le bestie, il sole, la luna, le stelle, le fontane, il mare, i pesci sono
furiosi per essere stati a suo servizio e d'accordo lo maledicono. E tutte queste
maledizioni seguono quelle di Dio, perché Dio maledice l'ingrato, ed è perché Dio lo
maledice che tutta la creazione lo maledice a sua volta. È per la stessa ragione che la
benedizione di Dio sul giusto gli attira le benedizioni di tutte le creature. E il giovane
mi ha detto: Hai visto, hai sentito, mettiti dalla parte del giusto. Ed è sparito».
V
«Il giovane mi ha condotto vicino al mare. Sono scesa con lui fino in fondo agli abissi
del mare e mi ha detto: Guarda ed esamina tutto. Ho guardato tutti gli animali che
sono nel mare ed ho esaminato le scogliere e tutto ciò che si trova nel mare. Sono
ritornata sulla terra, ed ho scavato fino al suo centro, ed ho trovato Dio in tutto,
dappertutto. Ho visto che Dio contiene la terra ed ho sentito una voce che diceva: Tutti
questi animali che sono nel mare, vivono ed agiscono nel mare e sono circondati dal
mare; come pure, tutto ciò che vive e agisce sulla terra, vive ed agisce in Dio ed è
circondato da Dio.
Il giovane mi ha portato davanti al trono di Dio. Ho visto Dio, non così come è, perché
sarei morta, ma ho visto Dio e tutta la creazione in Dio. Dio sembra piccolo, e nello
stesso tempo, riempie tutto, contiene tutto. Mi è sembrato che Dio gettasse uno
sguardo sul mare e sugli animali del mare e che desse loro sufficiente forza istintiva
per regolarsi, anche alle acque del mare, che sanno fin dove debbono andare. In
seguito, Dio ha guardato la sabbia e la melma che sono in fondo al mare ed ha dato
loro con questo sguardo abbastanza potere per nutrire i pesci e tutto ciò che c'è nel
mare. Ha posto gli scogli nel mare perché restassero immobili e ha ordinato tutte le
cose, ad ogni cosa, egli ha assegnato il suo posto e dato la virtù che conviene. Ho visto
che non c'era niente nel mare. E dopo, Dio ha guardato la terra, e le ha dato il suo

101
ordine, e con quest'ordine, le ha dato la
fertilità. Ed ha guardato gli animali che
sono sulla terra, e con questo sguardo ha dato loro sufficiente forza istintiva per
regolarsi, ed ha loro comandato di moltiplicarsi. Ed ha guardato l'uomo, e gli ha dato
la volontà, cosa che non aveva fatto per il resto della creazione.
Ed io ho visto due uomini: uno ha dato la sua volontà a Dio, l'altro l'ha tenuta per se
stesso. Quest'ultimo lavora, si agita, possiede, gode, riceve la lode e l'adulazione. E il
lavoro, l'agitazione e la ricchezza e i piaceri, e le lodi e le adulazioni e la gloria non
riescono a soddisfarlo. Ha sempre nuovi desideri, e non è mai contento, mai a suo
agio. Dio gli accorda tutto ciò che desidera, e non è mai felice. Ma Dio ha contato i
suoi giorni, ed arriva la fine della vita, e lascia la terra senza aver cercato Dio, senza
essere pago. Ed alla sua morte, due fanciulli lo prendono e lo gettano nella terra
maledetta. E la terra maledetta vede i suoi dolori aumentare ricevendo questi resti
maledetti. E se questa terra potesse rifiutare di ricevere questi resti, lo farebbe.
Ma colui che ha dato la sua volontà a Dio, vive anche come il primo, sulla terra.
