Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Vota | Stampa | Notifica email    
Autore

TERZA SETTIMANA DI QUARESIMA:

Ultimo Aggiornamento: 09/03/2015 19:02
09/03/2012 10:08

CRISTO "ACQUA VIVA"

 


 


 


BENEDETTO XVI



ANGELUS


Piazza San Pietro
Domenica, 11 marzo 2012

[Video]

 

Cari fratelli e sorelle!

  • Il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima riferisce – nella redazione di san Giovanni – il celebre episodio di Gesù che scaccia dal tempio di Gerusalemme i venditori di animali e i cambiamonete (cfr Gv 2,13-25). Il fatto, riportato da tutti gli Evangelisti, avvenne in prossimità della festa di Pasqua e destò grande impressione sia nella folla, sia nei discepoli. Come dobbiamo interpretare questo gesto di Gesù? Anzitutto va notato che esso non provocò alcuna repressione dei tutori dell’ordine pubblico, perché fu visto come una tipica azione profetica: i profeti infatti, a nome di Dio, denunciavano spesso abusi, e lo facevano a volte con gesti simbolici. Il problema, semmai, era la loro autorità. Ecco perché i Giudei chiesero a Gesù: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?” (Gv 2,18), dimostraci che agisci veramente a nome di Dio.

La cacciata dei venditori dal tempio è stata anche interpretata in senso politico-rivoluzionario, collocando Gesù nella linea del movimento degli zeloti. Questi erano, appunto, “zelanti” per la legge di Dio e pronti ad usare la violenza per farla rispettare. Ai tempi di Gesù attendevano un Messia che liberasse Israele dal dominio dei Romani. Ma Gesù deluse questa attesa, tanto che alcuni discepoli lo abbandonarono e Giuda Iscariota addirittura lo tradì. In realtà, è impossibile interpretare Gesù come violento: la violenza è contraria al Regno di Dio, è uno strumento dell’anticristo. La violenza non serve mai all’umanità, ma la disumanizza.

Ascoltiamo allora le parole che Gesù disse compiendo quel gesto: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. E i discepoli allora si ricordarono che sta scritto in un Salmo: “Mi divora lo zelo per la tua casa” (69,10). Questo salmo è un’invocazione di aiuto in una situazione di estremo pericolo a causa dell’odio dei nemici: la situazione che Gesù vivrà nella sua passione. Lo zelo per il Padre e per la sua casa lo porterà fino alla croce: il suo è lo zelo dell’amore che paga di persona, non quello che vorrebbe servire Dio mediante la violenza. Infatti il “segno” che Gesù darà come prova della sua autorità sarà proprio la sua morte e risurrezione. “Distruggete questo tempio – disse – e in tre giorni lo farò risorgere”. E san Giovanni annota: “Egli parlava del tempio del suo corpo” (Gv 2,20-21). Con la Pasqua di Gesù inizia un nuovo culto, il culto dell’amore, e un nuovo tempio che è Lui stesso, Cristo risorto, mediante il quale ogni credente può adorare Dio Padre “in spirito e verità” (Gv 4,23).

Cari amici, lo Spirito Santo ha iniziato a costruire questo nuovo tempio nel grembo della Vergine Maria. Per sua intercessione, preghiamo perché ogni cristiano diventi pietra viva di questo edificio spirituale.


PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
III Domenica di Quaresima, 8 marzo 2015

[Multimedia]


  

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di oggi (Gv 2,13-25) ci presenta l’episodio della cacciata dei venditori dal tempio, Gesù «fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi» (v. 15), il denaro, tutto. Tale gesto suscitò forte impressione, nella gente e nei discepoli. Chiaramente apparve come un gesto profetico, tanto che alcuni dei presenti domandarono a Gesù: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?» (v. 18), chi sei tu per fare queste cose? Mostraci un segno che tu hai autorità per farle. Cercavano un segno divino, prodigioso che accreditasse Gesù come inviato da Dio. Ed Egli rispose: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (v. 19). Gli replicarono: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?» (v. 20). Non avevano compreso che il Signore si riferiva al tempio vivo del suo corpo, che sarebbe stato distrutto nella morte in croce, ma sarebbe risorto il terzo giorno. Per questo “in tre giorni”. «Quando poi fu risuscitato dai morti – annota l’Evangelista – i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù» (v. 22).

In effetti, questo gesto di Gesù e il suo messaggio profetico si capiscono pienamente alla luce della sua Pasqua. Abbiamo qui, secondo l’evangelista Giovanni, il primo annuncio della morte e risurrezione di Cristo: il suo corpo, distrutto sulla croce dalla violenza del peccato, diventerà nella Risurrezione il luogo dell’appuntamento universale tra Dio e gli uomini. E Cristo Risorto è proprio il luogo dell’appuntamento universale - di tutti! - fra Dio e gli uomini. Per questo la sua umanità è il vero tempio, dove Dio si rivela, parla, si fa incontrare; e i veri adoratori, i veri adoratori di Dio non sono i custodi del tempio materiale, i detentori del potere o del sapere religioso, sono coloro che adorano Dio «in spirito e verità» (Gv 4,23).

