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TERZA SETTIMANA DI QUARESIMA:

Ultimo Aggiornamento: 09/03/2015 19:02
13/03/2012 17:21

VENERDÌ

"Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,
un cuore affranto ed umiliato, Dio, tu non disprezzi".
(Sal 51, 19)

 



INTRODUZIONE

  • Che il culto cristiano si qualifichi come "spirituale", non vuol alludere ad una sua connotazione intimistica: il rapporto di servizio che ci lega a Dio non deve chiudersi l’uomo in se stesso, ma sempre aprirlo al prossimo: fare il bene è dunque il vero sacrificio. Ed il bene nel linguaggio di Agostino è sempre un’azione concreta a favore di chi mi sta accanto: "Ora i veri sacrifici sono le opere di misericordia verso noi stessi e verso il prossimo che sono riferite a Dio" (De civitate Dei X, 6). Chi ne guadagna è l’uomo stesso: tutto ciò che riguarda il culto di Dio giova all’uomo e non a Dio.
  •  La preghiera, o qualsiasi pratica cultuale, compiuta dall’uomo non serve ad accrescere la lode, la grandezza, la maestà… di Dio, ma a ricordare all’uomo stesso in quale disegno d’amore Dio lo ha inserito per la sua salvezza.

 Da "La Città di Dio" di Sant’Agostino Vescovo (X, 5)

Fare il bene è il vero sacrificio

  • Si deve dunque ammettere che Dio non solo non ha bisogno di un animale o di altra cosa corruttibile e terrena, ma neanche dell’onestà dell’uomo. Tutto ciò che riguarda il culto di Dio giova all’uomo e non a Dio. Non si potrà certamente dire di aver provveduto alla sorgente se si beve, o alla luce se si vede. Dagli antichi Patriarchi furono offerti altri sacrifici immolando come vittime gli animali. Ora il popolo di Dio li conosce leggendo nella Scrittura, ma non li offre più. In proposito si deve intendere soltanto che con quei riti furono significati gli atti che si compiono nella nostra coscienza affinché ci uniamo a Dio e per lo stesso fine veniamo in aiuto al prossimo. Dunque il sacrificio visibile è sacramento, cioè segno sacro di un sacrificio invisibile.
  •  Per questo il penitente nel profeta o lo stesso profeta, che vuole avere Dio clemente ai propri peccati, dice: 
  • Se tu avessi voluto un sacrificio, te lo avrei offerto ma tu non prendi diletto degli olocausti. È sacrificio a Dio un cuore contrito; Dio non sprezzerà un cuore contrito e umiliato (Sal 50, 18-19). Osserviamo come in un medesimo passo dice che Dio non vuole e vuole il sacrificio. Non vuole dunque il sacrificio dell’animale ucciso e vuole il sacrificio del cuore contrito. […]
  • Dice in un passo di un altro salmo (49, 12-13): Se avessi fame, non lo direi a te, perché mia è la terra e quanto contiene. Forse che dovrò mangiare le carni dei tori e bere il sangue dei capri?. Sembra che voglia dire: "Se ne avessi bisogno, non chiederei a te le cose che ho in potere". Poi, spiegando il significato delle parole, soggiunge: Offri a Dio il sacrificio della lode e rendi all’Altissimo le tue offerte e invocami nel giorno della sofferenza, io te ne libererò e tu mi darai gloria (Sal 49, 14-15). 
  • […] Nella lettera intestata agli Ebrei (13, 16) l’autore dice: Non dimenticare di fare il bene e di comunicarlo con gli altri; con questi sacrifici si è graditi a Dio. 
  • Quindi nella frase della Scrittura: Preferisco opere di bene al sacrificio (Os 6, 6) si deve intendere soltanto che un sacrificio è preferito all’altro, perché quello che comunemente è considerato sacrificio è segno del vero sacrificio. Pertanto, fare il bene è dunque il vero sacrificio.


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