Grandi sofferenze lo colpiscono; altre volte le gioie si presentano, le ricchezze lo
circondano; e poi la povertà lo persegue. Egli guarda con lo stesso occhio sia il bene,
sia il male. È sempre contento, sempre felice. È senza desiderio. La fame, la sete, le
lodi, le umiliazioni lo trovano sempre uguale. È sempre contento, sempre felice,
sempre appagato. La fine arriva anche per lui: muore, e due fanciulli lo portano nella
terra delle misericordie. Mi sembra che questa terra porti Dio, e mi sembra che
quest'uomo divenga Dio. E il giovane mi ha detto: Perché mormori contro i misteri di
Dio? Prendi un vaso di acqua e getta quest'acqua nel mare; e poi, prova a ritrovare
l'acqua che tu hai gettato; non vi riuscirai. Così quest'uomo è entrato come perduto in
Dio. E siccome ha dato la sua volontà a Dio, Dio e l'uomo non fanno che uno. E come
cercando l'acqua del vaso gettata nel mare, non si trova che l'acqua del mare, così
pure, per l'uomo entrato in Dio, guardando e cercando l'uomo, non si vede e non si
trova altro che Dio. Allora, io mi sono rivolta verso Dio, e gli ho fatto ogni specie di
carezze; e l'ho pregato e l'ho scongiurato nel suo proprio nome, in nome di Gesù, in
nome dello Spirito Santo, in nome della santa Vergine, di tutti gli angeli e di tutti i
santi, di accettare, di prendere la mia volontà di non più restituirmela, anche se avessi
la disgrazia di ridomandargliela».
VI
«Ho visto un canale che sembrava non avere né inizio né fine. Ho detto: Bisogna che
sappia da dove viene questo canale. Il giovane mi ha detto: Tu potrai vedere da dove
esso viene, ma tu non vedrai da dove esso comincia. Ed io ho detto: È lo stesso; vorrei
proprio camminare lungo questo canale. E mi è parso che accostandosi a questo
canale, quelli che hanno sete sono rinfrescati, dissetati; i ciechi vedono, i muti parlano;
i sordi sentono, gli zoppi camminano, i morti risuscitano. E l'acqua di questo canale
scorre in silenzio: e, sulle sue sponde, vi sono ogni specie di rose, di fiori di un
profumo e di un colore che io non ho mai incontrato uguali sulla terra; vi si vedono
anche del verde e degli alberi. Alcuni alberi non hanno che foglie, altri non hanno che
fiori, ve ne sono che cominciano a portare dei frutti, ve ne sono altri i cui frutti sono
maturi. Quanto beve a questo canale e tutto ciò che questo canale bagna, è bello,
magnifico. E man mano che avanzavo lungo il canale, vedevo cose più belle. E salivo
sempre, e sempre vedevo cose nuove, fiori nuovi, alberi nuovi.

102
Da lontano ho intravisto una montagna,
la più bella di tutto l'universo. Mi è
sembrato che essa uscisse dal cielo; la base di questa montagna, come pure i suoi
fianchi, erano disseminati dei più bei fiori. Ho visto anche che il canale usciva dalle
viscere di questa montagna. E io volli conoscere la sorgente di questo canale che
usciva dalla montagna, e sono passata sul fianco della montagna e sono arrivata alla
cima. E dietro la montagna, vedo un mare senza principio e senza fine. E questo mare
è talmente pieno che tenta di straripare, e non ha altra uscita che la montagna, e passa
attraverso la montagna. Sono entrata nel mare ed ho trovato agitazione nell'acqua che
cercava di uscire; nello stesso tempo, c'era nel mare una calma perfetta, un silenzio
profondo; non si sentiva il più piccolo rumore. Ho visto sulla riva del mare, alberi da
frutto di ogni specie; sembrava che fossero in mezzo al mare, ed erano sulla costa
sistemati come a ripiani. I più alti sembrava che fossero in mezzo al mare ed avevano
frutti magnifici. Sulla riva del mare, c'erano anche pianticelle fiorite. E questi fiori
erano di tutti i colori; ed erano così belli che la loro vista avrebbe rapito un angelo. Ed
ho sentito una musica, un canto dolce, forte e basso nello stesso tempo; c'erano degli
scoppi da fare fremere le montagne, e nello stesso tempo, questo rumore di voci era
dolce e basso. Ed ho visto un agnello correre nel mare, e nuotare in questo mare, e
nuotando, cercare di allargare il passaggio attraverso il quale l'acqua scorre, perché
esso trova che l'acqua è troppo abbondante nel mare.