In questo tempo di Quaresima ci stiamo preparando alla celebrazione della Pasqua, quando rinnoveremo le promesse del nostroBattesimo. Camminiamo nel mondo come Gesù e facciamo di tutta la nostra esistenza un segno del suo amore per i nostri fratelli, specialmente i più deboli e i più poveri, noi costruiamo a Dio un tempio nella nostra vita. E così lo rendiamo “incontrabile” per tante persone che troviamo sul nostro cammino. Se noi siamo testimoni di questo Cristo vivo, tante gente incontrerà Gesù in noi, nella nostra testimonianza. Ma - ci domandiamo, e ognuno di noi si può domandare –: il Signore si sente veramente a casa nella mia vita? Gli permettiamo di fare “pulizia” nel nostro cuore e di scacciare gli idoli, cioè quegli atteggiamenti di cupidigia, gelosia, mondanità, invidia, odio, quell’abitudine di chiacchierare e “spellare” gli altri? Gli permetto di fare pulizia di tutti i comportamenti contro Dio, contro il prossimo e contro noi stessi, come oggi abbiamo sentito nella prima Lettura? Ognuno può rispondere a sé stesso, in silenzio, nel suo cuore. “Io permetto che Gesù faccia un po’ di pulizia nel mio cuore?”. “Oh, padre, io ho paura che mi bastoni!”. Ma Gesù non bastona mai. Gesù farà pulizia con tenerezza, con misericordia, con amore. La misericordia è il suo modo di fare pulizia. Lasciamo - ognuno di noi - lasciamo che il Signore entri con la sua misericordia - non con la frusta, no, con la sua misericordia - a fare pulizia nei nostri cuori. La frusta di Gesù con noi è la sua misericordia. Apriamogli la porta perché faccia un po’ di pulizia.

Ogni Eucaristia che celebriamo con fede ci fa crescere come tempio vivo del Signore, grazie alla comunione con il suo Corpo crocifisso e risorto. Gesù conosce quello che c’è in ognuno di noi, e conosce pure il nostro più ardente desiderio: quello di essere abitati da Lui, solo da Lui. Lasciamolo entrare nella nostra vita, nella nostra famiglia, nei nostri cuori. Maria Santissima, dimora privilegiata del Figlio di Dio, ci accompagni e ci sostenga nell’itinerario quaresimale, affinché possiamo riscoprire la bellezza dell’incontro con Cristo, che ci libera e ci salva.


TERZA SETTIMANA DI QUARESIMA:
CRISTO "ACQUA VIVA"

 

 

DOMENICA

"Se qualcuno ha sete, venga a me
e beva chi crede in me".
(Gv 7, 37-38)

 

 

 

INTRODUZIONE

  • Gesù stanco giunge al pozzo di Giacobbe. Una semplice annotazione che non sfugge ad Agostino: la stanchezza è il segno più profondo dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Cristo infatti si rende pienamente solidale con l’umanità, sperimentando il pianto, l’angoscia, la sofferenza, la morte; e la stanchezza diviene preludio alla passione: Con la sua forza ci ha creati, con la sua debolezza è venuto a cercarci.L’opera di salvezza non conosce confini: Gesù infrange la mentalità legalistica del suo tempo, accetta di incontrare e di dialogare con una donna, la samaritana, che la mentalità ebraica avrebbe bollato come impura, eretica, diabolica. Il suo intervento vuole suscitare nel cuore della donna un desiderio profondo, il dono della fede. Gesù "aveva detto alla donna Samaritana: Ho sete. Che significa: Ho sete?"; conclude Agostino: "Desidero la tua fede" (Serm. 99, 3). Gesù riporta il mistero al centro dell’attenzione della donna: il desiderio di Dio. E ciò avviene perché Gesù prova una sete ardente per la fede della donna: "Quella Samaritana presso il pozzo sentì che il Signore aveva sete e fu saziata da Colui che era assetato" (En. in ps. 61, 3).

 

Dal "Commento al Vangelo di S. Giovanni" di Sant’Agostino Vescovo (In Io. Ev. tr. 15, 6.10-17)