Contemplavo questo mare, questi fiori, questi alberi e queste pianticelle fiorite, ed ho
chiesto al giovane che mi accompagnava il significato di tutto ciò. Mi ha detto: Il mare
è Dio. Gli alberi che hanno dei frutti così belli, rappresentano le anime che hanno
lavorato tutta la loro vita per Dio, per la salvezza del prossimo. I frutti di cui sono
carichi, rappresentano le anime conquistate a Dio con la loro parola, con il loro
esempio, con le loro sofferenze. Gli alberi che sono più avanzati nel mare, nel cuore di
Dio, rappresentano le anime più umili, più disprezzate, più nascoste che hanno sempre
lavorato per la gloria di Dio. Ho visto un albero il quale non aveva che frutti e non un
fiore; ed ho chiesto ciò che esso rappresentasse. Il giovane mi ha risposto: Esso
rappresenta le anime che hanno molto peccato e che, una volta ritornate a Dio, hanno
passato la loro vita nella speranza, nell'amore, nella pratica di tutte le virtù, e che
hanno guadagnato a Dio molte anime. Esse non hanno conservato il fiore
dell'innocenza, ma hanno i frutti delle loro buone opere e delle loro virtù. Ho visto
alberi che avevano molti fiori, con qualche raro frutto, ed altri i quali avevano solo
fiori senza alcun frutto. Il giovane mi disse che i primi raffiguravano le anime vergini
che avevano poco lavorato per Dio; ed i secondi, le anime dei bambini morti con il
fiore della grazia battesimale, senza avere avuto il tempo di portare dei frutti. Le
piantine fiorite sulle rive del mare rappresentano anche questi stessi bambini.
La montagna è Maria; le acque del canale sono le acque della grazia. Dio dà la grazia
per mezzo di Maria e per lei l'uomo ritorna alla grazia ed entra in cielo. E tutto ciò che
si accosta a Maria ottiene la vita della grazia. Il verde, i fiori e gli alberi che orlano il
canale e che sono tanto più belli quanto più si avvicinano al canale ed alla montagna,
sono le anime che nascono alla vita della grazia, che progrediscono e diventano più
belle, man mano che divengono più virtuose».
VII
«Ho visto una scalinata, l'ho salita, e in cima alla scala, ho visto una grotta nella quale
erano tre ceri accesi. Ho visto nella grotta una porta aperta. Sono entrata in questa

103
porta. Entrando, ho visto un sacerdote
che celebrava la messa. E mi è venuto il
pensiero che non avessi bene esaminato i ceri della grotta. Vi sono ritornata e mi è
parso di aver visto una lettera d'oro scritta su ognuno di essi. La lettera scritta sul
primo cero rappresentava la povertà; la lettera scritta sul secondo cero rappresentava la
castità, e la lettera scritta sul terzo cero simboleggiava l'obbedienza; i tre ceri erano
anche la raffigurazione della sacra Famiglia. Il cero della povertà rappresentava san
Giuseppe; quello della castità, Maria, e quello dell'obbedienza, Gesù. E mi è stato
detto che il sacerdote che celebrava la messa rappresentava Gesù, per conseguenza
l'obbedienza; e i due ceri accesi durante la messa rappresentavano Maria e Giuseppe,
cioè la povertà e là castità che dovevano accompagnare il sacerdote all'altare.
Ho visto le fiamme dei tre ceri della grotta bruciare tra il trono di Dio e me, la fiamma
della povertà produceva davanti a Dio, in cielo, ricchezze infinite; la fiamma della
castità produceva una purezza e delle gioie immense, infinite; la fiamma
dell'obbedienza produceva una autorità infinita davanti alla quale tutto s'inchina, alla
quale tutto obbedisce. Ho visto che, per restare davanti a Dio, bisogna stare dietro alle
fiammelle della povertà, della castità e dell'obbedienza che si trovano fra Dio e noi. Ed
ho visto che restando dietro a queste fiammelle, l'immagine di Gesù si imprimeva in
noi; e Dio, che dopo la sua prevaricazione non può più guardare l'uomo che attraverso
Gesù, come l'uomo non può, da parte sua, guardare Dio che attraverso lo stesso Gesù,
Dio, dico io, ci guarda; perché egli non vede più noi stessi, ma l'immagine di Gesù in
noi. Mi ha detto che la grotta è il simbolo della Chiesa, che sembra senza bellezza e
piccola esteriormente, ma che nasconde nelle sue viscere dei tesori, delle bellezze e
delle grandezze infinite. Mi è stato detto che la povertà è il suo tesoro; la castità, le sue
delizie; e l'obbedienza, la sua potenza».
CAPITOLO XIV
Suor Maria di Gesù Crocifisso dalla sua professione fino al suo ritorno al
Carmelo di Pau (21 novembre 1871 - 5 novembre 1872)
Il 22 luglio 1871, Madre Elia era venuta, in una apparizione, ad annunciare a suor
Maria di Gesù Crocifisso che avrebbe fatto la sua professione il 21 novembre, giorno
della Presentazione della Santissima Vergine al Tempio. Questa profezia, come tante
altre, doveva avverarsi. Un po' di tempo dopo, effettivamente, le Madri votarono
all'unanimità l'ammissione della novizia a pronunziare i santi voti. Da parte sua Mons.
Maria Ephrem, comprendendo la responsabilità che gli incombeva nei riguardi del
Carmelo affidato alla sua pia sollecitudine e nei confronti di questa anima privilegiata,
decise di fare una inchiesta personale sul cammino spirituale della futura professa.
Giudicò a buon diritto, che la maniera migliore di condurre tale inchiesta, era di
interrogare frequentemente la suora, di ascoltare il resoconto dei favori straordinari di
cui era oggetto, di cogliere sul vivo i suoi abituali sentimenti, con i quali le anime si
rivelano fino in fondo. Durante i mesi di ottobre e di novembre, si fece un dovere, di
recarsi il più spesso possibile presso la novizia. Durante il ritiro per la sua professione,
volle perfino vederla ogni giorno; ebbe con lei lunghi colloqui, ascoltandola ed
interrogandola. Così facendo sentì molte delle rivelazioni riferite nel capitolo
precedente. In contatto con quest'anima che l'amore divino rapiva ad ogni istante nel
mondo soprannaturale e che, in mezzo a questa sovrabbondanza di grazie eccezionali,
si manteneva fresca e spontanea, umile e piccola, obbediente e diffidente di se stessa,

104
Monsignore vide a poco a poco dissipare
le sue inquietudini. Tutte le obiezioni
sulle quali, nella sua prudenza episcopale, aveva creduto doversi fermare, svanivano
ora, sotto il flusso soprannaturale che emanava da quest'anima. Ben presto fu
completamente rassicurato. Il 18 novembre, tre giorni prima della professione, non
temette di dire alla novizia: Credevo che fosse il demonio a non volere che tu ti aprissi
alla Madre Priora ed alla tua Maestra, ma oggi vedo ben chiaro che è il buon Dio.
L'indomani, in presenza di queste due Madri, faceva questa altra dichiarazione, della
quale si apprezzerà tutta la portata: Prima, avevo qualche dubbio, ma vi assicuro che
oggi, non ne ho più alcuno. Tutto ciò che era stato detto, si è proprio realizzato; non
c'è più alcun dubbio in nessuno. Domandate alla Madre Priora se ciò è vero. Tutto
viene da Dio. Non soltanto la Priora e la Maestra delle novizie approvarono questa
dichiarazione, ma l'appoggiarono con le parole più materne.
Infine arrivò il giorno della professione, così impazientemente atteso da tutti. Era,
l'abbiamo detto, il 21 novembre. La convinzione raggiungeva ora un tale grado di
evidenza nello spirito di Mons. Maria Ephrem, che egli osò darne una pubblica
testimonianza nel magnifico sermone pronunciato in quella circostanza. Non
sapremmo fare di meglio che porre sotto gli occhi del lettore la parte centrale di questo
discorso, o, saremmo quasi tentati di dire, di questo panegirico, o apologia. Mia
carissima figlia, infine ecco venuto il giorno tanto desiderato delle tue nozze mistiche
con il Diletto del tuo cuore. E per una felice coincidenza, il cielo ha voluto anche che
fosse il giorno nel quale la purissima e santissima Vergine Maria, nostra Madre e
nostro modello, venne, ancora bambina, a presentarsi al Tempio, e con una
consacrazione simile alla tua, aprire alla verginità una strada nuova e inaugurare il
regno di queste unioni mistiche dell'anima con Dio. Questo giorno deve dunque esserti
doppiamente caro. Hai sospirato molto spesso e molto ardentemente quest'ora
benedetta, nella quale stai per diventare per l'eternità la sposa del Re dei Re. Tu hai
invocato Gesù con tutte le forze del tuo cuore. L'hai domandato di giorno e di notte;
l'hai domandato al mare e alle montagne; l'hai domandato al sole e alle stelle, agli
uomini e agli angeli, a tutte le creature di Dio; ma nessuno te l'ha dato. Esse ti hanno
detto probabilmente, come al grande sant'Agostino: Quaere super nos, cerca più in alto
di noi. E Lui, messo sulle alture della santa montagna, ti chiama là con la sua voce più
tenera e ti dice, come alla Sposa dei Cantici: "Vieni dal Libano, mia sposa, vieni dal
Libano e sarai incoronata". E tu, mia carissima figlia, tu hai sentito la voce del
Beneamato fin dalla tua più tenera infanzia, e sei venuta dalle montagne del Libano.