Gesù e la Samaritana

  • Gesù, dunque, stanco per il viaggio, stava così a sedere sul pozzo [di Giacobbe]. Era circa l’ora sesta (Gv 4, 6). Cominciano i misteri. Non per nulla, infatti, Gesù si stanca; non per nulla si stanca la forza di Dio; non per nulla si stanca colui che, quando siamo affaticati, ci ristora, quando è lontano ci abbattiamo, quando è vicino ci sentiamo sostenuti. Comunque Gesù è stanco, stanco del viaggio, e si mette a sedere; si mette a sedere sul pozzo, ed è l’ora sesta quando, stanco, si mette a sedere. Tutto ciò vuol suggerirci qualcosa, vuol rivelarci qualcosa; richiama la nostra attenzione, ci invita a bussare. Ci apra, a noi e a voi, quello stesso che si è degnato esortarci dicendo: Bussate e vi sarà aperto (Mt 7, 7). E’ per te che Gesù si è stancato nel viaggio. Vediamo Gesù pieno di forza e lo vediamo debole; è forte e debole: forte perché in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; questo era in principio presso Dio. Vuoi vedere com’è forte il Figlio di Dio? Tutto fu fatto per mezzo di lui, e niente fu fatto senza di lui; e tutto senza fatica. Chi, dunque, è più forte di lui che ha fatto tutte le cose senza fatica? Vuoi vedere ora la sua debolezza? Il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi (Gv 1, 1-3.14). La forza di Cristo ti ha creato, la debolezza di Cristo ti ha ricreato. La forza di Cristo ha chiamato all’esistenza ciò che non era, la debolezza di Cristo ha impedito che si perdesse ciò che esisteva. Con la sua forza ci ha creati, con la sua debolezza è venuto a cercarci.
  • Arriva una donna. E’ figura della Chiesa, non ancora giustificata, ma già in via di essere giustificata: questo il tema del sermone. Arriva senza sapere nulla e trova Gesù, il quale attacca discorso con lei. Vediamo su che cosa e con quale intenzione. Arriva una donna samaritana ad attingere acqua (Gv 4, 7).Gesù le dice: Dammi da bere. I suoi discepoli erano andati in città per acquistare provviste. La donna samaritana, dunque, gli dice: Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna samaritana? I Giudei, infatti, non sono in buoni rapporti con i Samaritani (Gv 4, 7-9). Ecco la prova che i Samaritani erano stranieri. I Giudei non si servivano assolutamente dei loro recipienti; e la donna, che portava con sé un recipiente per attingere l’acqua, si stupì che un giudeo le chiedesse da bere, cosa che i Giudei non erano soliti fare. Ma, in realtà, colui che chiedeva da bere, aveva sete della fede di quella donna.Ascolta, adesso, chi è colui che chiede da bere. Gesù rispose: Se conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice "dammi da bere", l’avresti pregato tu, ed egli ti avrebbe dato un’acqua viva (Gv 4, 10). Chiede da bere e promette da bere. E’ bisognoso come uno che aspetta di ricevere, ed è nell’abbondanza come uno che è in grado di saziare. Se conoscessi - dice - il dono di Dio. Il dono di Dio è lo Spirito Santo. Ma il Signore parla alla donna in maniera ancora velata, solo a poco a poco penetra nel cuore di lei. Intanto la istruisce. Che c’è di più soave e di più amabile di questa esortazione: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice "dammi da bere", l’avresti pregato tu ed egli ti avrebbe dato un’acqua viva?Tuttavia, interdetta, la donna esclamò: Signore, tu non hai nulla per attingere e il pozzo è profondo (Gv 4, 11). Come vedete, acqua viva per lei è l’acqua del pozzo. Tu mi vuoi dare acqua viva, ma io possiedo la brocca con cui attingere, mentre tu no. Qui c’è l’acqua viva, ma tu come fai a darmela? Pur intendendo un’altra cosa e ragionando secondo la carne, tuttavia bussava alla porta, in attesa che il Maestro aprisse ciò ch’era chiuso. Bussava più per curiosità che per amore della verità. Era ancora da compiangere, non ancora in condizione d’essere illuminata.La samaritana continua ad intendere il linguaggio di Gesù in senso materiale. E’ allettata dalla prospettiva di non dover più patire la sete e crede di poter intendere in questo senso materiale la promessa del Signore.Il Signore prometteva abbondanza e pienezza di Spirito Santo e quella ancora non capiva; e siccome non capiva, che cosa rispondeva? Gli dice la donna: Signore, dammi codesta acqua affinché non abbia più sete e non venga fin qui ad attingere (Gv 4, 15). Il bisogno la costringeva alla fatica, che la sua debolezza mal sopportava. Oh, se avesse sentito l’invito: Venite a me, quanti siete affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò (Mt 11, 28)!Infatti Gesù le diceva queste cose, perché non si affaticasse più. Ma lei ancora non capiva.







LUNEDÌ

 

"Quanto è preziosa la tua grazia, o Dio!
E’ in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce".
(Sal 36, 8.10)

 

INTRODUZIONE

  • Agostino commenta il salmo 41, che descrive la ricerca di una polla d’acqua da parte della cerva assetata. E quanto sia preziosa una sorgente d’acqua può comprenderlo chi ha fatto esperienza dell’arsura e dell’aridità di un deserto. L’immagine ben si presta ad esprimere la condizione dell’uomo, che guidato dall’occhio interiore, anela con tutto se stesso a trovare in Dio ogni appagamento.
  •  Desiderare la fonte dell’acqua e della luce – due simboli divini – esprime la tensione vitale dell’uomo che solo in Dio trova pace e sazietà.

 

Dalle "Esposizioni sui salmi" di Sant’Agostino Vescovo (En. in Ps. 41, 2)

La dolcezza interiore per Dio

Orsù, fratelli, fate vostra la mia avidità, partecipate con me a questo desiderio; amiamo insieme, insieme bruciamo per questa sete, insieme corriamo alla fonte di ogni conoscenza. Aneliamo perciò come il cervo alla fonte, non a quella fonte cui anelano per la remissione dei peccati coloro che debbono essere battezzati, ma, come già battezzati, aneliamo a quella fonte della quale la Scrittura altrove dice: Perché presso di te è la fonte della vita. Egli stesso è la fonte e la luce; perché nella tua luce vedremo la luce (Sal 35, 10). Se è fonte, è anche luce, e giustamente è anche intelligenza che sazia l’anima avida di sapere; e chiunque capisce è illuminato da una certa luce non corporale, non carnale, non esteriore, ma interiore. C’è dunque, fratelli, una certa luce interiore che non hanno coloro che non capiscono. Per questo l’Apostolo dice supplicando a coloro che anelano a questa fonte di vita e da essa qualcosa prendono: Non camminate più come camminano anche i Gentili nella vanità della loro mente, oscurati nell’intelligenza, estraniati dalla vita di Dio a causa dell’ignoranza che è in loro, a cagione della cecità dei loro cuori (Ef 4, 17-18). Orbene se essi sono ottenebrati nell’intelligenza, cioè sono ottenebrati perché non capiscono, ne consegue che coloro che capiscono sono illuminati. Tu, corri alla fonte, desidera le fonti delle acque. Presso Dio c’è la fonte della vita, una fonte inesauribile, nella luce di lui c’è una luce che non si oscurerà mai. Desidera questa luce, questa fonte; una luce che i tuoi occhi non hanno mai conosciuto; vedendo questa luce l’occhio interiore si aguzza, bevendo a questa fonte la sete interiore diventa più ardente. Corri alla fonte, anela alla fonte; ma non correre a casaccio, non correre come corre un qualsiasi animale; corri come un cervo. Che significa "corri come il cervo"? Non essere lento nel correre, corri veloce, anela con prontezza alla fonte.







[Modificato da MARIOCAPALBO 09/03/2015 19:02]

12/03/2012 17:01

MARTEDÌ

"O voi tutti assetati venite all’acqua,
chi non ha denaro venga ugualmente;
comprate e mangiate senza denaro
e, senza spesa, vino e latte".
(Is 55, 1)


 

 

INTRODUZIONE

  • "Coloro che hanno davvero sete di Dio, debbono sentirla sempre e dovunque, nell’anima e nella carne, poiché Dio, come dà all’anima il suo pane, cioè, la parola della verità, così dà anche alla carne ciò che le è necessario… Abbiano dunque, l’una e l’altra, sete di Dio, e nella loro molteplice fatica siano ristorate con un unico intervento di lui" (En. in Ps. 62, 7). Nella scala gerarchica dei valori, e pertanto dei desideri, occorre saper collocare Dio al primo posto; bisogna imparare a disciplinare i propri desideri, perché – ammonisce più volte Agostino nei suoi sermoni – non avvenga di ripetere l’atteggiamento irrazionale dell’avaro, che nell’accumulo senza sosta dei beni è un assetato, condannato a non trovare già in questa vita né soddisfazione né godimento: la sua arsura è destinata a non esaurirsi!

 

Dalle "Esposizioni sui salmi" di Sant’Agostino Vescovo (En. in Ps. 62, 5-7)

La giusta sete per Dio

  • Ha avuto sete di te l’anima mia. Ci sono infatti alcuni che hanno sete, ma non di Dio.
  • Chiunque vuole ottenere qualcosa, brucia dal desiderio; tale desiderio è la sete dell’anima. E vedete quanti desideri vi sono nel cuore degli uomini: uno desidera l’oro, un altro desidera l’argento, un altro ancora desidera le proprietà, un altro l’eredità, un altro denari in abbondanza, un altro numerose greggi, un altro una casa grande, un altro la moglie, uno gli onori terreni e un altro ancora dei figli. Voi sapete di questi desideri e come essi sono nel cuore degli uomini. Tutti gli uomini ardono dal desiderio;
  •  ma quanto è difficile trovare uno che dica: Di te l’anima mia ha avuto sete! La gente ha sete del mondo e non si accorge di essere nel deserto, ove l’anima dovrebbe aver sete di Dio.Dobbiamo dunque aver sete della sapienza, dobbiamo aver sete della giustizia. E di ciò ci sazieremo, per quanto ne siamo capaci, al termine di questa vita, quando raggiungeremo ciò che Dio ci ha promesso, cioè l’uguaglianza con gli angeli. Gli angeli non provano la sete che proviamo noi, non provano la fame che noi conosciamo, ma sono sazi di verità, di luce, di sapienza immortale. Per questo sono beati. E dalla loro sede beata, cioè da quella città, la Gerusalemme celeste, verso la quale noi ora siamo incamminati, essi attendono noi esuli. Hanno compassione di noi, e per ordine del Signore ci aiutano a tornare a quella patria che abbiamo con essi comune, per saziarci insieme con loro alla fonte di verità e di eternità che il Signore ci ha preparata. Allo stato attuale, dunque, l’anima nostra ha sete. Ma di che cosa ha sete anche la nostra carne? Quale è anzi la sua sete in più modi sperimentata? Come alla nostra anima è promessa la beatitudine, così alla carne nostra è promessa la resurrezione. Sì, la resurrezione della carne ci è stata promessa. Ascoltate e imparate; e tenete a mente quale sia la speranza dei cristiani e per qual motivo noi siamo diventati cristiani.
  • Non siamo infatti cristiani per cercare la felicità terrena che molti possiedono, anche i delinquenti e gli scellerati. Per un’altra felicità noi siamo cristiani: per una felicità che otterremo quando sarà finita completamente la vicenda di questo mondo. Ebbene, sì, ci è promessa la resurrezione della carne: e il significato di tale resurrezione promessaci è che questa carne che ora noi portiamo alla fine risorgerà. Non vi sembri incredibile. Se Dio ci ha creati, quando non eravamo, non potrà ricomporre una carne che già esisteva? […] Orbene, la resurrezione della carne che ci è promessa è tale che, pur risorgendo con la stessa carne che ora portiamo, la carne però non avrà più quella corruttibilità che ora possiede.

 

Desiderare e gia pregare...a te sta il cosa...........S. Agostino è chiaro.....