Oh! quanto questo divin Salvatore ti ha colmato delle sue misericordie! quanto ti ha
custodita e circondata con le tenere carezze del suo amore!
Rivivi nel tuo spirito gli innumerevoli favori che hai ricevuto da lui, dalla tua nascita
fino a questo giorno, benedetto per sempre, delle tue nozze eterne. Che cosa non ha
fatto per te questo amatissimo Gesù? Ti ha fatto sentire i dolci e casti influssi della sua
grazia in una età in cui non potevi ancora conoscerne il prezzo. Ti preparava da lungo
tempo, con mille circostanze straordinarie, al grande gesto che stai per compiere. Ti ha
fatto attingere a lungo e ampiamente nel tesoro infinito delle sue misericordie. Ha egli
stesso indicato, predestinato, preparato, mandato al momento opportuno quelli che
dovevano essere accanto a te i ministri e gli strumenti di questi progetti. Ha fatto
entrare, quattro anni fa, te, povera straniera, orfana e abbandonata dagli uomini, in una
famiglia di anime sante e piena per te di devozione e di amore, in una famiglia in cui

105
non hai incontrato che delle madri
affettuose e tenere e delle sorelle la cui
carità non si è smentita un solo istante.
In mezzo a tutti questi soccorsi esterni, che la sollecitudine di Gesù disponeva per la
tua anima, ha anche permesso, per provare la tua fedeltà, che avessi da sostenere dei
grandi assalti da parte del nemico del genere umano. Quali sono state queste lotte
terribili? Dio lo sa, mia carissima figlia, e ciò ti basti. Ma ciò che devi riconoscere è
che Gesù, il tuo Diletto, non ti ha abbandonata in questi momenti dolorosi, e che la
Sua Grazia ti ha sempre sostenuta.
Poi, un anno fa, Egli ti ha detto, come una volta ad Abramo: Egredere de terra tua et
de cognatione tua, esci dal tuo paese, esci dalla casa di tuo padre, e vieni nella terra
che ti mostrerò. Ed hai lasciato la Francia, tua seconda patria; sei uscita dal convento
di Pau, dov'è la tua famiglia di adozione, e sei venuta in questa terra, l'India, dove il
demonio regna da padrone, per obbedire alla voce del Beneamato. E come se questo
sacrificio non fosse stato sufficiente, ti ha preso lungo la via due tue care consorelle, e
poi, a due passi da qui, quella che era stata per te la più tenera, la più paziente, la più
devota delle madri, quella il cui nome e la cui memoria saranno sempre benedetti fra
noi. Fortunatamente, però la nostra amatissima Madre Elia non ci ha del tutto
abbandonati; ha lasciato il suo spirito, la sua dolcezza e la sua carità a quella che, in
questo momento, ha preso il suo posto, presso di voi. Ecco, figlia mia carissima, in
una maniera molto incompleta, ciò che il Signore Gesù si è degnato di fare per te; ed
ora, raggiunge il culmine delle sue misericordie, dandoti per sempre il titolo ed i diritti
di sposa del suo divin cuore. Figlia mia, tu miserabile creatura, tu, povero piccolo
nulla, tu, abisso di infermità, di peccati e di miseria, tu stai per essere elevata tutt'a un
tratto, in forza dei tre voti, alla più sublime dignità alla . quale possa aspirare un'anima
cristiana, alla dignità di sposa del Re del Cielo! O Gesù, sii benedetto perché ci tratti
con tanto onore e perché ci accordi una tale gloria! E tu, cara figlia mia, rallegrati, ma
trema nello stesso tempo; perché, sappialo bene, tu non diventi soltanto la sposa di
Gesù, ma la sposa di Gesù Crocifisso, come dice il tuo stesso nome. Devi quindi
essere, più che mai, morta a tutte le cose della terra, per vivere sulla croce accanto al
Diletto del tuo cuore. Le tre parole solenni che stai per pronunciare, i tre voti che stai
per fare, esprimeranno, nella loro sublime e terribile laconicità, questa crocifissione
completa di te stessa...