 

 

 

 

[Modificato da MARIOCAPALBO 13/03/2012 09:56]

13/03/2012 10:25

MERCOLEDÌ

"Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia,
e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta".
(Mt 6, 33)

 

INTRODUZIONE


  • Il giusto rapporto dell’uomo nei confronti dei beni terreni è riassunto nella coppia di verbi latini uti e frui. Delle realtà temporali occorre servirsi (uti) come mezzo – mai come fine! – per giungere alla fruizione (frui) dei beni eterni in Dio. A tale riguardo si può prendere in considerazione anche quanto Agostino scrive nel De doctrina christiana, libro I, 4, 4: "Se in questa vita mortale, dove siamo pellegrini lontano dal Signore, vogliamo tornare alla patria dove potremo essere beati, dobbiamo servirci del mondo presente, non volerne la fruizione… Per mezzo di cose corporee e temporali attingeremo le cose eterne e spirituali. Le cose di cui bisogna appieno godere sono dunque il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, cioè la Trinità, che è la più eccelsa di tutte le cose".

 

Dalle "Esposizioni sui salmi" di Sant’Agostino Vescovo (En. in Ps. 4, 8-9)

Cristo abita nell’uomo interiore

Sperate nel Signore. Ma che cosa si spera, se non il bene? Siccome però ciascuno vuole ottenere da Dio quel bene che ama, e difficilmente si trova chi ami i beni interiori - cioè quelli che riguardano l’uomo interiore, i soli che debbono essere amati, mentre gli altri debbono essere soltanto usati per necessità, e non fruiti per goderne -, mirabilmente, dopo aver detto: sperate nel Signore, soggiunge: molti dicono: Chi ci farà vedere il bene? Queste parole e questa domanda ricorrono quotidianamente sulla bocca di tutti gli stolti e gli empi, sia di quelli che desiderano la pace e la tranquillità nella vita del secolo e non la trovano a cagione della perversità del genere umano, i quali osano persino accusare - ciechi - l’ordine delle cose perché credono, tutti presi dai loro meriti, che i tempi presenti siano peggiori di quelli trascorsi; sia di coloro che dubitano o disperano della stessa vita futura che ci è promessa, e perciò dicono spesso: chissà se è vero? Oppure: chi è venuto dall’inferno per annunziarci tali cose? Ebbene, in modo magnifico e conciso, ma solo per chi vede nell’intimo,

[il salmista] mostra quali beni debbono essere ricercati. Alla domanda di quanti dicono: Chi ci mostra il bene? risponde: È impressa in noi la luce del tuo volto, o Signore. Questa luce è il completo e vero bene dell’uomo, che si vede non con gli occhi, ma con lo spirito. È impressa, ha detto, in noi, così come nel denaro è impressa l’immagine del re. Perché l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio (cf Gen 1, 26), e questa peccando ha corrotto; il suo bene perciò è vero ed eterno, se rinascendo gli viene impresso. […] Hai messo la gioia nel mio cuore. Non dobbiamo dunque cercare la gioia fuori, presso coloro che, ancora duri di cuore, amano la vanità e ricercano la menzogna, ma dentro, ove è impressa la luce del volto di Dio.

Cristo abita infatti nell’uomo interiore (Ef 3, 17), dice l’Apostolo; e spetta dunque all’uomo interiore vedere la verità, dato che [il Signore] ha detto: Io sono la verità (Gv 14, 6).

Ma gli uomini che inseguono le cose temporali - e certamente sono molti - non sanno dire altro se non: chi ci mostrerà il bene, perché non sono capaci di vedere i veri e sicuri beni entro se stessi.



regno dei cieli

 

Daniele 7:27

Allora il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell'Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutte le potenze lo serviranno e gli ubbidiranno".

Da 7:27 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 3:2

«Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Mat 3:2 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 5:3

«Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.

Mat 5:3 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 5:10

Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.

Mat 5:10 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 5:19

Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel regno dei cieli.

Mat 5:19 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 5:20

Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli.

Mat 5:20 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 7:21

=(Lu 13:25-28; 6:46-49) Sl 1; Ez 13:10-15
«Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.

Mat 7:21 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 8:11

E io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli,

Mat 8:11 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 11:11

In verità io vi dico, che fra i nati di donna non è sorto nessuno maggiore di Giovanni il battista; eppure il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Mat 11:11 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 11:12

Dai giorni di Giovanni il battista fino a ora, il regno dei cieli è preso a forza e i violenti se ne impadroniscono.

Mat 11:12 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 13:11

Egli rispose loro: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a loro non è dato.

Mat 13:11 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 13:24

Le zizzanie e il buon seme
v. 36-43, 47-50; 1Co 3:9; 4:5
Egli propose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che aveva seminato buon seme nel suo campo.

Mat 13:24 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 13:31

Il granello di senape
=(Mr 4:30-34; Lu 13:18-21) Da 2:34-35; Ez 47:1-9; Za 4:10
Egli propose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape che un uomo prende e semina nel suo campo.

Mat 13:31 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 13:33

Il lievito
Disse loro un'altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata».

Mat 13:33 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 13:44

Il tesoro nascosto
Fl 3:7-11; Eb 11:24-26
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e, per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo.

Mat 13:44 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 13:45

La perla di gran valore
«Il regno dei cieli è anche simile a un mercante che va in cerca di belle perle;

Mat 13:45 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 13:47

La rete
v. 24-30, 36-43
«Il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni genere di pesci;

Mat 13:47 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 13:52

Il padrone di casa
Allora disse loro: «Per questo, ogni scriba che diventa un discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie».

Mat 13:52 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 16:19

Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli».

Mat 16:19 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 18:1

L'esempio del bambino; non scandalizzare i piccoli
=(Mr 9:33-37; Lu 9:46-48) Lu 22:24-27
In quel momento, i discepoli si avvicinarono a Gesù, dicendo: «Chi è dunque il più grande nel regno dei cieli?»

Mat 18:1 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 18:3

«In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.

Mat 18:3 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 18:4

Chi pertanto si farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno dei cieli.

Mat 18:4 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 18:23

Perciò il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.

Mat 18:23 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 19:12

Poiché vi sono degli eunuchi che sono tali dalla nascita; vi sono degli eunuchi, i quali sono stati fatti tali dagli uomini, e vi sono degli eunuchi, i quali si sono fatti eunuchi da sé a motivo del regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

Mat 19:12 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 19:14

Ma Gesù disse: «Lasciate i bambini, non impedite che vengano da me, perché il regno dei cieli è per chi assomiglia a loro».

Mat 19:14 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 19:23

E Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico in verità che difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.

Mat 19:23 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 20:1

Parabola dei lavoratori delle diverse ore
Mt 19:30; Sl 145:17; 1Co 4:7; 2Co 8:12
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa, il quale, sul far del giorno, uscì a prendere a giornata degli uomini per lavorare la sua vigna.

Mat 20:1 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 22:2

«Il regno dei cieli è simile a un re, il quale fece le nozze di suo figlio.

Mat 22:2 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 23:13

=(Mr 12:40; Lu 11:38-52)
Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare.

Mat 23:13 in tutte le versioni Mostra capitolo

Matteo 25:1

Parabola delle dieci vergini
Mt 24:42, 44; Lu 12:35-40; 1Te 5:1-11 (Ap 3:1-5; 19:6-9)
«Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini le quali, prese le loro lampade, uscirono a incontrare lo sposo.




 

 

[Modificato da MARIOCAPALBO 13/03/2012 14:05]

13/03/2012 10:27

GIOVEDÌ


"Sacrificio e offerta non gradisci…
Allora ho detto: Ecco io vengo.
Mio Dio, questo io desidero,
la tua legge è nel profondo del mio cuore".
(Sal 40, 7.8.9)

 

INTRODUZIONE


  • Nel dialogo con la Samaritana, Gesù rivela come la sua presenza tra gli uomini inauguri un nuovo culto: l’adorazione di Dio in spirito e verità (Gv 5, 23ss). Ecco il culto spirituale gradito a Dio: un rapporto di amore personale con il Padre, che supera ogni formalismo istituzionale del tempio e della religione ebraica. I cristiani non devono sacrificare vittime a Dio, ma se stessi: è lo Spirito Santo, che agendo con i suoi doni nel credente, lo trasforma in figlio di Dio. Un nuovo legame ci unisce a Dio: la forza dell’amore per Dio, che si concretizza nell’amore per il prossimo.

 

Da "La Città di Dio" di Sant’Agostino Vescovo (X, 3.2)

Il vero culto gradito a Dio

  • A [Dio] dobbiamo il servizio, tanto nelle varie pratiche rituali come nelle nostre coscienze. Tutti insieme e ciascuno di noi siamo suoi templi (1 Cor 3, 16-17), perché si degna di essere presente nell’unione comunitaria di tutti e in ciascuno, non più grande in tutti che in ciascuno, perché non si accresce nell’estensione e non diminuisce per divisibilità.
  • Quando il nostro cuore è presso di lui diviene il suo altare; lo plachiamo mediante il sacerdozio del suo Unigenito; gli offriamo vittime cruenti se combattiamo fino al sangue per la sua verità; bruciamo per lui un incenso dal profumo delicato, quando bruciamo di pio e santo amore alla sua presenza; promettiamo e rendiamo a lui i suoi doni in noi e noi stessi; gli dedichiamo e consacriamo il ricordo dei suoi benefici nelle celebrazioni festive e nei giorni stabiliti, affinché col trascorrere del tempo non sopravvenga l’ingrato oblio; a lui sacrifichiamo nell’altare del cuore l’offerta dell’umiliazione e della lode fervente del fuoco della carità
  • (Sal 115, 17). Per averne visione, come potrà aversene, e per unirci a lui, ci purifichiamo da ogni contaminazione dei peccati e delle passioni disoneste e ci consideriamo cose divine nel suo nome. Egli è infatti principio della nostra felicità, egli fine di ogni desiderio. Scegliendolo, anzi scegliendolo di nuovo, perché l’avevamo perduto scartandolo dalla nostra scelta; scegliendolo di nuovo [religere] dunque, poiché proprio da questo si fa derivare religione, tendiamo a lui con una scelta di amore per cessare dall’affanno all’arrivo, felici appunto perché in possesso della pienezza in quel fine. Il nostro bene infatti, sul cui fine fra i filosofi esiste una grande controversia, non è altro che vivere in unione con lui, perché l’anima intellettuale si riempie e si feconda delle vere virtù soltanto nell’abbraccio incorporeo, se si può dire, di lui. Ci viene comandato di amare questo bene con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la virtù. Dobbiamo inoltre esser condotti a questo bene da coloro che ci amano e condurvi coloro che amiamo.
  • Così sono adempiuti i due comandamenti da cui dipendono tutta la Legge e i Profeti: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, e: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Mt 22, 37). Perché infatti l’uomo sapesse amare se stesso, gli fu stabilito un fine al quale dirigere tutte le sue azioni per essere felice; chi si ama infatti non vuole altro che essere felice.
  • E questo fine è unirsi a Dio (Sal 72, 28). Dunque a chi sa amare se stesso, quando gli si comanda di amare il prossimo come se stesso, gli si comanda soltanto che, per quanto gli è possibile, lo sproni ad amare Dio. Questo è il culto di Dio, questa la vera religione, questa la retta pietà, questo il servizio dovuto soltanto a Dio.