... Ah! mia carissima fanciulla, coraggio, non indietreggiare davanti a questo parlare di
crocifissione. Ricordati che sei la figlia di quella che diceva a Gesù: "O soffrire o
morire", e la sorella di quell'altra generosa sposa che diceva: "Soffrire e non morire!".
Avevano compreso, queste anime eroiche, che la sofferenza è il cammino regale della
felicità; esse sapevano che è per questo che Gesù è entrato nella sua gloria: oportuit
pati Christum... E il grande apostolo, che ci ha spiegato così bene i misteri della follia
e della saggezza della croce, ci ha anche detto: Videmus Jesum, propter passionem
mortis, gloria et honore coronatum, vediamo Gesù coronato di gloria e di onore a
causa della sua passione e della sua morte. Cammina dunque, anche tu, figlia mia, in
questa stessa via, per arrivare alla stessa gloria.
D'altra parte, Gesù non ti lascerà sola sulla croce: senza di Lui sarebbe troppo doloro-
sa. Egli sarà con te; e quando Egli stesso ne avrà provato ciò che c'è di più amaro, ti
dirà: «Ora vieni, mia diletta, vieni a condividere le mie sofferenze; stenditi vicino a me
su questo giaciglio insanguinato, muori con me su questo strumento di supplizio che è

106
anche il trono della mia regalità; qui ti
farò regina, e da qui ti porterò via con me
nella gloria e nella felicità del cielo. Legati quindi alla croce, figlia mia cara; accetta
generosamente le sofferenze; metti il tuo Diletto sul tuo seno come un mazzo di mirra;
cioè che il pensiero delle sofferenze e delle amarezze della Passione di Gesù sia
sempre nel tuo cuore...».
Durante la lettura di questo discorso, l'emozione del vescovo era così profonda, che
egli era incapace di trattenerla. Dietro le grate l'emozione era molto più viva, e si
tradiva questa volta con veri torrenti di lacrime. La novizia, che dall'inizio della
cerimonia, era rapita in estasi, aveva tuttavia testimoniato col suo atteggiamento che
seguiva il sermone. Al momento della professione, bastò una parola della Priora per
richiamarla in se stessa. Ma, appena finita la formula dei santi voti, ella era di nuovo
trasportata nella contemplazione dei divini misteri, in compagnia di santa Teresa, di
san Giovanni della Croce, di santa Maria Maddalena de' Pazzi, di Madre Elia. Nel
momento in cui Monsignore apriva il tabernacolo, esclamò con un indicibile trasporto:
«Ecco l'Amore, ecco l'Amore!» facendo passare, con queste parole, come un brivido
divino nell'anima di tutti quelli che la sentirono. Ah! In quel momento nessuno
certamente si soffermava sugli antichi dubbi; nessuno pensava nemmeno a nascondere
la propria emozione o le proprie lacrime di gioia.
Finita la cerimonia, Monsignore, accompagnato da alcuni sacerdoti, entrò nella
clausura. Quando, a sua volta, vi entrò Padre Lazzaro, la suora, sempre in estasi, gli
domandò: «Che cosa ne hai fatto dell'Amore?» L'ho lasciato in cappella, rispose il
confessore, e spero bene che ve ne sia un poco anche nel mio cuore. «Ah! Tu lo hai
messo nel tuo cuore! Meno male! È li che bisogna metterlo». E, un poco più tardi, sic-
come le si chiedeva ciò che bisogna fare per possedere l'Amore, si chinò,

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