[Modificato da MARIOCAPALBO 13/03/2012 17:37]

13/03/2012 17:21

VENERDÌ

"Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,
un cuore affranto ed umiliato, Dio, tu non disprezzi".
(Sal 51, 19)

 



INTRODUZIONE

  • Che il culto cristiano si qualifichi come "spirituale", non vuol alludere ad una sua connotazione intimistica: il rapporto di servizio che ci lega a Dio non deve chiudersi l’uomo in se stesso, ma sempre aprirlo al prossimo: fare il bene è dunque il vero sacrificio. Ed il bene nel linguaggio di Agostino è sempre un’azione concreta a favore di chi mi sta accanto: "Ora i veri sacrifici sono le opere di misericordia verso noi stessi e verso il prossimo che sono riferite a Dio" (De civitate Dei X, 6). Chi ne guadagna è l’uomo stesso: tutto ciò che riguarda il culto di Dio giova all’uomo e non a Dio.
  •  La preghiera, o qualsiasi pratica cultuale, compiuta dall’uomo non serve ad accrescere la lode, la grandezza, la maestà… di Dio, ma a ricordare all’uomo stesso in quale disegno d’amore Dio lo ha inserito per la sua salvezza.

 Da "La Città di Dio" di Sant’Agostino Vescovo (X, 5)

Fare il bene è il vero sacrificio

  • Si deve dunque ammettere che Dio non solo non ha bisogno di un animale o di altra cosa corruttibile e terrena, ma neanche dell’onestà dell’uomo. Tutto ciò che riguarda il culto di Dio giova all’uomo e non a Dio. Non si potrà certamente dire di aver provveduto alla sorgente se si beve, o alla luce se si vede. Dagli antichi Patriarchi furono offerti altri sacrifici immolando come vittime gli animali. Ora il popolo di Dio li conosce leggendo nella Scrittura, ma non li offre più. In proposito si deve intendere soltanto che con quei riti furono significati gli atti che si compiono nella nostra coscienza affinché ci uniamo a Dio e per lo stesso fine veniamo in aiuto al prossimo. Dunque il sacrificio visibile è sacramento, cioè segno sacro di un sacrificio invisibile.
  •  Per questo il penitente nel profeta o lo stesso profeta, che vuole avere Dio clemente ai propri peccati, dice: 
  • Se tu avessi voluto un sacrificio, te lo avrei offerto ma tu non prendi diletto degli olocausti. È sacrificio a Dio un cuore contrito; Dio non sprezzerà un cuore contrito e umiliato (Sal 50, 18-19). Osserviamo come in un medesimo passo dice che Dio non vuole e vuole il sacrificio. Non vuole dunque il sacrificio dell’animale ucciso e vuole il sacrificio del cuore contrito. […]
  • Dice in un passo di un altro salmo (49, 12-13): Se avessi fame, non lo direi a te, perché mia è la terra e quanto contiene. Forse che dovrò mangiare le carni dei tori e bere il sangue dei capri?. Sembra che voglia dire: "Se ne avessi bisogno, non chiederei a te le cose che ho in potere". Poi, spiegando il significato delle parole, soggiunge: Offri a Dio il sacrificio della lode e rendi all’Altissimo le tue offerte e invocami nel giorno della sofferenza, io te ne libererò e tu mi darai gloria (Sal 49, 14-15). 
  • […] Nella lettera intestata agli Ebrei (13, 16) l’autore dice: Non dimenticare di fare il bene e di comunicarlo con gli altri; con questi sacrifici si è graditi a Dio. 
  • Quindi nella frase della Scrittura: Preferisco opere di bene al sacrificio (Os 6, 6) si deve intendere soltanto che un sacrificio è preferito all’altro, perché quello che comunemente è considerato sacrificio è segno del vero sacrificio. Pertanto, fare il bene è dunque il vero sacrificio.


13/03/2012 17:22


SABATO

"Vi esorto, fratelli, ad offrire i vostri corpi
come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio;
è questo il vostro culto spirituale".
(Rom 12, 1)

 



INTRODUZIONE

  • Offrire "sacrifici spirituali" è l’atteggiamento del cristiano che imita nella sua vita, volontariamente,
  • l’offerta sacrificale di Cristo; è il vivere conformi alla esistenza di Cristo. Ciascun battezzato deve riscoprire la sua natura di figlio di Dio, prendere consapevolezza di essere Tempio dello Spirito Santo (1 Cor 6, 19-20). Da questa verità scaturisce il suo agire, sempre orientato a Dio: scrive san Paolo ai Galati (2, 20): Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me.
  •  L’originalità del culto cristiano si fonda sull’evento salvifico di Gesù Cristo, morto e risorto, e non su di un rito; su di un’esistenza, su di una Persona. Nella misura in cui l’uomo riconosce in Cristo il centro della propria vita, fa della sua vita la vera offerta a Dio, trasformandola in liturgia, in canto di lode e di ringraziamento a Dio (cf. De civitate Dei X, 20).
  • Nel sacrificio eucaristico la Chiesa, in quanto corpo di Cristo-Capo, offre se stessa nel pane e nel vino, segni sacramentali del sacrificio di Cristo: "la chiesa è offerta – spiega Agostino – nella cosa stessa che offre".

 

 

  • Al Signore serve trasformare in oro fine colato... provato.....ogni parte dell'agire umano, il nostro cuore,nella purezza, il nostro capo nella giustizia e sapienza,la nostra rinuncia al peccato....tutto frutto Santificato, nell'opera maestosa dello Spirito Santo ed offrirsi  nella comunione affinche' si eredita' in assemblea tutto cio' che al Padre Dio ed al Signore Gesu' Compiace....quindi sia questo il sentimento in cui prepararsi ed offrirsi ...Prepararsi ed offrirsi .....e ringraziare di far parte del popolo eletto  in dignita' di Figli di Dio dove Dio stesso si compiace di noi.esiste verita' piu' grande per un cristiano che cammina ...nella sua vita per incontrare personalmente DIO.che aspetti......diventa consapevole in te stesso ....(Mario capalbo)

 

  • Da "La Città di Dio" di Sant’Agostino Vescovo (X, 6)

Il sacrificio della comunità cristiana

  • Dunque vero sacrificio è ogni opera con cui ci si impegna ad unirci in santa comunione a Dio, in modo che sia riferita al bene ultimo per cui possiamo essere veramente felici. Quindi anche il bene con cui si soccorre l’uomo, se non si compie in relazione a Dio, non è sacrificio.
  •  Pertanto l’uomo stesso consacrato nel nome di Dio e a lui promesso, in quanto muore al mondo per vivere di Dio, è un sacrificio. Anche questo appartiene al bene che l’uomo compie in favore di se stesso. Perciò è stato scritto: Abbi pietà della tua anima col renderti gradito a Dio (Sir 30, 24).
  • Quando castighiamo anche il nostro corpo con la temperanza, se lo facciamo, come è dovere, in relazione a Dio per non offrire le nostre membra come armi d’iniquità al peccato, ma come armi di giustizia a Dio, anche questo è un sacrificio. Ad esso esortandoci l’Apostolo dice: Vi scongiuro, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi come offerta viva, santa, gradita a Dio, come vostro ossequio ragionevole (Rom 12, 1). 
  • Allora il corpo che per la sua debolezza l’anima usa come un servo o uno strumento, quando il suo impiego morale e onesto si riferisce a Dio, è un sacrificio. A più forte ragione dunque diviene un sacrificio l’anima stessa quando si pone in relazione con Dio affinché, accesa dal fuoco del suo amore, perda la forma della terrena passione e sottomessa si riformi a lui come a forma che non muta, resa quindi a lui gradita perché ha ricevuto della sua bellezza. L’Apostolo citato esprime questo pensiero soggiungendo: Non conformatevi a questo mondo che passa, ma riformatevi in un rinnovamento della coscienza, per rendervi consapevoli qual è il volere di Dio, l’azione buona, gradita, perfetta (Rom 12, 2).
  • Ora i veri sacrifici sono le opere di misericordia verso noi stessi e verso il prossimo che sono riferite a Dio. Le opere di misericordia inoltre si compiono per liberarsi dalla infelicità e così divenire felici; e questo si ottiene solamente con quel bene di cui è stato detto: Il mio bene è unirmi a Dio (Sal 72, 28).
  •  Ne consegue dunque che tutta la città redenta, cioè l’assemblea comunitaria dei santi, viene offerta a Dio come sacrificio universale per la mediazione del sacerdote grande che nella passione offrì anche se stesso per noi nella forma di servo perché fossimo il corpo di un capo così grande. Ha immolato la forma di servo, in essa è stato immolato, perché in essa è mediatore, sacerdote e sacrificio. L’Apostolo dunque ci ha esortato a presentare il nostro corpo come offerta viva, santa e gradita a Dio, come nostro ossequio ragionevole, a non conformarci al mondo che passa ma a riformarci nel rinnovamento della coscienza, per renderci consapevoli qual è la volontà di Dio, l’azione buona, gradita e perfetta.
  •  E questo sacrificio siamo noi stessi. Poi soggiunge: Dico nella grazia di Dio, che mi è stata data, a tutti quelli che sono nella vostra comunità di non esaltarvi più di quanto è necessario, ma di valutare con moderazione, nel modo con cui Dio ha distribuito a ciascuno la regola della fede. Come infatti nel corpo abbiamo molte membra che non hanno tutte la medesima funzione, così molti siamo in Cristo un solo corpo e ciascuno è membro dell’altro perché abbiamo carismi diversi secondo la grazia che ci è stata data (Rom 12, 3-5). 
  • Questo è il sacrificio dei cristiani: Molti e un solo corpo in Cristo. La Chiesa celebra questo mistero col sacramento dell’altare, noto ai fedeli, perché in esso le si rivela che nella cosa che offre essa stessa è offerta.

[Modificato da MARIOCAPALBO 16/03/2012 22:26]

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 06:12. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com